DONNA NATA
 

di Enzo Taccone
 


Con il nostalgico ricordo di quando ero bambino, negli anni che seguono la  Liberazione: 1945 - 1950 e seguenti, descrivo una donna che si chiamava Caracciolo detta, con uno dei tanti soprannomi che caratterizzano i personaggi Tropeani, "DONNA NATA".
Questa donna, costretta dal bisogno di mantenere la famiglia, ebbe la straordinaria capacità di inventarsi, con spirito pioneristico, un lavoro a dir poco  "singolare". Oggi si chiamerebbe: Società di Trading, di mediazione, o più semplicemente agenzia di compra-vendita ma a quel tempo, reso ancora più difficile dalla guerra appena conclusa, consisteva in verità nel comprare su richiesta quello che era necessario e che non era reperibile sulla piazza di Tropea.
Era il lavoro di "na commissa".
La gamma dei prodotti era vastissima: si partiva dalla lana ai pizzi e merletti, dai tessuti, filati, aghi e bottoni, per andare ai generi alimentari, (i famosi "taralli" con i semini), libri anche usati, medicinali, e per finire - è una vera chicca -  qualche pezzo di ricambio per auto che erano all'epoca una vera rarità.
Quando poteva, portava pure qualche pacchettino di sale "nascosto" accuratamente nella borsa.
Il motto era sempre lo stesso: "dimmi cosa hai bisogno ed io lo comprerò!".
Ogni mattina Donna Nata, donna dinamica e forte, prendeva il treno che partiva da Tropea alle 5 e si recava a Villa San Giovanni da dove con il traghetto arrivava a Messina verso le 8.
Iniziava con passo spedito ed agile ad aggirarsi per i negozi sino all'esaurimento delle commissioni.
Nel pomeriggio, dopo un saluto alla Madonna dal traghetto e con i pensieri più disparati mentre il treno sussultava ansimando come una locomotiva sulla linea ferrata che costeggiava il mare, rientrava al paesello per espletare le cerimonie delle consegne e delle nuove ordinazioni.
Le varie richieste venivano annotate su un quadernetto dalla copertina nera, con l'ammontare dell'anticipo ed in qualche caso con il campione.
Così tutti i giorni meno la Domenica quando poteva - finalmente - dedicarsi alla famiglia cucinando un buon pasto.
Il tutto veniva svolto pazientemente con competenza e puntualità.
A volte capitava di completare i "giri" prima del previsto e allora si recava in Piazza del Duomo e mentre consumava il frugale pasto, (una girella con delle erbette cotte la sera prima con i fagioli, oppure un'insalata di pomodori con la cipolla ed un tozzo di pane), i rintocchi del mezzogiorno mettevano in movimento le statue dorate del campanile.
Erano per lei una novità: sembrava sempre la prima volta e non si stancava mai di guardarle.
Poi si avviava lentamente o di corsa all'imbarco.
Non era raro affrontare qualche contestazione ed in quei casi provvedeva alla sostituzione della merce nel viaggio successivo.
Aumentava il prezzo della merce quel tanto che bastava per recuperare il costo del biglietto del treno e del traghetto più un modesto guadagno come  profitto.
Arrivavano persone anche dai paesi vicini: S. Domenica, Ricadi, Spilinga, Zambrone, Parghelia, Caria, Brattirò a richiedere merci da acquistare.
Mi ricordo che mio padre, che faceva il sarto, mi mandava ad ordinare o a ritirare fodera, pelo cammello, bottoni, filo buono "FARO" per gli occhielli.
Non credo si sia mai lamentata di questo lavoro. Lo svolgeva con quella rassegnazione tipica di quei tempi: lo si doveva fare per vivere.."per campà",  insomma  però con la dignità e la fierezza delle donne del Sud.
Così sino a quando riuscì a muoversi. Poi il peso degli anni, la stanchezza accumulata fecero sì che questo incarico passasse ad un'altra persona di nome: Pandullo.
Dopo tanto movimento non le riuscì facile andare in...pensione.
Dalla sua casa in Largo Galluppi guardando il mare ripensava spesso alla sua vita sempre in viaggio e con struggente nostalgia aspettava... che il tempo passasse, senza alcuna fretta..
Ricordo quel giorno , (era l'ultimo), che il Padre Eterno la chiamò nel Regno dei Beati, Donna Nata non si stupì più di quel tanto e le persone vicine che le vollero bene la sentirono esclamare in modo inconscio e risoluto:
                                             " A CHI URA PARTI U FERRABOTTU?".
Poi si avviò con in mano il suo quadernetto nero.