Icona bizantina dei primi  XV secolo che raffigura Santa Ciriaca (Collezione privata)Antichi documenti

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SANTA DOMENICA

(Santa Ciriaca)

Vergine e Martire
 
 

di Domenico Taccone Gallucci
(1905)
 


Ecco la versione italiana di tre antichi importanti documenti liturgici, i quali espongono le gloriose gesta della nostra S. Domenica.
L'Elogio o compendio della vita e del martirio di lei si è attribuito al Metafraste o a qualche suo imitatore, tra il secolo decimo e l'undicesimo; ed è conforme al vetustissimo codice Greco, che si conserva nella insigne Biblioteca Ambrosiana di Milano. Il Ianning, che lo trascrisse dal Sinassario del Sirmondo, con versione latina che ne fece il Pinio (Acta Sanctor. Iulii; Venet. 1747, tom. I, pag. 270), lo appella Non inconcinnum. In esso è nominato un Ilariano Preside della Bitinia, differente al certo dall'Ilariano degli atti del Martirio delle Sante Perpetua e Felicita nella persecuzione sotto Settimio Severo in Cartagine (Baron.. ad ann. 210); ma di lui non si conosce altro dalla storia. Soltanto apprendiamo dal suddetto codice Ambrosiano, che, morto Ilariano, il successore fu un preside oriundo dalla Campania, detto Bucuferne, il quale compì il martirio della invitta nostra santa Patrona (Cap. II).
Pare che lo scrittore dell'Elogio o della vita abbia confuso il luogo del martirio e la circostanza della morte di S. Domenica con quella di S. Eufemia, martirizzata in Calcedonia pochi anni dopo della nostra.
E' certo che nell'anno 303 l'imperatore Diocleziano col suo collega Massimiano non si trovava in Nicodemia della Bitinia, ove si era stabilita la ordinaria residenza della Corte Imperiale. Essi erano invece in Italia ed in Roma: ne fecero allora il trionfale ingresso; e nell'anno seguente abdicarono entrambi all'impero Romano (Lactantii, De morte persecutor, cap. XVII).
<< Al tempo di Diocleziano imperatore, un certo Doroteo cristiano e sua moglie Eusebia (sic), non avendo prole, pregavano Dio che fosse concesso un frutto del loro matrimonio, per offrirlo a Lui. Or avendo generata una bambina il giorno di Domenica (che presso i Greci dicesi Ciriaca), la nomarono Domenica; e battezzatala, l'istruirono della sapienza del Dignore, e la mantennero vergine, volendola dedicare a Dio. Però, cominciata la persecuzione, furono condotti a Diocleziano imperatore, il quale dopo averli fatto comparire in tribunale, li condannò alla fustigazione; e quindi consegnò i Genitori a Giusto officiale dell'esercito, e mandò Domenica a Massimiano Cesare in Nicomedia. Questi nuovamente istituì il processo; e trovandola ferma ed inconcussa nella Fede, fattala gittare in terra, dispose che fosse battuta per più ore. Pregava intanto la Santa; ed il giudice s'infuriava contro chi non cedeva ai suoi voleri. E la Santa gli disse: Non m'inganno, o Massimiano: aiutandomi Dio, tu mai avrai dominio sopra di me.
<<Allora (Massimiano) la mandò ad Ilariano, preside della Bitinia, il quale la sottopose ad altro diligente interrogatorio, e quindi la fece condurre al tempio degli idoli: Ma dopo ch'Ella pregò, s'intese un grande tremuoto: tutt'i simulacri del tempio caddero, si ruppero, si polverizzarono: vento furioso, che sopravvenne, disperse per l'aria quella polvere: una folgore scoppiata vicino al grande preside Ilariano gli bruciò la faccia; ed egli, stramazzando, spirò. Essendo quindi venuto un altro Preside in sua vece, questi informato di tutto, condannò la Santa ad essere bruciata viva; ed accesa una grande pira ve la scagliarono dentro. Ella però stese di nuovo le mani: per molto tempo pregò Iddio; ed essendo serena e pura l'aria, discese dal cielo una pioggia ed estinse il fuoco, senza che la Martire fosse lesa menomamente. Poscia il Preside fosse sguinzagliar le fiere contro di lei, nell'anfiteatro; ma nulla ottenne, imperocchè le fiere si rotolavano ai suoi piedi. Per la qual cosa molti ebber fede in Cristo. Quindi la Santa fu cacciata in prigione; ed il giorno appresso, sedendo il Preside in tribunale proferì sentenza contro di essa. Ed Ella, dopo aver chiesto il tempo di pregare, e dopo ammaestrati i Cristiani che la seguivano, inchinatasi a terra, riposò in pace. I soldati quindi vedendola morta, n'ebbero stupore. Ma una voce s'indirizzò loro: Andatevene, fratelli; e raccontate a tutti le grandezze di Dio. Ed essi,  allontanandosi, glorificarono Dio >>.

Questi altri devoti e commoventi Responsori o Sequenze della liturgia Greca sono volgarizzati sopra il codice originale, che con molti altri del celebre Archimandritato del SS. Salvatore dei Basiliani si conservano nella biblioteca della Università di Messina, come ci si è riferito.

Le seguenti Lezioni in latino, che si recitavano dal Clero di Tropea nel giorno festivo della Santa, in epoca molto remota, e furono inserite nel Breviario Gallicano o Francese, vennero trasmesse al Ianning dal gesuita Antonio Beatillo, del Collegio di Tropea (Acta Sanct. cit. pag. 270);
<< La beata vergine Domenica nacque nella città di Campagna, o in una città della Campania (In civitate Campaniae, sotto gli imperatori Diocleziano e Massimino, da Doroteo ed Arsenia, i quali devoti a Cristo, generarno una unica figlia di nome Domenica. Era allora grandissima la persecuzione dei Cristiani. Ed essi, denunziati colla figlia quali Cristiani, la confortavano dicendo: Sii forte, o figlia, nell'aspra prova, e conserva immacolata la tua verginità: non temere i tormenti, poichè avrai il beato ed eterno riposo. Ciò detto, vengon tradotti dai satelliti avanti a Diocleziano, il quale prima trattandoli con blandizie, poi atterrendoli con minacce perchè non vollero venerare gl'idoli, fattoli bastonare, li mandò in esilio verso il fiume Eufrate; e comandò che Domenica fosse presentata a Massimiano Cesare. Quindi consegnata per dieci giorni a donne che le pervertissero l'anima, Ella pregava il Signore a non permettere che in ciò rimanesse umiliata. Poi di nuovo portata innanzi all'Imperatore, questi le disse: Domenica, sacrifica agli Dei. - Cui Ella: O trasgressor della legge, consiglio del maligno, servo dei demoni, perchè non cessi di seminar zizzania in mezzo al grano? - Allora l'Imperatore, rizzatosi in soglio, ordinò che fosse protesa in mezzo alla strada e calpestata. Ma Ella, guardando il Cielo, disse: Signore, esaudisci, secondo la tua misericordia, le preghiere del cuor mio. - E tradotta al tempio, stritolò gl'idoli: posta nel fuoco, uscì illesa: esposta alle fiere, le mansuefece; e gli spettatori si convertirono. Confuso perciò l'Imperatore, comandò che la si uccidesse fuori della città, ed Ella pregò il Signore dicendo: Signore, io vengo a te, fonte di vita: concedi pace al tuo popolo: salva i Pastori e i Sacerdoti della Chiesa, e non abbandonar me che ti prego. - Quindi decollata, tra le mani degli Angeli, volossene al Cielo il giorno sesto di Luglio, osservandola i soldati, i quali si convertirono. Il suo Corpo fu poi miracolosamente trasportato a Tropea in Calabria, che anticamente si chiamava Magna Grecia. >>.

IL CORPO DI S. DOMENICA E LA TRASLAZIONE DELLE SUE RELIQUIE A TROPEA
Traslazione a Tropea del corpo di Santa Domenica. Incisione da  ' Vita di Santa Domenica... '  di Antonio Barone, Napoli, 1690.La venerazione e la gelosa custodia, che i Tropeani tennero del sacro Corpo della loro santa Patrona per molti secoli, dimostrano ch'essi consideravano quelle insigni Reliquie come salutifero fonte di grazie e come soave unguento che sana le ferite dell'anima, per servirci delle espressioni del Damasceno (De fide ortodoxa, lib. IV, cap. 16).
Già le purissime spoglie mortali di S. Domenica, appena entrata l'anima eletta nel gaudio del suo Signore, erano state traslate a Tropea per mezzo di Angeli, nello stesso modo prodigioso col quale la Bibbia riferisce essere stato in un momento (In impetu spiritus) dalla Giudea a Babilonia traslato il profeta Baruch (Daniel. XIV, 35). Il Martirologio Romano fin dal secolo decimosesto diceva, che di S. Domenica Corpus Tropeae in Calabria summa veneratione asservatur. Eppure per ben tre secoli si è andato in cerca di quelle Ossa, poscia che per troppa cura a custodirle si erano disperse!
Il P. Antonio Barone, lo storico della nostra Martire, scriveva nella sua Agiografia: << In una delle mosse d'armi dei Saraceni a sterminio della Calabria, i Tropeani che più temevano degli oltraggi alle adorate Reliquie dalla Santa cittadina dagli empi, che degli strazi alle proprie vite, per sottrarla, in luogo a pochissimi manifesto, e ben profondo, per meglio custodirlasi, la seppelliro, riserbando a giorni più sereni ed a tempi in avvenire alla patria migliori il disotterrare il sacro Corpo, e renderlo al culto ed agli occhi dei concittadini. Ma il fatto riuscì tutto altrimenti da quel che seco loro avevan divisato. Perchè nello comune sterminio del paese tolti da questo mondo ancora i consapevoli del fatto, ne andò all'altro mondo con essi ogni memoria, ogni conoscenza del luogo, rimasti i posteri costanti al buio, che nè le tante centinaia di anni trascorsi, nè le molte diligenze fatte in cercarle ci han recato finora di esso segno e lume (pag. 94).
Una debole reminiscenza si conservava del luogo, ove esso era stato nascosto; ed un documento, che i Tropeani e lo storico Barone ignoravano, assicurava che il Corpo era fuori della Città, presso il torrente Gazzaro o Brace, lontano dal mare cinquanta cubiti, alla sponda destra, in linea retta dalla prima punta del porto di Ercole, con sopra una colonna di marmo bianco. Il documento è un vecchio manoscritto, conservato dal Barone Francesco d'Aquino. Il Campesi lo accenna nella sua Cronaca, che si conserva manoscritta.
In conferma di ciò, verso il 1624 pare che Dio abbia voluto dare con segni soprannaturali qualche speranza di rinvenimento, dice il Barone. Nella valle di Porto Ercole detta Bulluia, le arene prese dal luogo del sepolcro, applicate sulle parti offese dei corpi, e bevute le acque che quivi scorrono, fecero guarire da molte infermità, per invocazione della Santa. Perciò si credette non essere guari lontano il giorno che avrebbe consolato le insoddisfatte brame dei Tropeani, a rivedere la loro Santa e venerarne coi dovuti onori le sacre Ossa (pag. 96).
E qui notiamo che nella contrada Cagliope esiste ancora un pozzo di S. Domenica; e quivi dicesi essere stata la casa, ove nacque la Santa. In tempo di siccità, i buoni fedeli del villaggio di S. Domenica portano fino al torrente Brace la statua della Santa, in processione di penitenza.
Il pio Vescovo Fabrizio Caracciolo, riunita avanti a sè una deputazione del Capitolo in persona del Penitenziere Giuseppe Migliarese e del Can. Agostino Crescente e la Nobiltà rappresentata dai signori Leonardo Campenni e Scipione Barone, a consiglio dei Padri della Compagnia di Gesù in Tropea prescrisse ai cittadini orazioni, digiuni e Quarant'ore nella Cattedrale. Ma inutilmente si eseguirono gli scavi; ed il contemporaneo Campesi ben a ragione osservava, che sarebbe stato necessario adire i vicini Conventi già dei Basiliani, per conoscere altri particolari che avrebbero soddisfatto tale veemente fervore nel trovare il nascosto tesoro (pag. 77).
Il documento da noi sopra indicato, dà fede, in nome di un Domenico Mezzatesta, che il Corpo della Santa, in tempo remoto ed in occasione di pestilenza, era stato esposto nella Chiesa di S. Giorgio in Tropea: poscia trasportato in processione di penitenza per la Città; e quindi consegnato ai PP. Basiliani, i quali lo collocarono insieme alle reliquie di altri due Martiri, ognuno in cassa separata, con tutte le scritte necessarie, nella loro Chiesa di S. Sergio presso Drapia << sotto il muro (si sggiunge) sei cubiti fondo, con segno d'una porta di cantoni solamente ed una crocetta del medesimo cantone, lontano dall'Altare maggiore quindici cubiti >>.
Scorsi molti anni, il Decano Tommaso Polito, Vicario Capitolare, mosso da esimia venerazione verso la nostra Santa e venuto in conoscenza della cennata memoria, curò di scavare il luogo in essa descritto, presso l'abbandonato Convento di S. Sergio. Ed infatti, proprio quivi felicemente rinvenne un cubicolo, nel quale insieme alle ossa degli altri due Martiri, di cui ci faceva parola, trovaronsi pochi frammenti del Corpo di una giovane dai diciotto ai venti anni (a giudizio del chirurgo Tommaso Ruffa), quale era la età di S. Domenica. Separati questi frammenti dalle ossa degli altri due, a dì 27 Novembre 1782 il Polito li ripose in una piccola cassa, con iscrizione, nella sacristia del Duomo. In occasione poi del flagello del tremuoto del 5 Febbraio 1783, questa cassa venne trasportata alla baracca di S. Anna; d'onde tratta di nuovo, fu da Noi rinvenuta il 14 Luglio 1892, nella Visita Pastorale che facemmo della nostra Cattedrale.
Ma perchè nel deposito di S. Sergio si trovarono mancanti il capo e le ossa principali della Santa? - Non senza motivo il Campesi, che conosceva più di ogni altro le cose della sua patria, asseriva (come sopra abbiam detto) essere stato necessario, nel caso nostro, adire gli antichi Conventi Basiliani. Infatti è ormai chiaro, che, in epoca a noi ignota, dopo abbandonato dai Basiliani e poi dai Monori Osservanti il vecchio Convento di S. Sergio, a qualcuno di questi parve opportuno trarre da quel luogo le sacre Reliquie; e senza darne conto al Vescovo ed al Clero di Tropea, da colà si tolsero le ossa più grandi e le reliquie più insigni del sacro Corpo. L'erudito Can. Giuseppe Scrugli, in uno dei suoi appunti di storia patria, accennò alla traslazione di tali Reliquie a Vizzini di Sicilia; di che ignoriamo i particolari. Pare verosimile che la secreta traslazione sia avvenuta per devozione di qualche religioso Siciliano, che da Tropea ritornava al luogo natio. Intanto è constato che a dì 27 giugno 1773 Mons. Ignazio Gandolfo, ex-Vicario Generale della diocesi di Lipari e quivi Parroco nella Chiesa di S. Giovanni Evangelista, dottore in sacra Teologia e Visitatore Generale della diocesi di Siracusa, sottoscrisse una formale Autentica, che nella Chiesa di S, Vito Martire della Città di Vizzini conservavasi un Reliquiario con mezzo cranio ed un altro pezzetto anche del cranio, le mascelle, due cannelle delle gambe, una cannella del braccio, un pezzo di costa ed altri pezzi di ossa grandi e piccoli di S. Domenica Vergine e Martire. Ecco dunque le sacre spoglie della nostra invitta Eroina!
I corpi dei Santi debbono essere venerati dai fedeli; e per essi molti benefici da Dio s'impartiscono agli uomini (Concil. Trid. sess. XXV). Però i Pastori delle Chiese invigilano, chè nella venerazione delle Reliquie sia escluso ogni dubbio circa la loro autenticità (Cap. Cum ex eo, 2, de Rel. et ven. Sanct.); e se tali reliquie sono insigni, non possono trasferirsi da una Chiesa ad un'altra senza consultarne prima la Santa Sede Apostolica (Bened. PP, XIV. De Serv. Dei beatif. et canoniz. lib. IV, 21).
Perciò, venuti finalmente in conoscenza del luogo ove conservansi le Ossa della invitta nostra S. Domenica, cioè a Vizzini nella diocesi di Caltagirone in Sicilia, avemmo il vivo desiderio di far sì che almeno una porzione di esse fosse al più presto restituita a Tropea. Tale era anche il voto di tutt'i cittadini e dei devoti Calabresi.
Conclusa amichevolmente la relativa pratica col venerando Mons. Francesco Saverio Gerbino, allora Vescovo di Caltagirone, ed agevolati eziandio della somma benevolenza degli Eminentissimi Cardinali Arcivescovi Giuseppe Benedetto Dusmet di Catania e Giuseppe Guarino di Messina, umiliammo la nostra supplica alla Santa Sede. Ne avemmo un apostolico Rescritto favorevole dalla Sacra Congregazione dei Riti, a dì 17 aprile 1893.
Quindi a 25 giugno 1893 partiva da Tropea per Caltagirone una Deputazione composta da Mons. Giuseppe Ma. Barone Decano e Vicario Generale, dal Sindaco e da altri. Mons. Vescovo Gerbino recossi a Vizzini, al 27 dello stesso mese; e compiute le formalità occorrenti, venne redatto uno istrumento.
Finalmente nel memorando giorno 1 luglio le insigni Reliquie, che appartenevano al Corpo della Santa Martire, erano riportate a questa Città, dopo tanti voti e tante preghiere. Il sacro Palladio era atteso dal Vescovo col suo Capitolo e Clero, dai Regolari, dalle Congreghe laicali e da tutt'i cittadini, alla porta della Città, al canto di sacri inni e con musica festante, e colle Statue tutte venerate nelle Chiese di Tropea. L'urna a spalle di quattro Sacerdoti entrò in processione nella Chiesa Cattedrale; e rimase per parecchi altri giorni espsta alla venerazione dei fedeli sull'Altare maggiore.
Il giornalismo Cattolico d'Italia prese nota del lieto avvenimento.
Ora le sacre Reliquie della Martire son riposte sotto l'Altare maggiore in un urna di bronzo dorato eseguita dal signor Eugenio Bellosio, pregiato scultore e cesellatore Milanese, a nostre spese, con questa iscrizione:


EX CORPORE S. DOMINICAE VIRG. ET MART. TROPEANAE
OSSA
QUAE DIUTISSIME CONQUISITA
PATRIAE RESTITUENDA CURAVIT
DOMINICUS TACCONE-GALLUCCI
EPISCOPUS NICOTEREN ET TROPIEN
ANNO MDCCCXCIII