Don Giulio Spada,
una vita tra i ragazzi

di Angelo De Santo


Per i cittadini di Tropea, Drapia, Amantea, dove Don Giulio visse, non occorre alcuna presentazione di questo eccezionale uomo. Egli aveva una virtù. Di rendere migliore il tessuto etico sociale della comunità attraverso le opere svolte a favore dei giovani, risollevando le sorti religiose e morali di un'intera città. Una figura che fino a qualche tempo fa era rimasta assopita nella memoria delle generazioni che lo conobbero ma che ora sta prepotentemente ritornando alla luce vera, quella iniziale che oggi costituisce solida guida per quelle attuali e future.
A Cambiago recentemente gli è stata intitolata una Scuola Materna. Ad Amantea esiste da tempo il "Premio Don Giulio Spada" e la sala di lettura del Convento di San Bernardino porta il suo nome. A Tropea il Gruppo Scouts Tropea I dell'Agesci è intitolato alla sua memoria di artefice. Nel 1997 ad Amantea è stato pubblicato il volumetto a lui dedicato “Un segno di speranza” a cura di Angelo De Santo che lo conobbe da molto vicino. Ed è da questa pubblicazione che vogliamo far conoscere i cenni biografici di Don Giulio Spada. Ne vale veramente la pena.
 
 

Nacque a Clusone (BG) il 4 gennaio 1912 da una famiglia povera e in tenera età rimase orfano di padre, morto durante la guerra del 1915-1918, e successivamente di madre. Sin da piccolo dovette così conoscere ben presto il sacrificio ed il lavoro. Fu cresciuto da uno zio paterno, ma ben presto si delineò in lui la vocazione al sacerdozio. Appena giovane fu accolto dalla Comunità del Beato Luigi ORIONE entrando in seminario a Villa Moffa di Bra in provincia di Cuneo e fu proprio il beato Luigi ORIONE che lo accolse con sè e lo incoraggiò nel cammino sacerdotale.
Prima di fare la sua scelta sacerdotale definitiva, però, conseguì il diploma di maturità magistrale ed esercitò la professione di maestro per qualche anno. Successivamente decise di essere ordinato sacerdote tra gli Orionini. Fu missionario in Albania nella città di Rodi, dove si distinse come evangelizzatore in uno Stato dove imperava l'ateismo. Singolare la sua testimonianza per i rapporti avuti prima dell'avvento al potere del regime comunista albanese.
Don Giulio aiutava comunisti albanesi ricercati dalle milizie fasciste a nascondersi in sacrestia e provvedeva loro con cibo ed a volte forniva anche vestiti, per evitare che fossero fucilati, previo segno di riconoscimento che consisteva nell'aver attaccata una piccola stella rossa sul bavero della giacca. Anche i frati francescani ed altri ordini religiosi si prodigavano ad aiutare i ricercati comunisti albanesi i quali insistentemente assicuravano che l'avvento al potere da parte loro non avrebbero assolutamente avuto ripercussioni sul clero.
Ma le cose non andarono proprio così e con l'avvento al potere del regime comunista moltissimi missionari vennero fucilati ed impiccati.
Don Giulio raccontava di essere stato fortunato insieme a pochi altri frati per essere stato rimpatriato evitando la fucilazione.
Tornato in Italia si fermò in Calabria nella Diocesi di Tropea con la speranza di poter ritornare un giorno in Albania. Speranza che nutrì fino agli ultimi giorni della sua vita. Nella Diocesi di Tropea fu invitato a rimanere in Calabria dal vescovo Mons. Felice Cribellati, anche lui orionino, che insistette per averlo come suo segretario particolare. Don Giulio accettò e rimase segretario particolare di mons. Cribellati fino alla sua morte.
Quando arrivò a Tropea, lo circondava un'atmosfera di mistero: "segaligno, volto severo, pizzetto appuntito che sporgeva da una folta barba nera. Sembrava rinchiudersi in un mondo di riservatezza". Ecco come lo descrisse nel 1985 Mons. Domenico Pantano, vicario episcopale della Diocesi di Tropea, superiore dei sacerdoti Oblati.
A Tropea fondò il Gruppo degli scouts con dei ragazzi di strada soprannominati "Gli Sciuscià".
La morte di mons. Cribellati lasciava pensare che don Giulio volesse partire per nuove terre di missione in America Latina dove vi erano gli orionini, ma il beato don Francesco Mottola insisteva per avere la presenza di don Giulio nella famiglia degli Oblati del Sacro Cuore. "Fermati con noi" gli ripeteva il Beato don Francesco Mottola.
Accettando l'invito del Beato Francesco Mottola ad entrare negli Oblati del Sacro Cuore come religioso, don Giulio pronunciò i voti per aderire all'Ordine, senza però venir meno a quell'impegno di vita che lo aveva da sempre caratterizzato come Orionino.
Spesso amava infatti ricordare che si sentiva profondamente legato a don Luigi Orione ed il motivo che lo aveva indotto ad entrare negli oblati era solo da intendersi come un momento di attesa, in vista della riapertura delle frontiere con l'Albania, terra dove ambiva ritornare missionario.
Rimasto nella Diocesi di Tropea, fu mandato parroco a Drapia (VV) dove vi rimase per circa un decennio. Anche a Drapia fondò gli Scouts con la vecchia ASCI.
Fu un brutto momento per la parrocchia di Drapia, quando Mons. Giuseppe Bonfiglioli, succeduto alla guida della diocesi di Tropea dopo la morte di Mons. Cribellati, decise di affidare a don Giulio Spada la parrocchia di Amantea, che nell'anno 1962 apparteneva alla Diocesi di Tropea.
A Drapia intanto i ragazzi e fedeli manifestavano per protestare contro il trasferimento di don Giulio e se le proteste si assopirono fu proprio per la sua capacità di persuasione che seppe far accettare senza traumi la decisione del Vescovo.
Don Giulio SPADA prese possesso della parrocchia S. Maria La Pinta ai Cappuccini nell'anno 1963 e ben presto si distinse per il suo attaccamento al catechismo dei giovani e per la catechesi degli adulti, oltre che per iniziative pastorali ed anche sindacali a difesa dei lavoratori, con la promozione dell'ACLI.
Era un ammiratore convinto di S. Giovanni Bosco che definiva un progenitore della famiglia degli orionini. Sosteneva che una parrocchia senza oratorio era priva di futuro e di avvenire. Per questo motivo si impegnava tantissimo a garantire l'apertura dell'oratorio parrocchiale per tutta la giornata, con la sola pausa per le Celebrazioni liturgiche.
Nell'oratorio accoglieva i giovani socialmente disadattati che per motivi diversi avevano interrotto gli studi e vagabondavano per le vie cittadine.
Con questi ragazzi si intratteneva per familiarizzare con loro e parlare dei loro problemi familiari, scolastici e di formazione cristiana.
Anche ad Amantea don Giulio ha avviato gli scouts e le guide dell'ASCI divenuti sempre più numerosi con il passare degli anni. Con i ragazzi partecipava personalmente e direttamente ai campeggi assentandosi soltanto per assicurare la celebrazione eucaristica nella parrocchia.
Grande importanza attribuiva alla metodologia scoutistica per il diretto contatto con la natura ed anche per i campeggi tenuti in località lontane dai centri abitati che riproducevano, a suo dire, le condizioni di appartarsi nella preghiera come per gli apostoli con Gesù.
I campeggi rappresentavano anche un modo per imparare a sapersela cavare da soli rinunciando, sia pure per un breve periodo, alle "eccessive" comodità che a lungo andare avrebbero portato ad una vita senza valori e trascurata. Oltre agli Scouts la sua attenzione era rivolta ai chierichetti ed alla schola cantorum "S. Domenico Savio" voluta da Don Giulio e dal suo attuale direttore Angelo De Santo e che nel 2006 ha festeggerà i 35 anni di fondazione.
Sempre ad Amantea ha promosso l'apertura della scuola materna parrocchiale adoperandosi per la venuta delle suore che avrebbero garantito un funzionamento coerente con le direttive diocesane in materia di educazione.
Avvalendosi della collaborazione della sig.na Gilda Viola, meglio conosciuta come "delegata" per il suo ruolo di responsabile nella passata Azione Cattolica, particolarmente esperta nell'attività artigianale di ricamo, taglio e cucito, ha istituito, di fatto, un laboratorio artigianale per sole ragazze che nulla aveva da invidiare alle scuole artigianali promosse dalla Regione. In questa scuola artigianale si formavano mediamente ogni anno, intorno alle 70 ragazze.
Devotissimo alla Madonna di Lourdes, realizzò una grotta in pietra, tuttora esistente, nel piccolo giardino dell'oratorio, nella quale grotta sistemò una piccola statua della Madonna e dove nel mese di maggio recitava con i fedeli il Santo Rosario, celebrandovi anche delle S. Messe. Anche il Terzo Ordine Francescano fu promosso in questa sua permanenza amanteana.
L'Azione Cattolica, già esistente alla sua venuta, ricevette maggiore impulso con azioni pastorali che rafforzavano l'impegno dei laici nella parrocchia.
Istituì anche la Milizia dell'Immacolata fondata da padre Massimiliano Kolbe ed un gruppo della Caritas che permanentemente lavorava all'interno della parrocchia e della Diocesi. La Caritas lo impegnava particolarmente ed in prima persona, accogliendo numerosissimi poveri di ogni ceto sociale sia paesani, connazionali comunitari ed extra comunitari. Tutti coloro che si rivolgevano a Lui, ricevevano sempre un contributo economico oppure alimentare o vestiario.
Il gruppo dei chierichetti, tra le attività catechistiche, veniva curato con particolare impegno ed i ragazzi da parte loro ricambiavano la gratitudine impegnandosi a garantire la loro presenza a tutte le celebrazioni liturgiche non solo festive ma anche feriali.
La scuola dei catechisti fu poi particolarmente caldeggiata e tutti i responsabili dei vari gruppi parrocchiali, venivano invitati a partecipare ai vari incontri di catechesi e successivamente a fare il catechismo. In collaborazione con la Diocesi di Cosenza sosteneva incontri per catechisti sia a Cosenza che a Fiumefreddo Bruzio avvalendosi della particolare amicizia e stima che lo legava al defunto "don Ciccio Miceli" mettendo a disposizione la sua auto per garantire la partecipazione ai corsi.
Nel 1983 si intravedevano visibilmente i segni della sua malattia che qualche anno più tardi lo avrebbe condotto alla morte.
Dopo tante insistenze da parte dei parrocchiani a lui vicini perchè si sottoponesse a visita medica per la diagnosi del male, don Giulio infatti si opponeva alla visita per non lasciare la parrocchia senza sacerdote a motivo della difficoltà di trovare confratelli disponibili senza impegni parrocchiali data dall'esiguo numero, fu sottoposto a visita e successivamente operato, all'ospedale di Velletri (Roma) per un tumore allo stomaco e poi curato con la cobalto terapia.
Successivamente fu curato nell'ospedale di Messina ma i risultati non furono incoraggianti. Fino all'ultimo, nonostante le sofferenze fisiche, celebrò la S. Messa.
Infine fu ricoverato presso la casa di cura per anziani ed invalidi di Serra d'Aiello "Giovanni XXIII" dove morì l'8 ottobre 1985.
Fu seppellito nella nuda terra del cimitero di Amantea come da lui sempre desiderato e scritto, essendo convinto che la cosa più importante dell'uomo non è il corpo che deve ritornare alla terra ma l'anima.