INFORMAZIONE
DI FRA TEOFILO DA TROPEA
SOPRA S. IGNAZIO DI LOIOLA E I SUOI RELIGIOSI
(1547 - 1552)

da P. TACCHI VENTURI, Storia della compagnia di Gesù in Italia.
(1950)
 



Il documento, se non autografo, ciò che non può determinarsi per mancanza di dati, è indubbiamente coevo all'informazione. Occupa, benchè non intere, le prime tre pagine di un foglio di cent. 28 x 20, scritte in caratteri nitidi e senza cancellature, sì da poterlo esibire a qualunque persona di riguardo. Nella quarta, lasciata in bianco, la stessa mano che lo distese annotò: <<Informatio contra quosdam hereticos in Urbe commorantes>> e sopra, ma della mano che fece seguire l'Aggiunta si legge: <<Quae dominus Theophilus aliique adversus Ignatium, eiusque socios proferebant>>. A differenza del promemoria del prete Giovanni da Torano, non è indicato a chi fosse diretta l'Informazione. Tuttavia le parole al § 8 fanno pensare fondatamente che fosse composta per inviarla ai cardinali inquisitori.

Nui fra Theophilo,1 sotto inquisitore de la sacrosanta Inquisitione de la santa Romana Chiesa, in questo presente folio facimo memoria de' preti, li quali se fanno chiamare de la Compagnia de Jesu, o vero Reformati, o preti Theatini, o vero Illuminati, o vero Ignatiani.
1° Et primo si è da vedere loro processo fatto al Governatore fatto contra loro, quali have fatto ms. Claudio, notaro de maleficii del Governatore2.
    L'agenti contra loro era ms. Matheo de li Posti de S. S.: lui meglio ve potrà informare del tutto.
2° De vedere lo processo loro, quando la prima volta venne in Roma, fu pigliato per lutherano, dove stetti multo tempo a purgarse; et con favor de
    multi la cosa fu sopita3.
3° De havere nelli mani lo processo de Venetia, dove una volta fu preso, et lì stetti in presoni per lutherano, del quale il suo iudice, che vide et purgò
    li loro vitii et indicii, fo uno certo ms. Gasparo de Dottis, lo quale al presente si è auditor del cardinal de Carpo.
    Et cum questo bisogna andare advertito, perchè è stato grandissimo suo amico, ma al presente se trova loro grandissimo inimico4.
4° Si è da parlare sacretamente con la signora Joanna Conti et con la signora Constantia Conti, alle quali loro hanno fatto assai vergogna per haverli
    revalata la confessione, come meglio da loro possin essere informato.
5° En Santo Spirito sta uno prete; lui sa, ch'è stato con lori, il tutto, lo quale si è partito da lori per haver visti alcuni lori sceleragini e de
    revelatione de confessioni et de altri loro heretici portamenti. Quisto si è uno uno prete francese.
6° Anchora a la casa de le cathecumini sta uno prete il quale si è maestro de casa. Se domanda ms. Dominico, lo quale si è stato con loro da otto o
    nove mese, lo quale hane visto cose che 'l diavolo non le farebbe; et principalmente, ad similitudine del diavolo, alli tempi de la confessione, la
    sera tutti andavano da lui, cioè da il reverendo padre Ignatio, ad referire tutte le confessione la sera et publicare le persone &c.. Quisto ne sa
    quello se pò sapere; perchè lui, confessando, cioè essendo uno [de'] deputati alla confessione, essendo da Ignatio [persuaso?] che lui ancora
    facessi lo medesimo, non volendo farlo, fo necessario andasse fora.
    Et molte altre cose le quale lui meglio n'è informato. Et fra le altre cose che lui me havi ditti si è stato questa che dixi: <<Si questa tanta
    iniquità nella Chesia de Dio, Idio la lassa multiplicare, io credirò che 'l diavolo il dì del iudicio se salverà con tutti dannati; ma perchè credo
    firmamente ch'è impossibile che 'l diavolo se salve, et per consequens &c.>>
7° Ancora sta uno prete de Arezo in Santo Hieronymo, lo quale se domanda maestro Francesco d'Arezo, lo quale si è stato con loro. Quistui sa il
    cotto et il crudo, lo quale l'hanno fatto fare professione, cioè tre voti, et dopo, videndo quello che vide, se partio.
8° Del peccato de la sodomia v'è quisto judicio, il quale credo sia nello processo del governatore. Per dubio se non ve fusse, si è uno certo ms.
    Cesari Muti, il quale sta a S. Joanne del Mercato, e uno certo m. Vinsenso de lo Scano et uno certo m. Mutio Muto de viso hanno visto
    tener certi regaze,li quali stavano tra lori, che andavano aconce como donne, imbracciti et lisci.

Quanto ho ditto de sopra Idio me sia testimonio che l'o ditto per zelo de la religione christiana et per discarico de l'anima et conscientie nostre, et incarricato del tutto alle R. V. per essere suo officio et vedere tale zizania et de stirparla de mezo del grano.
Questi tali supra nominati credo che verranno alle scoverte et de bon gambe ad confessar la verità; ma, quando non volessimo venir, fattili astrengere dal fisco, et fati sopra tutto, sino a tanto che la cosa venga a luce et che se abbia qualche attacco, sia secreto, cioè nella investigatione et examine.
Et de Joan Pietro cochiero, lo quale ad quel tempo stava con ms. Christofaro, [de?] Paulo Stadi, allo quale revelaro tutta la sua confessione ad Puzo, cardinale di Santi Quatro, ultimo cardinale5, de quali lui &c. dirà molto più che nuoi sappiamo &c.
 
 

AGGIUNTA
ALLA PRECEDENTE INFORMAZIONE
DI FRA TEOFILO


Nello stesso foglio, alla p. 3, nella sua parte inferiore, una mano diversa dalla precedente aggiunse nuovi particolari sulle calunnie contro s. Ignazio, facendoli precedere dalla seguente nota. <<In un'altra informazione, che dà contro molte altre persone, dice del padre Ignatio>>.
Sembra dunque evidente che fra Teofilo, oltre il promemoria qui avanti riportato, ne avesse disteso un altro, dal quale venne estratto il presente passo.
 
 

<<Di Ignatio a lungo non dirò altro, se non ch'il card. Crescentio s'ha ad plenum scoperto quello che lui voleva fare et quello che faceva, il quale, quando alcun rispetto humano non se interponesse, vivo se potrebbe abbrusciare>>
Balthassar Danesi testifica che maestro Geronimo Maffei li disse che don Giovanne6 diceva delli nostri ch'era[no] luterani, sodomiti et revelatori di confessioni; più a lui stesso ch'era stato maestro Ignatio in pregione per luterano in Francia, Venetia et Roma.
Item Alexandro Francesco: <<S'io ci metto mano, ti farò vedere quello che è e lo farò abbrugiare vivo vivo>>.
 

NOTE

1 Fra Teofilo da Tropea O. Pr., benchè non abbia lasciato opere a stampa, è nondimeno chiamato dagli scrittori del suo ordine, uomo dottissimo.
  Il card. Gian Pietro Carafa lo fece suo teologo e lo propose al pontefice Paolo III nella costituzione del nuovo tribunale della S. R. Inquisizione
  nel 1542 per tenervi l'ufficio di commissario. Fra Teofilo, benchè ne adempisse sino alla morte, seguita il 1551, tutte le parti, non ne portò
  tuttavia il titolo. Quest'ultimo, come gentilmente mi comunica il R. P. Domenico M. Pasqualigo O. Pr., comincia ad apparire col successore di lui
  fra Michele Ghislieri, (il futuro s. Pio V) il quale sino dalla prima congregazione, cui interviene nel giugno 1551, riceve la qualificazione
  di commissario. Fra Teofilo invece, secondo apprendesi dal nostro documento, veniva detto sottoinquisitore.
  Le più copiose notizie che si siano pervenute di fra Teofilo l'abbiamo dal suo confratello, l'erudito fra Vincenzo M. Fontana, nel Sacrum
  Theatrum Dominicanum, Roma, 1666. Provengono tutte da autori più antichi diligentemente citati. Nella pars III, tit. 3, Commissarij Generales S.
  R. et Universalis Inquisitionis, p. 541, così il Fontana parla del nostro sottoinquisitore: <<Fuit Theophilus natione calaber, in regio conventu S.
  Dominici de Neapoli ad ordinem receptus, in sacris litteris ac theologia versatissimus, unusque ex doctoribus Collegii Theologorum neapolitanae
  Universitatis, ab eodem cardinali Carafa in theologum assumptus, qui demandatam sibi generalis commissarii provinciam summo zelo ac pietate
  adimplevit annis novem. Tandem humanae fragilitatis debitum persolvit, mense iunio an. a Virgineo partu millesimo quingentesimo, quinquagesimo
  primo, ad nostram S. Mariae super Minervam pro sepoltura delatus>> (Cf. pure, ivi, pars III, tit. I, De Congregatione S. R. et Universalis
  Inquisitionis, p. 521).
  L'elogio di fra Teofilo non doveva restare ignoto ai lettori della sua Informazione sopra la vita e dottrina del Loiola e dei suoi compagni. In
  questa guisa ogni equo conoscitore degli uomini e dei tempi sarà portato ad attribuire lo scritto non tanto a malvagità d'animo calunniatore, quanto
  ad uno di quei deplorevoli errori, dai quali neppure gli uomini più retti e probi sanno sempre guardarsi.
2 Francesco Michele Franzini. Cf. UGHELLI, I, p. 915, n. 40; IV, p. 373, n. 6.
3 Prende grosso abbaglio. Mattia Gerardo da San Cassiano, maestro delle Poste Pontificie, non era stato l'attore, ma il convenuto, nel processo
  del 1546, cui qui si allude. Il Loiaola gli aveva fatto intimare di comparire in tribunale per sostenere con prove o ritrattare le obbrobriose accuse
  che andava spargendo contro di lui e dei suoi; ma egli si guardò bene di comparire. Cf. gli atti del processo, con la solenne condanna di Mattia,
  nei Mon. Ignat. ser. IV, I, 659-666.
4 E' falsissimo che <<la cosa fosse 'sopita' >>. Si venne alla sentenza del 18 novembre 1538, poco avanti ricordata. Cf. p. 6352.
5 In Venezia non fu il Loiola mai prigione. Venne bensì a torto in sospetto di luteranismo, ma Gaspare De Dotti, vicario del nunzio Verallo, lo
  dichiarò in tutto immune di questa macchia colla sentenza dei 13 ottobre 1537. Cf. il testo del documento negli Acta SS. iul. to. VII, die
  XXXI, comment. praev. § XXV, nn. 255-258, p. 468 sg. Non meno falsa è la nimicizia dell'esemplare prelato coi Gesuiti di S. Maria della
  Strada. Tra le non poche volte che il Polanco ha occasione di ricordare il De' Dotti, non se ne trova pur una, dalla quale si possa dedurre che
  le relazioni tra lui e i padri si fossero anche solo raffreddate. Per i buoni ufficj del De Dotti i Gesuiti si stabilirono presso la Santa Casa di
  Loreto nel 1554, e ne ebbero grandi limosine. Infine tanto stimò egli ed amò la Compagnia, che nel 1556 le si legò coi voti di religione. S.
  Ignazio tuttavia, avendo riguardo al pubblico vantaggio, non gli permise di lasciare l'ufficio di governatore che teneva in Loreto, per ridursi
  a vivere in comune coi padri. Cf. POLANCO, IV, 46; VI, 10, 97 sg..
6 Cardinale dei SS. Quattro Coronati fu sino al 1544 Antonio Pucci, qui indicato col cognome di <<Puzo>>. Cf CIACONIO, III, 522 sg.
7 Don Giovanni da Torano, come giustamente porta notato il ms., nel verso della seconda carta in bianco, secondo prima avvertimmo.
  Dei testimonj conosciamo il Crescenzi e il Maffei, fratello di S. Maria della Grazia. (Cf. n. 80, p.658). Si noti con quale equivoca e subdola
  forma è introdotto in mezzo il cardinale Crescenzi. Si rimane, cioè, dubbiosi se proprio lui, secondo l'autore, esprimesse il pio voto di fare
  abbruciare il padre Ignazio, o se non pittosto così desiderava chi scrisse l'informazione. Nel resto sappiamo che questo principe della Chiesa fu
  invece uno dei porporati che più favorirono e protessero il Loiola e la nascente Compagnia, secondo glie ne porgeva molte occasioni l'ufficio che
  tenne di segretario alla Segnatura de' Brevi. Cf. le menzioni che di lui, come di suo amorevole patrono, fa s. Ignazio, nei Mon. Ignat., ser. I,
  I, 217 sg 223, 249, 292, 718, 735 sg.; II, 53, 76, 87, 91, 108, 448, 693 sg., 190, 358.