NOTIZIE STORICHE
sul
COMUNE DI RICADI

di Giavabattista Petracca Scaglione
(1902)


E' la costa occidentale della Calabria uno dei luoghi più poetici e incantevoli dell'Italia. Profumata da giardini di agrumi, allietata da un cielo azzurrino e purissimo, fu sempre dimora grata e ricercata fin dai tempi più remoti e vide in essa svolgersi la florida civiltà greca, che vi lasciò orme imperiture delle sue emanazioni artistiche, scientifiche e letterarie. Nella fisionomia degli abitanti, nel loro ingegno versatile e vivace, nel dialetto ricco e pieno di sentimento e poesia, palpita e si rispecchia ancora l'anima dell'antica Grecia, del popolo più colto e geniale del mondo. L'essere stata teatro di spaventevoli fenomeni tellurici nulla ha tolto alle sue attrattive, al fascino che emana dalla sua bellzza. Per questa e per l'importanza della posizione fu la preda ambita ed accanitamente disputata di molti popoli, fra cui Greci, Romani, Bizantini, Normanni e Saraceni. Da quest'ultimi, specialmente ebbe a soffrire danni grandissimi nelle scorrerie continue e sanguinose che vi facevano.
Fra le città che più ebbero a soffrire della loro crudeltà, sono Nicotera e Tropea, varie volte prese e devastate da quei barbari. Scacciati una volta da Niceforo, generale di Basilio, Imperatore d'occidente, da quest'ultima città, ottennero di abitare nel territorio circonvicino, dove diedero origine a dei piccoli villaggi tuttora esistenti. Fra quelli che vi predominano per popolazione e posizione, evvi Ricadi, capoluogo del comune omonimo, che si stende dal lato occidentale, alquanto al di sopra di Tropea nel punto del torrente di Riaci o del Campo fino a circa due Km. (Km. 1,852) dal Capo Vaticano, all'altro torrente detto il Porticello per diciotto Km. e mezzo, sua maggior lunghezza; e da levante a ponente ha nella sua maggior larghezza; e da levante a ponente ha nella sua maggior larghezza altri sette Km. e mezzo. Il mare ne bagna tutto il lato occidentale, formando ora delle lunghe spiagge
e dei piccoli seni con dei ridotti propizi alle navi, (il Tuono, la Ruffa, S. Domenica, S. Maria, l'Aspide1, le Grotticelle, il Porticello), ed ora dei vasti spazi seminati di scogli (la Galea, ecc.), i quali, intesecandosi fra loro ed elevandosi svariatamente, racchiudendo in mille andirivieni le acque che vi s'immettono ed allargano in tratti ove più ove meno profondi, offrono una rara comodità per bagni, singolarmente alle donne e a chiunque teme di affidarsi in mare aperto.
Il tratto denominato S. Maria è il più ridente e il più frequentato di tutti. E' formato da una valle amena e graziosa, che si apre a guisa di anfiteatro ai piedi di un semicerchio di collinette, alcune dolcemente decrescenti, ma le altre per lo più ripide e malagevoli. Di fronte si ha l'ampia distesa del mare azzurrino, chiuso dall'incantevole panorama delle coste calabresi dall'uno e dall'altro lato; dalla Sicilia, dominata dal nevoso e fumante Mongibello, e dalle isole Eolie, disposte in bell'ordine, collo Stromboli che si presenta quale una barca capovolta, sormontata continuamente da un grigio pennacchio di fumo, che si sperde e confonde nelle rosse nubi dell'alba e in quelle infocate del tramonto. A destra le collinette finiscono biforcandosi, da un lato nel capo Vaticano, che è, per la posizione, di grandissima importanza sia dal lato strategico che da quello storico; dall'altro in una collina alquanto scoscesa, piantata alla sommità di vigneti e alberi di fico, e circondata alla base, per un tratto di mare all'intorno, da molti scogli e grosse pietre, che han fatto dare a quel luogo il nome di Petrario. Su di essa si scorgono dei notevoli avanzi di una delle torri fatte costruire dal vicerè D. Pietro di Toledo nel 1537, per difendere le coste del regno di Napoli dalle incursioni barbaresche2; i quali avanzi, visti a distanza, danno l'immagine di una gigantesca E maiuscola. A sinistra terminano in un contrafforte molto ripido e scosceso, dominato dagli avanzi di un forte costruito nel 1806, durante l'occupazione francese, da un capitano del genio militare, per battere i legni da guerra inglesi, di passaggio pel nostro mare. La base è tutta circondata da grossi scogli, che per buon tratto si spingono in mare, formando dei ridotti e delle insenature chiamate complessivamente la Galea3, e Scoglio della Galea si chiama uno grossissimo e distaccato a non poca distanza dai rimanenti, in alto mare.
La valletta è piantata di fichi e fichi d'India, con qualche vigneto e seminata qua e là di casette ad uso dei bagnanti, che numerosi vi accorrono nella bella stagione. Spicca graziosamente nel mezzo di esse, con la bianca facciata rivolta al mare la semplice e modesta chiesuola della Vergine sotto il titolo di Loreto, fiancheggiata a destra dall'eremitaggio e da alquante baracche in muratura per i bagnanti.
Elevasi il territorio del comune dall'uno all'altro confine quasi tutto in linea parallela sul livello del mare, fino a 237 m. nella pianura ove siede il capoluogo, ed è interrotto soltanto dal profondo torrente della Brace4 verso tramontana e dal fiume Vaticano, che scende dal comune di Spilinga5 e scorre profondissimo in questo di Ricadi, mettendo foce in mare nel luogo chiamato la Ruffa. Questo fiume divide il territorio in due contrade: l'una a destra detta di S. Domenica, l'altra a sinistra, che è il triplo della prima, e viene detta il Capo dall'addentramento di buon tratto di terra nel mare, formante il promontorio o capo Vaticano. Tra gli scogli che frastagliano in mille guise la base di questo promontorio si apre una vasta grotta naturale, detta della Lanterna6, a causa del faro che sta sopra l'estrema punta del Capo, dove vi sono pure la caserma della brigata delle guardie di finanza e una stazione del semaforo per i servizi marittimi in tempo di guerra e per le manovre navali, ed è sotto la sorveglianza di un sottufficiale di marina. Venne edificata nel punto stesso dove scorgevansi i ruderi della vecchia officina telegrafica, impiantata l tempo dell'occupazione francese e rimasta fino al 1861. Trovavasi in diretta comunicazione con l'altra di prospetto in S. Domenica. Altra grotta naturale si rinviene a pochi metri dal lido nel luogo detto Grotticelle, tutta rivestita di capelvenere, la quale serve di ricovero alle greggi nei mesi invernali e di posto ritirato alle donne che in quei paraggi fanni i bagni7.
Quante volte dall'alto mare dassi uno sguardo alle coste del nostro territorio, scorgesi a prima vista esser queste formate da colli gli uni agli altri sovrapposti e formanti un vasto anfiteatro, i cui ordini sono altrettante pianure per cui si acsende fino alla più vasta di tutte, dove siede Ricadi8. Tutte queste pianure sono abbastanza fertili si di cereali che di alberi fruttiferi e di vigneti, mentre un secolo dietro erano quasi per intiero piantate ad oliveti, abbattuti durante l'occupazione francese con improvvido consiglio9.
Di tratto in tratto si scorgono nelle campagne delle casine da villeggiare e molte pagliare, adibite alla raccolta dei foraggi ed al ricovero delle bestie vaccine e degli asini. Le casine sono, per la maggior parte possedute dai signori tropeani, di pertinenza dei quali sono circa due terzi di tutti i terreni del comune. Nel circuito del territorio di S. Domenica e Ceramiti si rinvengono delle rustiche abitazioni, ove dimorano in buona parte per tutto l'anno i contadini di detti due villaggi e vengono chiamate forie.
Delle collinette e dei poggi sorgono qua e là in diversi tratti, e grossi e piccoli torrenti serpeggiano tra le loro file e nelle pianure. I più rimarchevoli sono oltre ai già nominati, il Carnovale, che scorre poco distante dalla collina, ove sorgono i ruderi della torre suddetta; uno che scorre tra i fondi rustici Badia e Terranova, alquanto al di sopra della Brace, e si noma a vicenda dei detti fondi; quello di S. Chiara, che si forma un pò sotto Orsigliadi, passa al fianco della chiesa della frazione di S. Nicolò, e scorre per i detti fondi Macria e Passione; altro detto i Capitoli o di Rotolo, percorre in mezzo la marina di S. Maria, e perdersi nell'arena vicino ad una piccola colonna, sormontata da una croce in ferro e detta Croce di S. Maria10; finalmente quello che segna il limite del nostro comune con quello di Joppolo, detto il Porticello11 o di Coccorino, dal nome del villaggio nella pertinenza del quale si trova.
Nella vasta pianura che si apre verso levante ed ove sorge Ricadi trovansi altri cinque villaggi, dei quali l'uno detto Orsigliadi un duecento passi al disotto del capoluogo verso ponente, e ancor più basso, alla distanza di due Km. circa (Km. 1.852) Brivadi. Vicino a questo S. Nicolò con graziosa e poetica entrata di giardini di agrumi. A tramontana di Ricadi trovansi gli altri due villaggi di Lampazzoni e Barbalaconi, vicinissimi tra di loro.
Tutti e sei sono al di qua del fiume Vaticano nella contrada detta il Capo, mentre al di là, alla distanza di sette Km. e mezzo da Ricadi, sopra una ripida sporgenza di collina, evvi Ceramiti, il più minuscolo di tutti gli otto villaggi che costituiscono il comune, e segue a breve distanza, in bassa pianura, S. Domenica, il più popolato di tutti.
Per quanto riguarda il clima del comune e il bel panorama che si gode dal capoluogo, ci piace riferire quanto ne scrisse un nostro zio arciprete, che si occupò largamente della parte economica del nostro territorio12.
" Essendo il paese, dice, bastantemente elevato sul livello del mare e non ingombro da monti vicini, offre un orizzonte molto esteso e bello per le sue variazioni; onde percorrendo l'occhio liberamente all'intorno, comparisce al sud l'ultima catena degli Appennini con tutte le adiacenze che formano l'amena riviera della Calabria meridionale al di qua del Faro; quindi il faro di Messina e tutta la costa settentrionale della Sicilia, nel cui mezzo vedesi in forma di una bianca piramide (perchè sempre coperta di neve) il Mongibello. Seguono in ordine le isole Eolie l'una dopo l'altra, fra le quali spicca bellamente lo Stromboli. Dopo gran parte di mare aperto, viene a scoprirsi al nord la continuazione degli Appennini con le adiacenze marittime della Calabria settentrionale; e finalmente girando all'est, chiudono la veduta i vicini colli dell'Acqua fredda, che, dolcemente elevandosi, formano la parte orientale di questo orizzonte, il quale, per le sue molteplici svariate gradazioni, può ben dirsi un bel panorama completo in tutte le sue proporzioni.
Il clima in generale è temperato e salubre, singolarmente poi nel capoluogo, ove respirasi un'aria pura, fresca e gradevolissima nella stagione estiva e poco rigida nell'inverno".
Solo, durante i mesi estivi, l'aria diventa alquanto insalubre in quel di S. Nicolò, e per le piantaggioni di canapa in quel di Lampazzoni e Barbalaconi. Il solo Brivadi, a causa della sua posizione, sprofondato in una fossa, e con le abitazioni molto addossate le une alle altre e le strade assai strette con delle piazzuole poco sfogate, riesce poco o niente piacevole ad abitarsi, e di non poco nocumento alla salute dei naturali.
Il comune confina a settentrione con quello di Tropea, a mezzogiorno con quello di Joppolo, ad oriente con quello di Spilinga e di Drapia, dal quale è diviso nella parte superiore, lungo il territorio di Lampazzoni, dal fiume Vaticano, e a ponente col mat Tirreno.
 

NOTE
1 <<Goglione scrive che la Calabria abbondava di serpenti di gran mole, e c'è chi dice che sul promontorio Vaticano sia stato ucciso un serpente boa>>. Scrugli, Notizie archeologiche e storiche di Portercole e Tropea, Napoli, 1891. Corre tra il popolo ricadese la tradizione dell'esistenza e uccisione di diversi aspidi in questo luogo.
2 <<Queste torri furono in numero di 366, una a veduta dell'altra nelle quali stanziavano due uomini forniti d'armi per impedire in quanto fosse delle lor forze lo sbarco dei corsari barbareschi e, di notte, ad avvisare con fuochi gli uni, affinchè gli abitanti dei paesi vicini venissero avvisati essere il mare ingombro di corsari e ch'era necessità di mettersi in salvo>>. Scrugli, op. cit. pag. 36. Vanno comprese in questo numero quella della Ruffa sulla fiumara omonima o di Vaticano e quella dette la Mazzana nel territorio di Brivadi, la quale è la meglio conservata.
Dai vecchi libri parrocchiali della chiesa di S. Pietro in Ricadi si ha la notizia di un Aloisio de Castoda, guardiano della detta torre del Pretario (castellano del pretario), qual padrino in un atto di nascita del 19 luglio 1575. Il popolino ha ricamato parecchie leggende su questa torre, parlano come al solito, di tesori nascosti, di spiriti penanti e diavoli che si debbono trovare.
3 Molto probabilmente s'ebbe tal nome questo scoglio dall'esservi naufragata qualche grossa nave barbaresca, e affondata sotto i tiri dei cannoni del forte qualche nave da guerra inglese. Dallo scoglio il nome si estese a tutto quel tratto così nominato.
4 Con altro nome Gazzaro e in dialetto Varce. Notisi che la desinenza in ace ricorre in molte altri nomi di corsi d'acqua e di vari paesi della nostra provincia e della Calabria. Così il nominato Riace; i Raci, fiumara di Spilinga; Corace, fiume in quel di Catanzaro; Prestinace, frazione del comune di Rombiolo; Gerace, Riaci, a sud di Capo d'Armi e Monasterace in provincia di Reggio.
5 <<La fiumara del capo Vaticano, detta della Ruffa, ha il maggior volume d'acqua di tutte le fiumare del territorio (Tropea) e potrebbe essere la motrice di qualunque macchina idraulica per opifici. Le acque che la costituiscono nel suo intero volume sono le seguenti, cioè due ruscelli che scaturiscono dal luogo detto li pantani di Spilinga, siti sotto il Monteporo, lontani dal mare otto miglia circa (km. 14.816). Il primo di questi ruscelli, detto fiumara del Poro o di Spilinga, muove vari mulini nel tenimento dello stesso e corre dritto verso la fiumara grande. Il secondo di minor volume non atto a muovere mulino alcuno, volge verso l'oriente, e tocca l'antico paese di Aramoni, dove vi è un ponte denominato il Passo Murato. Più basso verso l'occidente viene accresciuto da un terzo ruscello che scaturisce dal luogo detto Grotta di Faro e petti dell'Acqua fredda, ed anima dei mulini tutti siti nel territorio di Spilinga ed in quello di Panaiia. Questi tre ruscelli si riuniscono nel luogo detto Vernitico, e formano un solo volume di acqua denominato fiumara del capo Vaticano o della Ruffa, la quale fa nacinare altri mulini tutti siti nel territorio di Ricadi. Attualmente (1836) questa inaffia i soli territori verso la marina dell'estensione di cento tomolate e più. Si perde quindi nel mare, mentre con appositi canali di derivazione, costruiti superiormente nel comune di Spilinga, potrebbe irrigare migliaia di tomolate di terreno>>. Alessan. Pelliccia, Statistica delle acque fluenti nel territorio circondariale di Tropea, compilata per ordine della Società Economica della provincia di Calabria Ultra. 2^ Napoli, 1836. Purtroppo rimasero frustati i voti del dotto monaco benedettino Pelliccia!
6 Volgarmente vien detta Grotta di Fra Diavolo.
7 Circa un trentennio dietro vi si trovò colà da un vecchio eremita della chiesuola di S. Maria di Loreto, dopo una fioriosa tempesta di mare, come dai caratteri descritti dal buon frate si potè rilevare. Data però l'ignoranza di costui, non si potè saperne di più, anche perchè l'ebbe sotterrata nella sabbia.
8 Tale struttura a scalini viene dai geologi con voce svedese appellata trappense.
9 Di ciò discorreremo in seguito.
10 Per le rustiche costruzioni ed anche per quelle dell'abitato si fa molto uso di alcuni cantonetti rettangolari di terra cruda, lavorati in modo speciale, e dette in italiano breste.
11 Questa colonna, posta a pochi metri dal lido, porta la data graffica del 1784. Segna il limite della poetica processione che muove dalla chiesetta di S. Maria di Loreto ogni anno, il primo lunedì dopo Pasqua, nella festa che vi si celebra detta comunemente di Galilea. Colà giunto colla statua miracolosa, il popolo si dispone in ginocchio, e, mentre i confratelli tengono la Sacra effigie volta verso il mare, il celebrante ne benedice l'azzurra distesa e s'iintuonano le litanie lauretane.
12 <<Le sue acque hanno doppia sorgente, ed entrambe scaturiscono dai così detti Petti dell'acqua fredda nel territorio di Spilinga lontani tre miglia e più dal mare (km.5.556). Il primo rivolo scorre sotto le terre del casale di Coccorino e muove dei mulini, pertinenti al territorio di Ioppolo. E' di così poco forza questo ruscello che quei mulini debbono fare uso delle vasche per raccogliere le acque in sufficienza a poter macinare, e perciò non sono in tutte le ore macinanti. Il secondo ruscello ha il corso sotto il territorio di Panaija e dopo un miglio e mezzo il corso (Km. 27.78) si riunisce al primo nel vallone detto del Ponticello, territorio di Ricadi, donde dopo un altro miglio e mezzo di corso, si discarica nel mare. Da questa fiumara solo poche terre verso la marina, dell'estensione di tomolate due circa, sono irrigate>>. Ales. Pelliccia, op. cit..
13 <<Notizie statistiche riguardanti la descrizione del Comune di Ricadi - >> dell'Arciprete D. Pasquale Petracca, 1856 (inedito).