Don Francesco MotttolaL'attualità del messaggio di

Don Mottola
 
 

di Giuseppe Lo Cane
 


L'attualità del messaggio di Don Mottola, contenuto nella sua stessa vita, oltre che nel suo pensiero, può essere indicato, in modo particolare, nel riferimento alla verità sull'uomo, alla sofferenza e alla questione sociale.

1° Don Mottola vede strettamente congiunta la verità sull'uomo a quella di Dio.
Egli si dichiara seguace di Rosmini che prova l'esistenza di Dio (partendo) dall'interno (dell'uomo) non dall'esterno. Nel fondo del nostro animo troviamo la luce di verità che ci rende intelligenti, ma sappiamo che essa non viene da noi (v. Parva Favilla, Rubbettino, 1994, p. 268). <<Noi vediamo col sole... Ma un sole più forte ci fa vedere meglio; la luce di Dio è il sole più forte>> (Itinerarium Mentis, Padova, 1950, p. 17). Aggiunge don Mottola: <<Penso... ed ho l'evidenza immediata di non essere il pensiero e perciò di non essere volontà...; io ho l'evidenza della mia contingenza, dunque Dio è>> (I. M., p. 52).
Socrate prima di morire ai suoi discepoli raccomandava: badate a voi stessi. Don Mottola dice in modo più completo: occorre scoprire noi stessi a qualunque costo, bisogna scoprire la luce divina che è in noi (F. L., p. 264) perchè a Dio si va per mezzo di questa luce (F. L., 28).
E' poi della natura del nostro essere rapportarci a Dio: tra noi e Dio vi è un bene comune costituito dalla stessa verità. Con Dio, anzi con la Trinità <<abbiamo comunanza di beni divini>> (I. M., p. 11). Per essere ciò che siamo dobbiamo stare in rapporto con la verità. Perciò Don Mottola può dire: <<Dunque io ti prego di rimanere te stesso. Nel fondo della tua anima c'è una luce che non vedi - sei troppo distratto - e si chiama verità>> (F. L., p. 256). La verità è Cristo, Verbo di Dio presente in noi con la sua luce, dunque <<in lui divinamente si risolve il problema della nostra personalità e ogni problema sociale>> (F. L., p. 256).
Per Don Mottola, come per S Agostino, rientrare in se stessi, significa ritrovare Dio. La persona umana ha senso solamente concepita come abitata nella sua interiorità dalla verità di Dio. Per Don Mottola, come per Teresa D'Avila, è una situazione patologica che vi siano delle persone <<così abituate a occuparsi di cose esterne..., da far sembrare loro impossibile poter entrare in se stesse>> (Il Castello Interiore, Prime Mansioni, 1, 6).

2° Altro aspetto del messaggio di Don Mottola trovasi nel suo modo di rapportarsi alla universale sofferenza umana. Egli avverte nel suo animo le voci di angoscia del mondo intero: <<son mille e mille voci, un clamore di voci imploranti, da tutti i continenti, in mille lingue diverse, in mille inflessioni di suoni: una sola voce - la Sua. Son mille e mille volti; bianchi, bruni, neri, rossi, gialli; di bimbi, di donne, di uomini: poveri volti umani pieni di luce e d'ombra: un solo volto nel dolore - il Suo>> (F. L., p. 62 - 63). <<Tutti sofferenti - scrive Don Mottola - hanno il volto divino di Cristo>> (I. M., p. 49).
E' per questo che Don Mottola chiama perle preziose le prime ricoverate nella Casa della Carità di Tropea fondata nel 1936. Nello stesso anno una madre di sette figli ammalata di cancro lascia il tugurio umido e nero ed è accolta nella Casa della Carità che, dice Don Mottola, <<non fu mai così piena quando incastonò nel suo oro la carne franta e marciosa della povera madre - una perla splendente>> F. L., p. 40. Egli non esitò ad abbracciare nel tugurio di via della Pescheria, ove ora sorge una boutique, un giovane tubercoloso e solo che egli era andato a confortare. Di un bambino di due anni e mezzo, rimasto senza mamma e portato alla Casa della Carità, egli scrive: <<Non sai, bambino, la tua storia, non te la faremo sapere>> e doveva trattarsi d'una storia molto triste. Ed ancora: <<C'è un piccolo nido di bimbi, raccolti dalle tre province della Calabria... Pigolio d'implumi - il Signore li ha portati nel nostro sole>>. Ma ci sono anche loro <<che portan nella carne mortale più sensibili i segni mortalmente sanguinosi di Cristo>> (F. L., p. 73).
Tra i criteri di accettazione nella Casa della Carità, Don Mottola stabilisce che con preferenza <<si accolgono quelli, che portano sul loro volto, i tratti inconfondibili dell'umana sofferenza>> (F. L., p. 150).
Il sacerdote tropeano e le sue collaboratrici nelle Case della Carità praticavano quella che Bernard Lown nel suo libro L'arte perduta di guarire avrebbe chiamato ascolto empatico, del quale sottolineava il valore terapeutico. In definitiva Don Mottola diviene ciò di cui parla, come capitava al neurologo Clovis Vincent, il quale soffriva col cervello, durante le operazioni al cervello (Henri Mondor, Anatomistes et Chirurgiens).

3° Altro motivo di attualità del messaggio di Don Mottola è da ritenere il suo modo di guardare alla questione sociale.
Ignazio Schinella ha messo in evidenza come in Don Mottola vi siano in merito a tale questione posizioni anticipatrici della dottrina sociale della Chiesa contenute nell'enciclica Sollicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II. Il pontefice in tale documento fa nascere l'impegno sociale del cristiano dalla sua partecipazione al sacramento dell'Eucarestia. Don Mottola aveva affermato che <<soltanto la dottrina del Corpo Mistico può risolvere in pieno la questione sociale... I primi cristiani tutto mettevano in comune>>, perchè in Cristo tutti si sentivano fratelli (F. L., p. 23). <<Bisogna convincersi - aggiungeva - che i problemi sociali sono di ordine mistico>> (I. M., p. 24). L'importanza di tale affermazione risulta maggiormente rafforzata dal fatto che Don Mottola concepì una stretta unione fra contemplazione ed azione. In tal modo la stessa vita religiosa nel secolo, proposta da questo sacerdote, assume una funzione sociale, perchè l'impegno per l'elevazione della società si carica della più alta motivazione.
Non è un caso che questo insegnamento non sia soltanto all'origine della fondazione delle Case della Carità, ma abbia anche ispirato, qualche anno dopo la morte di Don Mottola, la costituzione del Gruppo Ecclesiale Calabrese con la finalità di sollecitare l'attenzione dell'opinione pubblica verso i problemi più urgenti della comunità regionale, come si è, in particolare, verificato con la proposta di legge regionale d'iniziativa popolare per l'occupazione giovanile, firmata da oltre cinque mila elettori e presentata alla Presidenza del Consiglio regionale nell'ottobre del 1987, sebbene accolta con malcelato fastidio dalla rappresentanza politica regionale, dimostratasi molto poco sensibile alle istanze che salivano dalla società civile.
Concludendo, sia consentito affermare che in tutto ciò che di risolutivo si farà in Calabria, non si potrà non tenere conto delle idee e della testimonianza lasciateci dal Servo di Dio Don Francesco Mottola.