TEOFILO GALLUPPI

 

di Candido Zerbi (1876) e Luigi Franco (1953)
 






VESCOVO DI OPPIDO (di Candido Zerbi)

Nella cronaca della Sede Oppidese è molto brillante il nome di questo esimio prelato, dei cui natali va superba la città di Tropea. La sua vetusta e nobilissima stirpe, che fu conta con la persona di Nicolò Galluppi, nel secolo decimoterzo, dette con serie non interrotta, sino al decimosesto, una illustre discendenza di personaggi, per virtudi, per lettere, e per valore, nella togata e nella sagata milizia eccellenti; sì nel Regno Napoletano, ove trassero origine, sì nelle Gallie, ove trasmigrarono nell'epoca di Giovanna prima, o come altri dice, di Carlo VIII, e nelle quali si ebbero molto grido, col nome di Galaup De Chasteuil1. In sul correre degli anni ripatriando, trapiantossi cotesto casato, come a dimora stabile, nella città di Tropea, e venne ivi da esso (come accurati cronisti avverano)2, con tutto lo splendido corredo dei prischi diplomi, e con l'altro più sostantivo delle sue personali prerogative, il nostro Teofilo.
Il quale nacque di un Giovanni, ebbe a fratelli un Antonio e un Tantilio, egregi gentiluomini, e crebbe nel chiericato, cui per tempo si addisse, di classici e profondi studi teologici nodrito, per severe discipline e puro costume distinto. Dal pontefice Pio IV ebbe conferiti gli ordini episcopali, e fu designato alla Chiesa di Oppido, a dì 9 marzo dell'anno 1561. Ma dopo alquanti giorni della ricevuta consagrazione, e prima che potesse il Galluppi rivolgere gl'intendimenti al governo della sua Sede, gli fu forza, per espresso pontificio mandato, rendersi al Concilio di Trento, a quel tempo con molto fervore riconvocato.
Questo universale Congresso, fin dal giorno 22 maggio dell'anno 1542, intimato da papa Paolo III3, e poi aperto non prima del 1545, subiva, nel suo lungo decorso, proroghe ed emigrazioni, per calamità pubbliche di pestilenze e di guerre, e per private tribolazioni di sette eretiche e protestantiche, contro di esso pertinacemente avvelenite. Procedette, come è noto per le storie, con molta ressa di dispute, e fu luminoso sotto i pontefici Giulio III e Pio IV, non avendone sposato alcun deciso impegno gli intermedi Marcello II e Paolo IV; il primo per brevissima vita pontificale, e il secondo per desidia di sostanziale interesse cattolico, sollecito molto, qual'egli era, delle cose temporali, non sempre con mitezza e giustizia di governo condotte4. Fu, ciò non per tanto, cotesto sacro consesso di utile immensurabile alla Chiesa cattolica; e per intervento di oracoli ortodossi, e per importanza di decreti dogmatici e disciplinari, e per larga esposizione di pure dottrine, razionalmente, confutatrici delle nordiche eresie, superante tutti gli altri che il precedettero. Vi resero partito vescovi e teologi di tutte le nazioni cattoliche, e i più degni di riverenza per pietà e sapere; conciossiachè stimossi merito incomparabile, per i padri tutti, il solo favore dell'ammissione. E se fra tanto senno videsi sedere il Galluppi, ne fu bene attribuita a suoi pregi personali la lode, e alla chiesa cui appartenne l'onor sommo, degno di ricordo nelle venture generazioni: lode ed onore tanto più saglienti, per quanto più sensibile fu l'impegno dell'illustre prelato nelle polemiche conciliari, e in quelle specialmente che prendevano ad assunto la riforma disciplinare; nelle quali ebbesi egli più volte la gradevole soddisfazione di veder bene accolti, dal venerando consesso, i suoi giudiziosi pareri5. E quando nel dì 4 dicembre dell'anno 1563 fu posto il segno a questo mondiale Concilio, sottoscrisse il Teofilo i canoni in esso formati, nella serie di quei legati, padri, oratori e teologi, che furono, nei lavori delle alterne e lunghe sessioni, più diligenti ed assidui, nonostante che avesse egli soltanto partecipato a quelle dell'ultima ragunazione.
Ricco di queste glorie, e prevenuto dalla giusta fama di sue virtù, trasse finalmente il Vescovo Oppidese, verso gli ultimi giorni del sopradetto anno, alla sua diocesi, ove, dopo lungo e premuroso aspettare, venne con trionfale ingresso, e fra le popolari ovazioni ricevuto. Confortaronsi del suo arrivo tutti i ceti, e quello dei poveri a preferenza; chè molto erasi saputo del suo benefico animo; ed ai poveri infatti, come prima giunto, a preferenza attese, inaugurando con elemosine e larghezze il suo apostolico governo. Il quale fu mite ed efficace ad un tempo: poichè furono molti errori corretti, molti costumi riformati, e negli ordini preteschi tolto qualche abuso, a vecchie abitudini locali, troppo fermamente intrinsecato. Ed allora che l'arcivescovo Gaspare del Fosso, Metropolitano di Reggio, reduce ancor egli dai Comizi Tridentini, pose mente alla ristaurazione della ecclesiastica disciplina, e con tale proposito credette utile bandire, nel 1565, un Sinodo provinciale, vi divenne pria di ogni altro suffraganeo il Prelato Oppidese, e recovvi i suoi lumi e le sue sollecitudini per la miglior riforma del clero, e della pubblica morale6. Riscosse quindi grande riverenza contemporanea e postuma, che dagli scrittori di cose calabre, con piena e sicura ragione, gli ha meritato l'egregio nome di uomo dottissimo7, siccome ancor giovane avea nel Collegio romano ricevuto quello di personaggio magnifico e nobile8. Non fu però molto annosa la splendida carriera del Galluppi, chè giunse egli del suo mortal viaggio a riva, nel 10 marzo dell'anno 1567, sesto appena di sua vita episcopale. Tempo assai corto, a merito assai grande prescritto. Fu interrata la salma di lui nel duomo Oppidese. Non una lapide, non un titolo breve sopra quell'onorando sepolcro: nuovo argomento di biasimo alla mondana vanità, spesso accurata a chiarificare con la material pompa dei mausolei, o l'avara ricchezza, o la nobiltà ignorante e codarda, quando le ombre di un reale occaso spensero già sin l'ultima luce di un meriggio artificiale ed equivoco.
Nell'antica cattedrale della città di Tropea videsi, per lunga tratta di tempo, esistente una cappella gentilizia, che, fatta costruire dal fratello del vescovo, a nome Antonello, e decorata degli antichi stemmi di casa Galluppi, accennava col seguente epitaffio alla sua destinazione:

Ex antiquissima et nobilissima Galupporum
Familia Antonellus Terrae Cirellae
Joppuli et Cuccurini Dominus
sibi morituro
Ac Joanni Baptistae, et Massimiliano
Utriusque Juris doctori, et Caesari ac
Alexandro, et Deliae filiis in florente
Aetate non sine maximo cunctorum
Civium moerore diem functis
Infelix Pater, ad eorum futuram
Memoriam fieri mandavit
Seplcrum hoc, ornamentum Patriae,
Et amicorum tutela
sub anno 1599.

Fra i nomi di famiglia non leggesi quello del Teofilo. Ciò ne fa sempre più certi di essere stato egli seppellito altrove; da che zotica troppo sarebbe stata l'incuria del superstite fratello, di tacerne il glorioso nome nel luogo medesimo, che dato avesse ricetto ai suoi mortali avanzi.
Fu Teofilo Galluppi uomo di senno, e di acuto sapere teologico. Dissero di lui, consideratamente, Angelo Zavarrone9. il cardinal Sforza Pallavicino10, e l'Ughelli11, tutti scrittori autorevoli. Le sue insegne gentilizie fan prova della chiarezza dei suoi natali. Portano il campo azzurro col cavalletto di oro altrimenti detto scaglione, o ponte a pali, aperto a compasso, che gli armisti italiani dicono lo sprone del cavaliere, e i francesi, il geroglifico della costanza e del valore. Le tre stelle, in postura angolare, accertano l'illustre vetustà del casato; e la corona sovrastante è simbolo della sua signoria di terre e castella. Nobiltà di sangue, che a nobiltà d'ingegno congiunta, fa merito pieno e perfetto al Prelato Oppidese. Era in quel tempo salito sulla cattedra degli Apostoli uno dei pontefici più notevoli, per gelosia di fede e di autorità, col nome di Pio V; vicerè in Napoli il duca d'Alcalà.
 

CONCILIO DI TRENTO (di Luigi Franco)

Teofilo Galluppi nacque a Tropea nel 1511 da Giovannello figlio di Teofilo e Margherita Abate. Il Pontefice Pio IV lo elesse Vescovo di Oppido (Reggio Calabria). L'UGHELLI, Italia Sacra, Romae MDCLXII, Tomus IX, c. 584, 26, dice: <<Theophilus Gallopus (sic) Tropeiensis creatus Die 10, Martij 1561, obiit 1567>>.
Da <<Concilium Tridentinum, Diariorum... Nova Collectio. Societas Goerresiana.. Tomus VIII. Collegit... S. Ehses, Friburgi-Brisgoviae, Herder, MCMXIX, p. 1008. Index nominum et rerum>>, si ricava che il Galluppi fu presente al Concilio di Trento dal 14-VII-1562 (ma vi è un errore per il mese); che aveva al suo seguito tre persone (bocche) ed un cavallo, come il tropeano Marco Lauro Vescovo di Campagna e Satriano: seguito scarso, se si paragona a quello del Vescovo di Tropea, Pompeo Piccolomini d'Aragona, che aveva con sè tredici persone e due cavalli, e a quello del Vecsovo di Mileto, Quinctius De Rusticis, che ne aveva quindici e quattro cavalli!
Dallo stesso volume VIII, p. 452.6 e p. 464.23, risulta che il Galluppi intervenne alle congregazioni generali tenute dal 7 al 20 Aprile 1562, nelle quali fu trattato dei primi quattro articoli, dei dodici proposti l'11 Marzo dai Legati; specialmente si accese disputa sul primo, cioè sulla residenza dei Vescovi ed altri curati, se fosse de jure divino. Il 16 il Galluppi dichiara: <<non videtur declarandum, residentiam esse de jure diivino>>; ed il 20, alla votazione, rispose: <<Non placet>>; fu, cioè, dei trentatre prelati che diedero voto negativo. Intervenne, quindi, alla congregazione del 24 Aprile, nella quale di discusse sugli altri articoli; a quelle del 3 Giugno e del Luglio, assai importanti, <<de usu sacramenti Eucharistiae>>; dell'Agosto, <<de sacrificio missae>>, e del Settembre, <<de concessione calicis>>, <<super reformatione et abusibus circa missam>>. Nella congregatione generale del 9 Gennaio 1563, il Galluppi ribadì quello che aveva già affermato sulla residenza. Vol. IX, 1924. p. 345: <<Oppidensis non censet declarandum, residentiam esse de jure divino, quia... hac declaratione destrueretur totum jus canonicum, cum in eo... residentiam esse dispensabilem et, ex consequenti, juris positivi. Attendendum est igitur non ad hanc declarationem sed, ad amovenda impedimenta residentiae, quae inferuntur praelatis a principibus. Hi enim omnem praelatorum iurisdictionem abstulerunt>>; e in nota: <<Psalmaeus...: Oppidensis dixit, episcopos neque a Deo neque e Petro potestatem habere, sed a principibus, qui absorbent totam iurisdictionem ecclesiasticam; et movit risum>>. Di molto buon senso, questo vescovo: consiglia di mettere da canto le disquisizioni e disputationi teologiche e di andare dietro alla verità effettuale della cosa! <<Oppidensis>>, continua la nota, <<tam loquendo quam scribendo studebat componendis et removendis impedimentis, quae a principibus saecularibus iurisdictioni episcoporum, regni Napolitani praesertim, parabantur>>.
Tralascio di riportare tutto quello che si riferisce al Galluppi nel citato volume IX, e mi fermo su di un altro episodio. Nella congregazione del 7 Giugno 1563 il Galluppi intervenne a lungo nell'esame dei canoni <<circa abusus sacramenti ordinis>>: <<Deinde>> dice il testo a p. 568 dello stesso volume IX, <<probavit, cardinales debere esse iuvenes, quia iuvenes sunt perspicaciores et iuvenes senescunt>>. Nella nota: <<Hanc priorem partem breviter recenset Paleottus.... Praeterea ibi Theiner (II 658) vel quis alius post verba iuvenes senescunt inepte in parenthesi addidit: Risum teneatis, amici!>>. A mio parere, il Galluppi tradusse in latino un'espressione del dialetto calabro: come dire, a certi posti stanno bene meglio i giovani, che sono più perspicaci e vigili per la loro età, e poi, naturalmente, invecchieranno; ma se ci mettiamo i vecchi, questi non avranno la suddetta prerogativa, e, in meno, la perspicacia! Ho sentito parecchi calabresi ripetere la frase compendiosa; ed un vecchio contadino, una volta che mi parlava di giovani, appoggiò il suo dire con:... <<e i giovani non invecchiano!?>>, facendo seguire un risolino ed un movimento della testa, ch'erano come suggelli a tutta la sua argomentazione.
Per concludere, a p. 1117 del citato volume, tra le <<Subscriptiones patrum in fine sacri oecumenici concilii Tridentini del 4 Decembris 1563, n, 142>>, vi è quella del Galluppi: <<Ego Theophilus Galluppi, Tropiensis ep. Oppidensis (manu propria)>>. Il Sarpi non lo cita; lo Sforza-Pallavicino lo cita una sola volta, a proposito di un particolare della disputa sulla residenza, <<Istoria....., Mendrisio, 1836, Vol, IX, libro XXI, p. 285: <<Teofilo Galloppi (sic: sembra che tutti, antichi e moderni, si siano messi d'accordo per riportare il nome di famiglia storpiato!), Vescovo d'Oppido, non riputò convenevole, che all'assenza per necessaria cagione facesse mestiere licenza del Papa o del Metropolitano>> Nell'<<Histoire des Conciles par Ch. Jo. Hefele, tr. par Leclercq, Tome X, Paris Letourey, 1938, p. 53>>, trovo la seguente citazione: <<Ch. IV Du sacrement de mariage>>. <<L'évèque d'Oppido precisait: il n'est pas vrai que toutes les causes matrìmoniales relèvent de l'Eglise>>; che corrisponde a quello che è riferito nel citato volume IX, p. 673.33: <<non est verum, quod omnes causae matrimoniales pertineant ad ecclesiam, et in decreto dicatur, quod omnia matrimonia fiant in faciem ecclesiae>>.
Brevi sono queste citazioni, e quasi per incidenza: il Vescovo d'Oppido, come appare anche da quel poco che ho riferito, meritava più lunga attenzione. Il predetto è citato anche in <<Gams, Series Ep. Eccl. Cath., p. 909: Gallopi>>.
 

NOTE
1 MORERIUS, Lexic..
2 PAOLO GUALT., ACET..
3 MURATORI, tom. X, pag. 272.
4 PANVINIO; PALLAVICINO; MURAT., tom. X, p. 364.
5 PALLAVICINO, Istoria del Concilio di Trento, lib. 21, cap. 12.
6 PASQUA, pag. 307. - MORISANI, De Protopap., pag. 245.
7 ZAVARRON..
8 Diploma in pergamena dato in Roma, a 23 febb. dell'anno 1534, col quale si conferisce al Galluppi la laurea dottoriale, e che comincia con le parole <<nobilis et magnificus vir dominus. Theophilus Galluppi de Tropea ec. ec. >>.
9 Bibliotec. Calab., fol. 97.
10 Storia del Conc. di Trento, tom. II, lib. 21, cap. 12.
11 In Ep. Opp., tom. IX.