I Caduti del Comune di
TROPEA


Fagarè di Piave, novembre 1917:  un nostro caduto

Volti contro la terra. Volti contro il sole. Un sole che illumina sangue raffermo, annerito.
"Sole non splendere", ha scritto un soldato in una lettera.
Per non morire bisogna combattere, difendersi, aggredire, uccidere il cecchino.
Il geniere Angelo Minghetti ha lasciato la sua testimonianza:
"Il miraggio della licenza e il desiderio di non essere il prossimo bersaglio di un maledetto cecchino non danno nemmeno il tempo ai pentimenti delle decisioni affrettate.
Sono al fronte da un anno e mezzo; ho vissuto al Carso, all'Altopiano di Asiago ed ora al Pasubio. Ho visto morire centinaia di commilitoni, ho sentito le urla dei feriti e di quanti non resistevano ad ore di bombardamenti. Ho visto gli occhi dei superstiti dagli assalti delle linee nemiche. Voglio rivedere mia madre prima di morire. E' scesa la notte, indossiamo le tute bianche e, dopo le ultime istruzioni dell'ufficiale, usciamo strisciando dalla trincea. Non ci hanno visto, lentamente continuiamo ad avanzare, compiendo un largo giro per prendere alle spalle il cecchino. I reticolati vengono tagliati e superati. Ci siamo, lo vediamo di spalle, è a pochi centimetri da noi. Un'occhiata di intesa ed il balzo del nostro compagno. In un attimo la testa è tagliata. Quando la inseriscono nel sacco con l'elmetto ancora calzato, affondo il viso nella neve per non vedere".






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