L'inizio della Commedia nel codice parigino
 

Comenza la prima Comedia de Dante Aldighieri da fiorense,
in la qual monstra come glaparve Virgilio e mostroli lo onferno el purqadorio,
 
 
 

Nel mezo del camin di nostra vita,
Mi ritrovay per una selva oscura
Che la dritta via era smarrita.

Ahy quanto a dire cqual era è cosa dura
Questa selva selvagia aspra e forte,
Che nel pensier rinova la paura !

Tanto è amara che pocho è più morte,
Ma per trattar del ben che vi trovay
Dirò di l'altre cose ch io v o scorte.

Io non so ben ridir como v entray
Tanto era pien del somno in quel punto,
Che la verace via abandonay.

Ma poi ch'io fui a piè d'un colle giunto
La ove terminava quella valle
Che m avea il cor di paura conpunto,

Guarday in alto e vidi le sue spalle
Vestite già di ragio di pianeta
Che mena altrui dritto per ogne calle.

Alor fo la paura un poco queta,
Che nel lago del cor m era adurata
La notte ch'io passay con tanto pieta.

E come quel che con lena affannata
Uscito fuor del pelago ala riva
Si volge alaqua periglosa e guata,

Così l animo mio ch ancor fugiva,
Si volse indietro a rimirar lo passo
Che non lasciò giamay persona viva.

Poy ch ebbi riposato il corpo lasso
Ripresi via per la piagia diserta
Si ch el piè fermo sempr eral più basso.

Et echo quasi al cominciar di l erta,
Una lionza ligiera e presta multo
Che del pel maculato era coverta.

E non mi si tollia dinanzi al volto
Anzi impedia tanto il mio camino
Ch io fui per ritornar più volte volto.

Temp era dal principio del matino,
El sol mutava in su con quelle stelle
Cheran colluy quando l'amor divino

Mosse da prima quelle cose belle;
Si che de bien sperar m'era cagione
Di quella fiera la gayeta pelle

L'ora del tempo e la dolce stagione;
Ma non si che paura non mi desse
La vista che me parve d'un lione.

Questo parea che contra me venesse
Con la testa alta eccon rabiosa fame
Si che parea che l'aer ne temesse.

Et una lupa che di tutte brame
Sembrava carchia nela soa magreza,
Et multe gente facea viver grame.

Questa mi porse tanto de graveza
Cola paura che uscia de sua vista,
Ch'io perdi la speranza de l alteza.

E qual e quei che voluntieri acquista
E giunge el tempo che perder li face
Chen tutte suoi pensier piange e s'attrista,

Tal mi fece la bestia senza pace
Ce venendone inchontra a pocho a pocho
Mi rinpingea la dov el sol tace.

Mentre ch io riuniva in basso loco
Dinanzi a gli occhi me se fu offerto
Che per luongo scilencio parea fiocho.

Quando vidi costui nel gran diserto
Miserere di me griday a luy
Qual che tu se o ombra, o homo certo !

Risposime: non homo ho gia fui
E li parenti mei fuoron lombardi
Mantoan per patria ambedue.

Nacqui sub iulio ancho che fusse tardi
Et vissi a Roma sottol buono Augusto
Nel tempo de li dei falsi e bugiardi.

Poeta fui et cantay di quel iusto
Figliol d'anchise che venne da troya
Poi chel superbo Ylion fu conbusto.

Ma tu perchè ritorni a tanta noya,
Che non ne sale al delecioso monte
Ch è principio e cagion di tutta gioya.

Or se tu quel Virgilio e quella fonte,
Che spandi di parlar sì largo fiume
Risposi a lui con vergognosa fronte.

O degli altri poeti honore e lume
Vagliami il luongo studio, e l grande amore
Che m a fatto cercar il tuo volume.

Tu se il mio maestro e l mio autore
Tu se solo collui da cui yo tolsi
Lo bello stile che m a fatto honore.

Vi la bestia per cuy io mi volsi
Ayutami da ley famoso e sagio
Ch ella me fa tremar le vene e i polsi.

A te conven tener altro viagio,
Risposi poy che lacrimar me vedi
Se voy campar de sto luogo salvagio.

Che questa bestia per la qual tu gride
Non lassa altruy passar per la sua via,
Ma tanto l'ompedisse che l'ucide.

De natura e sì malvasa et ria
Che may non empie le bramose voglia
E dipo il pasto a piu fame che pria.

Molti son gl animali a cui se moglia
E più seran ancor infin ch el Veltro
Verrà che la farra morir di doglia.

Custuy non ciberà terra nè peltro.
Ma sapiencia amore e virtute
E sua nation sera tra feltro e feltro.