D R A P I A
 

di Lucia Rosaria De Rito
(Dalla tesi di laurea)





Drapia. Ponte sul torrente BurmariaDrapia, piccolo paese calabro, che sorge pittorescamente alle pendici di una verdeggiante ed amena collina, fu da epoche remotissime, un centro di irradiazione della nuova credenza cristiana.
Le origini del paese si fanno risalire al periodo in cui Tropea con i paesi limitrofi fu tenuta in tirannia dai Saraceni, cacciati poi nel secolo VIII da Niceforo Foca.
Secondo alcuni critici e precisamente il Barrio (De antiquitate et situ Calabriae, Roma 1571, libro II cap. XIII pag. 146) il nome del paese è da collegarsi con le abbondanti raccolte del grano e vuol significare "Messe matura". La fertilità del terreno e il complesso delle colture agricole del luogo compaiono sull'emblema del paese formato da un monte verde con tre spighe di grano unite a una spada ed una scimitarra, quale simbolo della lotta sostenuta dai Drapiesi contro i Saraceni.
Anche l'Abate Sergio, cronista tropeano del secolo XVII, nei suoi manoscritti accetta l'ipotesi del Barrio e mettendo in risalto la fertilità del terreno considera gli abitanti del luogo uomini di molto ingegno e abili nel commerciare per tutto il territorio italiano.
"Abbonda il territorio - dice l'Abate Sergio - di vino, agrumi, olio, legumi, per cui gli abitanti, a causa del paese piuttosto piccolo, si danno a portare fuori i loro prodotti e incominciano così, fin dalle origini, a commerciare con vari paesi. Con i muli percorrono tutte le provincie e si spingono nello Stato della Chiesa e nel Veneto. Gente intelligente e industriosa, i Drapiesi danno vita alle prime industrie della seta, del lino e del cotone".
Ma a questi storici menzionati è sfuggita l'etimologia del nome, per cui è necessario fermare l'attenzione sulla parola greca "drapètes", profugo, fuggiasco. Drapia sarebbe un paese di profughi e la sua origine risale all'VIII secolo in cui fu edificato da S. Filarete il convento di S. Sergio e Bacco, sito nella valle fra Drapia - Alafito - Zaccanopoli, villaggi che sorsero in epoca posteriore (V. Capialbi: Memorie per servire alla chiesa tropeana, Napoli 1852 pag. 10).
Drapia. Chiesa dedicata alla SS. Maria Vergine Immacolata.Il libro più antico su Drapia, conservato nell'archivio parrocchiale, è quello dei "Battezzati, dei morti, dei matrimoni, dei confermati, con la data d'inizio del 1728 sotto l'arciprete dall'allora Giovanni Tommaso La Ruffa.
Da una nota alla fine del libro è certo che nel 1782 gli abitanti del paese erano 554, di cui 283 maschi e 271 donne. Inoltre nell'archivio si conservano bene tutti i registri parrocchiali che vanno dal 1728 ai nostri giorni.
Risalendo al 1803 si possono avere notizie più precise sulla popolazione di Drapia. Infatti in uno stato d'anime del parroco d'allora Francesco Mazzitelli, Drapia appare diviso in 4 quartieri: Canchi - Stretto - Carcara - Celsi, oltre le case di campagna che erano 9, mentre nel paese ne erano 160. Gli abitanti di quel periodo erano già arrivati a 725, di cui 366 donne e 359 uomini. Nel quartiere "Canchi" le principali famiglie erano: Di Grillo - De Rito - Ruffa - Lojacono - Ventrice - Iannello - Fiolà - Saragò - Massara - Meligrana. Nel quartiere "Stretto": Belvedere - Lo Bianco - Polito - Potenzoni - Cricelli - Curtosi - Pata. Nel quartiere "Carcara": Messina - Vallone - Calzona - Pietropaolo - Iannello - Famà - Romano - La Ruffa.
Nel quartiere "Celsi": Mamone - Chiapparo - Cupitò. In campagna: Di Lorenzo - Di Orlando - Mollo - Di Landro.
Drapia. Altare Maggiore della Chiesa Matrice dedicata alla SS. Maria Vergine Immacolata.Le principali risorse del paese erano il commercio e l'artigianato locale; pochi in quel tempo i mugnai e i contadini; perciò dalla metà di quel secolo fino ai nostri tempi la gente, espandendosi nel Sud la concorrenza delle industrie del Nord ed essendo Drapia un paese chiuso, costretta dalle necessità della vita, incominciò ad emigrare in America o in altre città italiane.
Diversi, in quel periodo, gli studenti che frequentavano la scuola nel vicino Seminario di Tropea e fu appunto da qui che uscirono dei santi e dotti sacerdoti come il Mazzitelli - Ruffa - De Rito - Lojacono - Saragò, che tanto contribuirono allo sviluppo del popolo di Drapia.
Popolo profondamente religioso. I Drapiesi erano devotissimi della Vergine, per cui la loro chiesa fin dall'inizio ebbe il titolo di Maria Vergine Immacolata. La primitiva chiesa era certamente diversa dall'attuale, come dimostra l'antica pianta, più piccola, rinvenuta dopo i recenti scavi per il rifacimento del pavimento. Sia l'antica pianta della chiesa, sia la fossa comune al centro della chiesa, dove negli ultimi secoli venivano seppelliti i morti, sono state lasciate intatte.
Attualmente la chiesa presenta una sola navata con un ampio presbiterio con delle transenne lavorate in ferro battuto; la luce, scendendo dall'alto, comunica agli astanti una pace infinita. Fu sempre la chiesa oggetto di una cura costante da parte del popolo e dei sacerdoti.
Ultimamente con il parroco Don Carmelo Furchì e con la collaborazione di tutti i fedeli e degli amigrati Drapiesi di America e delle altre città italiane, attaccatissimi alla loro terra natia, sono stati eseguiti restauri tra cui un bellissimo pavimento marmoreo, sicchè l'effetto che ne deriva è ancor oggi quello di un intimo raccoglimento.

IL CONVENTO DI S. SERGIO E BACCO

La storia di Drapia è intimamente connessa al famoso convento di S. Sergio e Bacco, perchè fu appunto attorno al convento che si fermarono i primi profughi al tempo delle incursioni dei Saraceni e diedero vita al paese. Si pensa che il luogo per costruire il convento sia stato regalato dagli eredi di una nobile famiglia tropeana, la famiglia di S. Domenica, che era vissuta circa 350 anni prima e perciò i monaci, nella recita dell'ufficio divino commemoravano sempre la Santa con l'orazione che in seguito venne adottata da S. Bernardino da Siena, quando egli fu nominato padre guardiano di quel convento e rispondeva alle parole "Raccomandiamo di fare sempre la colletta di S. Domenica sotto i cui poderi noi viviamo".
Il cenobio fu luogo di dimora di veri santi penitenti, lontano dai rumori del mondo e non visto dal mare, da dove avrebbero potuto irrompere degli infedeli e distruggerlo.
Drapia. Fontana del Vardaro.Vi era l'orto e il boschetto con una fonte di acqua salubre, la quale scorre ancora ed è detta "Vardaro". Il convento fu meta di continuo pellegrinaggio da parte dei cittadini di Tropea, perchè irradiava da esso odore di santità, essendo sempre abitato da cenobiti di vita perfetta e pura e spesso i cittadini di nobili famiglie portavano i cadaveri dei loro cari per farli seppellire in quel luogo circonfuso da nobile ed eccelsa fama.
Al tempo delle incursioni dei Turchi furono portate molte reliquie dei Santi, per sottrarle così, alla furia devastatrice ed anticristiana di quegli infedeli.
I monaci del suddetto convento curarono l'educazione e l'istruzione del primo nucleo di abitanti stabilitosi col tempo attorno al monastero, dal quale ebbe poi origine il paese di Drapia.
Nell'anno 1221, per bolla di Onorio III, il convento di S. Sergio e Bacco ricevette la visita di due delegati apostolici, cioè del Vescovo di Crotone e dell'Abate di Grottaferrata.
Nel 1421 i Basiliani abbandonarono il convento perchè l'edificio minacciava rovina per il cedimento del sottosuolo; ma il Vescovo di Tropea, Acciapaccia, poi cardinale, senza perdere tempo vi fece subentrare i Padri Francescani con il consenso del Senato della città di Tropea.
San Bernardino da Siena fu allora guardiano e per una intera quaresima predicò nella cattedrale di Tropea. e per un'altra nella chiesa parrocchiale di Drapia.
Per parecchi secoli si conservò nel monastero lo scudo che S. Bernardino portava nelle sue missioni.
Oggi di quel vetusto convento restano solo pochi ruderi, qualche quadro conservato gelosamente nella chiesa parrocchiale di Drapia, mentre il tabernacolo, di marmo finissimo fu trasportato nella chiesa parrocchiale di Caria.