S. Alfonso Maria de' Liguori   Mons. Felice de Pał
S. Alfonso, Mons. Felice de Paù
e la nenia natalizia
<<Tu scendi dalle stelle>>

di Gaetano Valente


Introduzione
Una recente biografia1, assimilando i risultati della vasta mole di studi dell'ultimo mezzo secolo e giovandosi di più ampie ed estese ricerche documentarie, ha tracciato autorevolmente e consegnato alla storia la vera identità della complessa e poliedrica personalità di s. Alfonso M. de' Liguori, osservato in tutte le sue sfaccettature, come <<giurista, musicista, poeta, pittore, architetto, fondatore di una congregazione missionaria, autore di scritti di morale e di spiritualità, vescovo, santo, dottore della Chiesa>>, e convenientemente inserito nel contesto politico, sociale e religioso del suo tempo, il secolo dei lumi2. Nuova luce veniva tuttavia proiettata sulla figura di questo <<gigante non solo della storia della spiritualità, ma della storia tout court>>3, da nuovi e originali studi presentati al convegno internazionale, per l'occasione del bicentenario dalla sua morte e a quello per il bicentenario della sua nascita4, confermando <<quanto vasta e duratura sia stata la sua presenza e la sua opera>>5 e offrendo nello stesso tempo spunti interessanti per una discussione critica di alcuni temi, come quello appunto della <<tradizione musicale alfonsiana>>6.

S. Alfonso <<missionario delle plebi rurali>>
Nato a Napoli il 27 settembre 1696 da Giuseppe, ufficiale di marina, e Anna Maria Caterina Cavalieri, di cospicua famiglia di alti magistrati, Alfonso a sedici anni è già dottore in legge e a venti un celebre giurista del foro partenopeo. Dopo sette anni abbandona inaspettatamente l'attività forense per farsi prete e consacrarsi all'istruzione delle popolazioni rurali nella dottrina cristiana, ben presto seguito da alcuni buoni ecclesiastici con cui fonda nel 1732 la Congregazione dei Redentoristi, approvata dopo alcuni anni dal papa Benedetto XIV. Elevato nel 1762 contro la sua volontà alla cattedra vescovile di Sant'Agata dei Goti, nel 1775 gli fu concesso di rinunziarvi, morendo, quindi, a Nocera dei Pagani il 1° agosto 1787.
Emerge in limpida evidenza dalle molte biografie, particolarmente dalle fitte annotazioni del suo primo biografo e inseparabile compagno nelle fatiche apostoliche per quasi un quarantennio7, l'incontenibile zelo del santo nell'incessante attività missionaria, cui dedicò tutte le sue energie e il suo tempo, percorrendo senza sosta tutte le contrade della Campania e della Puglia per istruire nella fede e nella morale cristiana soprattutto le <<plebi rurali>>8. Della sua <<rivoluzione pastorale>> e azione missionaria silenziosa e discreta molto si giovò pertanto la Chiesa del Mezzogiorno, ancora in quel tempo fortemente impegnata nella difficile penetrazione della riforma tridentina nella maggior parte delle diocesi per i gravi condizionamenti frapposti dal giurisdizionalismo regio e baronale e dalla refrattarietà dello stesso clero. Nel contempo l'esperienza pugliese lo portò a scoprire un altro mondo ancora più bisognoso di istruzione e assistenza religiosa, quello dei transumanti9, le centinaia di pastori abbruzzesi, cioè, che scendevano dalle loro montagne con mandrie e greggi per andare a svernare nelle pianure del tavoliere e della fascia premurgiana fino alle estreme propaggini dei tratturi e della via consolare Appio-Traiana10.
In particolare risalto è posta pertanto nella sterminata letteratura alfonsiana l'incredibile mole di lavoro cui si sottopone il santo <<operaio evangelico>>. Alla fervida attività missionaria si era congiunta ben presto quella del governo della sua congregazione, della fondazione di nuove case religiose, della multiforme direzione spirituale e della pubblicistica come autore di scritti di morale e di spiritualità. A un certo punto, esigente com'era con se stesso e notoriamente scrupoloso nel compimento del dovere, si decise a fare il voto di non perdere nemmeno un minuto del suo tempo.
Dal canto suo la storiografia della religiosità o, meglio, della pietà popolare è unanime nel porre in risalto quanto incisiva sia stata la sua presenza in tante comunità rurali campane e pugliesi, dal punto di vista umano e culturale, e profonda e radicata l'efficacia del suo insegnamento dottrinale con la predicazione missionaria e con la divulgazione dei suoi libri di meditazione e di pratiche religiose, istaurando un nuovo corso nel regime della pastoralità tradizionale e nella mentalità devozionale delle popolazioni, notoriamente inquinata in radice da credenze e superstizioni antiche.
Uno dei maggiori esponenti di quella corrente storiografica, Giuseppe De Luca11, un prete intellettuale lucano notissimo ai cultori della materia, è stato il cantore, l'epigono del Santo, facendone conoscere con i suoi scritti la figura e il pensiero e eleggendolo egli stesso a suo maestro e guida spirituale. Era affascinato dalla dolcezza e semplicità dell'insegnamento di quei libri di spiritualità, non mancando di rievocare spesso la sua prima formazione cristiana, di quando, cioè, ancora adolescente, ascoltava estasiato la lettura delle meditazioni da quei manuali di pietà nell'assidua frequentazione della messa antelucana nella chiesa del suo paesino12.

S. Alfonso e le <<canzoncine spirituali>>
Da quei libri di istruzioni e pratiche religiose, alcuni dei quali considerati veri classici della pietà settecentesca, sono stati ricavati nel corso del tempo alcuni florilegi di devozione per uso del popolo sotto forma di vademecum13, che raccolgono letture di meditazione, preghiere, visite e, in appendice, canzoncine spirituali, così denominati nei repertori alfonsiani i canti per la partecipazione corale del popolo alle pratiche di culto.
Tutte globalmente attribuite al Santo e intestate ai vari temi sacri delle ricorrenti celebrazioni liturgiche e devozionali, le canzoncine alfonsiane per la loro straordinaria diffusione costituiscono un percorso obbligato per la storia della poesia religiosa e della stessa pietà popolare, che a sua volta offre elementi molto significativi e interessanti per la ricostruzione della vera identità del Settecento napoletano e italiano. Strutturate su schemi poetici molto semplici nella immediatezza espressiva del linguaggio popolare e rimarcate nel canto corale di facile apprendimento e di grande suggestione emotiva, esse occuparono un posto di primissimo piano nella strategia missionaria di s. Alfonso per veicolare alle popolazioni rurali il messaggio dell'insegnamento religioso, privilegiando naturalmente i temi dei misteri fondamentali della fede cristiana, l'incarnazione e passione di Cristo. E per il cantore mariano per eccellenza non poteva mancare l'omaggio filiale alla Madre di Dio.
Un congruo spazio è riservato, naturalmente, da biografi e studiosi alla formazione culturale di alto livello fatta impartire dai genitori al piccolo Alfonso. Particolare attenzione è posta su quella artistica, soprattutto musicale14, celebrandone le ottime capacità e il mirabile virtuosismo strumentale15. Resta solo da vedere quale uso ne abbia potuto fare in seguito il popolare santo <<operaio evangelico>>.
Si è già detto della multiforme e intensa attività cui si era sobbarcato Alfonso in ogni settore della vita apostolica e della determinazione di non perdere nemmeno un istante del suo tempo. In perfetta sintonia con il suo proposito si rivela il rimpianto spontaneo che espresse un giorno, ormai vecchio, alla vista del suo clavicembalo a Pagani16. Si lasciò prendere, è vero, in diversi momenti della sua vita, dal suo estro poetico per cantare l'ardore del suo animo innamorato della Vergine e del divino Crocifisso, affidando perlopiù a esperti compositori la musica di accompagnamento, come annotano qua e là i suoi biografi. In effetti, contrasta con la visione del Santo, tutto dedito alla missione evangelica e alla santificazione delle anime, considerarlo nelle vesti di un cantautore, intento a redigere testi letterati poetici e spartiti di composizioni musicali.
Torna spontaneo chiedersi a questo punto se siano veramente tutte di s. Alfonso le canzoncine pubblicate nelle varie edizioni sotto il suo nome17. Da un esame anche superficiale delle situazioni storiche, culturali e religiose dei nostri paesi emerge chiaramente una tradizione inveterata dell'uso costante di canti di natura popolare nelle pratiche culturali, soprattutto devozionali. E' plausibile pertanto che in gran parte, almeno, quelle canzoncine spirituali dei vademecum alfonsiani gli siano state ispirate dall'ascolto di canti religiosi già in uso nei luoghi visitati nel corso delle sue continue peregrinazioni apostoliche; dallo stesso santo, poi, debitamente sfrondate degli elementi popolari, se non addirittura dialettali, rielaborate nella forma letteraria e poetica e ampliate, infine, nei contenuti del rispettivo tema specifico siano venute via via a formare un cospicuo sussidiario pedagogico per l'istruzione e l'edificazione delle popolazioni rurali. In tale prospettiva nessuno oserà mai sottrarre nulla al suo grande merito di aver valorizzato, conservato e trasmesso fino ai nostri giorni quelle testimonianze letterarie e musicali di antica tradizione, che hanno segnato una tappa significativa nella storia della cultura e della religiosità popolare.

Il dibattito storiografico - Alla ricerca di un paternità
Sono tuttora in auge un pò dovunque nei paesi del Mezzogiorno molti di quei canti sacri di ispirazione popolare divulgati da S. Alfonso e dai suoi compagni in quel gran fermento missionario che ha caratterizzato il Settecento. Sarebbe interessante ricercare la genesi di ciascuno di quei canti che hanno costituito per lungo tempo un patrimonio di grande spessore culturale del popolo meridionale.
E' fatta risalire al 1830 la prima raccolta e pubblicazione di quei canti popolari sotto la prestigiosa paternità di s. Alfonso18 e intorno a quel nome si è creata e consolidata una <<tradizione musicale alfonsiana>>. Non poteva tuttavia mancare, e non è mancata, con la progressiva e puntuale ricerca delle fonti e per la stessa onestà intellettuale degli esperti della materia tra le stesse fila dei buoni padri liguoriani, una revisione critica dell'assunto.
Tra le canzoncine spirituali occupa un posto di primissimo piano per la sua grande fortuna la notissima nenia natalizia Tu scendi dalle stelle. Posta, pertanto, e tramandata finora sotto la paternità del santo napoletano, nell'attuale contesto culturale ogni altra affermazione in contrario potrebbe soltanto suscitare una comprensibile reazione di immediato rifiuto e di condanna senza appello, da bollare insomma, come una vera e propria eresia o provocazione. C'è solo da notare che non sono mancate nel corso del tempo pubblicazioni divulgative e servizi giornalistici per rivendicare a questa o a quest'altra località il merito di aver ispirato al santo missionario napoletano la famosa nenia natalizia.
Una corsia preferenziale è riservata naturalmente agli ambienti del Napoletano. Si vuole, tra l'altro, che sia stata la resistenza o, quanto meno, l'indifferenza degli abitanti di un paese del Nolano alla sua predicazione a fornire a s. Alfonso l'occasione di comporre quella dolce nenia per rabbonirli e indurli a frequentare la sua missione popolare. E', poi, la volta di Deliceto, nel Foggiano, dove pur dimorò a lungo e compose un facile trattato di teologia morale ad uso dei parroci, tenendovi altresì una missione popolare nel dicembre del 1744, ad avanzare l'esclusiva di quella ispirazione e a precisarne addirittura la data cronica, fatta risalire precisamente alla vigilia di Natale di quello stesso anno, e la data topica, individuata in una vicina altura su cui sorge il santuario della Madonna della Consolazione, mentre, estasiato, contemplava da quel colle l'incantevole scenario paesaggistico da presepe naturale19.
E' rimandata invece di undici anni la nascita ufficiale della nenia alfonsiana dal racconto di un episodio della vita del santo, rilevato da una tradizione orale e redatto solo dopo un secolo (1857) sotto forma di testimonianza, individuandone la data cronica nel Natale del 1755 e quella topica nella città di Nola, più precisamente la casa di un prete di cui era ospite per un corso di predicazione della novena nella sua parrocchia20. Su questo episodio, che andremo a esaminare, si è puntata l'attenzione degli storici del secolo scorso rilevandolo come prova irrefutabile della paternità alfonsiana.
In queste coordinate si situa il presente studio finalizzato a dar voce alle ragioni prioritarie della cittadina di Terlizzi, nel Barese, nel dibattito storiografico sempre aperto, sottoponendo all'attenzione degli specialisti in materia la propria tesi, quale contributo alla ricerca della identità di un fatto di cultura. Non vuol essere una futile rivendicazione di campanile, bensì una puntualizzazione critica della questione.
Tra i termini della questione è da premettere che la comunità terlizzese nel corso delle vicissitudini, anche drammatiche, della sua storia è sempre stata gelosa della propria identità21 e fortemente legata alle sue tradizioni religiose, distinguendosi nettamente dalle altre realtà demiche contermini per aver conservato inalterate nel tempo consuetudini e forme espressive tutte proprie, particolarmente nelle pratiche devozionali e nei relativi canti di ispirazione popolare22. In merito, un più ampio spazio andrebbe qui ritagliato per le esclusive melodie di origine antichissima e di sapore orientale, in tempi andati sommamente gradite da molti vescovi della diocesi e tenute in grande onore, fino alla recente riforma liturgica, dal capitolo cattedrale e dai sodalizi confraternali nelle celebrazioni delle solennità festive e delle ufficiature funebri. Tutto un cospicuo patrimonio di fede e di cultura ereditato e conservato integro attraverso una lunga serie di generazioni e ora fedelmente memorizzato da strumenti tecnologici e spartiti musicali per poterlo trasmettere nella sua autenticità originaria alle future generazioni. Una cura tutta particolare è stata naturalmente riservata al nutrito repertorio natalizio23.
Occupa tuttora un posto preminente tra le pratiche devozionali proprio la novena di Natale nella ritualità antica di secoli, incentrata nel canto della cosidetta Pastorella, la nenia natalizia terlizzese, da sempre eseguita nelle diverse melodie da gruppi di cantori riservando al popolo quello corale del caratteristico ritornello. La struttura letteraria e le diverse composizioni musicali sono certamente quelle originali, conservate e trasmesse intatte dalla comunità, fermamente convinta della loro nativa autenticità, e, pertanto, fortemente motivata a difendere come suo patrimonio esclusivo questa antica testimonianza di fede e di cultura, pur avendo smarrito ogni cognizione sulla identità dell'autore.
Verte pertanto sulla maggiore antichità o anteriorità della Pastorella terlizzese rispetto alla nenia del repertorio alfonsiano l'assunto di questo studio, privilegiando due corsie d'indagine, storica, l'una, e letterario-filologica, l'altra, puntando nello stesso tempo a individuarne l'autore.
Si rivela anzitutto interessante nella specifica letteratura storica sulle componenti della società terlizzese del Sei-Settecento riscontrarvi una nutrita e documentata presenza di cultori dell'arte musicale. Eloquente, anzitutto, l'epigrafe datata al 1651 e apposta su una struttura adiacente all'antico palazzo dell'arciprete prelato del luogo per ricordare l'inaugurazione del novum odèon, un auditorium per recite e intrattenimenti musicali24. Nei primissimi anni del Settecento è già attivato l'incentivo a coltivare la nobile arte offerto dal nobile e colto gentiluomo Gennaro de Paù (1668-1750) ai giovani bene del luogo, ma principalmente al promettente suo figlio Felice, con l'istituzione privata di una <<scuola di musica>>, chiamando a dirigerla il maestro e compositore Salvatore Broschi, padre dell'altro Broschi più famoso, Carlo, il notissimo sopranista detto Il Farinelli, di cui fu poi emulo il terlizzese e altrettanto celebre sopranista, oltre che apprezzato compositore, Vito Giuseppe Millico, detto il Moscovita, per aver dimorato a lungo a Mosca al servizio della zarina Caterina II. Oltre a Felice de Paù, anche il Millico si formò inizialmente a quella scuola, rilevata in seguito dall'amministrazione municipale che ingaggiò altri eneriti maestri, come il Tiani da Minervino e il Dalè da Napoli25.
 

Note
1 TH. REY-MERMET, Il Santo del secolo dei lumi. Alfonso De' Liguori, tr. it., N. Filippi e S. Majorano. Pref. J. Delumeau, Città nuova, Roma 1983.
2 A. MARRANZINI, Alfonso Maria de' Liguori. Vescovo al servizio del Vangelo nel secolo dei lumi, in <<Rivista di scienze religiose>> 11, 1997, 309-330.
3 DELIMEAU, pref. a REY-MERMET, cit., 9.
4 Alfonso M. de' Liguori e la società civile del suo tempo. Atti del Convegno internazionale per il bicentenario della morte del Santo (1787-1987), a cura di P. Giannantonio, 2 voll., Olschki, Firenze 1990; Alfonso M. de' Liguori e la Civiltà letteraria del Settecento. Atti del Convegno internazionale della nascita del Santo (1696-1996), a cura di P. Giannantonio, Olschki, Firenze 1999.
5 MARRANZINI, Alfonso Maria de' Liguori, cit., 310.
6 P. SATURNO, La tradizione musicale alfonsiana, in Alfonso M. de' Liguori e la società del suo tempo. Atti, cit., 577-598.
7 Si tratta del Tannoia, rilevato pertanto dalla critica più come memorialista che come storico. Si veda: A.M. TANNOIA, Della vita ed Istituto del Ven. Servo di Dio Alfonso M. de' Liguori, Vescovo di S. Agata de' Goti e Fondatore della Congregazione de' Preti Missionari del SS. Redentore, 2 voll., Napoli 1798.
8 Ampiamente in merito si veda TH. REY-MERMET, Alfonso de' Liguori un uomo per i senza speranza. Tr. it. S. Fiore. Città nuova, Roma 1987.
9 In merito si veda G. ORLANDI, S. Alfonso Maria de' Liguori e la Puglia, in <<Rivista di scienze religiose>>, 11, 1997, 327-345.
10 Alcuni gruppi si spingevano, attraverso la strada consolare, fino al santuario mariano di Sovereto, a un tiro di schioppo da Terlizzi, per venerarvi la <<Madonna dell'acqua>> e impetrare la pioggia salutare per i pascoli e il loro bestiame.
11 R. GUARNIERI, Don Giuseppe De Luca, Roma 1963.
12 G. DE LUCA, Sant'Alfonso, il mio maestro di vita cristiana, a cura di O. Gregorio, Alba 1963 (Rist.: Roma 1983). Così si esprime tra l'altro il De Luca in un suo articolo: <<Talune fra le abitudini più sante e dolci delle plebi cristiane del Mezzogiorno si devono a lui (...). Rammento di persona quel che sino a qualche anno fa era la meditazione letta dal parroco, tutte le mattine, alla messa prima dell'alba. Meditazioni stupende, che dai libri del Santo scendevano pari pari nel cuore dei fedeli>>.
13 Fino a qualche decennio addietro erano ancora in dotazione di chiese, parrocchie e anime devote questi manuali di pietà, come Le massime eterne e Il giovane provveduto.
14 Ebbe presumibilmente ottimi maestri privati e frequentò, in quel clima della capitale del bel canto e dell'Opera italiana, <<varie istituzioni musicali (...) nell'orbita spirituale dell'oratorio filippino>>, ma non un conservatorio. In merito si veda REY-MERMET, Il Santo del secolo dei lumi, cit., 110-111.
15 Nel merito specifico si vedano: J. BOGAERTS, S. Alphonse de Liguori musicien et la reforme du chant sagré, Paris 1899; P. SATURNO, Un musicista sconosciuto del '700. S. Alfonso de Liguori, Pagani 1977; ID., La tradizione musicale alfonsiana, in Alfonso M. de' Liguori e la società del suo tempo, Atti. cit., 577-598; REY-MERMET, Il santo del secolo dei lumi, cit., 107-112; M. PALLADINO, Sant'Alfonso poeta, 3 ed., Caserta 1917.
16 Il Tannoia (op. cit., I, 8) così riferisce testualmente quel rimpianto per il tempo perduto in gioventù con lo strumento musicale: <<Pazzo che sono stato in averci perduto tanto tempo; ma doveva ubbidire, perchè così voleva mio padre>>.
17 Tra le tante cf DI COSTE (a cura di), Le melodie di S. Alfonso M. de Liguori, Roma 1932; O. GREGORIO, Canzoniere alfonsiano. Studio critico col testo, Angri 1933.
18 O. GREGORIO, Melodie, folclorismo e statue di S. Alfonso, in <<Spicilegium Historicum Congregationis SS. Redemptoris>>, I, 1969, 162. Rilevo la fonte da P. SATURNO, La tradizione musicale alfonsiana, cit., 583. L'autore precisa che <<il Gregorio suppone>> sia avvenuta in quell'anno la prima pubblicazione.
19 Si veda, tra l'altro, l'articolo giornalistico di Lello Vecchiarino: Ecco dove nacque <<Tu scendi dalle stelle>>, in <<La Gazzetta del Mezzogiorno>> ed. del 27 dicembre 1994.
20 Dell'episodio si è occupato criticamente il Saturno (cf La tradizione musicale alfonsiana, cit).
21 Basti considerare la plurisecolare vertenza (durata ben sette secoli) per la difesa del privilegium exemptionis della sua chiesa dal vescovo di Giovinazzo e delle tradizioni culturali. In merito alla prima fase si veda G. VALENTE, Le questioni giurisdizionali tra arcipreti di Terlizzi e i vescovi di Giovinazzo. Documenti inediti (secc. XI-XV), Società di storia patria per la Puglia, (= Fonti e documenti - 10), Bari 1980.
22 Non si può tralasciare il preciso riferimento alla pratica devozionale delle Quarantore con il canto solenne di antica tradizione delle cosidette giaculatorie, tuttora in uso esclusivo della comunità terlizzese.
23 L'intera raccolta delle esecuzioni canore e delle relative trascrizioni in spartiti musicali è stata curata dal Maestro D.co Giuseppe Binetti, titolare della cattedra di Pianoforte Principale presso il Conservatorio di Musica di Bari <<Nicolò Piccinini>>, cui rivolgo un caloroso ringraziamento per la preziosa collaborazione.
24 Cf. G. VALENTE, Vito Giuseppe Millico, Molfetta 1985. In merito così scrive uno storico locale dell'Ottocento: <<Che Terlizzi avesse avuto un gusto, ed una naturale tendenza per gli spettacoli scenici, massime per i musicali, non è da dubitarne. Nella seconda metà del secolo XVIII (...) le varie classi dei terlizzesi, non esclusi gli ecclesiastici, fecero a gara nel promuoverli>>, L. MARINELLI GIOVENE, Memorie storiche di Terlizzi città nel Peuceto, Bari 1881, 361.
25 VALENTE, Vito Giuseppe Millico, cit., 12-13.
 
 

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(Mons. Felice de Paù)