Tropea. Chiesa degli Scalzi. Iscizione su lastra marmorea di Domenico Petrolo e parte del cannone.LA FESTA DEL "CANNONE"
IN TROPEA
 

di Giuseppe Chiapparo
(1956)
 


Oltre le feste patronali in Tropea se ne celebravano altre in onore di questo o quel Santo, verso il quale il popolo manifesta la sua particolare e fervida devozione.
E così abbiamo la festa di S. Michele Arcangelo, il quale ha il suo culto molto diffuso per merito della propaganda che gli fa la plurisecolare Congrega delle Anime del Purgatorio, sotto la cui egida è posta.
Esso è raffigurato con la spada sguainata nella destra, in atto di minacciare Satana, il tristo tentatore, il quale se ne sta accasciato ai suoi piedi, mentre con l'altra mano sorregge la bilancia, simbolo della giustizia.
Detta congrega, la cui divisa consiste in un camice bianco ed una mantelletta nera, sin dalla sua fondazione fu ospitatata dalla Chiesa del SS. Rosario, comunemente detta degli "Scalzi", perchè apparteneva all'Ordine degli Agostiniani Scalzi, che per Bolla Apostolica del 1618 ebbero quel convento, allora detto di S. Maria della Libertà al Borgo. I fratelli del Purgatorio costruirono un bel tempio al largo Porta Nova e poi vi trasferirono il loro sodalizio, lasciando per sempre la loro sede primitiva degli "Scalzi".
In proposito alla costruzione di quel tempio si narra ancora ora da persone vecchie del luogo che i loro padri raccontavano come verso l'imbrunire, al suono di un campanello, si riunivano i più fedeli ed andavano alla marina a prendere sabbia oppure presso la riva dei torrenti Burmaria e Grazia a raccogliere pietre, che dovevano servire alla costruzione dell'erigenda Chiesa, l'inaugurazione della quale avvenne verso il 1854, come si rileva dalla scritta posta in fondo ad un quadro eseguito su mattonelle dipinte a smalto, che rappresentano l'immagine di S. Michele Arcangelo, sito ora sulla porta secondaria della Chiesa.
Ma il fatto che intendiamo raccontare si svolge, probabilmente, qualche anno prima del 1774, nel Largo Vescovo Vaccari, davanti alla Parrocchia del SS. Rosario e la Chiesa del Purgatorio ancora non era in mente Dei.
Il cronista abate Sergio ci ha lasciato il ricordo di come avvenivano le feste patronali e posto che sul modello delle maggiori feste si fanno, in scala ridotta, si capisce, le minori, conviene che ripetiamo quanto viene detto in proposito della sontuosa, straordinaria festività che nel 1722 il Sindaco Luigi Galluppi curò di celebrare in onore della concittadina S. Domenica V. e M.
La lunga strada da Porta Vaticana a Porta Marina era pavesata riccamente; le regie truppe, comandate dal capitano Francesco di Tocco, attendevano a finti combattimenti; il Sedile Portercole era magnificamente adornato col ritratto del sovrano Carlo VI; nella Cattedrale si tenne il ponificale del Vescovo Ibanez; infine numerosissima fu la processione con la statua di S. Domenica.
"Appena uscita la statua di S. Domenica dalla porta maggiore del Duomo, la milizia, schierata avanti, scaricava in aria i fuochi: altri spari egualmente alla porta di Mare, ov'era il propugnaculum munitionis. Si raddoppiavano gli spari al comparire del Quadro della Madonna e, giunti a Porta Vaticana, ch'era la principale, il passaggio della SS. Vergine e della Santa era salutato, ex illo mirabili ac magnifico propugnaculo con colpi di cannoni, che col rimbombo prodotto mostravano ai lontani la gioia che avevano i cittadini nel festeggiare i due loro Palladi gloriosi.
Fuochi artificiali, finti combattimenti in mare, archi trionfali davano termine alla solenne festa1".
Come viene confermato nella sua citata relazione, l'uso degli spari dei cannoni della fortezza di Porta Vaticana ricorreva nelle feste solenni, uso che oggi è mutato in quello degli spari di mortaretti e dei cosiddetti "maschi".
Quindi era logico che quando la Statua dell'Arcangelo S. Michele, il giorno della sua festa, che avviene pure l'8 di maggio, veniva portata in processione, si usava sparare qualche cannone dell'anzidetta fortezza. Ed ecco che correva l'anno 1773 quando successe il prodigio che viene narrato da un'epigrafe latina, posta a fianco della porta della sacrestia della Chiesa degli Scalzi, che nella traduzione fatta dal Prof. Orlando Sposaro suona così: "La parte posteriore di una macchina bellica di grande peso, lanciata da violenza di fuoco, nelle vicinanze minacciosa di morte, per il potere di S. Michele Arcangelo, mentre questa associazione allora supplichevolmente portava in giro la sua statua, indugiando miracolosamente nel vuoto con lento movimento, contro ogni legge di natura e avvertendo il popolo, naturalmente lì raccolto, attraverso questi brevi indugi, del pericolo incombente e procurando il tempo che esso terminasse, in mezzo a tanta moltitudine stupita insieme e incolume, infine cadde inocua. In memoria di questo grande favore e per ringraziamento Domenico Petrolo tra questi amici due volte capo questa lapide pose. A. D. MDCCLXXIV".
Da quell'anno in poi la festa dell'Arcangelo S. Michele fu detta "La festa d'a cannuniata" perchè senza alcun timore,durante la processione, si sparavano parecchie cannonate a salve con un cannore che forse era quello che tuttavia si trova in una meceria sottostante alla fortezza, da dove, ignoriamo per quali motivi, precipitò, ed ivi fu lasciato in abbandono.
Le feste popolari si chiudono sempre col balletto del "camìu di fuoco", che trae le sue origini da una usanza araba. Com'e risaputo, Tropea fu anche posseduta dagli Arabi e per l'usanza del "Camìu" vedi il nostro articolo su "La festa della Croce in Tropea" in "Folklore italiano", A. XI, 1936, f. i.
Anche la festa di S. Michele si chiudeva col ballo di un "camiuni", fatto, come al solito, con stecche di canna, che sotto la coda portava un grosso petardo che, dopo essersi consumati i fuochi di bengala, di cui il dorso, il collo e la testa erano profusi, esplodeva con una fortissima detonazione, la quale segnava la fine della festa.
Anche oggi fioriscono sulle labbra dei nostri vecchi pochi versi, ultime vestigia di un canto popolare che ci hanno tramandato, quasi eco debolissima, il ricordo di quella festa, che doveva commuovere e rallegrare l'animo di quei buoni e devoti popolani, che con schietto giubilo cantavano. Detti versi sono i seguenti:

"Gridavanu chij d'u Coralluni2:
viva la festa di lu Cannuni".

Finita la festa con l'esplosione del petardo, posto sotto la coda del "camiuni" artefatto, il popolo gridava:

"Sparò d''u culu 'u Camiuni.
finiu la festa di lu Cannuni".

Questa festa durò finchè nel 1854 fu inaugurato il tempio detto del Purgatorio, ove, col sodalizio, fu trasferita la statua del prodigioso S. Michele Arcangelo.
 

NOTE
1 Dalla Cronaca del Crescenti.
2 Coralluni: nome importato dall'America latina per indicare un casamento, dove abitano parecchie famiglie.