Mons. Luigi Renzo

Il primo messaggio ai fedeli della diocesi
di Mileto-Nicotera-Tropea
del nuovo vescovo Mons. Luigi Renzo


Alla diletta chiesa di Dio che è a Mileto-Nicotera-Tropea

“Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui” (I Gv 4,16)

   Carissimi, ho voluto iniziare questo mio messaggio con le parole forti e significative di I Gv 4,16  - le stesse con cui Benedetto XVI inizia la sua Enciclica Deus caritas est -  perché è ad esse che voglio ispirarmi nel venire a voi come padre e pastore. A questo ho pensato nello scegliere il motto programmatico del mio Episcopato: “In caritate Spes”. Solo con l’Amore si costruisce la Speranza. Nel momento in cui mi accingo a scrivervi, lo faccio in punta di piedi e con grande emozione. Come è successo a Maria, il mio cuore non può non esplodere di gioia e trepidazione per cantare il Magnificat e gridare al Signore il mio grazie per avermi amato e per avermi destinato a voi, a Voi fratelli e figli carissimi, che ho già cominciato a sentire parte viva di me. La mia devota gratitudine va prima di tutto al S. Padre Benedetto XVI per la fiducia mostratami e per avermi voluto coinvolgere in questa missione immensa di paternità spirituale carica di responsabilità e di intime attese.
   In Lui ringrazio altresì l’Episcopato Calabro per la stima di cui mi onora e che avverto più grande dei meriti effettivi. In questo flusso intenso di sentimenti il mio pensiero grato va all’Arcivescovo emerito di Rossano-Cariati Mons. Andrea Cassone ed all’attuale Arcivescovo Mons. Santo Marcianò, verso i quali guardo con il cuore commosso di chi sa di aver ricevuto comprensione, affetto e stimoli pastorali forti e talvolta determinanti per le mie scelte ministeriali.
   Ma come non ricordare con gratitudine, infine, S. E. Mons. Domenico Cortese, che per 28 anni ha guidato la comunità diocesana con saggezza e prudenza, succedendo a quell’altra figura insigne di Vescovo che fu Mons. Vincenzo De Chiara: 54 anni in due di episcopato determinanti per la storia della diocesi durante i quali, con la guida illuminata e sapiente dei due pastori, le tre realtà di Mileto, Nicotera e Tropea hanno intrapreso un cammino pastorale unitario, oggi ben articolato ed amalgamato in grado di farci guardare al futuro con occhi perspicaci, attenti e meglio disposti a testimoniare il Vangelo nel nuovo mondo globalizzato.
   Come ha detto di recente il Santo Padre “il nostro tempo chiede testimoni…. L’azione della Chiesa è credibile ed efficace se quanti ne fanno parte sono disposti a pagare di persona la loro fedeltà “, guardando più in alto ed un po’ oltre le contingenze.
   La Chiesa italiana nel decennio pastorale in corso sta cercando di rilanciare l’annuncio evangelico come testimonianza e seme di speranza in un mondo strabico, dal pensiero debole e dagli scarsi o nulli riferimenti ideali. E forse - alla luce delle esperienze fatte o subite -  le tensioni ideali si stanno allentando facendo spazio alla rinuncia e al pessimismo, perché tanto non cambia nulla. Ma proprio in  questo contesto di smarrimento si colloca e si rafforza la ragione del nostro esserci di cristiani, di testimoni di Gesù Risorto. La società calabrese ha bisogno di speranza e noi dobbiamo seminarla col coraggio dell’amore.
   Mi viene in mente l’antico apologo delle quattro candele. Mi permetto di riproporlo a mio e vostro incoraggiamento. In una stanza silenziosa c’erano 4 candele accese. La prima si lamentava: “Io sono la pace, ma gli uomini preferiscono la guerra, non mi resta che lasciarmi spegnere”. E così accadde. La seconda disse: “Io sono la fede. Ma gli uomini sono cattivi ed incapaci di amare: non mi resta che lasciarmi spegnere”. E così accadde. La terza candela confessò: “Io sono l’amore. Ma gli uomini sono cattivi ed incapaci di amare: non mi resta che lasciarmi spegnere”. All’improvviso nella stanza compare un bambino che, piangendo, disse: “Ho paura del buio”. Allora la quarta candela disse: “Non piangere. Io resterò accesa e ti permetterò di riaccendere con la mia luce le altre candele: io sono la Speranza”.
   Quando tutto sembra crollare, quando lo stesso amore corre il rischio di spegnersi sopraffatto da mille problemi, ecco la speranza vigile e pronta a riaccendere l’amore e questo a ridare forza alle ragioni della speranza. L’uno non può fare a meno dell’altro ed insieme riaccendono il futuro. Un po’ come la reazione a catena dei gas del sole: il loro scoppiare non è autodistruzione, ma un reciproco autoalimentarsi per riprendere vigore.
   Il Sole è certamente il Signore che ci coinvolge tutti nel suo infinito ed imperscrutabile piano di purificazione e di redenzione cosmica. E’ Lui, Signore Risorto, ad inviare la Chiesa come “madre e maestra” per essere “cuore” della città degli uomini e porsi in essa come segno credibile e visibile del suo Signore.
   Non ci prenda la tentazione di dire che la speranza è utopia impraticabile. “Ciò che è impossibile presso gli uomini è possibile presso (con) Dio” (Mc 10,27 ). Del resto nella terra di Campanella l’utopia non può che essere di casa e di stimolo. E se è vero che la speranza non è “del” mondo in quanto  - come ricorda Benedetto XVI -  “Cristo non è del mondo, come pure i cristiani non devono essere del mondo”, è pur vero ed urgente che essa, identificandosi in Gesù Risorto, “è nel mondo e per il mondo”. (cf. Benedetto XVI, Omelia al Convegno ecclesiale di Verona).
   La speranza entra nell’intimo dell’uomo ed attraverso di lui entra nel mondo perché Cristo “è risorto ed è risorto perché è Dio”.
   Mi sono, anzi ci sono, di incoraggiamento le parole sofferte di D. Mottola, che speriamo di vedere presto sugli onori degli altari: “La carità è il destino dell’uomo” e Cristo “è la forma che attua la carità”. Cito ancora lui: la sinfonia della carità “è la forza divina che ci permette di sacrificare tutto”, è “l’Amore di Dio che si mette in circuito con l’amore del prossimo”. E questo non può che essere gioia, speranza e redenzione per la nostra terra.
   Con questi intendimenti voglio venire a voi, per sentirmi uno di voi, onde discernere insieme, con l’aiuto del Signore e la luce dello Spirito, il cammino che ci aspetta e si apre per la nostra storia immediata.
   Un saluto ed un abbraccio rivolgo a voi tutti. A voi sacerdoti ai quali offro fin d’ora il mio tempo, il mio cuore. I presbiteri sono i collaboratori più stretti del ministero del Vescovo (cf. Pastores gregis, n. 47), per cui chiedo a voi soprattutto di formare insieme come un’arpa multicorde da mettere nelle mani del Signore: avvalendosi di noi, Egli possa suonare melodie di amore e di speranza per la nostra comunità locale e per la Chiesa tutta.
   Non posso non riferirmi al Seminario ed ai suoi educatori, ai seminaristi, a chi è in ricerca vocazionale, ai Diaconi permanenti e transeunti. Il futuro della nostra Chiesa passa attraverso il rifiorire delle vocazioni in linea con la ben consolidata tradizione della diocesi.
   Saluto Voi, persone consacrate, esortandovi con S. Paolo a “ravvivare ogni giorno”  (cf. 2 Tim 1,6) il vostro carisma da vivere come dono a Dio e alla Chiesa anche locale, che servite con gioia e abnegazione generosa. Vi dico grazie per quello che già fate e certamente continuerete a fare. Ogni fiore serve per abbellire il giardino.
   Un pensiero speciale di intima compartecipazione rivolgo a chi ha problemi di salute di vario genere in casa, negli Ospedali, nelle case di accoglienza: grazie anche a chi opera per alleviare le altrui sofferenze. A tutti voi chiedo la carità di offrire le sofferenze per la santificazione vostra, delle nostre comunità e soprattutto dei sacerdoti.
   E come non ricordare voi giovani, che non siete il futuro della Chiesa, ma il presente che guarda al futuro con fiducia. I problemi sono tanti, ma vi sollecito a compromettervi per Cristo senza paura: troverete in me un padre pronto ad ascoltarvi ed a fornirvi ogni aiuto possibile. Vi prego, siate sempre innamorati della vita e degli ideali alti, senza sprecare la preziose energie in esperienze devianti e fallaci. Sentitevi amati e non rinunciate ad essere “sentinelle” del futuro vostro, della società, della comunità cristiana.
   E non voglio dimenticare le famiglie con i loro problemi, l’associazionismo laicale, comprese le numerose confraternite, i vari “cammini” di fede, ricchezza splendida di una Chiesa vivace in grado di essere “sale” e “luce della terra”: tutti siamo impegnati a costruire unità e comunione solidale. Mi troverete al vostro fianco senza remore e formalismi.
   A voi responsabili delle pubbliche Istituzioni, a voi che governate politicamente, a tutti gli uomini di buona volontà, garantisco la mia piena disponibilità per collaborare, nel rispetto delle reciproche autonomie e competenze, a favore delle nostre popolazioni, che hanno bisogno di riacquistare fiducia e di avere riferimenti ed interlocutori di sicuro affidamento.
   Nelle mani della Madonna, venerata come “Achiropita” a Rossano e di “Romania” nella mia nuova patria, metto le nostre vite e questi propositi. Sia Lei a guidarci col suo cuore di Madre.
   Su tutti voi, infine, fratelli e figli carissimi, invoco la divina benedizione perché tutto in noi sia manifestazione dell’amore crocifisso e della speranza oltre ogni speranza.
   Nella fervida attesa di incontrarvi, Vi abbraccio nel Signore ed in suo nome Vi benedico.

 Rossano 29 giugno 2007, festa dei Ss. Apostoli Pietro e Paolo

+ Luigi Renzo Vescovo eletto