UN TRENO CHIAMATO
"TROPEA"
 
 

di Salvatore Libertino
 
 
 






Domenica 4 ottobre 1998, alle ore 10.00 dalla stazione di Roma Tiburtina partiva un treno turistico a vapore che dopo una sosta prevista alla stazione di Ciampino per le ore 10.25, arrivava finalmente alla stazione di Marino alle ore 10.50. Lo aveva chiesto alle Ferrovie dello Stato il Comune di Marino, in occasione della 74^ Sagra dell'Uva.
Il treno, formato da una locomotiva a vapore Breda gruppo 640 e da un convoglio di carrozze risalenti ai primi del novecento, avrebbe dovuto permettere ai cittadini di fare un viaggio sentimentale attraverso la campagna romana fino a raggiungere Marino, senza prendere l'auto.
Il ritorno era assicurato con lo stesso mezzo alle ore 20.40 dalla stazione ferroviaria di Marino.  Il convoglio in argomento si chiamava "TRENO TROPEA" e riprendeva un'antica tradizione di fine 800, quando ..... "l'ultimo treno dei dì di festa, che ritorna da Frascati a Roma si suol chiamare treno tropea, perché generalmente è carico di ubriachi".
Ma perchè proprio "Tropea"?
Ecco come lo spiegano gli storici locali di Marino.
Allestendo questo speciale convoglio d'epoca, gli organizzatori della festa intendono ricordare le origini della Sagra dell'Uva, legata come è noto, agli usi dell'ottobrata romana, sviluppatasi in particolar modo con l'estendersi della rete ferrotranviaria intorno alla Capitale dalla fine dell'Ottocento alla prima metà di questo secolo. In quel periodo l'ottobrata ai Castelli Romani si andò facendo sempre più un fenomeno di massa.
Dopo il treno, il tram e infine l'automobile perpetuarono il fenomeno di costume della gita fuori porta delle classi popolari della Capitale, immortalata nella canzone di Petrolini: Nannì, o Gita a li Castelli. Treno "tropea" non vuol dire altro che treno "sbornia". Nei dialetti meridionali la parola tropea significa temporale, uragano e si collega etimologicamente al greco antico, con cui si designavano i venti ritornanti (tropàia pnoè), cioè i venti tempestosi che spirano dal mare verso terra. Proprio per la sua natura di temporale intenso ma di breve durata, la parola tropea ha assunto ben presto nella immaginazione popolare il significato di sbornia, specialmente a Roma. L'accezione del termine è attestata, oltre che nei poeti minori, anche nei sonetti di Belli e nelle favole di Trilussa. Filippo Chiappini, poi, nel suo vocabolario romanesco, spiega che tropea per traslato significa appunto sbornia e aggiunge inoltre che "l'ultimo treno dei dì di festa, che ritorna da Frascati a Roma si suol chiamare treno tropea, perché generalmente è carico di ubriachi". Come raccontano le cronache del Messaggero (4 sett. 1893) e il giornalista Luigi Palomba, che nel 1885 pubblicò sull'argomento addirittura un libricino, la scampagnata dei Quiriti spesso si concludeva con una gioiosa, quanto tempestosa tropea, dopo aver fatto merenda nelle cantine di Frascati, di Marino e di altri ospitali Castelli Romani.