INTERVISTA CON
BRIAN "GRIFF" GRIFFITHS

dei
BIG THREE

A cura di Dominic Turner & Salvatore Libertino
(Grazie di cuore all'amico Jim Paterson)
 

Tra la miriade di gruppi che popolarono la scena musicale del Merseyside nei primi anni '60 - se ne potevano contare a migliaia - fu quello dei "Big Three" che portò una strabiliante novità, oltre che la prorompente simpatia dei componenti.
Una formula strana quella dei "Big Three" rispetto agli altri in quanto erano solo in tre. Ma l'effetto sia spettacolare che musicale non venne mai meno anzi si rivelò di grande efficacia se è vero che ogni volta essi comparivano ai primi posti, assieme ai Beatles, nelle sofisticate hits del "Mersey Beat", il giornale spirituale di tutto quello che succedeva nell'"entertainments" nel Merseyside.
E poi l'attrazione avvolgente che sapevano sprigionare nelle performances era sicuramente unica e molti fans ne venivano seriamente contagiati. Certo che non mancava neppure quella dose di pazzia che era propria di alcuni componenti dei gruppi concorrenti.
Le stramberie del chitarrista Adrian Barber erano diventate proverbiali quanto quelle di John Lennon dei Beatles. E' come se tutti e due facessero a gara a chi combinava le cose più strane. Se John camminava nudo sui palchi davanti al pubblico con un asse del gabinetto intorno al collo, Adrian passeggiava sulla strada tirandosi dietro al guinzaglio una spazzola per capelli.
Eppure il gruppo aveva avuto un inizio del tutto normale. L'idea di fare una band venne al chitarrista Brian Casser nel 1959. Con il nome di "Cass & Casanovas" iniziarono a suonare nei vari locali e club di Liverpool musica latina americana mista al Rock tradizionale. Gli altri componenti oltre a Casser, furono il bassista Johnny Gustafson, il batterista Johnny Hutchinson e, quindi, il chitarrista Adrian Barber.
Fu nel 1961 che la formazione subì la radicale trasformazione. Pur rimanendo senza Casser, il gruppo diede vita ad un trio quanto mai aggressivo sul palco con un repertorio infuocato e travolgente tratto dal classico Rock'n'roll/R & B. E questa volta il locale preferito dai tre divenne il mitico "Cavern Club", dove tennero a battesimo musicale la guardarobiera part-time del locale, la simpatica Priscilla White, Cilla Black per gli amici.
Poi il destino volle che la band si trasferisse più volte a suonare per brevi periodi ad Amburgo come in quel tempo capitava a tantissimi altri gruppi fino a che Adrian Barber non volle più ritornare a Liverpool preferendo rimanere lì a fare il manager dello "Star Club".
Fu allora, nel luglio del 1962 in sostituzione di Adrian, che si unì al gruppo Brian Griffiths, proveniente da un glorioso quanto veterano complesso, i "Derry & The Seniors", che esordirono nel 1959 e che dopo qualche anno si tramutarono in "Howie Casey & The Seniors". Gruppo questo dalla grande personalità che passò alla storia come il "primo" di Liverpool chiamato ad incidere un disco (con la Casa Discografica Fontana) e che si smembrò nel giugno del 1962.
Brian Griffiths, chitarra solista di grande talento, approdò quindi nei "Big Three", dopo aver fatto le prime esperienze, anche ad Amburgo, con grossi musicisti come i bassisti Frank Bowen e Lu Walters, il sassofonista Howie Casey ed il batterista Frank Wibberly.
E fu qui che incominciò il massimo splendore per i "Big Three". Amati dai fans che li seguivano sempre più numerosi, si impossessarono definitivamente della scena di Liverpool scatenando ad ogni concerto una irresistibile carica musicale....Tours, dischi, TV.....e tante soddisfazioni.
Abbiamo avuto la fortuna di incontrare Brian, che dopo aver militato con onore in altre formazioni a fianco di Johnny Gustafson si ritirò in Canada a "vita privata", e di poterlo intervistare sulle esperienze musicali di quell'esaltante periodo.
Ed ecco l'intervista:
 
 
 

E' possibile per te riflettere con nostalgia sull'epoca del Merseybeat, oppure provi un senso di amarezza per il successo che avreste meritato ma che non avete colto? Dopo tutto, parecchia gente considerava i Big Three il gruppo tecnicamente più preparato della scena.

BRIAN: Ho avuto la fortuna di essere nel posto giusto al momento giusto, ma guai a pensare che era tutto divertimento puro. E' simpatico ricordare i bei tempi e personalmente mi sento privilegiato per aver potuto suonare con Johnny Hutch e Johnny Gus, a mio parere il migliore bassista e batterista rock di Liverpool in quell'epoca. Rammarico per non aver colto maggiore successo? Abbiamo avuto le occasioni ma ci mancava la maturità necessaria per poter sfruttare il momento. C’est la vie!
 

Che rapporti avevate con i Beatles? Li conoscevate personalmente prima che andassero ad Amburgo?

BRIAN: I Beatles erano semplicemente dei ragazzi di Liverpool come noi, e come noi adoravano suonare il rock & roll. Scambiavamo idee e riff di chitarra, bevevamo birra insieme, e facemmo numerose serate con loro. Io cominciai a suonare negli stessi locali di Amburgo (Kaiserkeller) dove suonavano loro quando militavo nella formazione Howie Casey & the Seniors nel 1960.
 
 
 
 
 
 

Perfino i fans più accaniti dei Beatles riconoscono che i Fab Four abbiano avuto diversi colpi di fortuna che li permisero di distinguersi rispetto alla massa. Ti ricordi quando pensasti per la prima volta che sarebbero diventati famosi a livello mondiale?

BRIAN: Ci mettevano sempre il massimo impegno in tutto ciò che facevano, e come gruppo avevano il suono giusto e il talento necessario. Ma ho sempre pensato che sarebbe potuto finire diversamente se non fosse stato per le capacità manageriali di Brian Epstein. Mi ricordo una trasmissione televisiva alla quale sia loro che noi partecipammo ("Thank Your Lucky Stars") e c'erano centinai di fans fuori dello studio che impazzivano per loro. Più o meno nello stesso periodo, Epstein aveva detto: "Questi ragazzi saranno ancora più grandi di Presley". Malgrado l'assurdità di una dichiarazione simile, pensai che questo tipo avrebbe anche potuto aver ragione…e il resto, come si usa dire, è storia!
 
 
 

Si è parlato tanto del periodo amburghese: il comportamento selvaggio della gente nei locali, i ritmi faticosissimi che i gruppi dovevano sostenere, e così via. Ma fu davvero così scioccante per ragazzi provenienti da Liverpool? Le foto che documentano la vita al Cavern Club fan pensare che nemmeno i locali di Liverpool erano posti per i deboli di cuore!

BRIAN: Sia Amburgo che Liverpool sono porti di mare. Certo, nei club della zona di St. Pauli ti toccava fare serate molto più lunghe, ma non vidi mai nulla che non avevo già visto nei locali e nei bar più malfamati di Liverpool. Oddio, forse un abitante di…che ne so…Walton-on-the-Naze [piccolo villaggio della provincia inglese – ndr.] la penserebbe diversamente!
 
 
 

Sono sempre stato incuriosito dal fatto che i gruppi inglesi, e soprattutto i gruppi di Merseyside, venivano accolti così bene in Germania. Del resto, poco più di un decennio prima, i bombardieri della RAF avevano raso al suolo numerose città tedesche. La cosa ti sorprese all'epoca? Aveste mai dei guai?

BRIAN: Durante la guerra, sia Liverpool che Amburgo subirono pesanti bombardamenti, e a mio avviso c'era un grande rispetto reciproco. Amburgo era un porto di mare molto prosperoso e gli abitanti erano molto orgogliosi di come erano riusciti a ricostruire la città. Guai? Gli unici guai di cui mi ricordo riguardavano le ragazze! E quello potrebbe succedere da qualsiasi parte, perfino a Walton-on-the-Naze!
 
 
 
 
 

E' davvero tragico che esiste così poco materiale inciso dai Big Three. Johnny Gustafson racconta che voi tutti odiavate i brani più commerciali che la casa discografica vi imponeva (ad esempio "By The Way" e "I’m With You"), e che in verità volevate essere un combo R&B/rock & roll molto grintoso. Ti ricordi qualcuna delle canzoni che suonavate dal vivo?

BRIAN: Devi tenere conto del fatto che la Decca aveva da poco rifiutato i Beatles! Erano davvero incapaci di cogliere l'idea che alla maggior parte delle formazioni di Liverpool non interessava assomigliare ai rocker inglesi degli anni '50. Noi suonavamo pezzi di cantanti americani di R&B sconosciuti al pubblico inglese. Siccome eravamo un trio, suonavamo in maniera più aggressiva, cosa che non era considerata accettabile in sala di incisione. Eppure poco dopo fu permesso ai Who di incidere dischi così. Tra le canzoni che ci piacevano suonare dal vivo, mi vengono in mente Some Other Guy (la versione sul disco fu di gran lungo più morbida), Tricky Dicky, Ain’t That Just Like Me, Rockin Robin, Fortune Teller, Ya Ya, I Know, What'd I Say, A Little Bit Of Soap, e Angel Baby.
 

Almeno all'inizio, i Big Three erano dei rivali dei Beatles in termini di popolarità. In genere, come reagiva il pubblico quando suonavate dal vivo?

BRIAN: C'era un rispetto reciproco enorme, sia come singoli musicisti sia come gruppi. Direi che come musicisti non temevamo nessuno, ed è altrettanto vero che non ci sentivamo inferiori a nessuno per quanto riguarda la nostra capacità di far scatenare il pubblico. Personalmente, non avevo nessun interesse a paragonare il nostro gruppo ai Beatles, e nemmeno alle altre formazioni sulla piazza. Mentre eravamo sul palco, ero come ipnotizzato da ciò che Gus e Hutch facevano, e adoravo suonare la musica.
 
 
 

Immagino che esisteva una rivalità tremenda tra i gruppi della scena Merseybeat. Ci sono numerosi aneddoti di gruppi che rubavano canzoni da band rivali, e così via. Anche tu ti la ricordi così?

BRIAN: A dir la verità, per niente! Che problema era se un altro gruppo suonava una nostra canzone? Noi demmo una mano ai Beatles per le parole di "Some Other Guy", un pezzo che suonarono durante la prima esibizione alla Granada TV (se mi ricordo bene, si trattava di "Scene At 6:30"). Mi ricordo poi che loro ci aiutarono ad imparare "Mr. Moonlight". Un'altra band, i Dennisons, ci chiedeva spesso se potevano suonare le "nostre canzoni" perché a loro piacevano tanto. Gli Hollies rimasero colpiti da noi. Mi pare che ci abbiano sentiti suonare "Ain’t That Just Like Me" e decisero successivamente ad incidere una loro versione.
 

Tenendo conto dei ritmi frenetici imposti dall'attività dal vivo sia in patria che ad Amburgo, come si faceva a provare nuove canzoni? I Beatles raccontarono spesso che dovevano chiudersi in bagno durante le pause per imparare pezzi nuovi!

BRIAN: Ad Amburgo, provavamo molto raramente. Non posso parlare per gli altri gruppi, ma noi provavamo la maggior parte delle nostre canzoni a Liverpool oppure mentre eravamo in tournée in Gran Bretagna.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Un po' di scandalo! Nel libro "Let’s Go Down The Cavern" di Spencer Leigh, riconosciuto quasi universalmente quale la bibbia del Merseybeat, c'è una foto di te, Johnny Gustafson e Johnny Hutchinson (più qualcun altro) allo Star Club, in compagnia di un paio di ragazze che si chiamavano, apparentemente, Big Bettina e Astrid. Ti ricordi qualcosa di loro?

BRIAN: Big Bettina lavorava come barista presso lo Star Club (era innamorata pazza di John Lennon). Mi pare che Astrid invece era barista al pub dove fu scattata la foto. Se la memoria non mi tradisce, si trovava accanto allo Star Club, in una cantina sottoterra.
 
 
 

E' lecito pensare che il livello generale dei gruppi nel Merseyside nei primi anni sessanta era decisamente alto. Quali gruppi stimavi maggiormente?

BRIAN: Kingsize Taylor & the Dominoes, i Beatles (ovvio, no?), Howie Casey & the Seniors, i Roadrunners, i Griff Parry Five, i Faron's Flamingoes, i Fourmost, i Remo Four e, ultimo ma non di meno, i Mojos.
 

Johnny Hutchinson suonò con i Beatles in un paio di occasioni in seguito al licenziamento di Pete Best. Conservi qualche ricordo delle circostanze che portarono a questo avvenimento?

BRIAN: Suonammo una serie di concerti assieme ai Beatles (uno dei quali fu a Chester) e Pete Best, messo al corrente del fatto che Ringo l'avrebbe presto sostituito alla batteria, non si presentò (difficile biasimarlo, del resto). Così si rivolsero a Hutch per coprire la lacuna (Hutch aveva già suonato con loro), ma non ne era molto entusiasta perché Pete era un suo amico e Hutch riteneva che Pete aveva ricevuto un trattamento molto ingiusto. Credo che fu Epstein che riuscì a convincerlo, e a Hutch toccò suonare prima con noi e poi con loro. Una curiosità a proposito di quei concerti (-- dei Beatles, ndr.?): sbaglierò ma me li ricordo diversi, molto più aggressivi che in precedenza. E questo sì che fa riflettere...
 

Parlami del vostro rapporto con Brian Epstein. A giudicare da alcuni aneddoti ne "Let’s Go Down The Cavern", non era troppo entusiasta dei vostri modi chiassosi! C'è perfino la copia di una lettera che Epstein inviò ad un club a Bootle per scusarsi per il vostro comportamento durante l'esibizione di un altro gruppo.

BRIAN: Epstein era una brava persona. Si era accorto di qualcosa nella scena di Liverpool dei primi anni sessanta che forse nessun altro aveva visto. Era consapevole del fatto che occorreva cambiare alcuni elementi dei gruppi che lui gestiva. Cercò di imporre codici rigidi di abbigliamento e esigeva le maniere cortesi e non minacciose nei rapporti con il pubblico e con la stampa. Noi eravamo dei veri casinisti sia sul palco che nella vita, quindi non era facile per noi rispettare quelle regole. C'erano scontri continui con Epstein, e si potrebbe dire effettivamente che ci autodistruggemmo, in quanto i vari dirigenti e funzionari nel mondo della musica volevano un comportamento diverso da noi. Comunque, per rendere al meglio i Big Three dovevano suonare alle 2 della mattina in vestiti impregnati di sudore, con una cassa di birra al bordo del palco, e con Johnny Gus che urlava "Good Golly Miss Molly". Il solo pensiero mi manda tutt'oggi dei brividi lunga la schiena!
 

Che cosa fai oggi per sbarcare il lunario?

BRIAN: Ormai sono praticamente in pensione. Insegno musica presso lo studio a casa mia e Calgary, Alberta nel  Canada. Gli studenti sono di tutte le età  e gli stili della musica che insegno vanno dal classico al blues, dal rock al country. Il tempo libero lo passo, il più possibile, tra le montagne del Canada assieme a mia moglie Dorothy oppure visitando i familiari ed i nipoti in California.
 
 
 
 
 
 

Sei riuscito a mantenere i contatti con qualche musicista della scena Merseybeat degli anni '60?
BRIAN: Certo. Ho sempre mantenuto i rapporti con Johnny Gustafson nel corso degli anni, e ultimamente sono riuscito a ristabilire i ponti con Nicky Crouch dei Mojos. E grazie all'organizzazione Merseycats, ho potuto contattare diversi altri musicisti tra cui Howie Casey, Paul Pilnick, Paddy Chambers etc.
 
 
 
 

Hai saputo della morte per suicidio di Brian O'Hara [cantante dei Fourmost] e di Colin Manley [chitarrista dei Remo Four], vittime di un tumore?

BRIAN: Sì, ed è mancato anche Johnny Guitar dei Rory Storm and the Hurricanes. E' molto triste essere messo al corrente di cose simili, ma mi fa venire in mente una battuta che mi ha fatto John Lennon. Disse: "Quanto sarebbe bello incidere un disco!"...e sappiamo com'è andato a finire! Io ritengo di essere molto fortunato ad aver fatto parte di questa scena.

Ultima domanda…hai per caso sentito qualche gruppo odierno che cerca di rievocare il suono della scena Merseybeat? C'è una band formidabile di Edimburgo che si chiamano i Kaisers (da "Kaiserkeller"!) con 4 LP già alle spalle. Curano ogni particolare nel cercare di rievocare sia il look che le sonorità dell'epoca. Suonano con amplificatori Selmer, si vestono con giacche a tre bottoni e propongono cover di "Let’s Stomp", "Some Other Guy" e perfino il vostro "You’ve Got To Keep Her Under Hand"! C'è anche formazione giapponese, i Neatbeats, che sono altrettanto autentici.

BRIAN: No, sono circa 25 anni ormai che vivo nel Canada, e non sono molto informato sui gruppi in Gran Bretagna, o in altre parti del mondo, che fanno musica anni '60. Però riesco a mantenere i contatti con i componenti originali di alcune formazioni sixties che hanno ripreso a suonare nel Merseyside. Beh, se lo Star Club tornasse in attività e lo staff volesse ingaggiare una band per qualche settimana per suonare nella fascia delle 2 della mattina, un pensierino lo farei!
 
 





With Best Regards,

                                        Brian (Griff) Griffiths, the Big Three