La festa del Tre della Croce
nel cuore di un Burghitano

di Antonio Cotroneo
 


Tutta la gente assiepata ai lati della strada e sui balconi delle case di via Umberto I ('a strata du burgu), per poter seguire meglio la danza, invocava costantemente la mossa (a mossa), legata all’ultimo istante di vita del cammello, prima di cadere definitivamente a terra. Ma l´animale ferito e’ ancora lento a morire.

Il danzatore (u danzaturi) muovendosi, saltando, girando tante volte su se stesso, risale ancora due o tre volte la via dei forgiari.
L’ultimo atto, gli ultimi momenti di vita del camiu avvengono proprio sotto le barche, innalzate al centro della via. Il simbolico animale, avvolto totalmente dal fumo colorato dei fuochi pirotecnici, cade; di nuovo si rialza, ricade ancora per non rialzarsi più. L’atteso istante è arrivato: l’emblema dell’invasore è stramazzato a terra. La gente che aveva seguito la danza con trepidazione è appagata, ride dalla gioia.
Per tutta la via i bambini gridano, corrono, saltano e imitano passi di danza di colui che pochi minuti prima aveva fatto ballare u camiu. Nelle ore pomeridiane la festa presentava l’altro aspetto: di sagra tradizionale e manifestazione popolare.

Giovani marinai tropeani, artigiani, muratori, davano vita alle gare dei sacchi, delle uova, della pasta piccante (abbruscenti), dei recipienti di terracotta (bumbuleji) pieni di soldi: venivano rotti con dei bastoni dai concorrenti bendati e i soldi che cadevano a terra erano un segno di prosperità per l’anno a venire.
La festa della Santa Croce e’ stata preparata e diretta per svariati anni, con fervido entusiasmo e profondo attaccamento, da ´Ntoni u ´Ndossu, considerato dai burghitani il padre putativo della stessa. Tre o quattro mesi prima che iniziasse la festa Ntoni incominciava a interpellare gli altri giovani del borgo, per formare la commissione che doveva andare in giro per il paese a raccogliere le offerte necessarie per coprire le spese.

Il suo impegno era ammirevole: sempre intento a dare raccomandazioni, istruzioni, in modo che la preparazione, l’organizzazione e lo svolgimento della manifestazione fosse impeccabile. Data la sua imponente corporatura, era lui stesso a trattenere la folla che si accalcava vicino ai concorrenti. ´Ntoni era un tipo sempre allegro, cordiale e dal sorriso facile. Da bambino lo vedevo dal balcone tutte le mattine, mentre riempiva il suo carretto (appoggiato all’albero davanti casa) di cassette per trainarlo poi fino al mercato, dove sua madre vendeva frutta. Era restio a portare camice e maglioni.

Da maggio fino a settembre inoltrato andava in giro solo con un paio di pantaloncini corti. Qualche volta aveva collaborato anche al fuoco (a vampata) che aveva luogo nella settimana santa di Pasqua. I ragazzi del borgo si recavano sulle colline di Sant’Angelo per raccogliere pezzi di rami d’ulivo, che venivano accatastati vicino alla fontana del borgo, per essere  bruciati il Venerdì Santo, al  passaggio della processione del Cristo morto. Le fiamme altissime davano luce e chiarore a tutta la contrada quando la funerea processione lentamente procedeva dalla 'villetta'.
La società di quegli anni era più umile, più povera, ma più compatta, omogenea, solidale e portatrice di valori morali ancora sani. Non conosceva l’indottrinamento televisivo a base di films violenti e spot piccanti della nuova società degli 'indanarati'.

Alcune organizzazioni pseudoturistiche pateticamente hanno cercato di imitare quella rappresentazione, quel momento di pura tradizione, ripresentandola durante i mesi estivi, quale attrazione per i villeggianti. Ma la festa rispecchia la vita di un determinato ambiente, di un popolo; si intrinseca nell’uomo e nella società in cui vive, esprimendo bisogni, ansie, gioie, dolori della comunità in un determinato momento storico. Fuori dal contesto non trova un valido significato, come la stessa differenza tra un quadro originale e la copia dei replicanti.
I Iri da Cruci erano puri momenti di gioia, che tutti i burghitani godevano durante quei pochi giorni di festa. Gente semplice che soffriva e combatteva, giorno dopo giorno, contro gli stenti della vita per assicurarsi il pane quotidiano. Ma erano anche attesi con fervore per dimenticare le durezze della vita. La festa del Borgo contagiava ed irradiava l’intera Tropea.


Con profondo rancore e rammarico ho appreso che, anche per quest'anno, la festa rionale del Borgo 'I tri da Cruci' non avra‘ luogo. Tanti anni or sono, quand'ero ancora bambino, la gente  di Via Umberto incominciava gia‘ d´inverno ad organizzare questa annuale ricorrenza, affinche‘ avesse buon esito. Alcuni giovani volenterosi della contrada: u Capitanu, u Bellugiuvani, Ntoni Calo‘ (il padre putativo della festa) giravano per tutto il paese a raccogliere fondi per comprare il necessario e pagare 'i cantanti' che alla fine si esibivano, prima dei fuochi pirotecnici.

In queste tre giornate folcloristiche, con gare, musiche, danze (u camiu) non erano solo i burghitani a gioire e vivere intensamente la festa. Tutta Tropea si assiepava lungo la strada per non perdersi questo avvenimento storico che si ripete da secoli. Perfino da Vibo, Nicotera e anche dalla lontana Reggio arrivavano persone per godersi lo spettacolo. Ancor prima della nostra festa e‘ stata tolta al popolo tropeano 'a fera da Nunziata', una manifestazione contadino-popolare che coincideva con l´arrivo della primavera, ossia delle lunghe e calde giornate. Noi bambini aspettavamo con fervore l'arrivo di questo avvenimento per ammirare gli animali che venivano barattati e nello stesso tempo ossevare gli usi e costumi dei massari, i lavoratori agricoli, che in gran numero convenivano all´Annunziata. Erano piccole gioie: comprare i mastazzoli, guardare gli agnelli, ascoltare gli intancabili parraturi che offrivano bambole e porcellane. I giovani si vestivano a festa per adocchiare le ragazze e i piu‘ anziani compravano qualcosa come ricordo: essere stati, aver preso parte.

La festa della Santa Croce aveva anche un aspetto religioso. Le piu‘ anziane, tra le quali mia nonna, Mannina, Angiulea, Rumana e tante altre, si prendevano cura a tramandare e insegnare alle piu‘ giovani le litanie, affinche‘ non venissero dimenticate. Sparira‘ anche questa ricorrenza? Non vedremo piu‘ i tamburi scendere dal borgo e battere con i mazzuoli davanti al Prigatoriu?. Ogni anno ritorno a Tropea e noto la passivita‘ e il disamore dei politici preposti verso la cultura e le manifestazioni culturali. Una volta eletti si allontanano dal popolo, dai bisogni e dalle sofferenze di chi li ha eletti. In questi tempi berlusconiani i dirigenti, professionisti, medici, avvocati, che gia‘ possiedono enormi fortune si 'buttano' nella politica per arrotondare ancora di piu‘ i loro capitali. Sono pero‘ sempre attivi quando si tratta di trovare un posticino all´ombra per i loro parenti o mettere il bastone fra le ruote a qualche poveraccio che intende fare qualcosa privatamente. Quando vogliono non lesinano a stanziare milioni per una presentazione di libri a Rocca Nettuno o in qualche altro posto, a spese della Provincia, Regione, collettivita‘. Per una festa tropeana, dove non c´e‘ un profitto, diranno che mancano i fondi o, sicuramente, non li troveranno mai.

. . Guarda il video della Festa !. . .. . ti rimane solo quello !. . .
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Tri Da Cruci