OPERA OMNIA
DEGLI SCRITTI
DI DON MOTTOLA

Di  Don  Domenico  Pantano



 

Per la ricorrenza del XXV della morte del Servo di Dio, Don Francesco Mottola (29 giugno 1969 - 29 giugno 1994), la Fondazione, che porta il suo nome, ha iniziato la pubblicazione dell'Opera Omnia del prete tropeano, noto non solo per la sua santità e le opere di bene che ha lasciato, ma anche per la sua intensa attività letteraria, che onora la Chiesa e la cultura non solo calabrese, ma anche nazionale. Il piano prevede una serie di circa dodici volumi, il cui contenuto spazia dalle opere di spiritualità al genere epistolare (oltre 7500 lettere a privati), al saggio teologico-mistico, allo storico-poetico-letterario.
Il primo volume "Lettere circolari" raccoglie le lettere inviate ai sacerdoti, alle oblate e agli oblati laici, quelli che possono essere definiti i suoi "figli spirituali". In esse effonde il suo animo e partecipa il suo ideale di santità nella totalità del dono a Dio e del servizio agli ultimi. Anche se l'opera ha un interesse specifico per i destinatari, ai quali le "Lettere" sono rivolte, essa assume grande valore di documento storico e umano, poichè la sua anima fa da risonanza ai vari avvenimenti, piccoli e grandi, tristi e lieti, e ci offre una visione lucida del suo tempo, nella partecipazione e nel coinvolgimento personale ai fatti, che non lo lasciano mai indifferente spettatore.
Riferendosi alla tragedia della seconda guerra mondiale scrive che gli occhi sono ottenebrati "dal buio ciclone di sangue" e esprime la sua accorata preoccupazione per "questo Novecento rosseggiante di sangue nel buio, che ognora incupisce".
"Faville della Lampada", già pubblicata dalle Edizioni Paoline (Catania 1955), è integrata da altri brani che non figuravano nella prima edizione.
Introduce il volume la nota poesia del Pascoli "Io sono una lapada c'arde / soave" e rivive l'esperienza mistica del suo cammino alla ricerca di Dio, come una meravigliosa avventura, in cui l'anima, come la lampada sull'altare, consumando a goccia a goccia l'olio, offre le sue faville per illuminare la via all'uomo, alla ricerca di un senso alla sua vita. In quest'opera, in cui tutto viene trasfigurato e sublimato da un cuore che vibra di un tenero e appassionato amore al suo Signore e ai suoi fratelli, il lettore si abbandona nella contemplazione della natura con il suo cielo, il suo mare, i suoi animali in particolare gli uccelli.
Molti brani si elevano a grande dignità poetica e letteraria, in particolare quando il suo sguardo si posa su questa "aiuola, che ci fa tanto feroci" e nella sua "crucisignata" rivive le piaghe doloranti della sua gente di Calabria. Ricordiamo il brano "Via Crucis", un vero poemetto, che ben può figurare fra le pagine più alte e significative della letteratura religiosa del novecento, del quale riportiamo una parte:
"Nella mia terra di Calabria / ho rifatto in ginocchio la Via Crucis / son passato per tutti i villaggi / sono sceso per tutti i tuguri /..Ho sentito il singhiozzo della mia gente / nel mio povero cuore: / la gente di Calabria nel suo itinerario dolorosissimo / non ha conforto - come Gesù.".
Notiamo ancora la voce altamente poetica quando descrive il "Canto del mare", la cui profanazione, in questa triste stagione - scrive - a me pare un sacrilegio.

Vol. primo: "Lettere circolari" pp.190 Lire 20.000;
Vol. secondo "Faville della Lampada"  pp. 400 Lire 35.000;
Rubbettino Editore - Soveria Mannelli, 1994.