La Prof.ssa Elena CandelaTROPEAMAGAZINE INCONTRA
ELENA CANDELA,
STUDIOSA DEL TROPEANO
OTTAVIO GLORIZIO
 

di Salvatore Libertino


Il 26 giugno 2003 siamo andati a trovare la Professoressa Elena Candela all'Istituto Universitario 'Orientale' di Napoli, dove è titolare delle cattedre di Letteratura Teatrale Italiana e di Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea. Qualche mese prima avevamo fatto una lietissima scoperta. La Professoressa è una studiosa del commediografo tropeano Ottavio Glorizio (1536 - 1623), tra l'altro oggetto di studio, nel regolare programma dell'anno accademico 2002-2003, da parte dei suoi allievi, che fino ad ora sull'autore tropeano hanno discusso con Lei almeno tre tesi di laurea. Elena Candela ha nel 2000 curato la pubblicazione di Le Commedie di Ottavio Glorizio per i tipi di B. di M., Napoli ed è anche autrice del saggioRifrangenze telesiane – La <<Subductio>> delle commedie tardocinquecentesche di Ottavio Glorizio, in Miscellanea, Studi in onore di Raffaele Sirri, Federici & Ardias 1995.
Per far conoscere ad un pubblico più vasto l'evento, sicuramente di elevatissima portata culturale non solo nell'area tropeana, abbiamo contattato la docente che non ha esitato a darci il consenso per l'incontro. La Professoressa Candela ci tiene che si sappia che è di origine calabrese: la madre ed il nonno erano infatti di Sanbiase.
Durante l'incontro era presente Raffaele Sirri, un'"istituzione" dell'Orientale, di cui è stato Professore ordinario, ed ora è professore Emerito.
La Candela che gli aveva dedicato il saggio su Glorizio nel 1995 dice di lui "Ha seguito tutto il mio percorso universitario, non potevo fare a meno di dedicargli quel contributo, ed oggi l'ho voluto ancora vicino a me".
La Professoressa sarà nell'autunno di quest'anno a Tropea dove terrà una conferenza su Ottavio Glorizio in seno al "Centro Studi Galluppiani", presieduto dal Prof. Giuseppe Locane. Per conoscerLa meglio, Le abbiamo rivolto qualche domanda.

Professoressa,come nasce l’incontro con Ottavio Glorizio?

Innanzitutto devo dire che Ottavio Glorizio si è rivelato subito autore importantissimo, sia per la bravura che ha dimostrato come commediografo sia per l’apporto specifico degli studi di giureconsulto. Da parte mia, in particolare, mi sono interessata alla sua scrittura teatrale, che è risultata interessantissima. Molti tratti della cultura, della società, degli usi e costumi, insomma della realtà sociale e culturale del tempo, sono riportati nelle sue commedie. Anche la lingua non risulta affatto paludata ma di agevole lettura. Il mio incontro con Glorizio, si può dire, è stato casuale. Risale al 1981 durante una ricerca per la ricostruzione della cultura di tardo-Rinascimento nell’area napoletana (indagine testuale e spogli linguistici) coordinata da Raffaele Sirri, allora direttore dell’Istituto di Italianistica dell'Università di Napoli "L’Orientale". Venuta alle mani anche la cultura calabrese, nel contesto generale dell’indagine, Ottavio Glorizio si è rivelato una personalità importante, di spicco. Tra l'altro era stato già considerato quale seguace di G. B. Della Porta da Benedetto Croce nei suoi studi sul teatro del tardo Rinascimento. E per di più il suo nome era legato all'Accademia degli Amorosi, altro punto interessante nella cultura di Tropea del tempo, L’autore ne fa menzione nel prologo di una delle sue commedie, intitolata per l’appunto "Impresa d’amore". Questa notizia l’avevamo appresa già da varie bibliografie, ma niente di più. Ci è venuta la curiosità. Per me poi ha molto giocato anche la componente sentimentale, avendo origini calabresi. In seguito i lavori di ricerca più generali hanno dato spazio a quelli più specifici. Io ho portato avanti il mio interesse per Glorizio. E direi che di tutti gli autori che avevamo messo in elenco, Glorizio è stato il più fortunato, perché i suoi lavori hanno rivisto la luce in una attuale edizione curata da me. Mia madre era di Sanbiase, anche mio nonno, per cui mi sono sentita un po’ come studiosa ed un po’ come sentimentalmente predisposta ad adottare l'autore. Anche perché questa Calabria ci appariva così dimenticata. La sua cultura che era venuta fuori nel secondo Ottocento con gli studi e le ricerche sul pensiero filosofico meridionale, esercitava un gran fascino su di me e su tutti quelli legati culturalmente e sentimentalmente a questa terra. Sì, è vero, molti se ne sono interessati, però è stata in un certo senso riabbandonata. E non è giusto. Perché la cultura calabrese che comunque confluiva in quella napoletana, ha una sua entità, una sua specificità, che va ripresa, va sentita, va approfondita. E al momento sentiamo che è questo che ci manca. E' tempo che i coraggiosi si mettano di buona lena a portare fuori il passato della grande cultura calabrese. L'appiattimento certamente è venuto nel tempo. Gli studi sono stati in qualche modo affossati anche per l’esodo di persone che, andando via dalla Calabria, non sono più  ritornati. Ma forse potremmo dire, piuttosto, quello che Beltrando Spaventa affermò parlando del pensiero filosofico meridionale dopo Bruno e Campanella, che "quando le intelligenze di un popolo hanno a combattere contro la forza materiale … accade che … l’idea filosofica emigri e vada in cerca di altra terra, in cui possa vivere e fruttificare". Ciò dovrebbe essere visto come un fatto sentimentale ma anche di ripresa reale e realizzabile. Non sento giusto che una buona parte di cultura rimanga sepolta (eppure se ne trova tanta, se ci si mette con stima di se stessi a tirarla fuori). Occorre  lavorare per farlo. Non è facile né semplice, ci vorrà del tempo, ma un tassello alla volta penso che se ne possa ricavare un bel po’.


Il Prof. Raffaele Sirri

Chi era Ottavio Glorizio e come è stato accolto dagli studenti?

Glorizio studia a Napoli nel periodo di Della Porta e Campanella. Si laurea in diritto canonico e si rivela un grande studioso, anche in questa disciplina, pubblicando dei validi saggi. Però dallo studio delle commedie, edite a Messina e a Venezia, è chiaro che l’autore assimila tutta la cultura meridionale di cui la città di Napoli era la forza centripeta. Tutto ciò affiora proprio dall’impostazione delle argomentazioni e anche dalla scrittura, evidente anche nella scelta della terminologia e nell’uso della lingua. Se nella prima (Le spezzate durezze) è più teorico e si rifà a Telesio e ai trattati del tempo, nella seconda (Impresa d’amore) invece si vede - e lo dice lui stesso – è più spigliato, più scaltro nel rivolgersi ad un pubblico che si vuole divertire. In pratica descrive e porta sulla scena con semplicità, realismo e immediatezza quella che era la società napoletana o meridionale, con un pizzico d’ironia e qualche volta con piglio serio e meditabondo. Ma vi è prettamente riflessa soprattutto la mentalità calabrese. Se ne hanno continui riferimenti che danno la possibilità di calarsi in quell'epoca. Le due commedie in un certo senso potrebbero essere considerate moderne sia di lingua che di stile: leggibili. E certamente potrebbero essere rappresentate o almeno si potrebbe pensare a farne una riduzione. Ed in questo caso noi ci ritroveremmo e ci rispecchieremmo  nel contesto, nelle battute dei personaggi, nella stessa trama. Posso fare un esempio. Una delle due commedie si svolge intorno a intrecci divertentissimi, ma è l’onore il perno intorno al quale ruota la commedia. Un giovane bacia l’innamorata in pubblico perché togliendole l’onore il padre della fanciulla, contrario al matrimonio e ostinato nel suo atteggiamento, tanto da minacciare di consegnare il giovane alla giustizia e a una sentenza capitale, fosse costretto a concedergli la figlia. E la commedia potrebbe diventare tragedia se non sopravvenissero altri fatti propizi misti a un’esilarante comicità di altri personaggi. Queste due commedie sono veramente ricche di significati, anche se in qualche modo prevale la tradizione delle commedie cinquecentesche. Io ho fatto questo studio condotta dalla curiosità letteraria e dalla fede nello studio non tanto perché prevedessi un fine interessato e conclusivo. L'ho fatto volendo scoprire la vita e il passato della cultura e della società calabrese. Ma le ho trovato così interessanti che didatticamente le ho proposte agli studenti dei miei corsi universitari. Ho dato delle tesi, almeno tre fino ad ora e in futuro ne darò ancora. Gli studenti hanno mostrato moltissimo interesse per questo autore tropeano. Una ragazza in sede d’esame mi ha riferito di aver messo in atto la ricetta di un pasto descritto nel testo di una commedia.

Come mai il Glorizio non si firma nelle proprie commedie?

Perché mai il nostro Ottavio non si firma e delega suo fratello Carlo a rappresentarlo nell'introduzione di ambedue le commedie? Potremmo dedurre che non lo faccia perché porta l'abito talare. La sua professione è quella di istitutore. Ma può anche darsi che lo faccia per celia. Per vezzo letterario o per voler nascondere la paternità delle opere. Impresa d'Amore non è proprio "castigata" nelle battute dei servi che indulgono a battute a doppio senso e molte volte scurrili. Essa infatti va molto al di là di quanto uno si aspettasse da un prete. Però questa era l'epoca e forse anche per questo non si firma. Alla fine però esce fuori che lui è l'autore delle commedie, per questo io direi che è piuttosto un vezzo letterario. Non saprei dire di più. Però questa riflessione potrebbe essere lo spunto per l'avvio di una ricerca da fare. Io ho fatto solo una parte. Ovviamente resteranno altre cose da chiarire.

Professoressa, qualche settimana fa è stata invitata dal Presidente del "Centro Studi Galluppiani" di Tropea a fare una conferenza su Glorizio. Ora c'è l'intervista di oggi. Come sta vivendo dentro di sé questa attenzione su Glorizio e sugli studi che Lei ha condotto sul commediografo tropeano?

Ringrazio il colonnello Libertino e il professore Locane. Ma a questo proposito vorrei raccontare l’episodio accadutomi in questa circostanza, che mi ha un po’ meravigliato e anche fatto molto piacere. Le cose non vanno sempre male. All'improvviso può venire fuori un lavoro che uno ha fatto molto tempo prima e che pensava di non poter riprendere o di non poter continuare. Anche se comunque per me non è stato proprio così, perché lo studio delle commedie di Glorizio da quache anno è proposto nei miei corsi e fa parte del programma d’esame. Ora torniamo all’episodio. Una sera tornando a casa, stanca, dall'università ho sentito squillare il telefono. Lo alzo. E mi si apre davanti qualcosa che non avrei mai potuto pensare. Non so se è solo merito della tecnologia moderna. Io sono stata ricercata dal Colonnello Libertino attraverso internet. Infatti seguendo il nome di Ottavio Glorizio è venuto fuori che mi ero interessata proprio a questo autore. Ed è anche venuto alla sua conoscenza un mio saggio che avevo scritto su Glorizio tratto da un libro pubblicato in onore del Professore Sirri, al quale debbo la gratitudine di avermi insegnato la serietà degli studi e l’amore per le cose calabresi. Anche oggi. Oltre al Professore, è con me il Colonnello Libertino che mi ha chiesto questa piccola intervista per i lettori del suo "TropeaMagazine". Sono molto felice che ci sia stato un interesse comune per questo autore tropeano che senza dubbio in questo momento, se dal cielo ci potesse vedere, sarebbe contento di notare che le sue commedie sulla mia scrivania rivivono, come è degno che rivivano. Grazie.