Il frontespizio dell'opera di Alessandro Scialla.
Ringrazio Il Prof. Annunziato Pugliese per avermene data copia.
 

Il Primo libro de' Madrigali a cinque voci del Signor
Alessandro Scialla
Gentilhuomo, & Academico di Tropea
 

di Salvatore Libertino


A pag. 173 del catalogo bibliografico La Tipografia Napoletana nel '500 - Annali di Giovanni Giacomo Carlino e di Tarquinio Longo (1593 - 1620) di Pietro Manzi, pubblicato nel 1975 a Firenze da Leo S. Olschki, è citato tra i tanti volumi licenziati dalla tipografia napoletana Carlino, il Primo libro de' Madrigali a cinque voci del Signor Alessandro Scialla, Gentilhuomo, & Academico di Tropea, stampato in 4° nel 1610.
La citazione, nello stile editoriale della pubblicazione, è accompagnata da una esauriente scheda dell'opera di Scialla dedicata a Francesco Maria Carrafa, Duca di Nocera, del quale viene raffigurato nel frontespizio in bianco e nero lo stemma di famiglia, i cui colori originari sono di rosso, con tre fasce d'argento. La dedica al mecenate è firmata dall'amico dell'autore, Scipione Barone, anch'egli tropeano: <<Questo mio picciolo dono a V. E. delle prime fatiche del Signor Alessandro Scialla mio amico sia segno della mia osservanza alle reggie sue maniere, oltre di esserne io per quello conosciuto nel mondo, per servitore di V. I. come ella per sua magnanimità, s'ha degnato ricevermi .... Et con tutto, che elleno da per loro istesse per la novità, & vaghezza dello stil moderno, siano sicure dalla malignità degl'invidi.... Napoli, 1.XI. 1610. Scipione Barone.>>.

        
Battista Guarini (1538-1612), Giovann Battista Marino (1569-1625), Iacopo Sannazaro (1458-1530)

L' 'unicum' è custodito nella Biblioteca di Cassel (st. L. B.), compl. (5 f.). Le pagine, in tutto 26, sono ordinate in un indice che scandisce il titolo delle 24 partiture seicentesche a cinque voci che compongono l'opera. I brani, otto poggiano su versi tratti dal "Pastor Fido" di Battista Guarini (1538-1612), quindici su testi tratti dalle "Rime" di Giovann Battista Marino(1569-1625) mentre uno, l'ultimo della lista, ripete il verso di Iacopo Sannazaro (1458-1530):

p.  3 Ahi dolente partita
"   4 Ch'io mora
"   5 Se la doglia
"   6 Quel angellin che canta
"   7 Ma ben arde nel core (2 p.)
"   8 O baci aventurosi
"   9 In voi le più secrete (2 p.)
"  10 O tronchi innamorati
"  11 Fuggite incauti amanti
"  12 Le note ove son chiusi
"  13 Strana armonia d'amor
"  14 Dolcessimo usignolo
"  15 Cor mio deh non languire
"  16 Deh come in van
"  17 Pallidetto mio sole
"  18 Sospir, che del bel petto
"  19 Non già dal vago petto (2 p.)
"  20 O che soave bacio
"  21 Taci bocca deh taci
"  22 Piangi Madonna & io
"  23 Temer Madonna non dei
"  24 Feritevi ferite
"  25 O come sei gentile
"  26 à 3 Quantunque o pico mio (sinfonia)


Francesco Maria Carafa in un'incisione d'epoca.

Ma chi è Alessandro Scialla?
Se qualcosa conosciamo di Scipione Barone, giurisconsulto e padre del più noto Antonio, gesuita, autore della vita della concittadina Santa Domenica, e più di una volta sindaco di Tropea, di cui una, guarda caso, proprio durante l'anno della pubblicazione dell'opera di Scialla, e di Francesco Maria Carrafa (o Caraffa o Carafa), Duca di Nocera, uno dei più illuminati dell'intera famiglia Carafa, non sappiamo quasi nulla di Alessandro e del suo casato se non qualche notizia ricavata dai fascicoli dei notai che operavano a Tropea.
Non è ricordato da Scipione Cerreto, suo contemporaneo, che in Della prattica musica fa lunga nota dei maestri compositori e suonatori della Napoli d'allora, nè dai biografi e musicologi napoletani (Toppi, Marchese di Villarosa, ecc.). Il suo nome è però inserito nei cataloghi del Sartori, 42 e Vogel, II, 203.
Dalle pochissime notizie pervenuteci attraverso le pagine dell'opera, a latere delle tablature, egli appare un giovanissimo compositore alle prese con il suo primo impegno editoriale. L'appellativo <<Gentilhuomo>> lo apparenta ad un casato nobile tropeano. In effetti, la famiglia Scialla, originaria della Campania, la troviamo numerata e iscritta nel 1567 tra le 59 famiglie patrizie nel 'Libro Grande' del 'Sedile Magnum' di Tropea. Il cognome è presente nella successiva numerazione del 1624 ma non in quella del 1703. Ciò viene dedotto dal manoscritto Chronologica Collectanea sive Chronicorum de Civitate Tropea, eiusque Territorio, Libri Tres... ab Urbe nostra Condita usque ad annum MDCCXX ( dal 1988 in edizione anastatica a cura di Pasquale Russo, Athena, Napoli) di Francesco Sergio (1642 - 1720) che vi racconta la storia della Città dei Tropeani dalla fondazione fino al 1720. Il Sergio però non ci dice nulla di Alessandro, della sua opera prima nè altro della sua famiglia se non l'iscrizione e la numerazione nel Sedile e il successivo inserimento nella lista delle famiglie estinte.
Anche se la presenza a Tropea degli Scialla risulta solo per un breve periodo di tempo - un secolo e mezzo circa - dalla seconda metà del Cinquecento alla fine del Seicento, il loro casato appare bene integrato nel territorio, attraverso la partecipazione attiva da parte di alcuni componenti in ruoli di tutto rispetto e l'imparentamento con famiglie in vista della società tropeana.
Da un atto testamentario in data 14 gennaio 1610, si apprende che, con decreto della Bagliva di Tropea, Alessandro Zalla (sic), figlio di Tommaso Scialla e della Mag.ca Cornelia Bojano, è dichiarato erede di suo padre Tommaso (Archivio Stato Vibo V., not. G. Q. Calello, istr. 14/01/1610. Ricerca Francesco Campennì, 1998, che ringrazio per avermi fornito la notizia).
Un atto pubblico del 15 gennaio 1620 riporta che un certo Giancarlo Scialla, eletto al Municipio cittadino con i sindaci Orazio Galluppi e Alfonso Tranfo, firma l’apprezzo delle tasse che i cittadini avrebbero dovuto pagare per quell’anno (Archivio Stato Vibo V., not. A. Gemma, istr. 18/02/1620), mentre nel 1638 il Capitolo Cattedrale annovera nelle proprie fila, quale nobile di seggio, il canonico Giovanni Maria Scialla (cfr. Francesco Campennì, La patria e il sangue, Lacaita, Manduria, 2004).
Altro appellativo, <<Academico>>, di Alessandro, la cui data di nascita potrebbe attestarsi intorno agli anni Ottanta del Cinquecento, lo farebbe supporre appartenente alla nutrita schiera dei compositori che animarono a cavallo del Cinquecento e del Seicento la cultura musicale locale del tempo, facendo capo all'Accademia degli Amorosi. A cominciare da Cesare Tomeo, poeta e musicista, che nel 1575 aveva pubblicato a Napoli Il trionfo della lega contro il Turco, per i tipi di Cacchi, e la Tragedia di Santa Domenica V. e M., rappresentazioni drammaturgiche, che si avvalevano di accompagnamento musicale, la prima della Battaglia di Lepanto in cinque atti, la seconda, di indole sacra, della vita di Santa Domenica e Ottavio Glorizio, compositore di due commedie, Le spezzate durezze, data alle stampe a Messina, 1605 per Pietro Brea e a Venezia 1606 appresso Giovanni Alberti e Impresa d'amore, pubblicata a Messina, dalla stamperia di Pietro Brea, 1605 e a Venezia, per Giovanni Alberti, 1607. L'allestimento della 'prima' di quest'ultimo lavoro era stato curato direttamente dagli 'Amorosi', anche nella messa in scena avvenuta a Tropea  il 24 settembre 1600, secondo quanto indicato nel frontespizio e nel prologo della stessa commedia:

[...] questi amorosi vostri academici [...] han voluto per sigillo delle molte fatiche di quest'anno alzar oggi quest'apparato, con si bella vaga e onorata scena, ornata (come vedete) di ricche, varie e artificiose pitture, ridente e allegra per li maestrevoli canti e dilettuosi suoni che dentro di lei avete sentito a rappresentarvi una piacevole graziosa e ben tessuta commedia [...] stimando che le azioni tragiche e poemi funesti del martirio di S.S. Placido, fratelli e compagni e dei tormenti e morte di Cristina santa, che si sono ai giorni passati con squallido ornamento e mesti apparati, con le facce pallide e con gli occhi umidi al vostro cospetto rappresentata, l'abbiano amareggiato al quanto [...].

In quel tempo era maestro di cappella presso il Duomo e il Seminario di Tropea don Giovanni Camillo De Spagnolis di Itri, che pubblicò l'8 ottobre 1626 a Napoli per i tipi di Ottavio Beltrano Il primo libro delle recercate a due voci, dando il via ad una scuola di musica e canto, la cui fervente attività - per la verità - non è mai venuta meno. Essa incredibilmente perdura ancora oggi. Una tradizione storica quindi senza interruzione, percorsa, al tempo di Scialla, da maestri di canto come Salvatore Partemio o compositori come Andrea Mamone, autore di dialoghi musicali natalizi. Ma anche come Antonio Aloe, allievo del Mamone, e Giacomo Mastrilli, autore con il librettista Antonio Mottola Braccio del dramma pastorale Dalla morte alla vita - Il trionfo. Una sequenza virtuosa che, ai primi del 1700, incontrerà la presenza attiva del teorico e compositore rossanese Domenico Scorpione, maestro di cappella della Cattedrale e autore di diverse opere musicali tra cui un completo da cappella a cinque voci e il melodramma Giulio Cesare in Egitto e del tropeano Gerolamo Ruffa, allievo dello Scorpione e maestro di cappella nella vicina Mileto, assertore della polifonia del Palestrina e autore di parecchie opere, di cui una sull'istruzione corale. Pagine esaltanti che appartengono alla storia musicale tropeana che approderà nel Novecento attraverso l'opera di due compositori lirici di grande levatura: Gaetano Cipollini e Edoardo Granelli.
L'autorevole contributo di Scialla si pose in questo percorso come una novità musicale di assoluto rilievo anche se al momento della pubblicazione dell'opera la vena madrigalista in Italia, in auge tra il 1520 e il 1630, era in sul punto dell'esaurimento. Un genere particolare, quello dei madrigali, della polifonia vocale profana, di natura contrappuntistica, affine al mottetto, per lo più a 4 o 5 voci, caratterizzato per l'aderenza espressiva a un testo poetico non strofico (madrigali, sonetti, stanze di canzoni, ottave, ecc..). A quel madrigale, che si diffuse in Europa soprattutto in Inghilterra ed era normalmente eseguito a cappella, si legò, più che a ogni altro genere, l'evoluzione del linguaggio e dell'estetica musicale tra XVI e XVII secolo.
Il musicista tropeano plasmò con la sua melodia i testi pastorali del Guarini, eleganti, morbidi e sensuali, privilegiati dai madrigalisti di fine Cinquecento. Egli predilesse testi brevi, nei quali si alternavano rapidamente immagini e affetti fortemente contrastanti. E per ottenere un'espressione musicale più raffinata, il gusto e la scelta del compositore si estesero ai versi suadenti, dolci e forti del Marino e del Sannazaro, che seppero offrire immagini nitide e concetti arguti in una struttura concisa, epigrammatica, priva di fronzoli retorici.
L'opera di Alessandro Scialla, anche se non abbiamo potuto chiaramente individuare la sua figura nei dovuti tratti storici, biografici e geneologici, continua ancora oggi a far parlare di sè attraverso le composizioni vocali e le architetture ritmiche dei madrigali che malgrado cinque secoli di silenzio stanno recuperando spazio e tempo per allargare i consensi di quel <<picciol dono>>, nell'intento di coinvolgere musicofili, studiosi, critici, toccando i sentimenti più profondi e suscitando emozioni sempre più nuove che solo la bella musica sa e può dare.


Il CD 'Cor mio deh non languire'

Ed ecco, come per magia, nonostante - dicevamo - cinque secoli di silenzio, una sorpresa inaspettata. Uno dei brani di Alessandro Scialla, Cor mio deh non languire - lo abbiamo scoperto qualche anno fa con grande gioia ! - è inciso in un CD '21 Settings from Guarini - The Consort of Musicke' con etichetta londinese 'Musica Oscura'. Il CD, promosso da 'The Monteverdi Circle', era stato presentato nel 1994 al 'Premio internazionale del disco <<Antonio Vivaldi>> per la musica antica italiana' dove ha ottenuto la segnalazione di merito da parte della giuria nella sezione 'Per la musica vocale'. Il Premio è organizzato dal 1990 dall'’Istituto Italiano Antonio Vivaldi', in seno alla Fondazione Cini in Venezia.
Nelle registrazioni impresse sul Cd il maestro Anthony Rooley dirige l'apparato vocale 'The Consort of Musicke' compasto da Emma Kirkby, soprano, Evelyn Tubb, sopano, Mary Nichols, alto, Andrew King, tenore, Paul Agnew, tenore, Alan Ewing, basso.
E' un'antologia di 21 brani i cui autori sono 21 madrigalisti del Seicento - Luzzasco Luzzaschi (1601), Alessandro Savioli (1597), Gemignano Capilupi (1599), Benedetto Pallavicino (1600), Salamone Rossi (1600), Giulio Caccini (1602), Leone Leoni (1602), Giovanni Priuli (1604), Sigismondo D'India (1606), Giovanni Ghizzolo (1609), Johann Grabbe (1609), Filiberto Nantermi (1609), Alessandro Scialla (1610), John Ward (c. 1610), Enrico Radesco di Foggia (1615), Giuseppe Palazzotto (1617), Claudio Saracini (1620), Adriano Banchieri (1626), Giovanni Pasta (1626), Pompeo Natali (1656), Alessandro Scarlatti (c. 1700) -.
Una raccolta singolare, inaspettata e di grande efficacia, non solo dal punto di vista didattico, che permette di ascoltare gli otto versi di Battista Guarini 'Cor mio deh non languire' diversamente musicati dai 21 compositori, tra cui il nostro Alessandro, dando modo di analizzare e individuare le scelte, i gusti e le tecniche che i vari autori hanno impiegato per rivestire quei versi con il proprio estro musicale. L'inserimento del brano di Scialla deve essere considerato un evento eccezionale, tenuto conto che il nome e l'opera del musicista fino a quel momento erano solo citati da qualche dizionario bibliografico. Quindi quella registrazione ha comportato per la prima volta lo studio approfondito delle tablature originali del compositore, la loro trascrizione in chiave moderna per renderle accessibili alla lettura e quindi all'esecuzione. Ma quello che è stupefacente è aver potuto trovare nello Store sotto casa un Cd con un brano di un muicista tropeano del Seicento, quando chi lo ha scelto, lo ha voluto e ne ha organizzato, curato e diretto l'esecuzione non è un ricercatore di storia patria oppure uno studioso del territorio di Tropea o della Calabria nè un musicofilo italiano ma un 'lontano' e sconosciuto maestro londinese, Anthony Rooley, direttore di un gruppo vocale 'The Consort of Musicke' !


Particolare della tablatura originale del brano 'Cor mio deh non languire' di Alessandro Scialla.
Ringrazio Il Prof. Annunziato Pugliese per avermene data copia.

Ed ecco i versi del Guarini:

 Cor mio, deh, non languire,
 Che fai teco languir l'anima mia.
 Odi i caldi sospiri: a te gl'invia
 La pietat'e 'l desire.
 S'io ti potessi dar morend'aita,
 Morrei per darti vita.
 Ma viv'ohimè, ch'ingiustamente more
 Chi vivo tien ne l'altrui pett'il core.

Questo invece è il brano integrale (da ascoltare) di Alessandro Scialla, tratto dal CD:

Cor mio deh non languire.mp3
(2MB,970KB)

Ma l'avventura e l'interesse sul 'picciol dono' di Alessandro Scialla non si sono fermati quì. Continuano e contineranno ancora a dare emozioni al mondo. Il compositore tropeano da tempo è stato adottato dal Prof. Annunziato Pugliese, titolare della cattedra di Paleografia Musicale presso l'Università degli Studi della Calabria ARCAVACATA DI RENDE (CS), dove è oggetto di studio da parte dei suoi allievi nei regolari programmi accademici. Una di quegli allievi è stata Claudia Aristotile che studiando le partiture del compositore tropeano si è laureata nel 2003 con 110 e lode in Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo (DAMS) discutendo la Tesi in Paleografia Musicale, dal titolo: 'Il Primo Libro dei Madrigali di Alessandro Scialla'. La Prof.ssa Aristotile lo scorso anno ha partecipato al Dodicesimo Convegno Annuale di Pesaro, svoltosi presso il Conservatorio di Musica "G. Rossini", dal 20 al 23 ottobre 2005, organizzato dalla SIDM - Società Italiana di Musicologia - con la comunicazione "Alessandro Scialla «gentilhuomo et acamedico di Tropea»", di cui è stato reso noto ed è visibile in sito l'abstract.
Anche se le ricerche stanno continuando nell'ambito di un progetto specifico dell'Istituto Bibliografia Musicale Calabrese (IBIMUS), di cui è Presidente il Prof. Annunziato Pugliese, che ci ha preannunciato la prossima pubblicazione di un volume dedicato, possiamo affermare a questo punto che Alessandro Scialla non può più essere definito come uno degli autori musicali calabresi 'sconosciuti' o addirittura 'dimenticati'. E' quanto basta - ma non è mai abbastanza (questo è un appello alle istituzioni locali ! ) - per aver riabilitato degnamente, dopo quei cinque secoli di silenzio, un compositore del Seicento tropeano!