Una immagine venatoria degli anni trenta dell'avv. Domenico Vizzone, citato nel lavoro di Chiapparo

USI VENATORI
TROPEANI

di Giuseppe Chiapparo


La  piccola città di Tropea sorge pittorescamente sopra uno scoglio del litorale del mare Tirreno fra due promontori alla base del maestoso ed ameno monte Poro. Essa è circondata da luoghi di caccia importanti quali:
1) -  il Gainaru, striscia di terreno che va dalla strada verso Zungri, dove abbondano le starne e le quaglie, le prime stanziali e le seconde migratorie, che nidificano da giugno ad agosto;
2) - la Crsita grande e la Crista piccola, al bivio tra Zungri e Spilinga;
3) - la Madonna del Poro, dove sorgono il seminario estivo della diocesi di Tropea ed il Santuario. In questa zona s'incontrano pernici e lepri che nidificano nei boschetti di proprietà dei fratelli Restelli;
4) - Il Poro di Nicotera e di Rombiolo, oltre quello di Spilinga e di Zungri, ove s'incontrano starne e tortore nei periodi di apertura della caccia;
5) - i boschetti di Torre Gallo e di Gagliopi dei fratelli Nicola e Cesare Toraldo;
6) - le Vallate di Carìa;
7) la zona di ripopolamento, costituita per un tratto di 300 ettari di bosco, comprendente castagni cedui di Carìa, Torre Gallo e Gagliope, concessa dai proprietari.
In questa zona sono stati introdotti, dalla Federazione di Catanzaro, lepri ungheresi e starne. Da ottobre a dicembre si cacciano beccafichi e allodole in una zona paludosa detta il Lacco.
La lepre si può cacciare con ottimi segugi nella zona di Torre Gallo, Jelo, Cimitero di Zungri, boschi di Spilinga, vallone di Carìa, boschi di Gagliopi e piani di Zaccanopoli.
Seguono poi: Savo, Foresta, Poro di Zaccanopoli, Poro di Zungri, Torre Gallo, Giuppi, Aramoni, Poro di Spilinga, Casella a Posta e numerose altre località, che omettiamo per brevità.
Fra i cacciatori tropeani i seguenti lasciarono il loro nome: Cutuli Annunziato, detto il capocaccia; D'Amico Giuseppe Antonio, il quale usava cani di razza comune; Bruno Elia, che possedeva uno dei migliori fucili. Costoro usavano fucili ad avancarica. Nel 1910 apparvero i retrocarica e da allora usano quelli calibro 12 e 16 perchè hanno una rosa di piombo abbastanza ampia.
Fra gli attuali notiamo: Adilardi Luigi, appassionato cercatore di tassi, Cutuli Michele, esperto cacciatore di volpe, l'avvocato Domenico Vizzone ed i figli Raffaele e Michele, Emanuele La Torre, che ci fornì parte di queste notizie, il geometra Bernardo Giroldini e Toraldo Vincenzo, entrambi eccellenti cacciatori di lepri.
Il cane rivela il cacciatore, per la qualcosa troviamo, fra le varie mute, cani di razza valente come il setter, lo spinone, il bracco, eccetera.
Riportiamo quanto ebbe a scrivere, a proposito degli usi e costumi di alcune località della Calabria, il chiarissimo professor Raffaele Corso in un suo pregiato articolo in lingua tedesca: "... in mancanza di una legge, è l'abitudine, che poi si trasmette da cacciatore a cacciatore, e nel tempo viene unanimemente riconosciuta. In caso di controversia la soluzione di un caso viene affidata agli anziani; quando vari cacciatori formano una società, o comitiva, essi nominano un capo che si incarica di fare il programma della giornata e si occupa delle divergenze eventuali, appellandosi alle regole verbalmente trasmesse ed accettate tacitamente.
Un cacciatore che ha ferito mortalmente un animale e ne segue le tracce la preda è di questo cacciatore e non di altri.
Se cacciando nidi con la rete un uccello fugge, se è catturato da altro cacciatore, è di proprietà di quest'ultimo, ma se l'uccello è scappato dalle mani del primo, chi lo cattura ha l'obbligo di restituirlo al primo cacciatore. Questa, in verità, è una caccia minuta, poco redditizia e generalmente interessa i piccoli contadini.
Quando un animale ferito si allontana in luoghi in cui vige il divieto di caccia, se il cacciatore lo insegue e lo finisce l'animale è suo di diritto, restando, però, responsabile dei danni che può aver provocato inseguendo la preda.
Se lo stesso animale viene catturato da altri è, di diritto, sempre del primo cacciatore che lo ha ferito, sempre che l'abbia seguito. Se due cacciatori inseguono la stessa bestia, quello che la cattura per primo ne è padrone. Anche se la bestia è stata ferita da vari cacciatori il diritto di preda è di chi l'ha ferito per primo.
Chi, per esempio, ammazza un cinghiale ha diritto alla testa dell'animale. Se l'animale è statp colpito da due cacciatori, il capo della comitiva deciderà osservando le ferite. Se una comitiva ferisce un animale in fuga e poi un cacciatore, non facente parte della comitiva, cattura la bestia, questa, di diritto, appartiene a quest'ultimo. Ma se un cane della prima comitiva insegue la bestia il cacciatore che la cattura deve darla al cacciatore della comitiva che l'ha ferita per primo. Se non vi è il cane che insegue, la preda è, come detto prima, del cacciatore catturante".
Ed ora diamo alcuni proverbi venatori di Tropea:

Acei pi 'nenti, e petri pi' nenti,
Mannaja li morti di cu' no' ndi mina.

A frevaru e Marzu,
'U lepri vaci a lu jazzu.

Ritengono, i cacciatori, che la lepre ritorni, in detti mesi, al giaccio dal quale sia stata già scovata.

Caccia di pinna
Cu la 'mmazza si lu spinna.
Caccia di pilu
Si parti a filu a filu.

Cacciaturi, sonaturi e pingi santi,
Su' sempi li cchiù, poviri e pizzenti.

Cu' acchica lu primu la caccia si pigghia.

Cu' va appressu a l'aceiu chi vola,
mai non porta ranu a la mola.

P'ogni aceju
'U 'so quattreiu.
(La grossezza dei pollini è
determinata per ogni uccello).

Quandu chiovi o mina ventu
Cacciaturi, statti attentu.

Sciami e nidu
Cu è lu primu.

Si voi m'ammazzi acej,
Menti purviri e quattrei.