Ferdinando II Re delle Due SicilieUn Sonetto inedito
di Pasquale Galluppi
per l'avvento al trono
di Ferdinando II di Borbone

di Eugenio Di Carlo


L'8 di dicembre 1830 saliva sul trono delle due Sicilie Ferdinando II. Suo primo atto fu quello di annunziare in un pubblico proclama il Programma suo di governi. In esso egli prometteva netta ed imparziale giustizia per tutti ed un alleviamento dai pesi (v. Guardione: Il dominio dei Borboni in Sicilia dal 1830 al 1861... Torino, 1907, p. 57 e ss.). Questo Programma suscitò le generali speranze, giacchè esso appariva come sicura promessa di una nuova era; per cui levarono osanna ed inni al nuovo giovane Monarca anche molti di parte liberale. Sono note le esaltazioni liberali di Saverio e Michele Baldacchini, di Nicola Niccolini, della poetessa Maria Guacci e di altri prestanti ingegni. Alla generale illusione piegò anche Pasquale Galluppi; egli, che aveva al suo attivo tre opuscoli politici di chiari ed espliciti sensi liberali, pubblicati nel 1820, e precisamente a rivoluzione avvenuta e dopo concessa la costituzione (v. E. Di Carlo, Intorno agli scritti politici di P. Galluppi (nota bibliografica) in: Annali dell'Istituto di scienze giuridiche, economiche, politiche e sociali della R. Università di Messina, Vol. III, 1829) ritenne in perfetta buona fede che i tempi si volgessero al meglio. Sotto l'impressione, sia dell'indirizzo rivolto dal Re ai suoi sudditi nel momento della sua ascesa al Trono, come del Decreto del 18 Dicembre 1830 e dei primi provvedimenti presi, il Galluppi tiene nel Gennaio del 1831 un discorso all'Accademia degli Affatigati di Tropea per celebrare il fausto avvenimento. Questo discorso dal titolo: Pel felice avvenimento al Trono delle due Sicilie di Ferdinando II, è tutto un inno di entusiasmo e di ammirazione pel Sovrano, che succedeva a Francesco II in giovanissima età, animato da propositi di giustizia e di bene pei suoi sudditi.
Esso venne già pubblicato dal Gentile sulla Rassegna storica del Risorgimento, nel 1914 (fascicolo III da p. 389 a p. 412); e per tanto non è il caso di tornarvi su almeno per ora. Ignorato perchè inedito, è invece il Sonetto, che il Galluppi recitò in quella stessa seduta dell'Accademia, a discorso letto. Esso va pubblicato non certo per il suo valore letterario, che è molto scarso, ma perchè documento, come il Discorso, della partecipazione del Galluppi alle vicende politiche della sua terra. Si è abituati a vedere in Galluppi il filosofo puro, che viene assorto in sè, come staccato dal mondo ed estraneo alle politiche contingenze. Una conoscenza invece più esatta e minuta della vita del filosofo Tropeano ci rivela invece quanto viva fosse in lui la sensibilità politica, col quale interesse egli seguisse gli avvenimenti politici della sua patria e come ad essi partecipasse con la sua attività di scrittore.
Il sonetto è il seguente:

In quel Trono regal no, non ascende
Quei che dell'Asia molle infrange il soglio,
Quei non già che a recar nel Campidoglio
Sen va dal Rubicone atre vicende,

D'alme virtudi onusto ivi risplende
Di fasto privo, e senza folle orgoglio
Chi toglie il nostro affanno ed il cordoglio,
Chi conosce il dovere e il ben comprende.

Carco d'anni non è, ma giovanetto
Nella mente, e nel core è grande appieno;
E' Re per nostro ben dal Cielo eletto.

Passegger, che egli sia saper tu vuoi?
Fernando ha il nome, uomo è nell'aspetto.
Ma è un Angiol divin sceso fra noi.

Una copia di detto Sonetto trovasi presso la Baronessa Nicoletta Galluppi in Roma; ci è ignoto se esso abbia visto la luce, ma incliniamo a credere che sia rimasto semplice manoscritto.