Vedute di Tropea.
Stampe settecentesche tratte da "Voyage pittoresque" di G. C. Richard, abate di Saint-Non (1778). Disegno di Destréz, incisione di Chatelet.

APPUNTI PER UNA RICERCA
DI STORIA DEMOGRAFICA SOCIALE ED ECONOMICA
SU TROPEA E IL SUO TERRITORIO NEL SETTECENTO
 

di Pasquale Russo


Società e vita religiosa

La numerazione dei fuochi dell'anno 16411 evidenzia uno stato di generale decadimento in Tropea e nei casali: una inversione di tendenza in campo economico aveva riportato nelle mani della nobiltà tropeana la maggior parte del patrimonio fondiario del contado; un nucleo consistente di borghesi, ai quali i traffici avevano concesso di accumulare credito e capitale, acquistava titoli nobiliari con la stessa audacia con cui imponeva l'andamento dei prezzi sul mercato. I villici si trovano man mano espropriati di quanto avevano potuto acquistare con dure fatiche, specialmente nel corso del secolo XVI: gli abitanti di Parghelia, che vivono soprattutto di attività marinara, sono protagonisti della coraggiosa rivolta dei tempi di Masaniello2, gli abitanti di Ricadi, che portando i loro prodotti con capienti tartane nei porti della Sicilia avevano raggiunto una floridezza economica che li aveva resi proprietari di terre e di torri3, stentano a conservare fazzoletti di terra e la proprietà della casa4.

Strutture economiche della chiesa tropeana

L'istituzione ecclesiastica esercitò una funzione preponderante nel determinare l'assetto patrimoniale nel territorio di Tropea. La sua azione si inserì nel tessuto economico-sociale in disgregazione con finalità assistenziali e con motivazione ufficiali di protezione verso i ceti meno difesi, perchè non venissero espropriati dei miseri avanzi di proprietà che ancora in misura quantitativamente irrilevante possedevano. Fu questo lo scopo fondamentale del Monte di pietà, istituito dal vescovo Tommaso Calvo e dal nobile Scipione Galluppi nel 1585, e del Monte Frumentario5.
Le motivazioni erano anche moralistiche: la lotta contro l'usura praticata dagli Ebrei (ma soltanto da loro?).
Il Vescovo Calvo fondò altri quattro Monti nella diocesi inferiore (Amantea, Ajello C., Fiumefreddo, Nocera). Egli valuta il risultato dell'attività dei Monti come un successo su piano pastorale, e scrive con evidente soddisfazione: <<... usurae cessare ceperunt non sine maximo pauperum subsidio>>6, ma non sembra che i poveri abbiano tratto quel vantaggio che il vescovo vorrebbe lasciare intendere.
Il Monte aveva in comune con l'Ospedale la cassa e gli amministratori: anche l'ospedale aveva finalità assistenziali connesse con quelle del Monte, ed è appunto dall'esame dei prestiti di questi enti (censi bollari) realizzati tra il 1594 e il 1760 che ci pare di dover pervenire ad una conclusione molto diversa di quella compiaciuta del vescovo Calvo. Dalla tabella dei prestiti risulta infatti che a beneficiare realmente del Monte (che parte con un capitale di 1.500 ducati - 1.000 donati dal Calvo e 500 lasciati dal Galluppi - arriva a 6.900 ducati nel 1697 e a ben 9.000 nel 1700) furono soltanto ecclesiastici, nobili e benestanti che usufruirono di forti prestiti a basso interesse (tra il 3 e il 10%) e poterono così comprare case e terre dai contadini afflitti dai debiti7.
La guerra dei trent'anni faceva sentire anche in queste zone le sue tristi conseguenze: le numerazioni dei fuochi e gli stati delle anime di questo periodo riportano diversi casi di persone <<alla guerra>>; vengono notati casi di emigrazione in Sicilia (in particolare Palermo e Messina) per pagarsi i debiti. Le platee delle parrocchie registrano terre beneficiali molto spesso limitanti con 'terra mia propria' del parroco che l'ha acquistata col sistema del prestito: e il suo nome difatti figura nell'elenco dei creditori del Monte8.
Il vescovo di Tropea il 20 dicenbre 1623 scriveva al vicerè per informarlo della grave situazione in cui versavano i casali:

... se bene questa città con i sui casali sta numerata per fuochi tremila cinquecento ventiquattro, nulla di meno non abitano per la metà avendo pertanto questo peso dal 1596 che se serrò l'ultima numerazione et pagando più di novemila ducati, et questo intendo V.E. delli fiscali solamente, oltre tante altre imposizioni estraordinarie che si sono poste et si vanno ponendo a la giornata de la Regia Corte, tassate per l'istesso numero di fuochi. E questo come fondamento principale tira con sè tutte l'altre rovine appresso, ridotte a segno tale che da ventiquattro vasali si può dire che ormai ci sono rimaste le sole mura delle case perchè ogni giorno mancano, et il peso di quelle s'impone sopra la città et quelli altri casali che restano et con l'uno se ne va dietro l'altro, e non è un mese che è mancato uno che era tenuto delli migliori che fussero, detto Ricadi, che non ha potuto corrispondere nemmeno alli fiscali, nè li sindaci di questa città hanno trovato cosa in esso di poter eseguire, onde l'è stato necessario pagare del proprio standosi in questi termini et nella tanta strettazza di denari quanta è già nota a tutti; che in queste parti in paticolare per cava un carlino bisogna cavar sangue9.


P. Antonio Minasi: "Il prospetto della città di Tropea tra i promontori Sabrono e Vaticano".
Incisioni pubblicate intorno al 1777.

TABELLA DEI PRESTITI (CENSI BOLLARI)
EFFETTUATI DALL'OSPEDALE A CITTADINI DI TROPEA E DINTORNI
E DEI RELATIVI INTERESSI


f. Data dell'operazione Titolo del debitore o sua provenienza Debitore Capitale Interesse Tasso di interesse Notaio Affrancazione
Data e Notaio
4r 28/4/1594 . Sanulia Curosi Duc. 24 Duc. 2. 2.0 10% A. F. Scrugli
4r 5/5/1610 Cas. S. Joanne Domenico Cricelli  "      44  "    4. 2.0 10% G.B. Calello 16.9.1663 Alessandro?
4v 8/4/1612    "    Spilinga Casparo Liverio   "     25  "    2.2 10 10% P. D'amaro .
4v 5/1620 Nobile Lonardo Campenni   "         25   "       2. 0  0 8%               " 2.1663     Sava
4v 1/1/1621     " Anibale Scattaretica   "         52    "      5. 1  0 10%  G.A. Calello 1648
4r 5/1/1624 Cas.  Panaia Vittoria Morello   "         60    "      6. 0  0 10% S. Cimino 14.9.1662 S. Cimino
1r 1630    "    Carciadi Fabrizio Zaffino    "        30     "     3. 0  0 10% P. Addisi
1r 16/3/1637 Nobile Aloisio Barone    "       100      " . . 17.2.1664 A. di Fazio
7v 16/1/1650 Cas. Alafito Francesco Loiacono    "         20      "     2. 0 0 10% Sava .
7v 26/1/1650    "        " Giuseppe Mamone  . . . . .
8r      2/1656 . G. e F. Scordamaglia  . . . . .
. . Nobile Carlo Scattaretica . . . . .
. .      " Portia Signoretto     "        70      "      6. 1  10 9% G.B. Cimino 13.5.1667 S. Comino
8r 25/3/1656 Subdiacono N. e P. Mamone     "        35      "      3. 2  10 10% G.B. Massara 11.10.1656       "
8v 25/12/1656 Nobile Leonardo Scattaretica     "        30      "      2.  0  10 7% A. di Fazio
8v 25/1/1657     " G. e D. Massara      "       50       "     4.  0   0 8%         " 7.1658
9r 18/2/1660     " G.B. e G. Fazzali      "       50       "     4.  0   0 8% G.B. Massara .
9r 24/6/1662     " G.B. D'Angelo      "       50       "     4.  2   10 9%          " 24.11683  Bonati
9r 30/3/1664     " Jacopo Nomicisio      "       200       "    12.  0   0 6% A. Di Fazio 31.3.1664  A. Di Fazio
9r 21/5/1664     " Casandra Caputo      "       30       "      2.  0   10 7% Massara 16.2.1721 F. Taponzolo
9r 25/5/1664     " F. e. G. Caputo      "       80       "     44.  0    0 6%     " 22.6.1686  Bonati
9v 1/6/1664     " Alfonso Adisi      "       30       "     14.  0    0 6%     " .
9v 22/6/1664     " Leonardo Ineneo      "     100       "       6.  0    0 6%      " 1704
9v 24/6/1664     " Isabella Toraldo e i figli A. e P. Paparatto      "     442       "      26.  2  12 6%      " 15.11.1667  Cimino
9v 27/8/1664 Cas. Drapia Leo e Dom. Mari      "       55       "        3.  1  10 6% Cimino 1.2.1696
10r 25/11/1664 Nobile Francesco Giovane      "       65       "        3.   4  10 6%      " 15.11.1666  Tripodi
10r 23/8/1665 Marco e Cost. Brosio      "     120       "        8.   2   0 6%      " 29.10.1676   Cimino
10r 23/8/1665     " Onofrio Mazzara      "     100       "        7.   0   0 7%      " Si possiede la terra
10r 20/9/1665     " Leo e Lutio Fazzari      "       50       "        3.   2  10 7%      " 9.1683
10v 18/1/1667 Casale Gasponi Giandonato Casuscelli      "       40       "        3.    1   0 8%      " .
10v 22/1/1668 Nobile P. Brazzo e L. Galluppi      "     100       "       6.    0    0 6% G. Sarace .
10v 22/1/1668      " Casandra Caputo      "     100       "       6.    0    0 6%       " .
11r 3/1668      " A. e F. Tropiano      "     150       "       9.    0    0 6% Cimino 31.3.1668   Cimino
11r 22/10/1668 Cas. Lamazone Alessandro D'Ajello      "       65       "       5.    1    0 8%       " 9.12.1671

TABELLA DEI PRESTITI (CENSI BOLLARI)
EFFETTUATI DALL'OSPEDALE A CITTADINI DI TROPEA E DINTORNI
E DEI RELATIVI INTERESSI


f. Data dell'operazione Titolo del debitore o sua provenienza Debitore Capitale Interesse Tasso di interesse Notaio Affrancazione
Data   e   Notaio
11r 12/2/1669 Nobile Alfonso Adisi Duc.  250 Duc.   16.  1.  5 6,5% Cimino 20.3.1671  Saiace
11r 24/10/1669 Cas. Barbalace Antonio Marcellino    "     100    "        6.  2.  10 6.5%      " 1672  Bonati
11v 16/6/1671 Nobile Paulo Brazzo    "     300    "       30.  0.   0 10%      " 29.3.1678  Cimino
11v 19/8/1671     " Maria Tripodi    "       40    "         2.   4.  0 7%      " 29.10.1683     "
11v 12/11/1671     ?     ?         ?    "     100    "         6.   0.  0 6% . 26.11.1673
14r 6/5/1674 Nobile Onofrio Tranfo    "       50    "         3.   2. 10 7%      " 13.9.1680       "
14v 3/9/1676      " Francesco Adisi    "     115    "         8.   0.  5 7%      " 8.4.1702
14v 7/12/1676      " Onofrio Mazara    "       50    "         3.   2. 10 7%      " .
14v 15/11/1678      " Giacomo Nomicisio    "     200    "        12.  0. 0 6%      " Delega poi a Tib.Tor.
14v 31/8/1683      " Tiberio Toraldo    "     200    "        12.  0. 0 6% Polia 3.10.1683
14v 18/8/1679      ? Diego D'Amalfi    "       50    "          3. 2. 10 7% . 15.10.1684 Bonati
12r 21/8/1679 Nobile Gios. e Gian. Adisi    "     100   . .
15v 21/8/1679     "    "          "         "    "      410     "       26.  3. 10 7% Cimino 24.8.1686
15v 4/10/1680 Cas. Zambrone Francesco Varone    "      100     "          7. 0. 0 7%      " 22.12.1688
15v 7/10/1680      ? Leonardo Montanaro    "        30     "          0. 9. 0 6%      " 30.6.1682    Cimino
16r 8/11/1682      ? Antonio Raffa    "        30     "          2. 0. 10 7%      " .
16v 17/4/1683 Nobile G.B.,Gio. e C. Tocco    "        50     "          3. 2. 10 7%       " .
16v 3/10/1683      " Girolimo Fazzali    "      100     "          6. 0. 0 6%       " .
15r 10/11/1683      " Antonia Galzarano    "      100     "          6. 0. 0 6%       " .
12r 1/9/1684 Cas. Ricadi Antonio Lazzaro    "        40     "          2. 4. 0 7%       " .
10r 9/9/1684 Nobile Gioseppe Barone    "        50       " .
16r 24/8/1686      "       "         Adisi    "      100     "          6. 0. 0 6%       " .
16r 20/12/1686 Cas. Spilinga Portia Barbalaci    "        85 . .       " .
16r 21/12/1688 Nobile Aloisio Adisi    "      285 . .       " .
16r 22/12/1688 Cas. Barbalaci Diego D'Avena    "        46 . .       " .
21v 5/9/1692 Onorato Nobile Nicola Di Vita e Giovanne Punturieri    "        30     "           2. 3. 10 9% F. Polito 15.8.1708
21v 23/11/1693 Cas. Zaccanopoli C. Cerasi e A. Porcelli     "        20     "           1. 3. 0 8%      " 16.2.1730 G. Pietropaolo
21v 21   "     Ricadi Marco e Gian. Lo Torto    "       200     "           6. 2. 10 3,2%  . .
22v 27/3/1696   "     Drapia Gius. e Fran. Vagnato    "       200     "          10. 0. 0 5%      " .
23v 16/6/1696 Nobile Francesco Barone    "         30     "            2. 2. 0 8%      " 6.3.1760   Polito
23v 30/8/1696     "       Onorato Ant. Carpentieri e Sava    "         20     "            1. 3. 0 8% . 24.10.1712
23v 29/1/1697    " Francesco Soriano    "         50     "            4. 0. 0 8%      " 2.9.1701
24v 7/9/1687 Onorato Domenico Naso    "         30     "            2. 0. 10 7% F. Miligandi 1.10.1738 A. Campisi
24v 19/1/1698      ? Gasparo Maiolo    "         46     "            3. 3. 8 8% F. Polito 7.12.1749  F. Polito
26v . Nobile Martino Martorano    "         50     "            3. 0. 0 6%       " 14.5.1703
22r 28/10/1708       ? Nic., Pi. e Gio. Colace    "         31     "            2. 2. 8 8% G. Grasso .

Sebbene nel 1641-42 la situazione appaia leggermente diversa10, è pur vero che nei primi decenni del 1600 l'espropriazione dei contadini raggiunse livelli di drammaticità che nella notazione fiscale del vescovo di Tropea stenta ad avere il peso di una denuncia e resta una amarissima constatazione: <<per cavare un carlino bisogna cavar sangue>>.
Il clero diocesano cresceva notevolmente di numero e soprattutto si infittiva la schiera dei diaconi selvaggi attorno alle chiese parrocchiali e agli enti beneficiali11.
A Tropea vengono creati due conventi (uno dei Cappuccini e uno degli Agostiniani scalzi) in aggiunta a quelli dei Domenicani, Conventuali, Riformati, Paoli, Gesuiti, e a quattro monasteri: S. Maria della Pietà, S. Chiara, S. Domenica, S. Giorgio. A questa serie di conventi e monasteri di Tropea è da aggiungersi il convento di S. Giacomo sorto a circa un chilometro da Ricadi e che apparteneva ai Carmelitani calzati. Il seminario diocesano, deciso nel 1562 ed eretto nel 1615 dal vescovo Fabrizio Caracciolo, ospitava nove chierici.
Il patrimonio ecclesiastico non ha dimensioni eccessivamente vaste, ma la quantità dei privilegi e delle esenzioni rende ambito lo stato ecclesiastico: nel 1699 Tropea conta 2.616 abitanti e, assieme ai casali, 9.512, con una evidente diminuzione della popolazione rispetto al periodo precedente; invece il numero degli ecclesiastici aumenta. La tabella seguente evidenzia questo fenomeno: la rilevazione dei dati, desunti dalle visite ad limina, pur con notevoli lacune, ci consente di stabilire le strette relazioni che intercorrono tra l'andamento demografico da una parte e la struttura patrimoniale del territorio dall'altra. La ricostruzione parziale del patrimonio ecclesiastico, che riportiamo in appendice, è solo un appunto per una ricerca più vasta che abbiamo in corso sulla evoluzione della proprietà fondiaria nel territorio di Tropea.
 



Veduta di Tropea.
Disegno di Henry Swinburne, tratto da
"Travels in Two Sicilies 1777-1780", 1783. Incisione di Peter Mazel.
 
 

TABELLA SULLA CONSISTENZA DEL CLERO DIOCESANO


TROPEA 1699 1702 1705 1711 1717 1720 1735 1740
sacerdoti
semplici 10 20 - 36 10 16 39 39
chierici 68 77 - 115 40 69 56 32
benefici
di jus pa 103 105 - 105 107 109 109 109
onere messe 9430 9636 - 10242 9786 9884 9884 9884
legati 7816 7816 - 7416 7816 7850 6975 6975
anime:
capaci di c. 1950 1885 - 1956 1879 1895 - -
non capaci 666 711 - 608 720 732 - -
totale anime 2616 2596 - 2629 2599 2927 - -
alunni sem. 9 9 - 9 - 13 10 14
confraternite 2 2 - 2 - 4 - 4
capitolo catt.
sacerdoti 60 60 - 60 - - - -
.
CASALI
sacerdoti
semplici 29 20 20 24 49 30 - 26
chierici 37 27 27 36 52 43 - -
benefici
di jus p. 20 20 20 21 20 20 - -
onere messe 2761 - - 2773 2716 2761 - -
legati 3533 3533 3533 3533 3533 3533 - -
anime:
capaci di c. 4837 4126 4126 4106 4921 4960 - -
non capaci 2059 2196 2196 2190 2469 2458 - -
totale anime 6896 6322 6322 6296 7390 7418 - -
confraternite 12 17 17 17 12 12 - -
I dati riportati sono ricavati dalle Visite ad limina, presso A. V.
 

Tendenze demografiche

La popolazione di Ricadi nel 1641 risulta molto composita: un numero considerevole di artigiani e di marinai riesce ad equilibrare il dislivello tra gli operarii da una parte e color che vivono del suo o nobilmente dall'altra, ma sono già evidenti i segni di una disgregazione economica che andrà acuendo i conflitti tra le classi e determinerà un assetto che sarà definitivo un secolo dopo.

Popolazione di Ricadi dal 1641 al 1800

1641    1670    1699    1743    1783    1788    1789    1790    1800
 413      430     450     480      510     535      542     544      500
 

Tabella percentuale della popolazione attiva
. 1641 1670
Bracccianti  43,71 30,00
Massari 7,81 3,33
Marinari 14,06 10,00
Artigiani 15,62 20,00
Molinari 1,56 6,06
Bordonari 7,81 10,00
Servi 7,81 16,06
Mulattieri 1,59 -
Altri - 3,05

Riportiamo il quadro complessivo della popolazione di Ricadi nel 1641 per farne un confronto con i dati del 1743 e 1800.
 
 

QUADRO COMPLESSIVO DELLA POPOLAZIONE DI RICADI NEL 1641


CATEGORIE Unità lavorative Fuochi Componenti fuochi % sulla popolazione attiva % sul totale popolazione
Braccianti 28 28 117 43,74 28,33
Massari 5 5 23 7,81 5,56
Artigiani 9 8 37 15,62 8,95
Marinai 10 10 35 14,06 8,47
Molinari 1 1 6 1,56 1,45
Mulattieri 1 1 5 1,56 1,21
Bordonari 5 2 7 7,81 1.69
Servi 5 1 6 7,81 1,45
Sacerdoti e chierici - 6 6 - 1,45
Vari (soldati, carcerati) - 3 12 - 2,90
Vivono del suo - 19 81 - 19,61
Vivono nobilmente - 8 24 - 5,81
Vedove e vergini - 21 35 - 8,47
Senza indicaz. - 4 10 - 2,42
Donne libere - 2 4 - 0,96
Forestieri - 2 4 - 0.96
Poveri - 1 1 - 0,24
TOTALE 64 116 413 100 100

TABELLA PERCENTUALE SULL'INTERA POPOLAZIONE


. 1641 1743 1800
Braccianti 28,33 70,00 66,00
Massari 5,56 9,00 14,00
Artigiani 8,95 8,00 10,00
Marinari 8,47 - -
Molinari 1,45 - 2,00
Bordonari 1,69 - -
Servi 1,45 - -
Sacerdoti e chierici 1,45 2,00 2,00
Vari 1,97 2,00 2,00
Vivono del suo 19,61 2,00 2,00
Vivono nobilmente 5,81 - -
Vedove e vergini 8,47 7,00 -
Senza indicazione 2,42 - -
Donne libere 0,96 - -
Forestieri 0,96 - -
Poveri 0,24 - -
TOTALE 109 100 100
Totale della popolazione 413 480 500

A Ricadi, a differenza di tutti gli altri casali, esistono due parrocchie e due chiese parrocchiali; le due parrocchie non sono divise territorialmente ma per famiglie12. Non possediamo dati anteriori al 1568, ma abbiamo documentata una sempre più chiara connotazione artigiano-borghese della parrocchia di S. Zaccaria e una prevalenza contadina nella parrocchia di S. Pietro13. Questa diversità di composizione sociale è all'origine di vivaci contrasti tra le due parrocchie, tanto che si richiese più volte l'intervento del vescovo diocesano per mediare le liti e concordare la prassi culturale devozionale14.
 

La vita religiosa del popolo

La parrocchia era l'unico elemento di aggregazione in due momenti che assorbivano ed esaurivano ogni tipo di rapporto sociale:
Il momento culturale (i sacramenti, le devozioni) accomunava tutti i filiani nella dipendenza dal parroco, la cui autorità in sacris derivava dal vescovo, ma che esercitava un reale controllo su tutte le manifestazioni della vita15;
Il momento operativo (le confraternite) rappresentava il massimo dell'organizzazione dei laici in ordine alla formazione religiosa e all'incidenza sociale ed economica dell'istituzione ecclesiastica16.
Un altro elemento di aggregazione, che però riguarda i sacerdoti non rettori di chiese (sempre in percentuale elevata), è costituito dalle cappellanie laicali: esse esprimono, più che la devozione religiosa delle classi agiate, la loro disposizione e volontà di invadere il campo ecclesiastico e di esercitarvi un utile dominio17. Sempre che fu possibile, della cappellania beneficiò un prete della stessa famiglia dei fondatori, altrimenti il cespite patrimoniale andava erodendosi, l'altare si impoveriva e le rendite non erano più sufficienti a coprire gli oneri di messe legati dai fondatori18.
Esistevano numerosi benefici di patronato19: il clero, assai numeroso, viveva con la celebrazione di messe. Le entrate patrimoniali, anche per i rettori di chiese, erano molto modeste: la consistenza patrimoniale delle due parrocchie di Ricadi in circa due secoli e mezzo ha avuto la seguente evoluzione20 (i numeri indicano tomolate di terreno):

. 1648 1670 1787/97 1831 1888
S. PIETRO 40 41 64 53 48
S. ZACCARIA 28 29 32 40 40

Una visione d'assieme sulle entrate patrimoniali del clero dei casali ci è data dal seguente quadro desunto dalle visite pastorali del vescovo Ibanez (1696-1725):

CASALE PARROCCHIA PARROCO REDDITO
S. Domenica S. Domenica Fr. Mazzitelli 80 ducati
Ciaramiti S. Paolo Ap. Ant. Messina 50 ducati
S. Nicola S. Nicola Fr. Petracca 50 ducati
Ricadi S. Zaccaria D.co Campisi 45 ducati
. S. Pietro M.A. Campisi 60 ducati
Lampazzoni S. Michele A. Diego Aquilano 70 ducati
Barbalaconi S. Lucia Nicola Miano 30 ducati
Orsigliadi S. Martino Joachim Gaetano 60 ducati
Panaia S. Maria de' 100 ferri Placido Falduti 50 ducati
Spilinga S. Giov. Battista Joachim Gaetano 100 ducati
Carciado Presentazione B.V. Nicola Barbalace 50 ducati
Caria SS. Salvatore Crisostomo Limarto 70 ducati
Brattirò S. Pietro Fr. Barletta 100 ducati
Gasponi S. Chindino Leo Accorinti -
Drapia Immacolata Gio.B. Ruffa -
Alafito Immacolata C. Ant. Petropaolo 40 ducati
Zaccanopoli S. Maria ad Nives Sabatino De Luca 100 ducati
Fitili S. Girolamo Fr. Calzona 40 ducati
Daffinà min. S. Nicola Scipione Quaranta 30 ducati
Daffinà magg. S. Nicoldemo Ant: Caprino 60 ducati
S. Giovanni S. Marina Pietro Staropoli 50 ducati
Zambrone S. Carlo Borr. Giacomo Messina 100 ducati
Parghelia S. Andrea Fr. Romano 200 ducati

Nell'ambito del casale vi sono molti beni appartenenti al clero tropeano e ai conventi di Tropea (case, stalle, torri, filande)21.
Don Claudio Montanaro, rettore della chiesa di S. Zaccaria, è originario del casale di Drapia; suo padre è un artigiano (solachianelle) trasferitosi a Ricadi col figlio prete; i suoi fratelli, pure dimoranti a Ricadi, sono censiti come operarii. Però il parroco che gli succede nella stessa parrocchia, don Giuseppe Antonio Montanaro, suo nipote, negli stati d'anime da lui redatti nel 1670 e nel 1699 rivela la notevole emancipazione della sua famiglia: sua madre appartiene a una delle famiglie benestanti del luogo; un suo fratello, sposato con una donna ricca, è indicato col titolo di Magnifico; un altro suo fratello si imparenta con una famiglia di ascendenze nobiliari. In tal modo il clero, pur essendo di estrazione popolare, assume un ruolo che lo allinea alla classe dominante della quale peraltro cerca e realizza le parentele riuscendo, nel giro di pochissime generazioni, a inserire il proprio parentado a livelli sociali eminenti. Ciò tuttavia dipende anche dal grado di cultura dei singoli chierici. La maggioranza di essi nel corso del secolo XVII non sono uomini di cultura: le note dei loro libri sono per lo più esigue e contengono qualche compendio di morale e di pratica pastorale, ma soprattutto libri di devozioni. La presenza di qualche classico latino è sufficiente a farci capire che quel prete non era all'ultimo gradino nella moltitudine dei ministri dell'altare. Non manca tuttavia di vedere delle note nelle quali appaiono testi spagnoli (molti vescovi di Tropea furono spagnoli tra il 1633 e il 1725), testi di filosofia, ma abbondano i predicabili e i libri di devozioni22.
Un clero non eccessivamente colto, ma con molte protezioni e privilegi, costituiva a Ricadi, come negli altri casali, una classe a sè che, con le sue mire borghesi e con i vincoli di parentela che stabilisce anche con nobili, assume i comportamenti tipici della classe che è al potere: l'esazione delle rendite e delle decime lo rende fiscale; le esanzioni di cui gode per il suo stato gliene fanno desiderare altre anche per i suoi parenti, e aspira e chiede altri privilegi in virtù del ruolo che lo costituisce custode e vindice della moralità pubblica. Nella sua casa c'è la famula come nelle case dei benestanti (a Tropea presso gli ecclesiastici nello stesso periodo si trovano schiavi e schiave). Questi elementi rendevano molto difficile l'inserimento del prete nella vita del popolo: la sua azione era sempre una costrizione morale e a volte penale; il suo compito era fortemente contradditorio. La risposta dei filiani era per lo più una obbedienza formale, espressa in quel particolare modo di manifestare la religiosità che è il devozionismo e che rivela da una parte il dominio e la fede gestita come potere, dall'altra il rifiuto di una adesione piena e profonda ai contenuti della fede, mediante la superficialità e fino all'iposcrisia.
La vita familiare e la società stessa non sono così fedeli come le relazioni ufficiali dei parroci vorrebbero lasciar creder23.
Alle loro dichiarazioni sulla pubblica moralità fa riscontro una situazione ampiamente lacunosa: gli illegittimi, che pure non vengono censiti negli stati delle anime, si trovano notati nel libro dei battesimi e in quello dei morti. E' vero che la loro consistenza è molto limitata nei casali, mentre a Tropea assume proporzioni che uguagliano e a volte superano le nascite dei figli legittimi, tuttavia il fenomeno esiste, ma i parroci vogliono salvare la faccia.
La numerazione dei fuochi del 1641 elenca a Ricadi anche due donne che dichiarono di essere donne libere, e ognuna di esse ha con sè un figlio24. Anche questo fenomeno dai parroci non viene rilevato, o molto raramente e con enorme circospezione25.
A Tropea il meretricio costituisce l'attività fondamentale nel mondo dei poveri. Gli esposti invece sono un segno della prodigalità dei ricchi, assieme ai donativi e ai lasciti alle chiese che servono da copertura su questa terra e da caparra per il paradiso.
Il parroco che a Tropea accoglie la bambina esposta per darle il battesimo, registrando l'atto il giorno 2/3/1629, appare consapevole di una prassi molto diffusa ed anche molto rispettabile:

Domenica Getatella senza sapere il padre e la madre... Mi fu posta dentro la fascia una lichetta nella quale mi dicea che si desse battesimo e che si tenga cara perchè figlia di homo Ecc.mo e li pose nome Domenica....

Gli esposti e gli illegittimi, fenomeni tipici della nobiltà e dei ceti agiati, sono connessi anche alla pratica della schiavitù presso gli stessi ceti. Nei casali famule, servi e schiavi si trovano nelle famiglie benestanti provenienti da Tropea e presso ecclesiastici. A Tropea presso ecclesiastici si trova molto spesso lo schiavo o la schiava. Dal libro dei defunti riportiamo una breve esemplificazione:

20 maggio 1625 Giovanni schiavo dell'Abb. decano Carpensano.
22 febbraio 1627 Giorgio schiavo delli Tranfo.
18 febbraio 1632 Domenico Galati schiavo di Giuseppe Galati.
9 febbraio 1632 Marino Domenico naturale di Caterina schiava dell'Abb. Orazio Carpensano. Il padre si chiama Nicolò di Sardegna spagnolo che allora si ritrovava qui di presidio nella compagnia spagnola.

Quando il parroco Gio. Antonio Montanaro della parrocchia di S. Zaccaria di Ricadi nello stato d'anime da lui redatto nel 1699 nota le famule e i servi della sua parrocchia (in numero maggiore rispetto a quelli censiti nella numerazione dei fuochi del 1641), evidenzia la persistenza del fenomeno e l'accentuarsi della crisi economica che alla fine del secolo XVII conquistava alla miseria piccoli proprietari, marinai e tutti quelli che vivevano dell'arte della seta e quindi principalmente le donne, per la massima parte filatrici e tessitrici. Il parroco di S. Pietro di Ricadi, nella sua relazione al vescovo, ricorda le difficoltà dei parrocchiani di pagare le decime e le quote dovute alla confraternita composta da villani. La crisi economica traspare dalla recrudescenza degli omicidi: a Carciadi il parroco trascrive nel libro dei defunti dieci casi di mala morte negli ultimi tre lustri del secolo XVII; uno riguarda l'uccisione di un prete. Lo stesso parroco dà la dimensione della miseria in cui versavano i casali stendendo il seguente atto di morte:

A di sedici ottobre mille settecento e sette. Santo Cricelli del casale di Brattirò habitante più anni in questo casale d'anni 30 in circa persona miserabile, e tanto miserabile che per sostenere la sua vita andava cercando la limosina non potendo procacciarsela con sua fatica essendo offeso d'una gamba, che per camminare alquanto camminava con il setto in terra, privo d'ogni haver se ne morì con ricevere prima tutti sagramenti necessarii e per sottrarsi fu mistere ottenere il rilascio del Jus protopapa et il Jus del vescovo et io rettore rilasciava per carità quel che a me spettava, e fu seppellito nella chiesa parrocchiale del casale di Carciadi, et in fede io Leonardo Gaetano rettore manu propria.

I parroci tuttavia già da tempo mostrano, nelle loro relazioni al vescovo, di non avvertire la drammaticità di un momento in cui il territorio produceva più briganti che seta e riportano una visione del tutto pacifica delle loro popolazioni:

Anche si fa fede per me Leonardo Gaetano Rettore come nella mia parrocchia di Carciadi per quanto costa a me non vi sono heretici ne persone sospette d'heresia, non malefici, non publici bestemiatori, non usurarii ne mariti e mogli che vivono separatamente e ne altre persone sospette.
Salamente in detta parrocchia vi è D. Antonio Lazzaro scommunicato publico, come e ben noto a questa corte et in fede... Come anche in detta mia parrocchia vi è una donna meretrice chiamata Ciccia, la quale non sa chi sia stato suo padre ne sua madre, e vive in detto casale senza scandalo per quanto costa a me. Se poi segretamente fa male io non lo so, lo sa la medesma, et in fede...

Come a Carciadi, così a Ricadi, i parroci non vedono problemi:

... non vi sono heretici, ne malefici, ne sospetti d'heresia, ne publici bestemiatori, ne malefici, ne usurarii, o vero concubinarii, adulteri, ne notati d'altri gravi delitti; ne maritati che vivono separati, ne publici e scommunicati, interdetti, e che tenessero libri proibiti...

Nella mia parocchia non vi sono persone eretici ne scomunicati ne mariti e mogli che vivono separatamente ne persone scandalosi...

Al vescovo probabilmente non sfugge la gravità della situazione e la necessità di trovare energie che permettano al clero di assolvere con competenza al suo compito pastorale. Perciò indice il sinodo diocesano26. F. Lorenzo Ibanez dimostra intraprendenza e coraggio: dispone dei colti padri gesuiti del collegio di Tropea e di un clero cittadino che dà garanzie per la cultura teologica, giuridica, umanistica, e anche per spiritualità.

Il Sinodo diocesano

Il 2 febbraio 1702 il vescovo Francesco Lorenzo Ibanez indice il Sinodo diocesano <<ut ad virtutem omnem, dei mandatorum ad observantiam, traditas nobis oves, hortari debeamus>>27.
Il vescovo si rivolge non solo agli ecclesiastici, ma <<etiam laicis, et universitatum Magistratibus (si sua putaverint interesse) ut notior, et illustrior noster sit animus>>28.
Il Sinodo dovrà legiferare <<quae ad cleri disciplinam, plebisque salutem ac Divini cultus incrementum necessaria sunt, et opportuna>>29.
Il vescovo appare certo consapevole dei profondi mali sociali che travagliano il suo gregge; pensa però che i rimedi debbano ricercarsi nell'ordine spirituale e morale da recuperare con opportuna istruzione catechistica. Questa non solo è considerata il dovere fondamentale dei parroci (la trasgressione costituisce peccato mortale e, se abituale, può essere punita anche con il carcere oltre che con altre pene ad arbitrio del vescovo), ma è il fondamentale dovere che dei genitori, dei padroni e di tutti coloro cui spetta per il proprio ruolo, sotto pena di peccato grave.
Tutte le domeniche dopo i vespri o di mattina dopo la messa nelle parrocchie si dà il segno con la campana maggiore: l'istruzione viene impartita in chiesa, dove ragazzi, donne, lavoratori convengono, richiamati da un ragazzo che gira per il paese suonando una campanella.
Il vescovo prescrive che l'istruzione religiosa venga impartita <<vernaculo idiomate>>, perchè i ragazzi, ignari della lingua latina, corrompono le parole.
Il Sinodo riporta in appendice le preghiere principali in italiano e prescrive che siano fatte recitare dai maestri prima della lezione30.
Nel tempo di avvento e di quaresima l'istruzione deve essere impartita ogni giorno, e la chiesa parrocchiale esercita in tal modo la sua funzione di centro culturale, ma anche morale e sociale di una collettività.
E nella chiesa parrocchiale che la gente si raduna volentieri, perchè, specialmente d'inverno, nelle loro povere abitazioni non ci si può riparare dal freddo e forse neppure dalla pioggia: tanta gente assieme di riscalda e trova anche gratificazione ai propri bisogni sociali oltre che l'appagamento delle istanze religiose devozionali. E lì che si sentono cristiani, perchè nelle loro abitazioni (spesso un solo basso, qualche volta casa solarata) dividono lo spazio con gli animali (galline, capre, asini e in alcuni casi anche la vacca e il maiale).
L'edificio di culto è anche il luogo che può servire da asilo ad uomini scellerati: cosa non infrequente in un tempo in cui l'immunità ecclesiastica era l'unico modo per sfuggire al potere politico e giudiziario dello stato. Oltre tutto pare che i banditi preferissero rifugiarsi nelle chiese o nei luoghi pii dove potevano avere una certa assistenza. Così fu, per esempio, del convento di S. Giacomo presso Ricadi, nel territorio di Capo Vaticano.
Il Sinodo prescrive che le chiese si chiudano al crepuscolo e si aprano all'aurora. Non è lecito dormire in esse nè pernottare, nè introdurre armi, neppure da caccia. Ai parroci si ordina di impedire che, caso mai uomini scellerati si siano rifugiati dentro la chiesa, vi siano delle donne sospette che vadano a parlare con essi; impediscano pure che nelle chiese si accenda il fuoco e si cucini31.
I poveri e i mendicanti che vanno questuando per se stessi o per un luogo pio non possono fare la questua nella chiesa, ma soltanto davanti alle porte dell'edificio (di poveri mendicanti doveva piuttosto abbondare la zona, come rivelano le note dei parroci negli stati delle anime).
La domenica e nei giorni di precetto la parrocchia vive una sua atmosfera mistica, di completa dedizione agli interessi spirituali: non si possono fare contratti; gli atti giudiziari sono nulli. Ma è soprattutto proibito ogni spettacolo profano e ogni distrazione mondana. Persino i generi alimentari è proibito vendere, se non a porte chiuse, ma durante la messa e le prediche quaresimali è assolutamente vietato32.
I contadini dei casali hanno da compiere dei lavori che non è possibile interrompere: la vendemmia, la mietitura, la nutricata del serico (i tre settori produttivi dell'economia del contado) si possono compiere amche nei giorni di festa, con la dispensa dal riposo, ma non dalla messa. I giorni di festa, d'altra parte, sono tanti, e così pure i giorni di digiuno, che l'aspetto della parrocchia rassomiglia più a quello di un convento che a quello di un ambiente dove la vita è grama anche con l'assiduo lavoro. Il tempo di quaresima è tempo di digiuno, eccetto le domeniche; dal mercoledì delle ceneri al sabato santo, e in numerosi altri giorni di viglia durante l'anno, i villani hanno un valido motivo per ritenere sacra la loro fame. Ma anche in tutti i mercoledì e i sabati dell'anno il digiuno fa pensare di meno la povertà33.
Nel casale la vita è tutta regolata dalle vicende culturali e l'anno liturgico regola i comportamenti personali e sociali con una forza morale superiore a ogni legge e a ogni bisogno.
L'enorme importanza che assume il rito battesimale è dovuta al fatto che mediante esso la potestas sacra amplifica il suo raggio. Perciò i bambini vanno battezzati subito appena nati, e comunque non oltre il decimo giorno. Gli sposi devono essere battezzati sub conditione se non portano la cedola in cui si attesta il loro battesimo34.
Le madri, non appena è loro fisicamente possibile, vadano in chiesa a ricevere (gratis!) la benedizione del sacerdote35.
Il Sindaco ricorda che è consuetudine presso alcuni giovani, vedove recenti, donne in lutto, non andare a messa nei giorni festivi: il loro gesto, considerato immotivato, viene condannato come grave peccato36.
La confessione e la comunione pasquale è obbligatoria per tutti quelli che hanno l'uso di ragione: quelli che adempiono al precetto vengono annotati su un apposito registro e ricevono un attestato. Quelli che non adempiono al precetto pasquale fino alla domenica in albis devono essere denunziati al vescovo, il quale procederà a norma dei sacri canoni37.
Oltre a questo controllo minuzioso verso coloro che non si sottomettono alla legge della chiesa, i parroci sono tenuti a controllare la pubblica moralità e, entro la II domenica di quaresima, devono consegnare al vescovo un elenco degli uomini di cattiva e scandalosa fama che vivono nelle loro parrocchie, e soprattutto devono informare il vescovo sul delitto di cui sono infamati38.
La chiesa difende se stessa e i suoi interessi comminando la scomunica contro coloro che ne intaccano in qualsiasi modo i diritti o i privilegi o le immunità39.
I parroci, specialmente quelli dei casali, vivono una vita non agiata: per una messa ricevono un carlino e le parrocchie non hanno redditi elevati. Il Sinodo prescrive che i chierici che vengono ordinati a titolo patrimonii sui devono disporre di un reddito annuo non inferiore a 25 ducati, il minimo necessario per una vita appena decente40.
Tuttavia il numero del clero andò aumentando smisuratamente fino al 1741, l'anno del concordato e delle restrizioni imoposte nel Regno di Napoli per limitare il numero dei chierici che sottraevano allo stato un cespite fiscale rilevante e immobilizzavano le strutture civili. Si può del resto intendere come, se la vita dei preti nei casali era stentata, quella dei popolani fosse impossibile.
Al numero esorbitante dei chierici il vescovo Ibanez non pensa per niente di porre dei limiti: si tratta infatti di una forza, anche economica, contro lo stato in disfacimento. Il vescovo anzi favorisce più di ogni altro suo predecessore e difende i diaconi selvaggi, che costituiscono un utile strumento nelle mani della chiesa impegnata nelle lotte giurisdizionali. D'altra parte il vescovo, mentre esalta la dignità dello stato sacerdotale, deve tutelarne anche l'aspetto esteriore. Il Sinodo perciò, pur facendo rilevare la condizione di miseria di parte del clero, vuole che questo non sia privo di ciò che è dignitoso al suo stato.
Il Sinodo mostra una preoccupazione per lo stato economico almeno pari a quella per lo stato culturale dei chierici.
Già si sta costituendo un numero consistente di preti eruditi: il collegio dei Gesuiti ha una influenza notevole sulla formazione culturale del clero diocesano. Al Sinodo sono presenti i padri gesuiti del locale collegio e, tra gli officiali del Sinodo, dei preti di vasta cultura: Ignazio di Francia, Antonio Pelliccia e il parroco di Spilinga, Leonardo Montanaro. Sono presenti ancora Francesco Sergio e Giuseppe Scrugli, in qualità di maestri delle cerimonie: sono tra i sacerdoti più dotti del clero tropeano di tutto il secolo. Ma al tempo del Sinodo la cultura religiosa, scarsa nel clero dei casali, era scarsissima nel popolo. Agli sposi si richiede che conoscano i rudimenti della fede: Pater, Ave, Credo, Decalogo. Il Sinodo lamenta l'ignoranza anche di queste nozioni elementari41.
E' per questo motivo che il Sinodo insiste sull'obbligo del catechismo e della predicazione.
Ai chierici si prescrive, in virtù del loro stato, una vita di pietà e l'abbandono di ogni mondanità42; essi devono procurarsi una valida cultura e mantenersi aggiornati: a loro si consigliano dei libri di teologia dommatica, di morale, di pastorale, di ascetica sacerdotale43.
Ma i parroci dei casali non hanno da lottare solo contro la fame: il Sinodo ricorda gli sbarchi dei saraceni, avvenuti anche di recente, a danno soprattutto degli abitanti del contado, e per tale motivo concede ai chierici di poter tenere in casa delle armi per difendersi contro gli invasori, ma non per portarle addosso44.
Il Sinodo non cessa di insistere sull'opera catechetica, che pone a fondamento di ogni modificazione della società: i predicatori, e prima di tutti i Rettori delle chiese, devono <<iuxta audientium captum fidelibus verbum Dei ministrare>>; essi vengono scelti dal vescovo a questo ufficio, perchè a lui solo compete il ministero della parola, perciò:

in primis curent dictis facta dissimilia non habere, frequentem hominum conversationem vitent, cum foeminis, etiamo raram, excusent, eorum modestia omnibus nota sit... Evangelium annuntient... gloriantes, quod Christum Dominum praedicant, et hunc Crucifixum; ad doctas fabulas se convertere, fictitias, atque apocriphas historias narrare, medullam sanae doctrinae spernere, vana dumtaxat verba, affectataque... Nos vero Sanctum Verbum Domini prophanare nequaquam consentiemus, quando vero de vitiis alloquantur, utriusque potestatis ecclesiasticae et saecularis manifestam exusent repreaehensionem...45.

Pertanto la predicazione non può tentare minimamente di turbare le coscienze: tutto va bene se ci si attiene alle cose spirituali. Bisogna anzi ricondurre questo primato dello spirituale in tutti i momenti della vita sociale: la condotta e il portamento dei chierici, la fedeltà del popolo che digiuna e va a messa sono certo segni di questo predominio dello spirituale. Ma un popolo rozzo, gli emarginati, gli uomini travagliati dalla fame, come potranno intendere l'ascetismo? Quando si prescrive ai parroci di far cessare durante i funerali <<ineptos foeminarum ululatus, lacerationes vultuum, capillarum truncationes, voci ferationese ad defunctum per viam, quod si cesare noluerint, relinquant domi defunctum et non sepeliant>>46 si è consapevoli forse che la visione cristiana della morte è piena di speranza nella immortalità, ma non si è certo convinti che il comportamento che si chiede nasce solo dalla fede che quel popolo non ha, che in ogni caso è diversa da quella predicata dal clero. Allo stesso modo voler insegnare il senso del pudore ai marginali di Tropea o ai villani dei casali in condizioni di promiscuità e senza far nulla, o facendo molto poco perchè quelle condizioni (coabitazione, meretricio, superstizione) vengano modificate, non ha veramente nessun significato dal punto di vista religioso. Se la religione non compie una azione di incivilimento o, come si preferisce dire oggi, di liberazione, non ha alcun senso.
C'è una ambiguità fondamentale nella religiosità tropeana: si valuta la sottomissione come salvezza e l'ubbidienza come virtù santificatrice e in tal modo si costituisce un valido piedistallo al potere civile che tuttavia viene osteggiato sul piano giurisdizionale. Anzi l'acquiescenza politica rappresenta l'ordine morale e materiale e perciò non si concede spazio a rivendicazioni di nessuna sorta. A tale atteggiamento concorre la pratica della beneficenza, che a livello sociale serve a sopire istanze di rivolta, e il devozionismo, che a livello spirituale sopisce le coscienze. Avendo poggiato su queste basi la struttura religiosa, questa non può che essere alleata del potere politico. Il mantenimento dello status quo è garantito dalla pietas per il disperato, perchè viene così evitata ogni modificazione e ogni incidenza nella storia dell'assoluta maggioranza del popolo.
Non mancarono a Tropea e nel contado le reazioni alle diverse strutture amministrative: la ripresa culturale aveva sollecitato a cercare dei cambiamenti e si trovarono anche tra il clero elementi come Antonio Jerocades di Parghelia, che accolse le idee illuministe e aderì alla frammassoneria diventandone anche il promotore nella zona.
La spiritualità del popolo era caratterizzata dal devozionismo al quale il clero e il vescovo stesso davano nutrimento. Vito Capialbi47 ricorda come anche Ibanez dotò la chiesa di molte reliquie ed anche di due corpi di santi. Ma l'opera educativa tra il popolo fu svolta dalle confraternite: le indulgenze costituivano il polo attorno a cui si facevano ruotare non solo le pratiche di pietà, ma anche tutta l'attività sociale del casale. Le regole della confraternita di Carciadi, riportate in appendice, mostrano tra l'altro come le confraternite costituissero l'ambito specifico in cui il parroco esercitava la sua completa autorità e dove avvenivano gli scontri più vivaci tra laici e clero.
Un ambito in cui il clero esercitava un vero dominio sulle coscienze era costituito dal foro della coscienza, al quale veramente erano ricondotte tutte le manifestazioni della vita. Ma è lì che avveniva anche la trasmissione più elaborata della fede.
Di che tipo fosse a Tropea la spiritualità delle anime che ad essa si dedicavano più specificamente è dato rilevarlo dal seguente documento: una lettera indirizzata al padre spirituale in merito a particolari condizioni dello spirito. La lettera, trovata nelle carte del canonico Giuseppe Scrugli, uno dei partecipanti più qualificati al Sinodo Ibanez, porta la data del 1721.

Padre mio caro io domenica fevi la novena di Santa Domenica io tutti i nove giorne o fotto sempre  uno orazione di quello modo che me scrivestovo io tutte i nove giorne sono stata sempre allegra e comforma io consideravo i Suoi Dolori che essa pateva per madenerse fedele allo Suo Sposo Giesù allora senteva nel mio corpo i dolori questo solo o auto in questa novena di Santa Domenica la vigilia cercai lo fuoco e non lebe io mi pose appiangere e disse Signore io voglio sapere che novita e questa che io non patisco più come primo io voglio sapere la causa e non mai mi coietero io mentre disse queste parole sentie ridere e poi sentie una voce e mi disse che non piangesse più ca me diceva la cavosa perche non me dava piu li foco io sentendo quella voce che da tanto tempo non laveva sentita più mi nescie lo pianto e lui piu se ne rideva e me diceva che lui redeve e io piangeva io poi disse Signore mio caro come non voglio piangere se da tanto tempo che non vi o sentito e non vi o veduto come voglio stare allegra quando io non vi vede se io vi vedesse come primo io non piangeria a questo parole mo rispose e disse sposa mia sappia che tu non me hai fatto niente il fino perche io non te do li fuoce non ne per tua manganza perche tu non me hai fatto niente sappia che e mia volunta e non ne tua manganza io gia so la tua volunta che tu sempre voi patire ma io non volgio che patisce piu foce per mo perche haerai altre patimente che sarando più dolorose deglie fuoco quando finisseno queste altre patimente haverai una altra volta li fuoco pero serve allegramente e porte perche haverai una altra croce assai grossa piu di quella che hai patita dette queste parole si parti e io rimasi tutta rasignata alla divina volunta e gia stavo aspettando li patimente siano la benvenuta sempre che vengono io padre mio caro voglio abbracciare ogni croce per dare vosto allo mio Signore io padre mio caro da tre giorni stavo alletto a stavo con febre e dolori per tutto il corpo perche li nemici mercodì annotto mi diedeno cente mazate e me crescie la febre e questa e la mia infemita e puro mi sono mettuta a scrivere anco alla signora Olimpia...

La lettera continua ancora per un po' raccontando di alcuni malintesi e pettegolezzi.
Questo tipo di religiosità era riservato alle monache e alle nobildonne che restavano zitelle. Accanto a queste donne devote però c'erano sorelle e nipoti che praticavano una libertà di costumi nel concubinaggio: la loro educazione nei monasteri non aveva certo conseguito risultati positivi. I loro fratelli e mariti si distinguevano maggiormente per le angherie che usavano contro i villani, per le ingiustizie e le estorsioni di cui erano autori e per lo sfruttamento sistematico dei lavoratori ai quali negavano la giusta mercede. Per questo la mattina del 6 agosto 1722 scoppia a Spilinga la rivolta contro Tropea: è l'episodio più clamoroso che spezza il precario equilibrio tra il contado e la città e coinvolge tutti gli abitanti dei casali in una battaglia nella quale saranno ancora perdenti. Ai contadini che si erano rivoltati contro Tropea perchè voleva far gravare sul contado un ulteriore gravame fiscale in connessione con le guerre di successione e che al contado non spettava pagare vengono mandati i padri agostiniani per convincere all'obbedienza; dopo che quei religiosi ebbero fatto inutilmente svariati tentativi per dissuadere i rivoltosi dallo stato d'assedio che avevano posto alla città, le autorità ricevono la comunicazione che stanno per sopraggiungere rinforzi: si comanda pertanto ai villani di deporre le armi sotto pena di morte; questi chiedono l'intervento del vescovo Ibanez, che si trovava a Drapia, un casale a quattro chilometri da Tropea, il quale ottiene che i rivoltosi desistano dalle ostilità in cambio delle concessioni, già prima pattuite e rifiutate, e di un decreto assolutorio. Ma le truppe che erano venute in aiuto danno la caccia ai capi della rivolta e condannano Antonio Gaetano e Giuseppe Zerfino alla impiccaggione e Sergio Gatto, minorenne, alle galere: non erano loro i capi (quelli si erano dileguati), ma cittadini di Spilinga e Carciadi che avevano preso parte alla sollevazione.
I loro corpi, dopo l'impiccaggione, furono barbaramente squartati. Nessuna protesta si levò contro la brutale sopraffazione: si lamentò invece l'infiltrazione di autentici banditi in mezzo ai villaci insorti per protestare contro il perpetrarsi delle ingiustizie48.
L'ottica moralistica del clero non riuscì neppure in quella occasione a cogliere nella sua reale dimensione la validità di un gesto non gradito al potere.
Il vescovo Ibanez da parte sua non trascura di mettere in luce la piena convinzione del valore assoluto dei beni spirituali e della assoluta preminenza della potestà religiosa.
Quello di Ibanez fu un episcopato lungo e di grande importanza nella storia religiosa e civile del territorio di Tropea. La sua accanita difesa dei diaconi selvaggi è certamente molto significativa nel contesto delle lotte giurisdizionaliste, così come è significativa la cura che egli ebbe in genere del clero: della sua formazione, ma anche dei suoi privilegi e delle sue immunità. Pertanto il suo intervento nella rivolta del 1722 non è disgiunto da una tacita soddisfazione di vedere fortemente attaccato il potere civile49.
Questo vescovo mostrò di avere fiducia nell'organizzazione ecclesiastica alla quale intese riferire tutte le manifestazioni della vita del popolo, giungendo persino a ignorare il potere laico.
Dal punto di vista della sua funzione di vescovo bisogna riconoscere che Ibanez fu una figura eminente che seppe ripristinare la disciplina tra il clero e stimolare la vita religiosa dei fedeli promuovendone la cultura in connessione con quella del clero e le forme associative, le confraternite, che costituirono lo spazio specifico degli interessi non solo religiosi, ma anche economici e sociali dei fedeli.
L'azione pastorale di Ibanez, intesa a consolidare il potere della istituzione ecclesiastica, non si rivolge solo al clero e alle strutture religiose, ma coinvolge fortemente le strutture produttive del territorio. La mensa vescovile, sotto la sua amministrazione, aumentò il suo patrimonio, ma soprattutto aumentò il reddito, grazie al suo impegno nel migliorare le colture di fondi. Edifici nelle campagne e mulini nei terreni della Mensa furono fatti costruire dall'operoso vescovo50.
Il Candeloro51, riferendosi all'anno 1734, fa notare come la distribuzione della proprietà all'interno del Regno di Napoli era tale da rendere lo Stato in condizioni di assoluta inferiorità ed inefficienza rispetto ai proprietari ecclesiastici e ai privati (baroni). Le entrate ecclesiastiche infatti erano il doppio delle entrate dello Stato, e i beni dei baroni erano ancora di più di quelli degli enti ecclesiastici. Queste le entrate:

CHIESA 6.500.00 ducati (di cui i soli conventi 4.000.00) STATO 2.900.000 FEUDATARI 4.000.000 .

Quantunque il patrimonio ecclesiastico non subisca delle modifiche notevoli nel territorio di Tropea (non cresce o cresce poco), tuttavia la chiesa interviene con censi e con altri iussi sulla stragrande maggioranza del territorio52. La Mensa vescovile possiede una vasta azienda cerealicola nel territorio di Carciadi, detta il Castagneto e un'altra azienda nel territorio di Lampazzone, detta Coltura grande, più le Terre de Pantani nel territorio di Brivadi, gli Orti di Parghelia e moltissime altre terre negli altri casali.
Il vescovo di Tropea godeva di diritti feudali su sei famiglie (un diritto concesso dal Duca Ruggero a Colochirio nel 1066 e a Giustino nel 1094, e per cui l'Università ebbe controversie giurisdizionali prima col vescovo Pappacoda nel 1526 poi con il vescovo Caracciolo nel 1610). Ibanez difese i diritti feudali della chiesa di Tropea e l'imperatore Carlo V, per mezzo del vicerè di Napoli, Daun, riconobbe tali diritti, con decreto del 171653.
Non solo per rivendicare diritti per la Mensa vescovile lottò il vescovo Ibanez, ma per affermare l'autorità, il potere e il prestigio del clero, come si è più avanti detto54. I concorsi per le parrocchie, oltre a significare una eccellenza di manodopera, costituivano anche un mezzo per selezionare i preti più capaci.
Quella di Ibanez fu una politica accentratrice che certamente diede la vita nelle sue varie manifestazioni nella prassi cultuale e paracultuale, mediante l'uso censorio dei sacramenti e le associazioni laicali (le confraternite) che riciclavano in termini sacrali (le indulgenze) l'attività economica dei fedeli.
Ai parroci, luogotenenti del vescovo, spettava il compito di mantenere i legami di autorità con le corte vescovile: pertanto essi esigevano le decime come un diritto sacro che consacrava appunto la loro autorità partecipata, legata alla loro persona, ed esigevano i diritti di stola in virtù del loro ministero e come segno di riconoscimento della superiorità del sacro. In tal modo la potestas sacra della gente di chiesa veniva sancita dal plebiscitario riconoscimento di fatto e non temeva gli attacchi del potere civile che riteneva di avere competenza esclusiva nelle cose materiali.
E' per questo che i parroci, quando riportano i loro diritti ministeriali e le decime dei fedeli non sono minimamente sorvolati dal dubbio che quei diritti possano essere manomessi o comunque modificati e nella loro ottica sacrale esiste solo la minaccia di scomunica che il Sinodo aveva comminato contro chi osasse non pagare o evitare che altri pagasse. Quando il Marchese di Fuscaldo provvederà a riformare le decime non sarà certo per recare un danno alla chiesa, ma perchè la gente era talmente povera che non aveva neppure il necessario per sfamarsi55.

Il Regno

Il clima internazionale determinatosi dopo la guerra di successione (1700-1714) e il mutamento che portò Carlo di Borbone a diventare Re di Napoli favorirono una certa ripresa, ottenuta oltrecchè dall'attività riformista del sovrano, anche da un quadro sociale diverso: l'emigrazione, l'esilio, le condanne a morte avevano estirpato dal territorio ogni fomite di insubordinazione.
La borghesia tropeana, già dal 1703 aveva costituito un sedile - il sedile Africano - a fianco di quello di Portercole, dei nobili. La nobiltà, finora molto numerosi, aveva creato molti poveri; ora il loro numero si riduce a vantaggio della borghesia.
All'opera riformatrice del vescovo Ibanez si affianca, su piano culturale, quella svolta dalla due Accademie letterarie di Tropea: quella degli Affaticati e quella degli Amorosi. Il seminario veniva assunto notevole importanza per gli studi di filosofia e di teologia. Anche nei casali la cultura si diffuse mediante soprattutto i nobili e i borghesi tropeani che vi si recavano per passare l'estate o che vi dimoravano per tutto l'anno. A Ricadi Giuseppe Antonio Ruffa viene istruito da due maestri di scienza e diviene uno degli studiosi più ammirati e venerati: svolgerà la sua opera di ricercatore e il suo insegnamento prima a Tropea (scoprì i felspati di Fitili) e poi a Napoli dove fu grandemente stimato.
L'attività culturale a Tropea fu molto intesa: da questo ambiente proviene pasquale Galluppi, il filosofo tropeano che è anche la personalità più illustre di questa terra.
Gli anni che vanno dal 1634 al 1783, apparentemente calmi, costituiscono invece un periodo carico di tensioni tra lo stato e la chiesa. I cinquant'anni che vi intercorrono sono avari di documenti ecclesiastici: non si celebrano più sinodi (non se ne celebreranno fino al 1887); non si trovano relazioni di parroci (le annotazioni nei libri parrocchiali sono solo piccole tracce); si ha però una maggiore frequenza delle visite pastorali dei vescovi56.
La borghesia va acquistando maggiore spazio e la proprietà fondiaria si frantuma a suo vantaggio, ma anche a vantaggio di popolani, soprattutto artigiani, che acquistano piccole quantità di terra.
La cronaca di Francesco Sergio registra la progressiva decadenza dei casali: l'economia va precisandosi sempre più come una economia di sussistenza. Il Grimaldi fa notare la possibilità per la zona di una agricoltura fiorente, ma nello stesso tempo evidenzia le gravi carenze dei sistemi di coltura.
Perdura la sericultura, ancora vastamente praticata; la pastorizia nei casali di Zaccanopoli e S. Giovanni; la cerealicoltura a Spilinga, Carciadi e Panaia. L'agricoltura intensiva dei casali compresi tra Ricadi e Tropea entra in crisi, così come crolla progressivamente la struttura dell'economia napoletana, la quale non era in grado di affrontare i problemi posti dalla 'rivoluzione commerciale'. Pertanto, quando finisce l'isolamento che nel '700 aveva potuto conservarle un precario equilibrio, l'economia napoletana crolla in modo irrecuperabile57.
Fu hrazie a questo precario equilibrio delle strutture economiche del Regno che la popolazione andò crescendo, pur non avendo un sostegno valido su cui poggiare, e pertanto senza prospettive di inserire i propri prodotti sul mercato internazionale. Anche i tessuti di seta, un tempo rinomati, ora non escono più dal territorio. I numerosi telai del territorio di Tropea ancora esistenti vanno riducendosi sempre più ad usi locali e domestici. Lo stesso avviene per gli altri prodotti della terra: cereali e vino (la cui produzione ora è limitata rispetto al passato, perchè molte vigne sono state disfatte per piantare gelsi).
La vita del clero nelle campagne non è prosperosa: l'esazione in natura è indicativa della scarsa circolazione monetaria degli anni ultimi del viceregno. Il parroco di S. Zaccaria, di Ricadi lascia questa nota riferita al 1720:

Stagli e censi in grano bianco un anno per l'altro tumula 22
che a computo di carlini 8 il tumulo                             importano docati  17.3.0
Vino salme cinque in circa che a carlini 8 la salma            importano docati         4
Olio cannate duodeci in circa che a carlini 4 la cannata      importano docati      4.4
Vino pese sette che a carlini tre e mezzo la pesa           importano docati   2.2.05
Grano d'India tumula tre incirca che a carlini 4 il tumulo    importano docati    1.1.0
Fichi tumula uno a carlini otto                                 importano docati     0.4.0
Ghianda tumula tre a carlini due il tumulo                     importano docati    0.3.0
Tutte le decime e censi tanto exigibili quanto inexigibili,
certi et incerti sono in tutto                                             docati  28.4.10
                                                                             _____________
Quali rendite e frutti e censi e decime computati in                            60.1.15
tutto sono docati sessanta e grana trenta cinque.
PESI                                                                      docati   32.1.10
Onde rimane docati ventotto e grana cinque                                      28.0.5
Ricadi 10 aprile 1720
D. Domenico Campisi parroco di S. Zaccaria.

Dalla precedente nota appare come il clero dei casali (negli altri casali la situazione è per lo più simile e molte volte peggiore) dalle decime traeva il maggiore introito, assieme alle entrate di stola bianca e nera; l'onere di mantenere i ministri del culto cadeva perciò doppiamente sui contadini, ai quali portavano spese non solo l'eventuale possesso di un fazzoletto di terre o la misera abitazione, ma anche la vita stessa e la morte mediante gli atti di religione obbligatori (battesimo, esequie) o relativamente di libera scelta (matrimonio).
Le guerre che nel passato avevano sconvolto la vita anche agli abitanti di Tropea e dei casali (la guerra dei trent'anni, ma particolarmente la guerra di successione spagnola) erano calamità che si aggiungevano alle altre pur frequenti delle pesti, dei terremoti e delle carestie. Il danno patito dai contadini era certamente senza confronti; ma i terremoti, così frequenti, costituivano oltre che un danno imponderabile e imprevedibile, motivo di panico generale: erano la disgrazia in senso assoluto. La loro frequenza e distuttività ne spiega la ragione:

1638 terremoto
1659    >>
1687    >>
1693    >>
1720    >>
1535    >>
1783    >>
1791    >>.

Ma anche le pesti e le carestie erano di casa.
Una serie di circostanze favorevoli a un moderato sviluppo concorse a determinare circa trenta anni di vita tranquilla nelle popolazioni del Regno tra il 1735 (terremoto) e il 1764 (carestia).
Vi concorsero particolarmente l'azione di ferdinando IV, principe illuminato, e del suo ministro, il tanucci, rivolta a ottenere la felicità dei sudditi, e riconquistando in tal modo la fiducia nello stato che ora andava rivendicando con sempre maggior energia la propria autonomia e la propria autorità. Vi concorse pure il pontificato di Benedetto XIV (1740-1758), eminente canonista, il più erudito di tutti i papi, che certamente fu utile a promuovere uno spirito di intesa o quanto meno di non belligeranza col Regno. Questo papa, che promosse con grande ardore gli studi scientifici, e fu in relazione con i dotti più insigni del suo tempo, seppe tener conto delle mutate condizioni dei tempi e godette di unanime considerazione. Tra i tanti concordati conclusi con gli stati nel 1741, ne concluse uno col Regno di Napoli e Sicilia con cui si facevano delle concessioni piuttosto larghe. Sotto il suo successore, Clemente XII (1758-1769) il declino del prestigio politico e dell'autorità religiosa della curia raggiunsero livelli molto bassi. Il fenomeno si sviluppa per tutto il secolo con le punte più alte segnate dalle vicende connesse alla soppressione della Compagnia di Gesù e dal periodo napoleonico. I Gesuiti furono espulsi dal Regno di Napoli dal Tanucci nel 1767. Anche a Tropea la comunità composta da 4 padri, 1 maestro e 3 fratelli coadiutori una notte del novembre 1767 ricevette l'intimazione a partire dal governatore della città, abbandonando il collegio che era stato aperto nel 1597. Fu questo un atto carico di conseguenze per la vita religiosa. è deplorevole che restassero pressocchè illesi ordini religiosi e conventi traboccanti di immoralità e invece si permise che un ordine che dava alla chiesa grande prestigio morale e politico, e anche economico, subisse una tal drammatica vicenda.
Questo episodio si sovrappose con presagi funesti alla carestia che colpì il territorio nel 1764. Essa è l'ultima che si ricordi e detrminò l'inizio di un periodo caratterizzato da enorme miseria in tutto il Regno (il 90% della popolazione alla fine del secolo risultava miserabile)58.

Il terremoto del 1783

Ciò che detrminò il crollo delle deboli speranze che si erano venute alimentando dall'inizio del Regno fu il disastroso terremoto del 1783, le cui spaventose dimensioni è possibile cogliere nelle pagine di diario che ci ha lasciato il card. Despuig59.
La narrazione del crd. Despuig è quella di un testimone oculare: i toni drammatici della relazione vogliono essere attutiti dal sentimento religioso che perdura molto forte tra le povere popolazioni pur tra le numerose calamità, gli scandali e le ingiustizie. Ma si tratta di una religiosità fatalista, rassegnata, priva di solide basi: la paura e la disperazione generano un senso di colpa che si vuol superare con gli atti di religione (la confessione e la comunione) come in un rituale pagano. Non manca certo la solidarietà con i più disgraziati, ma anche questa è vista più secondo un'ottica negativa, quella della colpa (peccato) da espiare, anzicchè secondo le reali capacità di ripresa e secondo le prospettive di soluzione. Ma non era possibile un'ottica diversa, perchè la società non dava spazio ad altre possibilità al di fuori dell'evasione religiosa. In tal modo si precludeva ogni sbocco efficace a tutte le istanze riformiste che il secolo dei lumi aveva avanzato anche nello stato napolitano. Mentre a certi livelli si andava assottigliando il dominio dell'irrazionale a vantaggio di un protagonismo sempre più consapevole sia nel mondo del lavoro che nel mondo della politica, il popolo, nella quasi totalità. rimaneva profondamente ignorante e distante dalle grandi modificazioni che contrassegnarono l'assetto politico e sociale dell'Europa nella età moderna: la rivoluzione borghese, l'impero napoleonico, il nostro risorgimento non ebbero il popolo come protagonista, e neppure la rivoluzione industriale, fino a quando l'educazione a una coscienza di classe non farà nascere la possibilità di un cambiamento radicale in cui il ruolo egemone è assunto dalla classe operaia protagonista della nuova società.

La rivolta del '99

Significativa dal punto di vista della partecipazione popolare al cambiamento delle strutture della società è la rivolta che i casali operarono contro Tropea nel 1799. La guerra sanfedista recepì certo le istanze dei contadini, ma le canalizzò secondo delle prospettive reazionarie e non giovò a mutare la loro condizione, ma creò una involuzione nei termini del problema della terra e nei rapporti di produzione.
I contadini di Ricadi e degli altri casali che assediano Tropea accusando la nobiltà di vessazioni tributarie e di costringimento allo stato di miseria in quella fine di secolo avevavo ricevuto una eco dei rivolgimenti francesi e di quelli napoletani60.
L'ultimo scorcio del secolo XVIII registra in tutti i casali una enorme miseria, un abbritimento del tenore di vita, il ricorso facile alle armi per regolare i dissidi tra privati e nei riguardi delle strutture (omicidi, bantitismo), disordine politico e amministrativo, assenza anche della istituzione ecclesiastica che ha perduto prestigio e non ha la forza di coesione che aveva dimostrato fino alla prima metà del secolo.
I fedeli non possono pagare le decime: la riduzione fatta dal Marchese di Fuscaldo non risolve certo il problema della miseria. Il reddito non corrisponde ai livelli minimi di sussistenza, come può desumersi dallo stato delle anime redatto dal parroco di drapia, Francesco mazzitelli, nel 1803. La popolazione del casale viene censita dal punto di vista dell'attività in questo modo:

Abitanti.      maschi    366
                femmine  359

TOTALE                  725

Tessitrici e filatrici             286
Mulattieri                         50
Zappatori                         35
Negozianti                         5
Massari di buoi                   40
Limosinanti                         4
Lignari                            40
Mulinari                           14
Scarpari                           4
Studenti                           6
Muratori                          15
Sarti                               8
Manipoli                           25
Garzoni                           10
Vignari                             9
Altri (non specificati)          174
                              _______
TOTALE                        725

L'alto numero delle filatrici e tessitrici è dovuto al fatto che anche le ragazze vengono tutte censite come filatrici, così come i ragazzi nella maggior parte vengono censiti come lignari.
Ma quello che evidenzia lo stato economico della popolazione di Drapia è l'annotazione marginale del parroco. per 27 persone, e molte sono capifamiglie, si dice esplicitamente che vivono miseramente; 146 vivono di fatica, 11 di giornata; 12 vivono con un reddito compreso tra 8 e 30 ducati, 1, il parroco ha 100 ducati di reddito e dice che la sua vita è molto parca, 2 vivono d'industria e 1 di furti.
Questa situazione è generale nel territorio di Tropea alla fine del secolo XVIII, e avvalora le descrizioni dei viaggiatori stranieri che mettono in risalto l'estrema miseria delle popolazioni calabresi e lo stato primitivo in cui esse vivono.
Della situazione di povertà in cui versano i casali sono testimonianza anche le visite pastorali nelle quali si riporta la povertà dei luoghi di culto, l'impossibilità per i fratelli e le sorelle delle confraternite di pagare le quote associative, l'impossibilità per i fedeli di pagare le decime, i tentativi della cassa sacra e il fallimento della stessa, la distribuzione di beneficenza registrata dai vescovi di Tropea in questo perido.
I vescovi di Tropea che successero a Francesco Lorenzo Ibanez61 si distinsero per la loro condotta conciliante verso le autorità civili e per un accordo con la nobiltà dovuta anche alle loro personali ascendenze dinastiche. Gennaro Guglielmini (1731-1750) si distinse per aver migliorato la proprietà della Mensa vescovile e per la prodigalità verso i poveri; Felice Paù (1751-1784) chiamò Andrea Serrao come rettore del seminario e difese la giurisdizione ecclesiastica contro la città di Tropea: preferiva la conversazione dei nobili e dei letterati e il fasto delle cerimonie; Giovan Vincenzo Monteforte 81786-1798) accolse i padri Redentoristi che arrivarono a Tropea il 4/4/1790 e vi aprirono un collegio, e visse molto legato ai nobili con i quali si intratteneva spesso anche in laute cene. Il suo successore, gerardo Gregorio Mele (1798-1817) fu l'ultimo vescovo della sola diocesi di Tropea: col concordato del 1818 venivano unite aeque principaliter le sedi vescovili di Nicotera e Tropea nella persona dell'unico vescovo Giovanni Tomasuolo.
L'episcopato del Mele fu molto difficile ed egli evitò ogni tipo di azione a vantaggio delle popolazioni. Si mostrò legato al potere civile del Re, e perciò durante il decennio risulta assente o presente solo nella zona di Amantea (diocesi inferiore), e si rivolge al potere civile al quale chiede aiuto contro il clero disobbediente62.
La devozione verso la nobiltà era praticata anche dal clero dei casali, come appare da questo atto di morte che è il panegirico di un nobile morto a Lampazzone:

Anno Domini Millesimo setingesimo nonagesimo quarto die vero decima sexta mensia novembris - Lampazone - Ill.mus Excellentissimus D.nus D. Oratius Giffone, Dominae D. Catharinae Bravo legitimus vir, bonitatis eximiae decoratus, aetatis suae an. fere sexaginta sex circiter, animam cum omnibus S.ae Ecclesiae munitam sacramentis suo Creatori placide restituit. Cuius cadaver in hac Archipresbiterali Ecclesia oppidi Lampazone sub titulo Sancti Michaelis Arcangeli in sepulchro proprio, in comitatu suorum antecessorum, more catholico, et cultu plurimorum Deo sacrificiorum offerentium, humatum est.

Il vescovo Pau ricorda nelle sue relazioni ad limina le molte elemosine che ha distribuito nelle visite pastorali 'in quei luoghi assai poveri', dove la gente è assai rozza, non incline alla pietà, facile alla vendetta; il giudizio sulla moralità dei nobili è di ben altro tono: nella relazione del 1766 dice che nella città (Tropea) vi è molta corruzione; denuncia l'uso illecito del matrimonio e il concubinaggio come mali molto diffusi; lamenta anche la sfrenata libertà dei regolari e gli abusi delle oblate che ad essi sono legate.
Il vescovo Mele accusa molto duramente l'immoralità di tutti i ceti sociali.
ma gli interessi economici spingevano la chiesa ad appoggiarsi ai padroni che davano maggiore affidamento. In questo quadro si inserisce la memoria lasciata dal parroco Melidoni, della parrocchia di S. Pietro di Ricadi, al ritorno della sua latitanza, nel libro dei battezzati del 1816:

Anno D.ni Mill.o octong. o sexto, mense 7bris dicti anni, propter bellum magnum Gallorum contra universum mundum, ego in carceribus per menses duos positus fui a Gubernatione Gallorum. Deinde post menses duos Angli, et calabri pugnam dederunt contra Gallos in ripa maris et fluminis Sanctae Eufemiae in Calabria ulteriori, (proelium in S.a Eufemia fuit die 4 m.s iulii supra dicti anni), et quia Angli, et Calabri convaluerunt contra Gallos, Britanni in Civitatem Tropea venerunt, et me, qui in poena capitis et fucilationis damnatum eram (sic) e carceribus liberaverunt; et ego, cum magna laetitia cordis mei, ad curam animarum huius Ecclesiae Sancti petri Apostoli statim redii: at post mensum unum audivi, quod iterum Galli in Calabria, accensi ira, redeunt, statim ego timore magno valde captus, illico tempore nocturno, in Siciliam transii, et annos quinque in civitate Missanae commoravi, deinde in civitatem Panormi transivi, ete ibi annis quatuor moram feci, Denique fugatis Gallis a Calabria, et Regno Neapolis, post novem annos, Rex Ferdinandus denuo ad solium Neapolis ascendit, ideoque ego hodie vigesima quinta mensis Augusti, anni Mill.i octong.i decimi quinti (1815) gratia Dei et beneficio D.ae M.ae V.s de Romania a Sicilia ad hanc meam Parochiam redii, et iterum curam animarum exercere incipio, adiuvante D.no No. J. Ch.o, qui cum P.re et Sp. S. vivit, et regnat, per omnia saecula saeculorum. Amen.

Mentre il potere riannoda i vincoli dell'autoritarismo e sta per concludersi il concordato del 1818 la chiesa tropeana tocca forse il livello più basso della sua evoluzione: disorganizzazione amministrativa a causa di un vescovo compromesso col potere civile; assoluta mancanza di incidenza dell'opera del vescovo nei riguardi del clero e del popolo; abbrutimento dei costumi in tutte le categorie sociali. La morte del vescovo di Tropea nel 1817 coincide con quella del vescovo di Nicotera: le due diocesi vengono riunite aeque principaliter e in tal modo si aggiungono ai mali morali e sociali le lotte campalinistiche tra le due città.
I vescovi che verranno, se vorranno essere dei pastori, dovranno dedicare le loro energie a un'opera pastorale intensa e animata da spirito di abnegazione rivolta a cercare su quali basi incontrare un popolo cui le secolari umiliazioni, le sopraffazioni, la miseria hanno tolto persino i residui di una umanità degradata.
Quest'opera difficile in un tempo carico di difficoltà e afflitto da problemi che riguardano l'assetto fondamentale della società porta già forse il segno di una assenza storica che si rivelerà perniciosa fino ai nostri giorni.

NOTE

1  Archivio di Stato di Napoli, Sommaria, Numerazione dei fuochi, f.; 174, 175, 122, 123.
Le fonti archivistiche successive verranno citate con le seguenti abbreviazioni:
A.S.N.: Archivio di Stato di Napoli;
A.V.: Archivio Vaticano;
A.V.T.. Archivio Vescovile di Tropea;
A.T.F.: Archivio Toraldo di Francia, Tropea (archivio privato).
Gli archivi parrocchiali a volte anche lacunosi per il cattivo stato di conservazione e nella gran parte non anteriori alla seconda metà del settecento.
2  Cfr. N. SCRUGLI, Notizie archeologiche e storiche di Portercole e Tropea, Napoli, 1891.
3  La floridezza del casale è attestata con parole esaltanti da F. SERGIO, Cronologica collectanea de civitate Tropeae eusque territorio (manoscritto del 1720).
4  Il parroco della parrocchia di S. Zaccaria di Ricadi, D. Leonardo Montanaro, nello stato d'anime redatto nell'anno 1699 annota con particolare diligenza la situazione logistica delle famiglie della sua parrocchia e il possesso o meno della casa che abitano.
Il documento è conservato in A.V.T., Visita pastorale e parrocchie suburbane di Tropea.
Sul possesso della terra da parte dei ricadesi riferisce il già citato Sergio.
5  A.T.F., Monte dei Pegni, copie documenti fondazione, testamento del Magnifico Scipione Galluppi, scritto dal notaio Francesco Scrugli il primo marzo 1585, fasc. n. 21.
6  A.V., Relazione ad limina del vescovo Tommaso Calvo (anno 1600).
7  A.T.F. Il documento è riportato nel testo.
8  Si può notare nella citata tabella riportata nel testo come tra i debitori del Monte di Pietà figuri Leonardo Montanaro, parroco di Spilinga, in data 7/10/1680 ottiene un prestito di 30 ducati al 6% di interesse e che estingue in data 30/10/1682; lo stesso parroco, in una platea dei beni parrocchiali dell'anno 1689, annota per ben sei diversi apprezzamenti di terreno della parrocchia i confini con <<terra mia propria>>. E' da notare che i Montanaro provenivano dal casale di Drapia, da famiglia di modesti artigiani (calzolai), ma che contavano una lunga serie di preti (parroci a Ricadi e a Spilinga); Leonardo Montanaro è inoltre l'unico parroco dei casali che figura tra gli officiali del Sinodo Ibanez del 1702; dalle note dei suoi libri (in A.V.T.) rivela una vasta cultura teologica e umanistica.
9  A.S.N., Sommaria, Dispacci, vol. 5, f.80 r-v.
10 Cfr. tabella relativa all'anno 1641 riportata nel testo.
11 Valga come esempio la situazione del casale di Carciadi: il parroco D. Leonardo Gaetano, nella relazione sullo stato della parrocchia (conservata in A.V.T.) in data 8 settembre 1672, dichiara che nella sua parrocchia ci sono i seguenti chierici:
Leonardo Gaetano - Rettore
Paulo Calello - semplice sacerdote
Andrea Di Luca - chierico celibe
Questi chierici seu diaconi selvaggi:
Luciano Seva - selvaggio di detta parrocchia
Lorenzo Barbalari - per secondo diacono della medesma
Salvatore di Vita - selvaggio della terra della Mensa
Domenico Vizzuni - selvaggio di essa Mensa
Jacopo e Matteo Pontoriero - selvaggi
Analogamente dichiara il parroco di S. Pietro in Ricadi nello stesso anno 1672: <<...in detta chiesa parrocchiale vi sono due sacerdoti semplici vd. D. Francesco Vallone, e D. Antonio Lazzaro, e il Ch.co selvaggio Domenico Scrugli...>>, oltre allo stesso parroco D. Pietro Vallone.
Il parroco della parrocchia di S. Zaccaria, pure in Ricadi, dichiara ancora nel 1672: <<In detta chiesa parte vi sono li infrascritti Ch.i videlicet li Ch.i Francesco e Giuseppe Montanaro, Ch.co Alessandro di Reggio e Diacono Selvaggio di detta chiesa è oggi Francesco Borello>>, il rettore è D. Gio. Ant. Montanaro.
E' da tener presente che la popolazione di ciascun casale è di circa 400 anime nello stesso periodo.
La documentazione riferita si trova in A.V.T., Visita pastorale... cit.
12 le due parrocchie di Ricadi vengono menzionate in tutti gli atti vescovili da noi esaminati (visite ad limina, Visite pastorali, Sinodi diocesani). nell'ambito delle due parrocchie vi sono, oltre alle due chiese parrocchiali, altre tre chiese filiali: S. Maria della Misericordia, S. Sebastiano, S. Maria del Monte Carmelo, di questi edifici di culto non si farà più menzione nei documenti posteriori al terremoto del 1783, mentre viene ricordata, sia prima che dopo un'altra chiesa nel territorio del casale: S. Maria dello Reto, detta pure di Galilea, posta sulla riva del mare, la cui cura è affidata al Capitolo della Cattedrale di Tropea.
La relazione del parroco D. Gio. Ant. Montanaro 'redatta l'anno 1688 per ordine di Mons. Sig. Nostro Ill.mo e Rev.mo fra Luigi De Morales vescovo di Tropea' testimonia sulla divisione personale delle due parrocchie: <<Detta parrocchia circa la cura dellle Anime non tiene confini separati con la parrocchia di S. Pietro di detto casale, essendo detta cura di anime divisa tra dette parrocchie per via di famiglie>>.
13 A.V.T., Relazione del parroco Carlo D'Aversia, parroco di S. Pietro in data 3 marzo 1777: <<Nella medesima arcipretale chiesa vi è la cappella sotto il titolo della Beatissima Vergine della Romania, nella quale vi è una congregazione di Villani senza insegne e viene govarnata dal Procuratore Giacomo Melidoni, eletto dalli fratelli Villani di detta Congregazione>>.
14 A.V.T., Acta Visitationis pastoralis: nella visita del vescovo Ibanez del 1725 è annotato: <<Fuit mandatum is Parochis sub poenis arbitrio Ill.mi et Rev.mi D.ni infligendis quatenus per sex menses continuos videlicet a mense maji per totum mensem octobris celebrare habeant missam matutinalem alternatim videlicet unus die festivi vel dominica alter in altero. Parochus qui dicere debet missam pro commoditate populi>>. ;olti altri interventi del vescovo sono documentati dai decreti custoditi nell'archivio parrocchiale di S. Zaccaria.
15 Cfr. le dichiarazioni dei parroci sulla pubblica moralità, riportate più avanti nel testo.
16 Cfr. in Appendice le regole della Confraternita del casale di Carciadi.
17 Cfr. la tabella sulla quantità del clero, nel testo.
18 A.V.T.: sono molti i documenti che riguardano la diminuizione o la risoluzione degli oneri di messe, per l'insufficienza o la carenza delle rendite.
19 Cfr. tabella sulla quantità del clero, nel testo.
20 I dati sono ricavati dalle platee delle due parrocchie, tuttavia i riferimenti patrimoniali per tutti gli enti ecclesiastici della diocesi di Tropea sono rilevati dalla platea compilata da D. Gio. B.sta Petrinelli nel 1787, custodia in A.V.T.
21 Ciò è possibile riscontrarlo sia nelle numerazioni dei fuochi citate, sia nelle platee delle varie parrocchie ed enti ecclesiastici i cui beni spesso sono descritti come confinanti con quelli dell'ospedale, dei conventi o monasteri o di ecclesiastici tropeani.
22 Le note dei libri dei parroci di questo periodo sono oggetto di una nostra ricerca sulla cultura del clero tropeano che sarà prossimamente pubblicata.
23 Cfr. le relazioni dei parroci sulla moralità riportate sul testo.
24 Queste citazioni sono desunte dai libri parrocchiali di Tropea.
Il fenomeno degli illegittimi, come quello della schiavitù, appaiono così vastamente diffusi da lasciar credere a una prassi normale.
25 A.V.T.: Le relazioni dei parroci sono comprese nel fascicolo Visita Pastorale e parrocchie suburbane di Tropea.
26 Pochi anni prima, nel 1687, il vescovo Figueroa aveva celebrato un sinodo.
27 Synodus Tropeiensis ab illustissimo et reverendissimo Domino F. laurentio Ibanez de Atys et Arilla natione hispano, Ordinis Eremitarum Sancti Augustini, Lectore iubilato, atque S. T. Doctore, et in Universitate Oscensi, Sacrae Paginae Interprete, et in Metropolitana Caesaaugustae Diocesi, Examinatore Synodali, Dei, et Apostolicae Sedis gratis Tropeano Episcopo, Regioque Consiliario.
Ubi plures Praedecessorum suorum constitutiones, iam promulgatae, declarationibus confirmantur, novaque non pauca decreta, atque addita valde utilia, paesenti Ecclesiae statui congruentia superaddita sunt: in Cathedrali Tropeae celebrate, Die 13 Marti J.D.ni anno 1702.
MESS. Typis Cam. Vincentij de Amico 1702.
28 Ibidem, Promulgazione del Sinodo.
29 Ibidem.
30 Ibidem, Pars prima, Institutio secunda, 2.3.4.
31 Ibidem, Institutio quaranta, 11.14.
32 Ibidem, Institutio quinta, 10.
33 Ibidem, Institutio quinta, 12; Institutio sexta, 1.4.
34 Ibidem, Institutio octava, 6.
35 Ibidem, Institutio octava, 9.
36 Ibidem, Institutio quinta, 6.
37 Ibidem, Institutio nona, 7.8.
38 Ibidem, Institutio nona, 12.
39 Ibidem, Institutio decima, Casus Episcopo reservati, quibus non est annexa excommunicatio, 6. Viene invece comminata (Bulla caena Domini), in usurpantes iurisdictiones, fructus, redditus, et proventus ecclesiasticos, sine livcentia Papae: Excommunicationes in Bulla Caenae Domini, 17.
40 Ibidem, Institutio decima quarta, 3.
41 Ibidem, Institutio decima quinta, 5.
42 Ibidem, pars secunda, Unstitutio prima, 2.4.6.9.12.
43 Ibidem, 5.
44 Ibidem, 17.
45 Ibidem, Institutio secunda, 1.3.
46 Ibidem, Institutio decima secunda, 10, Pars tertia, Istitutio decima quinta, 13.14.15.
47 V. CAPIALBI, Memorie per servire alla storia della santa chiesa tropeana, Napoli, 1852.
48 Una lunga e minuziosa narrazione dell'episodio da un'ottica paternalistica e nobiliare è riportata da N. SCRUGLI, op. cit.
49 Per i diaconi selvaggi cfr. Sinodo Ibanez, Pars Tertia, Institutio tertia, 1.2.3.4.
50 Per quanto riguarda la consistenza patrimoniale della Mensa vescovile di Tropea si veda A. PLACANICA, Il patrimonio ecclesiastico calabrese nell'età moderna, Frama S., Chiaravalle, 1972.
51 G. CANDELORO, Storia dell'Italia moderna, Milano, Feltrinelli, 1956.
52 Per quanto riguarda più specificamente gli aspetti economici del territorio nel periodo che stiamo trattando si veda la comunicazione di PASQUALE D'AGOSTINO al VI Congresso storico calabrese riportata in questa stessa miscellanea.
53 Cfr. Sinodo Ibanez, Pars Tertia, Insitutio decima prima.
54 Ibidem, Pars tertia, istitutio septima.
55 Una attestazione, che risulta anche drammatica, sulla povertà, ci è data già dal Sinodo Ibanez, Pars Tertia, Istitutio decima quinta, 3.
Per la riforma delle decime fatta dal Marchese di Fuscaldo si veda la rispettiva documentazione in Appendice.
56 Cfr. in Appendice l'elenco delle visite pastorali nel 1700.
57 Cfr. A. LEPRE, La rivoluzione napoletana del 1820-1821, Editori Riuniti, Roma, 1967.
58 Cfr. La Relazione di P. Villani al VI congresso storico calabrese contenuta in questa miscellanea.
59 Antonio Despuig y Dameto, nato a Palma di Maiorca il 30 marzo 1745, morì a Lucca il 2 maggio 1813. Ci ha lasciato una delle migliori relazioni sul terremoto del 1783 in 15 pagine manoscritte, opera di qualche suo copista, dal titolo Varias observaciones hechas en el terremoto acaecido en la Calabria ulteriore, ano de 1783, che viene riportata in Appensice per la parte che ci riguarda.
60 Cfr. G. CINGARI, Giacobini e sanfedisti in Calabria, Messina - Firenze, 1957.
61 Cfr. in Appendice l'elenco dei vescovi di Tropea nel 1700.
62 A.V. Visita ad limina dell'anno 1808.
Una lettera circolare del vescovo Mele in data 23 giugno 1813 con la quale annuncia la visita <<A molto Rev.i Arcip.ti, Parrochi, Economi Curati della Diocesi Inf.re>> dimostra quanto fossero allentati i vincoli della disciplina ecclesiastica che si cerca di ripristinare inutilmente con le minacce. Il vescovo, dopo aver detto che è <<questo (la visita pastorale) l'unico mezzo che può metterci a giorno della condotta, e disciplina del nostro diletto clero>>, precisa: <<Noi nell'esecuzione di questo sagro dovere ci vestiamo del carattere di Padre; ove troveremo casa da riprendere, useremo le paterne ammonizioni, ma dove troveremo riluttanza, e poca disposizione a camminare per lo retto sentiero, ci avvaleremo dei mezzi, che la Legge ci accorda, e la Polizia di questo Regno ci prescrive, anzi se il bisogno lo richiese non mancheremo farne rapporto a S.E. il Gran Giudice Ministro della Giustizia, del Culto per le analoghe disposizioni>>.
 


L'Appendice sarà pubblicata
nelle prossime tornate