Un momento della 'calata' 2010

 

LA 'CALATA'

DELLA MADONNA DI ROMANIA

 

di Salvatore Libertino

 

La 'Calata' del 30.8.2010

 

©TropeaMagazine

 

La giornata che conclude il mese di agosto, il più vacanziero per vocazione, riserva finalmente ai tropeani un momento intimo, di meditazione, introspezione, fede, culto, religiosità antica. La liturgia locale da avvio alla santa Novena che precede i festeggiamenti del 9 settembre, anniversario dell'incoronazione - con corona d'oro - della Madonna di Romania, avvenuta il 9 settembre 1877 a seguito di specifico decreto del capitolo vaticano. Oggi rimane ben poco di quella festa che prevedeva nelle strade della città, molto prima del 31 agosto, l'allestimento della 'villa', una serie di archi retti da pali, a distanza intervallata, con l'inserimento di luminarie composte da numerose candele o lampade multicolori, dai disegni animati a grande effetto, per corredare degnamente la festività della Santa Patrona cittadina, ora dell'intera Diocesi. La memoria storica di Micuccio Cortese ricordava le suggestive luminarie a gas di Don Gilormu che poi hanno lasciato il posto a quelle ad elettricità di mio nonno Salvatore Libertino.
Vi si montava a piazza Ercole un palco illuminato a giorno - o si utilizzava quello fisso smantellato negli anni Trenta - sul quale prendeva posto il complesso bandistico di turno che veniva chiamato ad allietare le tre serate della festa. Oltre alla grande animazione che si avvertiva in città, dentro la manifestazione si potevano cogliere anche spunti culturali di grande rilievo, sto parlando di quelli musicali veicolati da importanti complessi come quello della Guardia di Finanza e dell'Arma dei Carabinieri, che Tropea a quei tempi si permetteva il lusso di ospitare. Inoltre una trentina di anni fa il comitato della festa, oltre il complesso bandistico di alta elevatura, aveva la disponibilità di ingaggiare il cantante Claudio Villa.
Oggi i festeggiamenti, da almeno una trentina d'anni, si sono via via ridotti a lumicino fino al solo mantenimento dell'indispensabile processione, senza neppure i tradizionali fuochi d'artificio che di solito la sera concludono ogni festa, ormai anche quella di compleanno.
Non credo ci possano essere valide controindicazioni per ritornare ai vecchi tempi, anche perché la tradizione per il culto del Santo Patrono continua felicemente senza mai fermarsi o ridursi nel tempo in decine di comuni limitrofi o loro frazioni e quindi dentro lo stesso territorio diocesano attraverso feste sontuose - che non poche volte si avvalgono della presenza del Vescovo - come si conviene ad un Santo Protettore di una comunità diocesana. Abbiamo l'esempio di Parghelia, Brattirò, Spilinga, Zambrone, Zaccanopoli, Zungri, Ricadi, Papaglionti, Caroniti e altri ancora...
E non mi si dica che tale ridimensionamento - solo a Tropea - sia dovuto all'opportunità di avvicinarsi ad un culto religioso più consono, contrario nei momenti di preghiera ai beni voluttuari che possono distrarre i fedeli da una più sentita devozione. Sarebbe a questo punto pura ipocrisia clericale. Secondo noi, tale manchevolezza o - se preferite - endemica latitanza è riconducibile ad una forma classica di 'sciatteria' dei responsabili del clero (vedesi anche la scomparsa delle processioni di S. Giuseppe e di quella 'a mare' che continua ad essere celebrata in tutte le guide turistiche) e degli enti culturali e turistici a cominciare dall'Amministrazione Comunale, il cui sindaco, con la sciarpa tricolore, offre pubblicamente ogni anno, il 27 marzo, alla Santa patrona un cero a testimonianza della particolare vicinanza da parte della comunità di Tropea alla Madonna di Romania. Ciò significando tra l'altro che i tre giorni della festa una volta facevano rifiatare, ancora a settembre, l'economia stagionale della zona e la conseguente possibilità lavorativa se si pensi che costituivano un richiamo di migliaia di pellegrini che si partivano, come testimoniano le cronache del tempo, da Villa San Giovanni, da Messina, da Amantea, da Fiume Freddo, da Pizzo e da altri centri, anche fuori dalla regione, per soggiornare, secondo una tradizione consolidata, a Tropea. Inoltre, la 'grande festa' costituiva, come negli altri centri calabresi, il momento più sentito di aggregazione all'insegna del quale i tropeani, che ritornavano nel proprio paese durante l'estate, estendevano la loro permanenza fino al 9 settembre. Ciò accade anche oggi ma in tono molto minore.
Uno dei momenti più toccanti per la gente tropeana è la 'calata' del miracoloso Quadro dall'Altare Maggiore della Cattedrale, che si concede quindi e si fa più vicino ai fedeli i quali finalmente hanno modo di baciarlo e accarezzarlo con le mani sfiorandolo con un fazzoletto destinato ai malati che aspettano a casa di toccarlo. Il tempo necessario a che i fedeli possano adempiere a questa ritualità, e poi il Quadro viene inserito nella grande teca d'argento che rimane esposta, ai piedi dell'Altare, per tutta la durata della S. Novena ed infine, il 9 settembre, viene portato in processione.
A proposito del Quadro, "Esso - dice Mons. Antonio Maria Barone in un saggio del 1876 - della dimensione di palmi 4 per 3 2/12 su di tavola incorruttibile si ha tutta la somiglianza con quello, che si venera nell'insigne tempio di Monte Vergine, il quale fu indubitabilmente mandato in Eudossia di Gerusalemme a S. Pulcheria, e poscia da Caterina II di Valois, cui pervenne da Barduino II, che lo portò nel secolo XIII da Costantinopoli, fu regalato a quel celebre Santuario". E per dare l'idea dell'intensità della venerazione che i tropeani riservano alla 'loro' Maria SS. della Romania, in particolare quelli che vivono lontano dalla città, Mons. Barone continua: "anco agli antipodi vi sono tropeani che portano con sè l'immagine della Madonna loro con più riverenza di quella, onde gli ebrei portavano Gerusalemme scolpita fin sui loro anelli".