L'attuale stabile dell'istituto "Sacro Cuore", ormai abbandonato e decrepito, nasce nel 1944 nella Marina di Tropea

 dalla volontà di Don Francesco Mottola per l'infanzia bisognosa e abbandonata, sui ruderi dell'antica conceria del Cav. Michele Mazzitelli

 

FABBRICHE DI CUOI E PELLI IN TROPEA (I)

 

di Luigi Grimaldi

(1845)

 

(I) Nel dare le notizie riguardanti l’enunciate fabbriche avremo a guida la elucubrata memoria del socio cavaliere Pelliccia sulle manifatture del circondario di Tropea: né poteasi da noi averne una migliore poiché alle scientifiche qualità del socio, si unisce l’esser proprietario di una delle sue fabbriche colà esistenti. Egli in tal memoria non solo ha dato le notizie che han servito al nostro lavoro, ma si è anche intrattenuto sull’arte di conciare i cuoi, sull’analisi delle parti costituenti le pelli e sulle diverse sostanze che contengono il tannino, ed ha presentato infine i disegni degli strumenti di cui si fa uso in dette fabbriche.

 


 

I. Il Cav. Michele Mazzitelli nato in Parghelia comune unito a quel di Tropea nel 1776 dal negoziante Lorenzo, seguendo le orme paterne, fu per cagion di negozio in Livorno, Genova e Marsiglia ove stabilì una casa di commercio in corrispondenza dell’altra che avea la famiglia in Messina, diretta pria dal padre e poi dal germano Antonino. Di sagace e speculativo ingegno, acquistò in non molti anni grossi capitali, che animato da caldo amor di patria divisò con incerto evento impiegare in parte con lo stabilire nella marina di Tropea una fabbrica da conciar cuoi col processo francese.

Fu costruito apposito locale in adatto sito prossimo al mare, elevato, esposto al sole e colla favorevole opportunità di poter nella fabbrica far correre due ruscelli, l’uno sorgivo in quella parte della marina detta del Vescovado, e l’altro nelle vicine sovrastanti coste che particolarmente si addisse alla macerazione de’cuoi. Per la costruzione e dotazione della fabbrica il signor Mazzitelli impiegò il capitale di ducati 40000. Associato egli all’intrapresa il fratello Antonino destinandolo amministratore, spedì da Marsiglia nel 1825 Isacco Paran per direttore e Lorenzo Chaix per capo-artiere, ed in ottobre 1826 vi aggiunse altri quattro cuoiai corredatori marsigliesi, tutti con paghe mensili vantaggiosissime. Ottenuto in detta epoca real decreto di bollazione ed altro di privativa per anni quattro, rinnovato poi per altrettanto tempo, mise in vendita  i primi cuoi conci nell’anno 1827, ma sia per la non molta espertezza del direttore, sia per la poca curanza dell’amministratore che continuava a risiedere in Messina, o perché ogni fabbrica ne’ suoi primordi ordinariamente incontra degli ostacoli, non ebbero molto favore. Michele Mazzitelli anzicchè scorarsi volle sostener la intrapresa aumentando nel 1829 il capitale a ducati 60000 da 40000 che era, nominò direttore della fabbrica Emmanuele Restoin, ed obbligò il fratello Antonino ad abbandonare la casa di Messina per stabilirsi in Tropea. Si convenne che dedotte tutte le spese, il fitto del locale, e l’interesse del 6. per 100 su’ ducati 60000 da andare a prò del Cav. Mazzitelli, il guadagno si dividesse egualmente tra lui, l’amministratore D. Antonino ed il direttore Restoin, il quale dovea pur godere la paga mensile di ducati 40 da prendersi sulle spese. La perizia del novello direttore, l’assistenza sul luogo dell’amministratore, la bontà della concia di sughero, il basso prezzo della scorza che compravasi in quell’epoca a carlini 12 il cant., e l’alto prezzo delle buone suole di circa ducati 80 il cant., produssero de’lucri oltre ogni credere vantaggiosi, e tali da far quasi nello spazio di quattro anni raddoppiare il capitale. In fatti in dicembre 1835 liquidato lo stesso si trovò essere ducati 140000. Da questa epoca sia per la minor perizia del direttore succeduto a Restoin, sia perché le scorze di sughero si acquistavano con difficoltà a carlini 30 il cant., sia perché a causa del cholera morbus diminuì la vendita, il capitale della fabbrica andiede minorando; e nella liquidazione fatta il 31 dicembre 1838, circa quattro mesi dopo la morte del proprietario, si rinvenne essere ducati 120000. In maggio del 1842 era ducati 80000 col peso di pagare al sig. Restoin la rata che potea spettargli. Or per la morte di D. Antonino Mazzitelli si è dichiarata sciolta la società, ma tutt’ora la fabbrica esiste, e comunque più ristretta, senza perder nulla della sua antica rinomanza, continua per cura della vedova Mazzitelli.

Nel 1836 l’egregio Cav. D. Alessandro Pelliccia, autore di parecchie pregiate memorie, volendo stabilire in Tropea sua patria qualche industriale intrapresa, propose al suddetto signor Mazzitelli una filanda di cotone, ma quegli adescato da’lucri della sua fabbrica di cuoi, stimò invece fondarne un’altra succursale alla prima, riserbando a miglior tempo il progetto della filanda. In luglio del suddetto anno si sottoscrisse atto di società fra Pelliccia e Mazzitelli da durar per dieci anni. Venne dal Pelliccia scelto il diruto convento degli ex Paolotti di Tropea sito alla distanza di mezzo miglio dall’abitato, in luogo elevato, prossimo al mare, e soleggiato. Fu l’edificio analogamente restaurato e vi si condusse l’acqua dalla vicina fiumara detta Burmeria. Nel 1837 compiute le prime costruzioni e corredata la fabbrica, cominciarono i lavori sotto la direzione del signor Chaix capo artiere della fabbrica Mazzitelli, e li 18 ottobre 1837 si ottenne decreto di bollazione. La prime vendite si fecero nel 1838, e poiché i prezzi di fabbrica non corrispondeano a quelli del commercio perché le vacchette conciate con la mortella in Santa Maria di Capua ed i vitellini ed agliastri di Francia e del regno vendeansi a più basso prezzo di quelli manifatturati in Tropea, il signor Pelliccia diminuì la concia delle vacchette e piccole pelli, ed aumentò quella delle suole e vitelli che furono in Napoli ed in provincia ricercatissimi, restando invendute per più anni le prime mercanzie che poi vennero esitate con perdita. Morì in agosto 1838 il socio signor Mazzitelli, e fattasi la liquidazione alla fine di tale anno, quando ancora l’intrapresa non avea esatto tutte le somme, si ritrovò esservi il capitale di ducati 20500 scompartito in ducati 3000 spesi per la fabbrica, 10000 in utensili ed animali, altrettanti in olio di balena, 3000 di pelli non vendute, 1000 di scorza e di cuoi esistenti in magazzino messi in concia o conciati, 1200 in credito e 1300 in danaro.

Oltre la suddetta perdita e la morte del socio altri ostacoli ebbe a soffrir la fabbrica, poiché i cuoi in pelo aumentarono di prezzo per le ostilità della Francia colla Repubblica Argentina, e diminuì quello delle suole per lo fallimento di talune fabbriche. L’economia e vigilanza con cui veniva amministrata dal signor Pelliccia poteron però riparare in certo modo le perdite fatte.

II. Si conciano in entrambe le fabbriche cuoi pelosi di bue, vacca, bufalo e cavallo, ed in quella del signor Pelliccia anche vacchette, vitelli e pelli per agliastri, adoprandosi in tutto il metodo francese. Vi sono in ciascuna due principali officine. L’una serve a conciare i cuoi, è detta di riviera dall’acque fluente che vi è necessaria, ed è divisa in tre corridoi. Nel primo che appellasi propriamente riviera vi sono delle pile a destra ed a sinistra contenenti quelle una soluzione di calce e perciò dette calcinari, e queste dell’acqua che ha scolo in un vicino canale: nel secondo vi sono de’ tini; e nel terzo delle fosse. La seconda officina è situata nel piano superiore, vien chiamata di correderia ed è destinata a seccare, comprimere, nettare, lustrare e colorire i cuoi. I lavori di correderia durano circa un mese, e quattro ad undici quelli di riviera, calcolandone due per le operazioni preparatorie, due ad otto per la concia nelle fosse secondocchè una o quattro volte vengono i cuoi sepelliti con novella scorza come in appresso si dirà, ed un altro mese per eseguire cotali passaggi. Per le piccole pelli ed agliastri il processo di concia è di soli 40 giorni, usandosi crusca, sale di cucina ed allume di rocca.

III. I cuoi di bove, vacca, bufalo e cavallo sono nella maggior parte esteri e compransi in Trieste Marsiglia Napoli e Messina, ivi provenienti dal Brasile e dalla Repubblica Argentina. Si possono avere o seccati al sole, o salati secchi, o in salamoia. I primi danno un aumento di peso, vendonsi alla ragione di ducati 38 a 44 il cantaro, ma si corre rischio di averne molti infracidati. Gli altri meno soggetti a tale inconveniente, lo sono al tarlo che li rode ed all’umido che li degrada. Gli ultimi sono i migliori e si pagano duc. 7 a 7 ½ se sono di rotoli 33, duc. 8 se di peso maggiore, e ducati 10 se di rotoli 40. Siccome quando son conciati perdono di peso più del terzo, con decreto di marzo 1840 il dazio su’ cuoi pelosi in ducati 4:50 a cant, fu ribassato a ducati 2.

Sebbene i cuoi pelosi del regno detti buccerie sono di eccellente qualità e danno suole più forti, pure perché nella maggior parte vengono conciati colla foglia di mirto per calzature di contadini e per uso de’sellai, e quelli che rimangono non sono sufficienti al bisogno, si debbono acquistare nell’estero.

I cuoi de’ vitelli provenienti dalla Svizzera, dall’Olanda e da altre regioni si comprano in Trieste, poiché nel nostro regno i vitelli lattanti non si macellano, ed i cuoi di Sorrento sono in picciol numero e poco ricercati per essere di forte peso. Le pelli poi per agliastri si hanno nello stesso circondario.

L’annuale acquisto de’ cuoi e pelli non è sempre lo stesso. Ecco qual fu nel 1841.

Particolare dell'istituto "Sacro Cuore" nato nel 1944 sui ruderi dell'antica conceria.

 

 

Fabbrica di Mazzitelli

 

In Trieste, cuoi esteri…………………………………………….1000

In Napoli e Messina circa altri………………………………3000

In provincia buccerie n…………. ……………………………......500

                                                                                 ------

                                                                                 4500

Fabbrica di Pelliccia

 

In Marsiglia Napoli e Messina, cuoi esteri………………………  2000

Idem vitelli detti di Olanda………………………………………........... 1500

In Napoli ed in provincia buccerie………………………………........... 590

In Tropea, pelli di capra, montoni e capretti per agliastri…400

                                                                                              -----

                                                                                             4490

 

Nella fabbrica del signor Pelliccia si adopra nella preparazione de’ cuoi e pelli l’olio di balena che si fa venir da Marsiglia ed è gravato del dazio di ducati quattro a cantaro. Se ne fa uso sì nelle suole che ne’ vitelli ma in diversa proporzione, poiché in ogni cantaro delle prime se ne impiega un rotolo di once 33, ed ognuno de’ secondi rotoli 33. Nell’altra fabbrica si adopra invece da qualche tempo in quà la morchia dell’olio, e per ogni cuoio ne bisognano once tre circa.

Grande è poi il consumo che si fa nelle fabbriche di cuoi della scorza di querce ch’è necessaria tanto ne’ lavori di riviera, posta in soluzione nell’acqua in appositi tini, nella proporzione di cant. due per ognuno di cuoi, quanto per la preparazione di essi nelle fosse, nella quale è variabile la quantità di scorza che si adopra perché dipende dal diverso loro peso. Ne bastano quindi cantara due per uno di cuoi leggieri e minori ognuno di rotoli 6: ne bisognano quattro se i cuoi son mezzani cioè da 7 a 10 rotoli, 6 se pesano da 11 a 18, ed 8 se superano i rotoli 18. L’uso di questa scorza che ha cagionato la rovina de’ nostri boschi, è indispensabile, né si è potuto rinvenire altra sostanza da uguagliare gli effetti di essa nella concia de’ cuoi. La ragion di tal preferenza si è che contiene in maggior quantità ed efficacia la così detta concia che dal francese tan chiamasi tannino. Consiste in una resina astringente di sapore acre, sempre unita all’acido gallico che precipita gli ossidi di ferro in nero e tinge in rosso la tintura di girasole, solubile nell’acqua e più pesante di essa la rende di color bruno, e poste le soluzioni ad atmosfera bastantemente alta, non ammuffano né si decompongono. Il tannino combinandosi colla gelatina ch’è nelle pelli forma una sostanza giallognola glutinosa ed elastica, la quale seccata diviene incorruttibile ed impermeabile all’acqua. Questa combinazione della gelatina colla concia o tannino costituisce l’arte del cuoiaio.

Nelle due fabbriche per la concia si fa uso di scorze di sugheri elci ed ischi. Tra esse quella di sughero abbonda più di tannino. Col Gleucometro o pesa-mosto di Beaumè saggiatasi la quantità rispettiva di concia, si è trovato che le scorze di sughero ne contengono oltre quattro gradi; quelle degl’ischi che son per altro di difficile molitura due e mezzo; dell’elce due; e delle altre varietà di querce, eccetto la farnia, uno e mezzo. Perciò si comprano quelle de’ primi a carlini trentadue il cantaro e de’ secondi ed ultimi a carlini sedici. Le scorze ottenute in primavera da giovani alberi, e quelle delle contrade meridionali elevate e secche, sono più ricercate per la maggior quantità di tannino che hanno: più sono polverizzate e recentemente molite, tantoppiù sono adatte alla concia.

La scorza bisognevole alle due fabbriche si acquista nella provincia. Nel 1841 se ne impiegarono nella fabbrica Mazzitelli cantaja 7000, e nell’altra cantaja 3000.

IV. Si adoprano nell’officina di riviera:

  1. Delle lunghe tenaglie che servono a togliere i cuoi dalle pile di acqua dopo esservi stati immersi per due o tre giorni.
  2. De’ cavalletti in cui si sospendono.
  3. De’ coltelli di acciaio co’ quali si pulisce la loro pagina interna, e degli altri con cui i cuoi destinati per suola si dividono in due metà.
  4. Delle pile che contengono una soluzione di calce ove si mettono i cuoi facendoli dimorare otto giorni in ogni pila, e fra l’uno e l’altro passaggio  lasciandoli gocciolare per una giornata sul graticcio superiore. La soluzione è di tre gradi diversi, ed i cuoi s’immergono nella più debole per passare gradatamente alla più forte.
  5. De’ trinciati co’ quali dopo essersi coll’indicato coltello di acciaio tolto il pelo ed altro, so tagliano le orecchie, parte delle code e de’ piedi, e si scarnano le teste per quanto è possibile.
  6. De’ coltelli di pietra lavagna con cui per ben tre volte si stropicciano per nettarli da qualunque residuo di calce ch’è contrario alla concia, e per lisciarli e levigarli. Facendo le operazioni finora descritte e che durano circa un mese, per ben dieci volte i cuoi si fanno passare dalle pile di acqua a’ cavalletti.
  7. De’ tini che contengono dell’acqua in cui è sciolta la scorza ridotta in polvere. In essi i cuoi ricevono la concia in tre gradi cominciando dal più deboli, e si lasciano immersi in cadauna soluzione per dieci giorni circa facendoli gocciolare in ogni passaggio.

Finalmente si compiono i lavori di riviera mediante la concia concreta delle fosse. Di queste ve ne son 34 nella fabbrica Mazzitelli e 16 nell’altra, della dimensione ognuna di palmi otto. In esse si mette alternativamente fino all’orlo uno strato di scorza molita ed alquanto umettata, ed uno di cuoi. Ogni fossa si copre con scorza già usata precedentemente per lo stesso oggetto, ma si dee però aver cura di bagnarla colla soluzione di scorza contenuta negli anzidetti tini dopo ch’è servita al suo uso e si è lasciata fermentare per più giorni. Con tal soluzione semprecchè il bisogno lo richiede, si adacquano i cuoi messi nelle fosse. Ivi si lascian dimorare per due mesi se son leggieri, per quattro se ogni cuoio è di rotoli 7 a 10, per 6 se il peso è da’ rotoli 11 a 18, e per 8 se maggiore. In ogni due mesi però si dee sostituire la nuova alla vecchia scorza.

Ne’ lavori di correderia si adoprano:

  1. De’ forchetti a due rebbi con cui i cuoi per asciugarsi si appendono a delle aste orizzontali nella soffitta.
  2. Delle tavole da corredare fornite di canaletti per raccoglier l’acqua e del sottoposto catino che la riceve – Su di esse mettonsi i cuoi.
  3. Delle margherite che in tutti i sensi li comprimono e stringono, ora operando sulla pagina interna ed ora co’ denti solcando in lungo ed a traverso la cute.
  4. De’valet con cui dopo ingrassata alquanto la pagina interna con olio di balena o con morchia d’olio comune ed umettata con acqua, si distendono e si lisciano.
  5. De ferri da stirare che servono a far nuovamente la stessa operazione. – Dopo averli lasciati prosciugare si ripongono i cuoi sulla tavola da corredare: ivi si bagna quella parte di essi che si trova imbianchita, perché troppo secca; ed onde far loro acquistare solidità, vi si passano per la seconda volta il valèt ed il ferro da stirare.
  6. De’ maglietti di legno con cui si battono e piegano gli estremi de’ piedi e della testa. Dopo fatto ciò, si appendono; e quando sono passabilmente secchi e perfezionati, mettonsi in soppressa per due o tre giorni, e nuovamente si appendono, e si lascian così finchè seccati perfettamente sono in istato di esser venduti.

      I descritti utensili di correderia non riguardano le vacchette ed i vitelli pe’ quali più complicate sono le operazioni e diversi gli strumenti. In fatti dopocchè tali cuoi han ricevuto le preparazioni di riviera ed ancora umidi si sono ingrassati con olio di balena in tutte le due pagine, si appendono, poi si stirano col ferro come le suole, e quindi si adoprano:

  1. Delle margherite alquanto più leggiere e con denti più stretti e minuti delle precedenti per comprimerli e stringerli.
  2. De’ cavalletti da corredatore ove dopo essersi umettati e stirati per la seconda volta si scarnano con
  3. De’ coltelli a taglio rovesciato.
  4. 4. De’ pistelli con cui si battono e si comprimono fortemente per mezz’ora in un tino pieno di acqua.
  5. De’ ferri da stirare più lunghi de’ precedenti e pieghevoli, co’quali si distendono tanto le vacchette che questa operazione son già perfezionate, quanto i vitelli pe’quali occorrono i seguenti altri ordigni.
  1. De’così detti ferri da stirare di pietra lavagna con cui vengono nuovamente distesi compressi e stirati tanto nella pagina interna che nella cute, e si ripete ciò dopo essere appesi e seccati abbastanza.
  2. Delle margherite di sughero con cui si fa loro la grana nella pagina interna.
  3. Delle trincie che li nettano da qualunque pelo.
  4. Delle spazzole con cui dopo essersi tinti con nero fumo, unti di olio di balena ed appesi, si stropicciano: vi si passa poi la vernice di colla di guanto e con panno di lana si lustrano: quindi si appendono.
  5. Finalmente de’ ferri da stirare con cristallo, coi quali dopo essersi di bel nuovo seccati si lustrano e stirano sulla tavola da corredare: poi vi si passa la seconda colla e si appendono nuovamente.

Per le piccole pelli ed agliastri dopo conciati si fa uso delle lunette con cui si tolgono i peli, e dopo essersi tinti a piacere, con de’ cilindri di cristallo si da loro il lustro e con delle girelle la grana.

 

IL NUMERO DEGLI ORDIGNI E’ COME SEGUE

 

                                 FABBRICA              FABBRICA

                                  di Mazzitelli               di Pelliccia

 

Tenaglie                                7                             9

Cavalletti di riviera             16                            10

Coltelli di acciaio                  16                           30

Detti di lavagna                   16                            16

Trinciati                                4                              5

Tini                                      26                            22

Tavole da corredatore         8                              8

Margherite                         32                            36

Maglietti                               8                              6

Pistelli                                   3                              5

Molini per molire la scorza    3(*)                        2(**)

Cavalletti da corredatore                                    3

Coltelli a rovescio da corredatore                       7

Lunette                                                                15

Ferri da stirare                                                   10

Detti di pietra lavagna                                         13

Detti con cristallo                                                14

 

(*) che vengono mossi da 15 cavalli. Vi è pure una gran macchina per muovere due molini, ma perché mal costruita non se ne può fare uso.

(**) che vengon mossi da 5 buoi.

 

V. La fabbrica de’ signori Mazzitelli è amministrata da D. Caterina Adilardi vedova del fu D. Antonino Mazzitelli colla paga mensile di ducati 75: i lavori sono diretti dal francese Luigi Gualtier che ha ducati 45 al mese – L’altra fabbrica è amministrata dallo stesso interessato signor Pelliccia che ha in compenso il 2 per 100 sul fondo di dotazione ch’è di ducati 20500: e ne dirige i lavori il francese Lorenzo Chaix colla paga mensile di ducati 30. – Nella prima vi è inoltre un segretario, un contabile ed un commesso viaggiatore con ducati 15 al mese per cadauno, ed un cassiere con ducati 10. – Nell’altra vi è un segretario con ducati 9 ed il francese Leone Mauriè capo-artiere con ducati 28.

 

GLI OPERAI SONO COME SEGUE

 

                                           FABBRICA                               FABBRICA

                                          di Mazzitelli                                   di Pelliccia

                                    Num. Mercede giornaliera           Num. Mercede giornaliera

 

Operai di riviera              26     g. 20 a 30                          14     g. 20 a 30

Di correderia                    8     d. 1:20 per ogni cant.            6    g. 25 a 30

                                                 di suola corredata

Mugnai                              5      g. 20                                      2    grana 3 per ogni cantaro

                                                                                                       di scorza molita

Famigli che ha cura           3      g. 20                                  

de’ cavalli

Custode del locale             1     g. 30

 

VI. Nel 1841 nella fabbrica di Mazzitelli ci conciarono 5000 cuoi pelosi di tutte le qualità del peso di circa 1200 cantara che ne diedero pressocchè 1000 di suole – Nell’altra se ne conciarono 3590 del peso di cantara 218 che diedero.

 

                                                Numero                      Peso in cantara

Suole mezzine                              2800                                  168

Vitelli                                             1500                                    14

Vacchette                                       200                                      6

Agliastri                                          400                                      1

                                                   ---------                            ---------

                              Totale              4900                                  189

 

La vendita del prodotto si fa dalla prima fabbrica per la maggior parte nelle calabrie e pel resto in Napoli: dall’altra viceversa, per la maggior parte in Napoli e pel resto nelle calabrie.

Il guadagno è molto variabile perché dipende dal prezzo de’ cuoi e della scorza.  Nel 1841 fu approssimativamente del 6 all’8 per 100 nella fabbrica de’signori Mazzitelli, e del 3 al 4 per 100 nell’altra.