E nel Borgo in festa
il Cammello continuò a ballare...
 

di Salvatore Libertino


Sotto l'egida della Pro Loco e con il patrocinio del Comune si è felicemente conclusa l'edizione 2006 del 'Tre della Croce', la festa del rione 'borgo', fuori le mura della città. Impeccabile è stata l'attività organizzativa affidata ad un comitato d'eccezione magistralmente presieduto da Nicola Cricelli, che a riguardo può vantare un nutrito palmares di successi di tutto rispetto. Sono infatti decine e decine le feste organizzate dall'imprenditore tropeano nato e vissuto fino all'età di 25 anni nel cuore del 'borgo' in via dei forgiari. All'interno del Comitato ha potuto contare della presenza di vecchie e inossidabili glorie 'borghitane': Mario Lorenzo, direttore della Pro Loco, Pasquale Russo, Enzo Taccone, Pasquale Tropeano. Tutto in discesa quindi per la grande squadra e la festa era bella e pronta in appena venti giorni. Ciò grazie anche ai volontari che hanno saputo affiancare in modo impareggiabile l'operato dei responsabili. Fra costoro evidenziamo l'opera solerte delle segretarie dell'Ufficio della Pro Loco Antonella Il Grande e Chiara Calò che per il buon esito della festa si sono prodigate ed impegnate oltre il normale orario di servizio. Come pure vogliamo ricordare l'opera utilissima di Gerardo De Vita il quale in modo ammirevole si è messo con gioia a disposizione del Comitato quale bravo ed esperto percussionista. E proprio qualche giorno dopo la festa Gerardo ha avuto una chiamata ed è dovuto partire perchè ingaggiato ufficialmente nella banda musicale di una località molto lontana da Tropea. Così ci ha dovuto lasciare. Un grazie di cuore a Gerardo!


L''alzata' della barca al suono della 'caricatumbula'.

Zia Rosina offre i fichi secchiEncomiabili le opere di falegnameria per la costruzione delle barche come pure gli addobbi del borgo, dall'affaccio della villetta del cannone, lungo la via Umberto I, alla vecchia conula che porta l'immagine della Santa Croce, l'emblema che prevalse nel 1571 sulla Mezza Luna a Lepanto. Dove nel mezzo della battaglia, i tropeani hanno rincorso per tutto il pomeriggio l'ammiraglio comandante delle flotte turchesche Euldj Alì Pacha, che riuscì a seminare i nemici e ritornare ad Istambul salvando nella fuga almeno quaranta navi. Alì Pacha nel giro di sei mesi ha avuto la capacità di ricomporre i cocci di quella disfatta e ricostituire una flotta più imponente ed efficiente di quella che accusò la tremenda sconfitta alle Isole Curzolari. Soprannominato Ulugh Alì (Alì il rinnegato) ma noto anche come Occhialì o Luccialì, era nato in Calabria nel 1519 con il nome di Dionigi Galeni. Fu rapito all'età di 16 anni nel porto di Tropea dal pirata algerino Ariadeno Barbarossa e stabilitosi a Istambul rinnegò la religione cristiana convertendosi all'islamismo. Morì in Turchia nel 1587.
Un successo inaspettato è stata la vendita dei biglietti per la riffa di una bella moto. Come anche quello che durante la giornata non si era mai vista una così grande partecipazione di pubblico. Grandiosa è stata la mole di gente che non è voluta mancare all'appuntamento più importante con la tradizione tropeana. Anche se traboccante in spazi molto ridotti e senza transenne (le uniche erano Enzo Taccone e Pasquale Russo), ha invaso il teatro degli avvenimenti assistendo composta a tutti gli atti via via consumati nell'intero arco festivo, dal primo pomeriggio fino a notte inoltrata: dal ballo dei giganti processionali ai giochi popolari, dalla distruzione delle barche al volo (ahimè, deludente) della colombina, dal concerto coinvolgente dei bravi 'Los Locos' allo spettacolo mozzafiato dei fuochi artificiali della superpremiata ditta Schiavone di Reggio. Ma per tutti il momento più atteso, il cuore della festa, è stato il 'ballo del camio' (cammello), anzi dei camii, perchè quest'anno erano in due a ballare a via dei forgiari. Si sono viste per strada intere familiole e non solo tropeane che hanno trovato il clima giusto del divertimento e dello stare insieme. Nei parcheggi molti erano a stazionare i pulman che hanno portato migliaia di turisti e visitatori da centri vicini e lontani e dagli alberghi della zona. I veri sponsor della festa sono stati i cittadini, che hanno risposto in termini economici alla grande, tanto da permettere la copertura di una parte delle spese per l'edizione del prossimo anno, che sarà rivoluzionata, a detta del comitato, sia per l'estensione della durata sia per l'aggiunta di eventi nuovi legati alla storia della città, come quello della rievocazione del ritorno dei tropeani vittoriosi dalla battaglia di Lepanto.
La ritualità dell'antica tradizione è stata rispettata in pieno. Il bouquet di fiori deposto da Nicola Cricelli ai piedi della sacra conula. Il suono della 'caricatumbula' (bravissimi i percussionisti) che ha accompagnato le 'alzate' delle barche. L'invito di zia Rosina Addolorato ai passanti ad assaggiare i fichi secchi contenuti in un elegante canestrino per non essere molestati durante l'anno dai moscerini ('zappagghjuni). Lei abita di fronte alla conula e per tutta la giornata della festa lascia aperta la porta di casa. Sulla tavola è pronta una tazza di caffè, fette di pan di spagna, il canestrino pieno di fichi secchi. Non tutti sanno che dentro quella casa per i nove giorni che precedono la festa viene organizzata con le sorelle e gli amici la santa novena con litanie, rosari e canti tradizionali. 'Perchè la festa una volta - ci ricorda zia Rosina - era anche religiosa ed il parroco della vicina chiesa del Purgatorio diceva messa davanti casa'. Le piace raccontare aneddoti appartenuti un tempo alla festa più antica di Tropea, parlare dei personaggi del 'borgo' che si occuparono per molti anni, animandola, della sua continuità. Racconta di Antonio Calò, detto 'u ndossu' e dei suoi palloni di carta ricavata dai sacchi di zucchero e fatti volare dall'affaccio con l'aria calda alimentata dalla fiamma del petrolio. Dei 'pupi du ndossu', una coppia di marionette variopinte che Ciccio Laganà muoveva all'interno di una cassetta raccontando agli spettatori di ogni quartiere della città storie tropeane di una lei e di un lui. Zia Rosina ricorda l'abito di marinaretto indossato dalla marionetta/uomo e il vestitino a fiori portato dalla marionetta/donna. E alla fine era sempre l'uomo a prenderle di brutto a suon di mattarello. Era un teatrino mobile, divertimento dei grandi e dei bambini, che ricalcava quello dei cantastorie siciliani che delle volte si spingevano fino a Tropea. E zia Rosina già pensa all'edizione dell'anno prossimo. Sarà indaffaratissima come del resto gli organizzatori perchè la festa durerà qualche giorno in più. Festa, che una volta conclusa, continua solo per il Comitato che nei tempi andati - lo imponeva la tradizione - entrava all'osteria di Mastro Titta sempre a via dei forgiari a gustarsi una bella porzione arrosto di 'crapettu' (capretto) con patate e un buon bicchiere di vino. Quest'anno, per assaggiare il crapetto il Comitato è entrato alla 'Pergola', uno dei ristoranti più esclusivi della città.
Ma ritornando al Ballo del Cammello ci piace far rivivere l'affresco che ci ha lasciato nel 1855 l'Arciprete Petracca di Ricadi descrivendo la ritualità del Ballo durante le festività del villaggio. Si racconta della figura di un Cammello non 'armato' di fuochi e botti, tipica questa del 'Tre della Croce' dove il ballo è sberleffo nei confronti della dominazione saracena, ma dell'immagine pacata, distesa e pacifica che ricorda la buona convivenza dei saraceni con i loro 'confratelli' abitanti del posto.

    
Vecchie glorie della Banda Musicale Tropeana durante la Sagra del Camio degli anni Sessanta.

Ne' giorni festivi è a notarsi un'usanza che ha molto del ridicolo. Nella vigilia delle feste principali, alla prim'ora, i fanciulli del villggio di Ricadi accorrono tripudiando al confine dell'abitato, ove hanno di già dato i tamburini che vennero dalla città di su' loro sonori strumenti il primo segnale della festa. In compagnia di costoro viene un uomo che indossa vesti da facchino tropeano, il quale scaricatosi di un grosso fardello, che sta quivi sostenendo con una mano, va con l'altra asciugandosi la fronte dal sudore ond'è bagnata a causa del fastidioso carico portato da Tropea fino al paese. Ivi presso vedesi un brulichio, un va vieni, odesi un gridar confuso... Sono que' fanciulli accorsi al tocco de' tamburi, i quali giunti alla distanza di pochi passi, da lieti e vispi ch'eran, si arrestano sorpresi; ed odesi allora un misto di voci fra 'l tripudio e la paura. Perchè ciò?... perchè è venuto il Camelo1!
I GigantiE' questo Camelo un goffo animalaccio artefatto, lungo circa sette palmi, di forma bizzarra, senza piedi, con lungo e largo dorso simile a quello della testuggine, ma dipinto a strisce dI Gigantii vari colori, con coda di bove, testa di legno nera ed orribile, che somiglia a quella del cavallo con due occhiacci sempre spalancati; coperto da falda giallastra, che formando continuazione col dorso, cala giù fino a terra a guisa di gonna, e serve a nascondere l'uomo sopradetto, il quale, adagiatasi sugli omeri la goffa bestiaccia camminando la fa camminare e tiene in continuo moto quella nera testaccia, facendole aprire e chiudere incessantemente la bocca senza lingua per mezzo d'un laccio invisibile, che all'uopo ei tira ed allenta; ed or contraendone il collo, ora allungandolo in alto a guisa del vero Camelo, ed or contorcendolo in mille modi. Siede a cavaliere inchiodato sul dorso di quella strana effigie di animale un moretto di legno dal berrettino rosso, che vien detto il diavolicchio.
Al suono ordinato de' tamburi progredisce il Camelo seguito dalla ciurma festante de' fanciulli, e ballando e movendosi con tutt'agilità in modo strano, e guardando verso le finestre, ove si son già i curiosi affacciati come per salutare il nuovo venuto, fa una corsa per le strade principali del villaggio, e va poi a riposare in casa del Procuratore della festa. Esce quindi di nuovo parecchie volte durante la vigilia, e più allo spesso nel dì della festa (tranne le ore in cui si eseguono le sacre funzioni), percorrere tutti i vicoli, e passando innanzi alle case delle principali famiglie, vi si trattiene a far la sua ballata di ossequio, che termina con un profondissimo inchino, consistente in abbassare sino a terra la testa dalle orecchie d'orso, strisciando ambe le tempia successivamente. Simile inchino vien fatto tutte le volte che s'imbatte in persone autorevoli. Ove osserva gente stare in crocchio, là si dirige, e fatta la sua ballata, va con la testa intorno intorno tastando la saccoccia di ognuno, e ad ogni obolo che riceve, ripete il solito profondissimo inchino al donatore: poi congedatosene lietamente ripiglia il suo corso. E' pur curiosissima cosa il vedere quando esso Camelo, o meglio colui che lo muove, si accorge di qualche balordo della plebaglia, il quale avendone paura cerca di darsela a gambe: esso allora gli dà la caccia, come il cane alla lepre; e gli corre dietro di galoppo, seguito dalla ciurma festante de' fanciulli, che con grida, schiamazzi e fischi dan la baja al povero fuggitivo, sino a che non trovi questi rifugio in qualche casa che rinvenga aperta.
Nel dopo pranzo della festa, verso l'ultima ora, il Camelo fa la sua ballata finale, eseguendo la solita cerimonia avanti le case, come per prendere commiato2, e per avere complimenti casarecci: quando poi ha compito il giro delle strade tutte del villaggio, si ritira. Così finisce la festosa rappresentanza del Camelo, riguardata di tanta importanza presso il popolo, che non affatto per festa quella, ove mancasse lo spettacolo del Camelo.

NOTE
1 La festa del Cammello della Ricadi saracenica sembra essere stata posta in ricordo dell'Arabia di Maometto dove sono frequenti i viaggi delle carovane colla bestia paziente dell'Asia.
2 Questa circostanza ricorda la fuga dei Saraceni della Calabria, e il commiato che presero dai loro confratelli.


Il Comitato alle prese con il 'crapetto' con patate

Umori, emozioni, tradizioni, ritualità intrisi di storia e fortemente legati alla tropeanità di una festa ritrovata. Un'ultima puntualizzazione sulla festa. Abbiamo toccato con mano la risposta turistica o quanto meno l'interesse da parte di visitatori/turisti a voler presenziare nel territorio quando si alimentano cultura e tradizione, di cui purtroppo da vari decenni si assiste ad un continuo, enorme e desolante sfacelo. Qualche anno fa, nel periodo della festa, non pochi giornalisti e turisti si erano riversati alla Pro Loco per avere ragguagli sul programma degli avvenimenti. Quando si è saputo che non era stata programmata alcuna festa, qualcuno voleva sporgere denuncia per la 'pubblicità ingannevole' riportata dalle guide. Siamo del tutto convinti che non può esistere il 'turismo culturale', se in primis sul territorio non si coltiva l'humus cultura/tradizione che costituisce in buona sostanza l'identità tropeana artistica, musicale, letteraria, teatrale, cinematografica, filosofica, scientifica, storica, religiosa....
A questo punto è d'obbligo l'augurio (poco importa del volo andato male della colombina...) a che la Festa del Tre della Croce possa ripetersi ogni anno come quest'anno con la partecipazione attiva di tutta la cittadinanza. Se ci sarà anche l'anno prossimo, il primo ad aggorgersene sarà il turista/visitatore. Appuntamento quindi all'anno prossimo. Tutti a casa di zia Rosina!


Il Presidente del Comitato Nicola Cricelli depone un mazzo di fiori alla Conula della Santa Croce.
 

Il Ballo del Camio
Tropea, 3 maggio 2006
 

La preparazione








 
 

Zia Rosina



 
 

LE GARE

 A padea
La padella.
Occorre staccare con i denti la moneta incollata sulla superficie di una padella affumicata.





 

A pasta abbruscenti
La pasta piccante.
Vince chi per primo riesce a mangiare con le mani dietro le spalle
un piatto abbondante di pasta al sugo di peperoncino piccantissimo di Tropea







 

L'Ovu
L'uovo.
Vince chi arriva primo al traguardo con l'uovo intatto dentro un cucchiaio tenuto con la bocca.


I Pignatei
Le pignatte.
Vince il premio contenuto nella pignatta appesa a un filo chi riesce, bendato, a romperla con un bastone











 

Il ballo del Camio
E' il cuore della festa.
E' lo sberleffo alla dominazione saracena che si chiuderà con la distruzione
del cammello.





 

Il volo della Colombina
Ricorda il servizio dei piccioni viaggiatori che hanno per primi portato alla Città la notizia della
vittoria dei tropeani alla battaglia di Lepanto nel 1571.
Quest'anno la Colombina non è potuta volare.
E' rimasta impigliata alla ringhiera dell'affaccio.
Guai in vista?.


 
 

I Rotei
Le girandole.





 
 

I Sciurfalori
I fuochi







 

U Crapettu du Comitatu
Il Capretto arrosto del Comitato.
Una cena di lavoro per la prossima edizione....










 

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