L'ELOGIO FUNEBRE DI P. GALLUPPI

P E L   F I G L I O  T E O F I L O
 

di Eugenio Di Carlo
(1930)


Il 18 giugno 1818 una terribile tragedia funestava la casa Galluppi di Tropea: il figluolo del filosofo, Teofilo, giovane di ottima indole e adorno di virtù domestiche, cadeva colpito a morte, vittima, per adoperare le parole stesse del padre, del furore di un giovane sconsigliato1. Giusta quello, che allora pare fosse pietoso costume, il padre ne scrisse l'Elogio funebre, il quale fu stampato e pubblicato a Messina nel 1818, coi tipi di Antonino d'Amico Arena e con licenza dei Superiori; la pubblicazione, che è completata da due sonetti del Canonico Goffredo Fazzari, quello stesso, al quale posteriormente il Galluppi indirizzava le Lettere filosofiche2, grato forse perchè nel Seminario vescovile di Tropea spiegava gli Elementi del nostro Autore3, è ora rarissima4. E' uno scritto interessante anche dal punto di vista filosofico, oltrechè per la biografia di Galluppi e come documento del vivo e profondo amore, che egli nutriva per figliuolo suo, spento in così giovane età. Dalla lettura di esso appare senza ombra di dubbio quanto poco sia rispondente al vero quanto, a proposito di detta uccisione, ebbe a scrivere a suo tempo Raffaele Lombardi Satriani nel suo giovanile lavoro: Da Cassiodoro a Galluppi5. Egli afferma (p. 60. in nota) essere stato il giovane Teofilo vittima del cattivo esito di uno scherzo. Racconta pertanto, che
<< volendo questo disgraziato ragazzo portar paura ad un suo amico, pensò di fingere un agguato. E di fatti una sera insieme con un altro giovane lo attese nel portone di casa sua, e, mentre il suo amico scendeva le scale, egli di repente, a mò di furfante, gli si parò. Il suo amico, non avendolo riconosciuto, credendo di aver che fare con un ubbriaco od un ladro, estrasse lo stocco e gl'infisse una mortale stoccata, dinanzi, che lo rendè esanime al suolo >>.
Ora la versione del ch.mo amico Lombardi Satriani, che non sappiamo da quale fonte derivata, non è ammissibile. Chi legge solo con qualche attenzione lo scritto in questione, alla cui ristampa abbiam voluto provvedere per sottrarlo all'oblìo, e, quel che è più, ad evitare che di esso si perda ogni traccia, si forma subito la convinzione che il giovane Teofilo fu senza meno assassinato. Diversamente non si spiegherebbero, nè tanto meno troverebbero giustificazione, le parole veementi di esacrazione rivolte dal Galluppi contro l'uccisore, che si leggono nel funebre Elogio; le quali sono spiegabili e giustificabili se dirette contro chi ha volontariamente ucciso, non lo sono invece contro chi ha ucciso per una fatale congiuntura, senza averne avuto la volontà. Il giovane Teofilo fu pertanto assassinato, ma non sappiamo, nè il nome di colui, che si macchiò di sangue le mani, nè tanto meno i motivi che al truce delitto lo determinarono.
L'opuscolo in questione è di pagine dodici, compreso il frontespizio6. Le note, tranne una dell'Autore, sono dello scrivente.

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<< Tomba fatale tu sei il più sacro oggetto per me. Nell'oscuro tuo seno tu serbi l'esangue spoglia, che chiudeva l'anima virtuosa, ed eroica, del mio caro Figliuolo; di quel giovanetto amabile, che visse nella innocenza, che non offese mai alcuno, che fu adorno di tutte le sociali virtù, e che nell'età di anni 18 chiuse il cerchio della sua vita co'tratti del più sublime religioso eroismo: del mio Teofilo io parlo, a cui una mano omicida, e barbara, troncò nell'aurora de'suoi giorni, lo stame della vita.
Fermati, giovane truce, perchè impugni un ferro che svela la tua viltà, e che di un'eterna infamia ti cuopre? che tenti, anima feroce, contro un giovane mansueto, ed inerme! Ah! Tu sei sordo alle voci dell'onore: tu da forsennato già vibri il colpo crudele: tu ti lordi del sangue innocente: il giovanetto virtuoso, il mio caro Figluolo, intriso di sangue, fra i dolori di morte, già cade sul suolo, e con lui cade nella desolazione un'innocente famiglia.
Misero me! Padre infelice! Tomba fatale! tu già togli a'miei sguardi l'oggetto delle paterne tenerezze! Riapri, per pietà, il tuo freddo marmo: rendimi almen per istanti, l'onorata spoglia: permetti, che io lavi colle acque del dolore la sua crudel ferita, che le renda gli estremi uffici de'miei sospiri, e degli baci paterni. Sì, io ti richiamo sul suolo spoglia onorata: ricevi... Ma oimè! io più non ti ravviso: io non rimiro le amabili sembianze del mio caro Teofilo! Figliuol mio ove poss'io ritrovarti? Tomba io t'abbandono: io vado a ritrovare il mio diletto Figliuolo. Cieli additatemene la strada. Sarete sordi alle smanie di un infelice? Ma dove potrò io rinvenirlo? Lagrime frenatevi un istante. Teofilo vive nell'augusto Tempio della virtù: Teofilo vive nel maestoso seno di Dio. Sì, io non potrò trovarlo altronde.
Teofilo vive nel tempio della virtù. A voi mi rivolgo Cittadini di Tropea, Voi che vedeste scorrere i suoi brevi giorni, che foste testimoni irrefragabili delle sue azioni, che attenti fissaste gli sguardi su le menome circostanze della corta sua vita, ditemi, ve ne scongiuro nell'eccesso del mio dolore, avete voi nulla da rimproverargli? Offese egli mai alcuno? Uscì giammai dal suo labbro la menoma paroletta, che recasse altrui il più piccolo dispiacere? Poteva egli esser conosciuto, trattato davvicino, e non essere amato? A te mi rivolgo ancora rispettabile amico Canonico Fazzari, tu che il vedesti nascere, che lo osservasti in culla, che l'accogliesti nelle braccia bambino, che grandicello l'educasti; che amavi di vederlo ogni giorno, che facesti l'analisi del suo esser morale, che penetrasti in tutti i nascondigli della anima sua: deh tu soddisfa le smanie di un Padre, che ama di conoscere il vero; deh tu pronuncia, con imparzialità, il tuo giudizio su l'estinto figliuol mio.
Ma voi tutti mi avete già prevenito: voi avete imitato i tanti famosi giudizi de'morti del vecchio Egitto. All'annunzio della morte del mio Teofilo, lo araldo del sentimento vi ha tosto riuniti: voi avete scarmigliate le chiome: i vostri volti si son coperti di tetro pallore: voi avete scarmigliate le chiome: il duolo, e lo sdegno, vi si son dipinti. Voi stupefatti pel tragico avvenimento, guardandovi insieme, siete rimasti muti, freddi e privi di moto. I primi istanti trascorsi, voi avete cangiato le vostre vesti, ed in nero ammantato siete apparsi al lugubre feretro del virtuoso giovanetto. Voi l'avete accompagnato colle lagrime del dolore alla Tomba fatale: voi avete pronunciato in tutta la sincerità del vostro cuore, e colla energia del sentimento, il suo elogio. Voi avete scritto a caratteri indelebili il suo nome nello augusto Tempio della Virtù. Miei illustri Concittadini ricevete con tutta l'effusione del mio core, l'attestato della mia eterna riconoscenza. Io rendo noto al pubblico universale il giudizio da voi pronunciato su l'ucciso giovanetto. L'adempimento di un sì sacro dovere riordina alquanto il sistema delle mie facoltà intellettuali, e mi fa, per istanti, sostenere la penna nella fredda, e vacillante destra. Se una mano omicida tolse al mio Teofilo la vita, io debbo assicurargli la gloria dovut'alla sua virtù. Io avrei potuto ingannarmi scrivendo il suo Elogio, ma il vostro giudizio è irrefragabile: esso fu confermato da quello di tutti i luoghi, ove il giovanetto era noto. Tutti gli angoli delle vicine contrade risonarono di gemiti e di pianti lugubri: il suo elogio fu dappertutto pronunciato. E' questo vostro giudizio appunto, che io cerco sottrarre al furore del tempo edace. Io non temo, vergando queste pagine, di versar delle lagrime: esse sono il mio conforto. La tristezza ama di ripiegarsi su di se stesso, e nutrirsi del suo dolore.
Figliuol mio tu ti chiamavi Teofilo. Oh qual folla di sentimenti, pronunciando un tal nome, si destano nell'afflitta alma mia, e profondamente la penetrano! Fu sempre questo nome rispettabile nella famiglia Galluppi7.
Io son Galluppi anche per linea materna8, poichè un ramo della famiglia di Tropea, nella persona del Barone di Cirella, passò in Sicilia. L'ultimo maschio del ramo di Tropea mio nonno si chiamava Teofilo: carco di sapere e di virtù, egli morì nell'età di anni 47: un mio fratello maggiore destinato a portare il suo nome, morì infante: allorchè la mia virtuosa Nonna Anna Pelliccia vide col nome di Teofilo il figliuolo, su cui verso delle lagrime, la sua anima fu inondata di gioia; nel letto del dolore, vicin'al termine del viver suo, chiamò la mia buona madre: mia figlia, le disse, ti raccomando Teofilo: egli porta il nome del tuo gran Padre. Fra i sospiri, e le lagrime, baciando la destra della moribonda matrona, la mia madre le giurò un costante amore per Teofilo: ella fu fedele al suo giuramento, ed il pargoletto del mio dolore, divenne l'oggetto delle sue tenerezze. Negli estremi momenti del viver suo, versando un torrente di lagrime, ella la mia buona madre al mio vecchio Padre9 rivolta: ti raccomando, egli dice, il mio caro Teofilo: promettimi di amarlo, e chiuderò i lumi tranquilla. Oh Dio! A quale oggetto, virtuose matrone, tante raccomandazioni? il vostro cuore poteva forse presagirvi, che una mano omicida e barbara, andava a troncare il bel filo de'giorni dell'innocente Teofilo? Voi temevate forse, che un lupo vorace andava a fare a brani il mio mansueto agnello? Oh rimembranze crudeli! Oh duolo! Oh vanità delle cose umane! Sospiri del mio cuore fermatevi ancor per poco: occhi miei cessate, almen per istanti, di esser molli di lagrime.
Le dimostrazioni di una singolar predilezione sogliono, per lo più, corrompere il cuor de'fanciulli: gli rendono molli, orgogliosi, intolleranti. Ma l'ipotesi della perfetta uguaglianza degli spriti umani è ad ogni passo smentita dalla esperienza. Nella natura stessa egli bisogna riporre il primo principio della disuguaglianza degli spiriti: in questo fa d'uopo, che ravvisiamo diverse disposizioni intellettuali, e morali, che sono il germe originario, da cui si sviluppa la vita dello spirito. Sebbene noi ignoriamo la natura di queste disposizioni; i fenomeni tutti del mondo morale ci forzano di ammetterle. L'educazione è il secondo principio di questa disuguaglianza: ella modifica, in infinite guise, la costituzione originaria della nostra natura. Le tenerezze della mia buona madre non corruppero mica la bella anima del mio Teofilo. Sortì ella dalle mani dello Autor della Natura colle più eccellenti disposizioni. Mio cognato il General D'Aquino ottimo conoscitore degli uomini dal primo momento, che conobbe questo suo nepotino, si accorse della sua ottima indole. Era egli il mio Figliuolo laborioso: andava da se stesso in cerca di mezzi di una solida istruzione: io gli dettai un brieve trattato di logica: l'apprese con rapidità e ne profittò: ei l'applicava con successo alle matematiche: per preservarlo dal contagio della incredulità, gli feci conoscere alcune analisi metafisiche, e ne ottenni il più felice risultato. Il suo cuore era un tesoro di morale: copiava con sensibile piacere tutti i poetici componimenti, il cui oggetto era la virtù. La sua anima er'accessibile a tutte le affezioni sociali: era egli modesto, affabile, tollerante. Niuno della mia numerosa famiglia ebbe giammai da lui il menomo motivo di dolersi. Colle sue virtù domestiche aveva egli guadagnato il cuore di tutti noi, era egli l'amico fedele di ciascuno, il conforto dell'intiera famiglia.
Gran Dio, tu stabilisti una legge della nostra natura intellettuale, ch'è indispensabile allo sviluppo dello spirito umano, e si è quella dell'associazione delle idee; quella per cui un pensiero ne suggerisce un altro, allorchè tutti e due hanno avuto un'esistenza simultanea nel nostro spirito; ma questa legge, per lo appunto, ch'è un principio generale di perfezione, diviene, per una collisione inevitabile, una delle sorgenti de'nostri dolori.

"" L'influenza degli oggetti sensibili, dice un contemplatore dello spirito umano, per richiamare i pensieri, ed i sentimenti, è molto maravigliosa. Allorchè il tempo ha tolto in qualche modo l'impressione, che fatt'avea su di noi la morte di un amico, se noi entriamo per la prima volta nella casa, ov'egli era solito abitare, oh come quest'impressione si rinnovella immantinenti! Tutto ciò che noi vediamo ci richiama la sua immagine; il suo gabinetto di studio, la sedia ove l'abbiamo veduto assiso, ci rammentiamo i dolci momenti che noi abbiamo passato con lui. Noi crederemmo violare le leggi dell'amicizia, mancare al rispetto dovuto alla memoria di colui ch'è l'oggetto del nostro dolore, se nel mezzo di questi momenti delle nostre più care affezioni, noi lasciassimo il nostro spirito occuparsi di cose indifferenti e leggiere""10.

Mio caro Teofilo, come poss'io dimenticarti, se l'immagine delle tue virtù è impressa in tutti gli oggetti della mia desolata famiglia? Poss'io sperare, mio diletto figiuolo, che il tempo possa almen mitigare la mia acerba doglia, se sempre più mi accorgo del tesoro, che ho perduto? Il termine del mio dolore non sarà egli il termine del viver mio? Cara immagine dell'oppresso figliuol mio tu sarai sempre meco: con te mi vedrà il Sole che nasce, con te mi lascerà il Sol che tramonta.
Augusta Religione, tu che dal Cielo scendesti per consolare gl'infelici mortali, deh vieni in mio soccorso: deh tu desta nel mio cuore, ed accendi quei sentimenti divini, ineffabili all'empio, che soli possono render soffribili le mie pene. Partigiani della morte del me umano, voi mi fate spavento. Rientrando nel mio spirito, scavando dentro questo Santuario della verità, io ritrovo scritt'a caratteri indelebili l'Immortalità. Sì, l'idea dell'Immortalità è un bisogno del cuore umano e questo bisogno è egli forse differente da un sentimento della verità? Se vi sono nella nostra intelligenza delle verità primitive, di cui è assurdo domandarne la prova: non abbiamo ancor noi dei sentimenti morali indimostrabili? Chi può resistere alla forza di questo sentimento primitivo che la virtù dee esser felice, il vizio infelice? Mio caro figliuolo, se il tuo nome è scritto nel tempio della virtù, se co' tratti della più eroica religiosità tu chiudesti il brieve cerchio del viver tuo, tu sei vivente nel maestoso seno di Dio, ivi, lo spero, io ti rivedrò glorioso.
L'alma non regge alla descrizione dell'eroica morte del mio Teofilo. Sacerdoti di G. C., che foste presenti nel terribile momento, non vedeste voi nel mio figliuolo il Santo che muore? Gemendo nel letto del dolore è sempre tranquillo nel suo spirito. Il truce omicida è l'oggetto della sua compassione, piuttosto che del suo sdegno: lo benedice, e l'ama: i dolci legami di figlio, di fratello e di amico, colla viva fede nel Redentore crocifisso, immantinenti son rotti: domanda: Che ora è? sono le 4, d'Italia, gli si risponde: fra altre tre ore, con fermezza ripiglia, sarò nell'eternità. La figura di un mondo profano sparisce: il Golgota è presente nella stanza del dolore. Oimè! Le tre ore fatali son già trascorse; il sacrifizio è consumato. Io manco >>.
L'Elogio sopraristampato ci consente di gettare uno sguardo nella cerchia degli affetti del Galluppi e ci fa penetrare nel santuario sacro della sua famiglia; esso ci rivela Galluppi tenero padre, dedito alla educazione dei figli ed alla loro formazione intellettuale. Preziosa la notizia, che cioè il Galluppi avesse composto un trattatino di logica pel figlio suo diletto e che lo avviasse nelle analisi di problemi metafisici, desideroso di preservarlo dalla incredulità.
Ma l'Elogio in parola è importante perchè ci mette a parte degli studi filosofici e delle letture del Galluppi in quei tempi. Si tenga presente che l'Elogio cade nella stessa epoca, nella quale il filosofo di Tropea si accingeva a pubblicare il primo volume della grande sua opera sulla teoria della conoscenza, che egli modestamente doveva intitolare: Saggio.

NOTE
1 V. Autotobiografia, datata: Tropea, 15 Agosto 1822, pubblicata nel volume di CARLO TORALDO TRANFO, Saggio sulla filosofia del Galluppi, Napoli, 1930, p. 32.
2 Pubblicate a Messina per la prima volta nel 1827.
3 V. la breve avvertenza premessa alle Lettere filosofiche.
4 Il Guzzo lo cita incompletamente, facendo capire chiaramente di non averne mai visto copia.
5 Pubblicato a Monteleone, nel 1896. Tipografia Francesco Raho.
6 Il titolo completo e preciso è il seguente: Elogio funebre di D. Teofilo Galluppi Cavaliere de' Registri del Regno di Napoli, de' Patrizi della Città di Tropea morto ucciso il 18 Giugno 1818 scritto da D. Pasquale Padre del defunto, Socio corrispondente della classe di letteratura, e belle arti della Società Sebezia di Scienze, ed Arti di Napoli; Monarca Crateo nell'Accademia Florimontana di Monteleone; il Furio 30 fra gli Accademici Affatigati di Tropea. In Messina 1818. Presso Antonino D'Amico Arena. Con licenza de' Sup.
7 Un antenato di Galluppi, Teofilo, vescovo di Oppido, prese parte al Concilio di Trento.
8 La madre del filosofo fu Lucrezia Galluppi.
9 Il padre del filosofo fu Vincenzo, morto il 19 Dicembre 1824. Vedi: Onori funebri pel Bar. Vincenzo Galluppi dei registri della Nobiltà del Regno morto ai 19 Dicembre. In Messina, 1825, presso G. Pappalardo. Autore dell'opuscolo è il Sac. G. Romano; ad esso opuscolo seguono tre poesie: una in latino di Goffredo Fazzari canonico, e due nella nostra lingua del Cav. Luigi Di Francia e del Cav. Raffaele Paladini.
10 Philosophie de l'esprit humain par DOUGALL STEWART, tom. 2, Sect,17. (Nota dell'A.).