IL SEDILE DI PORTERCOLE

di Antonio Vizzone
 
 





Da sempre gli uomini, almeno da quando cominciarono a crearsi i primi villaggi, si sono ritrovati per discutere di qualsiasi problema fosse di interesse comune. Interessi, prima rivolti solo al gruppo famiglia, si estesero a tutto ciò che circondava gli ancora piccoli agglomerati.
Ci si riuniva per cacciare, per nutrirsi, per festeggiare e per qualsiasi incombenza potesse gravare sulla vita di comunità. E’ ovvio che i più forti, sia che fossero singole persone o gruppi, facevano sentire di più la loro voce all’interno della piccola società che si andava via via ingrandendo e si creava il bisogno di darsi un ordine ben specifico ed efficace per migliorare il vivere comune.
L’evoluzione storica del genere umano e lo studio di tutto ciò che circonda il singolo individuo evidenzia in primis la necessità di aggregazione e, di conseguenza, di confrontarsi. Da questo nasce per istinto la prevalenza dell’uno sull’altro e poi di una schiatta sull’altra al solo scopo del primeggiare.
Fin qui la storia preellenica, ma l’espansione di questo popolo e la colonizzazione dei nostri lidi,trasmigra in occidente anche l’ordinamento della popolazione e si diffonde così in tutto l’occidente il sistema della città stato (polis). Ogni anno ad Atene era nominato un cittadino su sei a partecipare alle varie funzioni del governo e tutti i maschi di età superiore ai diciotto anni intervenivano alle assemblee ed alle riunioni che avevano il potere di legiferare ed amministrare la giustizia. Anche allora Pericle ebbe a lagnarsi del modo di fare politica e del governo democratico inteso in quel senso; non si può tollerare l’ingerenza nella gestione del potere da parte di poveri, popolani e persone dappoco che, quando sono in auge ed in gran numero, fanno prosperare la democrazia, ma sia l’ignoranza sia la miseria ed anche la mancanza di educazione, spingono all’immoralità ed al mal governo. Se in un ambiente democratico così concepito potessero avere la parola e la facoltà di deliberazione i nobili, anche il popolo ne trarrebbe vantaggio e vivrebbe meglio. Il potere era esercitato in ogni caso dal popolo ed ogni anno, l’assemblea principale.
Ogni tribù era rappresentata da cinquanta membri a cui, senza alcun dibattito, era chiesto di votare l’ostracismo e, se approvato, si passava ad esprimere il proprio voto, in segreto, scrivendo su un pezzo di coccio il nome di chi si voleva allontanare dalla polis ed era condannato ad un esilio decennale. Il classamento della popolazione fu evidente specie presso i Romani che si dividevano in tre distinte categorie: l’ordine senatorio, quello equestre e quello plebeo. Il Pretorio era, infatti, il luogo, costruito con prore e rostri di navi, dove si riunivano i patrizi ed anche quelli che, per meriti speciali, per ingegno oratorio o per altre alte cause, pur non di provenienza patrizia, si avvicinavano alla stessa.
Vedi Cicerone che tutto era meno che patrizio.****************
L’amministrazione così concepita, con pochi adattamenti, si mantenne fino al 534 d.C. con la distruzione del Regno Vandalico, l’inizio della dominazione Bizantina e la pubblicazione del Corpus Juris Civilis Justinianei e, in seguito, nel 554 con la Prammatica sanzione, con cui molte funzioni amministrative passarono alla Chiesa ed i Vescovi ebbero conferite funzioni amministrative come la raccolta delle imposte municipali, degli edifici pubblici, dell’assistenza ai poveri, oltre alle normali funzioni diocesane.
Il potere dei Vescovi si rafforza sotto la dominazione Longobarda. La presenza dei regni sia romani sia barbarici, il rinnovato potere ecclesiastico, il ridimensionamento del vasto Impero di Bisanzio, il nuovo modo di trattare di economia, hanno portato in questo periodo, un nuovo concetto del modus vivendi della società determinando la vera caratteristica del momento che non era più uguale al passato, ma neanche stabile da determinare un futuro.
Per questo oggi quel periodo storico è chiamato Medio Evo o età di mezzo. .
Nei vari secoli l’amministrazione dello Stato e delle varie comunità, la res pubblica, era affidata ai cittadini facoltosi che gratuitamente svolgevano detti incarichi. Erano chiamati dai romani curiali e decurioni, poi anche militi e ottimani, fino alla dominazione longobarda ed infine, con l’invasione normanna, nobili.
In epoca comunale, fiorendo i commerci e arricchendosi chi di esso viveva, nacquero le organizzazioni cosiddette del"popolo grasso" e delle "arti maggiori", affiancati dai milites, esponenti di quella nobiltà minore che, stabilitasi nelle mura cittadine ad affiancare quella alta già esistente, prese le redini del potere. Nacquero così i "parlamenta o arenga, luoghi dove si riunivano gli anziani e i cittadini più in vista che assistevano i Consules e erano eletti ogni sei mesi oppure ogni anno. Che la casta delle famiglie nobili si identificasse con i milites, in altre parole quelli che erano dediti all’arte della guerra e quindi nella persona del conquistatore, ci viene tramandato in modo molto rimarcato da tutti quegli eventi storici che fanno notare come, sin dai tempi più remoti, i vincitori di guerre, accostandosi agli alti comandi erano definiti gasindi, commensales, leudi, fedeli, bassi o vassi e erano premiati con doni molto preziosi, armi, cavalli, collari, frutto di bottini derivati dalle razzie.
In seguito questi valorosi, molto vicini sempre agli alti comandi e che si distinsero per valore, vennero chiamati anche comites e remunerati dai governanti non più con donazioni materiali, ma di intere popolazioni al loro servizio ed appezzamenti vastissimi di terre conquistate o già appartenenti all’Impero. Si diede così origine ai contadi ed ai tenutari venne attribuito il titolo di Conte, derivante appunto dall’attributo comites.
Da qui l’origine dei feudatari e quindi del feudalesimo come sistema di governo.
Ma oltre alla compensazione materiale dei servigi dati, questi personaggi ebbero anche il titolo onorifico, quasi una distinzione del e per il potere che quasi assolutista che si ebbe sui vari territori che, prendendo il nome di contadi, di baronie diedero per primi il titolo di Conte e Barone, appunto per distinguere la vastità e la potenza del potere.
Nel quinto secolo, con la dominazione gotica, regnando quindi Teodorico, si ebbero nel meridione della penisola ancora tre ordini di cittadini: nobile, curiale e popolare.
Infine, con la venuta dei Normanni, gli ordini si ridussero a due: nobili e popolo.
Formandosi così una vasta rete di personaggi che circondavano la casa regnante, si ebbe l’esigenza della distinzione dei vari casati.
Fu questa l’epoca in cui si cominciarono ad usare le armi gentilizie ed in concomitanza anche i cognomi che non erano altro che derivazioni delle terre e/o dei mestieri abituali del capostipite. Cominciano così ad apparire i primi titoli nobiliari che, con le spartizioni sempre più minuziose dei territori, avranno poi altre denominazioni secondo le vastità territoriali di preminenza e forme di giurisdizione.
Coloro quindi che facevano parte della casta della nobiltà costituivano la classe dirigente della comunità. Anche chi alla nobiltà si avvicinava, sia per la conduzione della vita, sia chi ricopriva una carica importante, sia chi aveva meriti rilevanti, sia per parentele contratte, sia per memoria di antenati illustri che vi fecero parte e per ricchezza, chiedeva di poter esigere collette ed essere tassato con i nobili e quindi veniva chiamato a far parte della comunità. Queste riunioni, avvenivano di solito, come già accennato, nei quadrivi delle comunità, prima ancora delle città vere e proprie e quasi sicuramente nelle immediate vicinanze delle porte delle stesse poiché era compito delle principali famiglie tenerne la custodia e vigilanza; naturalmente la partecipazione era vietata al popolo che pure aveva le sue riunioni, tenute però in altro luogo.
La nascita vera e propria, avvenne per l’esigenza territoriale della divisione dei primi comuni e fu questo il periodo di nascita dei rioni, delle parrocchie, dei quartieri, dei sestrieri, in ogni città-comune con il proprio nome ed infine a Napoli con i sedili.
In poche parole i primi Sedili furono soltanto dei luoghi di ritrovo di varie caste cittadine. Così organizzati i nobili, prendevano parte alla pubblica amministrazione, gestivano l’annona, avevano il potere della gestione delle cariche pubbliche. Per questi motivi molti furono coloro i quali ambivano ad esserne parte integrante.
I Seggi o Sedili, chiamati anticamente Tocchi, dal greco topos, oppure anche Portici o Teatri. Con l’andar del tempo, ciascun Sedile si diede delle regole sia per le aggregazioni sia per le reintegrazioni; nacquero i Capitoli.
Le Piazze, poi, erano i centri nevralgici delle città ed i luoghi dove le principali famiglie del vicinato si riunivano sia per divertirsi, sia per commerciare o tenere discussioni sui modi di operare comuni. Tutto ciò si venne a verificare durante l’epoca in cui tutti i Comuni si diedero l’autogoverno poiché i Re e gli Imperatori del tempo non furono più capaci di governare ed affidavano la gestione delle proprie conquiste al clero ed ai piccoli conti e vassalli, perché troppo impegnati nelle guerre di fazione e di successione dinastica. Il clero però diede adito alla ribellione del popolo che cominciò ad autogovernarsi con i propri mezzi, pur riconoscendo sempre l’autorità dell’Imperatore. Così determinati, i singoli comuni che cominciavano ad avere proprie milizie, propri magistrati, proprie armi, ebbero accordato anche dagli stessi imperatori il diritto di cingere le città di proprie e più consistenti cinture di difesa e rafforzare le esistenti. Ebbero anche la facoltà di governare in modo sempre più autonomo e rafforzare il loro potere.
Potere, che con l’andar del tempo, veniva ad essere ambito da molti, anche da quelle famiglie che, pur appartenendo all’altra classe ed avendo raggiunto un consistente prestigio economico, facevano di tutto per far parte di quella casta che gestiva in qualche modo il potere sulla città.
Orbene, venendo ad essere troppe e non di facile gestione le domande di adesione, i governanti locali rimisero le richieste, sia di aggregazioni sia reintegrazioni, direttamente all’assenso del Re e nel Regno di Napoli si cominciò con Filippo II. Nella stessa epoca i Sedili ebbero anche l’incarico di fissare le collette per i bisogni dello stato. Queste erano determinate a seconda delle varie divisioni dei cittadini.
Il ritiro delle collette, come già detto, veniva considerato un atto nobile e perciò era effettuato direttamente dagli aggregati ai Sedili.
Molta gente, che nobile non era, faceva di tutto per accaparrarsi questa incombenza che, col tempo, poteva essere il presupposto valido all’ambito un titolo nobiliare atto a poter far parte degli eletti ed essere aggregati al Seggio.
Da principio i Sedili non erano luoghi in cui veniva qualificata la nobiltà anche perché le potentissime famiglie governavano in modo autonomo i loro feudi ed i loro membri disdegnavano di sedere accanto a gentiluomini non alla loro altezza e consideravano gli altri non dello stesso lignaggio.
Con l’andar del tempo anche questa nobiltà prese coscienza che gli aggregati erano quelli che avevano in mano i pubblici negozi e nelle grandi città anche l’amministrazione del governo, trasferitisi nei centri maggiori per essere più vicini ai posti di comando, fecero di tutto per essere ascritti ai vari sedili che man mano andavano crescendo.
A Napoli soltanto ci furono da principio non meno di ventinove Seggi che, oltre quelli costituiti presso le Piazze, si contavano anche tutti quelli costituiti presso le più importanti Chiese della Città, ma quando cominciarono a scarseggiare le adesioni, si ridussero a cinque: quello Capuano, quello del Nido, quello di Montagna, quello di Portauova e quello di Porto. A Sorrento due Seggi: quello di Porta e quello di Dominova A Salerno tre Seggi: quello di Portauova, quello di Portaretese e quello del Campo. A Crotone un Seggio. A Tropea un Seggio e diversi altri la cui importanza venne man mano crescendo con la crescita della popolazione e dell’ingerenza delle famiglie che ne facevano capo oltre a moltissimi altri meno importanti.
Le origini del Sedile tropeano si perdono nella notte dei tempi, ma possono essere valutati dalla fiorente rete commerciale marittima che si era via via venuta a creare con la marineria commerciale favorita dalla rada naturale che ne consentiva approdi sicuri.
La data della costituzione di un Sedile è da ricavarsi dalle notizie che si hanno di una pergamena del 1495 attestante l’aggregazione della Famiglia Adesi avvenuta il 15 luglio dell’anno 1266. Ma ciò significa che anteriormente ci fosse già un luogo di ritrovo dove si amministrava la cosa pubblica e la giustizia ed era costituito da più persone appartenenti già a famiglie di alto lignaggio..
Si chiamò prima Sedile Magnum, così nominato in un atto di aggregazione del 1441 in cui la famiglia di Antonio de Settis chiedeva di farne parte e questo nome durò fino al 1703. Si suppone anche per questo che l’appellativo Magnum sia stato dato appunto dalla Campana Grande, forse quella del Duomo, che di solito ne annunciava le riunioni. E’ tradizione che i rintocchi di questa campana, almeno fino a pochi decenni fa, fosse avviso di avvenimenti fuori dal normale andamento della vita quotidiana o anche di calamità. Le riunioni si tennero in luoghi diversi come nel Convento di San Francesco (oggi San Demetrio), o nella Chiesa di Santa Maria Maddalena detta anche della Comandata o presso il Convento di San Giorgio, ma non soltanto in questi luoghi. Le assemblee, o riunioni, venivano tenute ogni volta che ci fosse stata la necessità, ma almeno due volte l’anno, a Marzo ed a Maggio, era tradizione per effettuare la votazione per il rinnovo delle cariche cittadine e per l’elezione di nobili.
Per tradizione, o forse per abitudine contratta all’epoca della pacificazione tra Stato e Chiesa, l’Archivio degli atti si trovava presso la sacrestia del Duomo e le chiavi dei vari luoghi erano affidate al Vescovo ed ai Sindaci. Tropea e la sua gente godette da sempre, da parte delle Famiglie Regnanti, di un occhio di riguardo perché fedele alle varie dinastie che si sono succedute al potere nell’Italia Meridionale, dai Romani ai Normanni ed oltre la caratteristica del popolo fedele è stata dominante ed origine di tutti i privilegi di cui fu investita. Le regole e le leggi erano sempre quelle dello Stato Sovrano e da sempre i due Sindaci, nominati ogni anno, hanno fatto sì che questi privilegi fossero mantenuti inalterati dai vari Sovrani. Da sempre Città demaniale ebbe l’onore di essere una delle cinque Piazze Chiuse del Regno assieme a Salerno, Sorrento, Bari e Trani.
Atti che ci testimoniano il modo di governare la Città non ne sono pervenuti se non un Regio assenso del 31 gennaio dell’anno 1567 dove in primo luogo viene ad essere notificata la prima separazione delle caste e delle famiglie che godevano del patriziato cittadino che reggevano il potere attraverso la presenza e quindi la votazione degli uomini che dovevano avere le varie cariche. Dette cariche non erano però tutte ricoperte dalla nobiltà locale; infatti, il Governatore, che altri non era che il rappresentante del Re, veniva da questi nominato e risiedeva in loco per assicurarsi che venissero rispettate le Leggi. C’erano poi i Sindaci, in numero di due, che, in un primo momento appartenevano uno al ceto della nobiltà e l’altro al ceto borghese, ma con l’arricchimento di quest’ultimo, e quindi con le carte in regola per essere blasonati, finirono con essere sempre i blasonati ad avere questa carica.
I Curiali avevano poi il compito di assistenti dei Sindaci nei compiti più disparati un po’ come gli odierni assessori. I Mastrogiurati erano anch’essi due ed avevano soltanto il compito onorifico di consegna delle chiavi della Città, due perché tante erano le porta della città quella principale detta Vaticana e quella Marina che conduceva alla rada. I Pacieri, sempre nel numero di due, avevano il compito di sedare liti e controversie e furono introdotte nell’ordinamento Giuridico dal Re Alfonso d’Aragona intorno al 1444 per fermare l’abitudine che si stava diffondendo, di metter mano alle armi per qualsiasi piccola controversia. Tali riunioni avvenivano anche per esaminare le domande di aggregazione delle famiglie che chiedevano di farne parte e che per avere l’assenso avrebbero dovuto avere l’unanimità dei consensi. Come in tutte le cose, queste regole furono rispettate molto blandamente ed in qualche occasione furono anche trasgredite.
Per porvi rimedio, con atto datato il giorno 13 del mese di giugno dell’anno 1703 una nuova numerazione delle famiglie nobili consacrò le famiglie che da quella data avrebbero avuto la facoltà di nominare coloro che si sarebbero succeduti nelle varie cariche cittadine. Nel 1703 si ebbe comunque la necessità di dare una sede stabile e quindi cercare un edificio che potesse essere il riferimento fisico dell’amministrazione della società. In riunione plenaria con gli Onorati del Popolo, che rappresentavano il ceto non blasonato della città, gli aggregati al Sedile Magnum danno incarico a tre nobili di individuare quale potesse essere il punto in cui costruire il "Palazzo"non solo però il sedile dei nobili, ma anche il sedile degli onorari del popolo.
L’indicazione è nello stesso atto, redatto durante la riunione summenzionata, dove si dice al punto I " che detto Seggio si possa, e debbia eriggere nella casa della Bagliva, e nel piano contiguo ad essa nella piazza, seu fontana di questa città". Nello stesso atto al punto VII si legge che dovrà nominarsi Sedile di Portercole e dovranno in esso essere conservate le armi Reali della città, del Seggio e di tutte le famiglie nobili che a tale data godano nobiltà. Viene anche stabilite, fra l’altro, che le elezioni alle varie cariche potranno, per il futuro avvenire come fin ora fatto.
A conferma di quanto sopra detto, in altra data e ulteriore riunione dell’8 di marzo del 1704 a firma del Notaro Antonio Vizzone Segretario, stabilisce al capitolo Octavo - che l’elezione del Sindaco e di tutti gli altri Officiali Nobili cioè Sindaco, Eletti, Mastro di Camera, Mastri Giurati, e Giudice della Bagliva di questa città si habbia da copiare in questo libro autentico dal libro dei Parlamenti generali della città dove sta originalmente detta elezione dal Notaro Segretario di questa Piazza. Ciò è testimonianza di come e da chi era gestita la nostra città fino all’abolizione dei Sedili, nel 1800, queste regole vennero in parte rispettate.
Il resto è storia di oggi.
A questo punto è doveroso dare un’ampia esposizione delle famiglie che per secoli ressero il governo della nostra città, anche per dare loro un tributo di ringraziamento a nome di tutta la gente che fino ad ora forse non ha ben compreso che riuscire a mantenere l’autonomia di governo per tantissimi secoli non sarà stato cosa di poco conto.