Vincemzo Fazzari, Maestro di Cappella della Cattedrale di Tropea.

Vincenzo Fazzari,
Maestro di Cappella
della Cattedrale di Tropea,
e un canto dialettale
popolare ritrovato
 

di Salvatore Libertino


Nel saggio 'Canti popolari sulla passione e morte di Gesù Cristo in Tropea', pubblicato nella tornata di maggio 2006, l'etnografo tropeano Giuseppe Chiapparo ci propone un vecchio canto in vernacolo che le donne 'popolane' intonavano durante la processione del venerdì santo dietro la bara del 'Signuri mortu'. L'autore, oltre a rendere noto il testo integrale, riporta lo spartito iniziale della melodia di quei versi, citando Vincenzo Fazzari, maestro di Cappella della Cattedrale di Tropea, quale autore della tablatura. Grazie a tale accenno siamo in grado di conoscere il motivo musicale che accompagna le parole.
Abbiamo voluto incontrare il Maestro Fazzari, per ascoltare e registrare dalla sua viva voce la melodia delle note che una cinquantina di anni fa aveva distribuito sul pentagramma, richiesto e pubblicato poi dal Chiapparo.
Vincenzo oggi ha ottantacinque anni 'suonati' (è il caso di dirlo..!) e ancora costituisce la colonna portante musicale delle sacre liturgie officiate nella Cattedrale. Il suo contributo, con gli anni che passano, diventa sempre più prezioso ed unico specialmente nell'esecuzione durante la novena della Madonna di Romania degli inni composti dal Padre Redentorista Luigi Errico, scomparso nell’agosto del 1884. Ora il custode assoluto di tale patrimonio musicale popolare, tramandatosi oralmente, è lui, che ha trascritto con le proprie mani e con l'impeccabile professionalità, che lo ha sempre contraddistinto, le relative tablature, che - ancora manoscritte su fogli svolazzanti - attendono da innumerevoli anni di essere raccolte e pubblicate per una futura memoria più leggibile. Lo abbiamo ascoltato durante la Santa Novena della Madonna qualche giorno prima della Festa del 27 marzo 2006, seduto davanti al 'suo' organo ad accompagnare quei canti intonati dalle donne, immerso, con gli occhi chiusi, in un mare di vibranti e avvolgenti note musicali che solo quel monumentale strumento sa colpire sotto la pelle i tropeani, quando è suonato dall'allievo prediletto di Giosuè Macrì.
Il Maestro ci ha voluto onorare trasmettendoci ancora una volta la gioia dei canti popolari intonando le prime note dell'inno 'Cu ha perzu figghi', che TM ha registrato per Voi.
Figlio di un calzolaio, Vincenzo nasce a Tropea nel 1922. Fin da ragazzino aiuta il padre nella bottega di via Roma finchè a 11 anni, su invito di un coetaneo di nome Caracciolo, che ogni mattina passava davanti "'o mastru" per recarsi alla Marina del Vescovado a frequentare le lezioni di musica a casa di Giuseppe Teodoro, maestro della banda municipale, non si scrive anch'egli allo stesso corso. Il Caracciolo - ci precisa Fazzari - aveva assoluto bisogno di frequentare quel corso perchè, una volta completato, avrebbe raggiunto suo padre in Argentina essendo in grado di suonare assieme a lui in un'orchestra. Per la cronaca, il piccolo Caracciolo non si potrà ricongiungere al padre a causa di una grave malattia agli occhi.
Vincenzo segue diligentemente le lezioni del professore attraverso l'efficace metodo Pasquale Bona, apprendendo nel contempo i segreti della composizione, che lo fanno ben presto specializzare nel primo di una lunga serie di strumenti, il Corno mi bemolle, ed occupare sul palco fisso di piazza Ercole il posto di prima fila all'interno della banda municipale. Le prove avvengono in viale della stazione, nell'attuale palazzina "Bumbuleo", accanto alla fabbrichetta di 'acque gassose' il cui titolare era mio nonno Salvatore Libertino. Dopo qualche anno il giovane opta per un altro strumento, il Tricorno soprano (che fa il verso nella lirica al mezzosoprano), sostenuto dal nonno materno, Negro, componente - qualche tempo prima - della stessa banda.
Vincenzo si trova a vivere un periodo epico per la musica tropeana, al tempo in cui vi erano due complessi bandistici, perennemente in competizione, che sapevano trascinare nelle dispute musicali i tropeani che ormai conoscevano a menadito i segreti più nascosti dei brani considerati "difficili" distinguendo la bravura o meno di chi li avesse eseguito. Vincenzo vive proprio in quel periodo entusiasmante, quando per le tifoserie l'attesa di assistere all'esecuzione dell'una o dell'altra Banda era vissuta come ai nostri giorni si vive quella di una partita di calcio tra due squadre blasonate.
Col tempo Vincenzo avverte dentro di sè la passione struggente per un altro strumento, l'organo, di cui per la verità è stato da sempre innamorato. Decine di chiese a Tropea ne erano dotate, anche le più piccole, come Santa Maria dell'Isola fuori le mura e quella dei Nobili al centro storico. Come faceva a perdersi le messe cantate, le novene del santo di turno, le funzioni religiose che richiedevano l'impiego e il suono del suo strumento preferito? Come la maggior parte della gente, in occasione della novena dell'Immacolata, alla Chiesa di S. Demetrio, si porta la sedia da casa con molto anticipo per mettersi nel posto più favorevole per assistere nel migliore dei modi allo spettacolo musicale dei cori e dei suoni guidati dalla maestria classica del Conte Scrugli o dall'impronta moderna e nervosa di don Giosuè Macrì, Maestro di Cappella della Cattedrale. La novena dell'Immacolata era l'evento musicale più seguito come lo si fa ora per il festival di Sanremo.
Ma nella scala dei valori di Vincenzo l'organo della Cattedrale è sicuramente il più ambito. E' il più grande, collegato a una selva di canne, il più professionale, il più complicato e quello che più conta è elettrico sì da far parlare i suoni. Costruito dalla Casa Tamburini da Crema, viene collocato al lato destro dell'abside e collaudato il 24 dicembre del 1939. Una iniziativa dell'allora Vescovo Felice Cribellati. La ciliegina sulla torta a conclusione degli impegnativi lavori di ripristino all'originario stile normanno della Cattedrale. Una macchina imponente, con sistema di mantici funzionanti elettricamente. Due tastiere estensibili di grande pedaliera ad un'ottava semitonata, e di quindici registri tra cui le Viole, la Dulciana, l'Unda maris, ed altri svariati effetti acustico-ornamentali. Al collaudo segue un memorabile concerto nel quale si esibiscono i valorosi Maestri don Cosma Passalacqua da Mileto e don Giosuè Macrì da Limbadi, cimentandosi nei brani più difficili come la solenne "Toccata e fuga in re minore" di Johann Sebastian Bach e la celebre Pastorale di Arcangelo Corelli.
Mons. Cribellati capisce subito che quello strumento pieno di registri e tecnologie, costato un occhio, occorre preservarlo e da ordini tassativi che può essere suonato soltanto dalla persona di don Macrì. Anche un valente ed esperto pianista come il Conte Scrugli ne viene escluso.
Il giovane Fazzari si accosta sempre di più a questo nuovo strumento facendosi un giorno notare dal Macrì che riconosce in lui la naturalezza, la passione e l'estro del musicista e dell'interprete. Ed è così che Vincenzo, sotto la guida del Maestro di Cappella, comincia a suonare 'antifone' e "litanie" a S. Demetrio, durante la novena dell'Immacolata, e al Purgatorio, durante quella di Santa Lucia.
Finchè, in Cattedrale, una sera di dicembre del 1952, nella notte di Natale, con l'imprimatur di don Giosuè Macrì e l'assenso di Don Ciccio Baldanza, si siede davanti allo strumento, all'insaputa del 'pubblico' e inizia a suonare con spigliata autorevolezza. Ora lo può fare. Mons. Cribellati non è più. E' scomparso da poco e quindi ciò gli è permesso. Questo è il momento di Vincenzo Fazzari. Anche il destino gli da una mano, proprio nella notte di Natale, quando anni prima avvenne il collaudo seguito dal memorabile concerto. Ora si tratta di suonare la non facile messa, "cantata" a due voci con il magistrale contributo di don Emanuele La Torre (tenore) e del parroco Scattaretica (baritono). Un trionfo. Tra i banchi della Cattedrale la gente si alza in piedi più volte cercando di vedere chi fosse l'organista. Da quella sera Vincenzo corre da una chiesa all'altra dalle cinque di mattina fino al vespro: al Purgatorio, agli Scalzi, al Convento, a San Francesco, a S. Demetrio... Sono ormai sue le funzioni del sabato dedicate alla Madonna, le "sabatine", e quelle della domenica, le "conventuali", delle 1100 con lo schieramento di tutto il Capitolo Cattedrale.
Cresce la popolarità del nuovo musicista, ricercatissimo ormai anche dalle famiglie, di qualsiasi ceto, non solo a Tropea, per allietare le cerimonie di matrimonio. Ricorda ancora con particolare emozione i matrimoni, di cui ha siglato la colonna sonora, alla Chiesa dei Nobili, come quelli di D'Amore e Barone/Adilardi, suonando le marce nuziali di Wagner e Mendelson.
Intanto, Vincenzo si sposa con Gemma, figlia di Antonio Polistina da Favazzina, maestro di musica fortemente apprezzato nel territorio di Tropea per bravura e signorilità. Ha tre figli e pur svolgendo la professione di imbianchino, riesce a continuare a farsi onore nel campo musicale suonando l'organo e accompagnandosi con la sua voce grave da baritono. Egli non si limita ad eseguire brani dei più svariati autori di musica classica, ma compone lui stesso diverse opere di carattere sacro: "pastorali", "litanie", "messe cantate" che ancora esegue regolarmente durante le funzioni religiose. Alla fine ne diviene il punto di riferimento musicale di assoluto prestigio e il Prof. Giuseppe Chiapparo ne da ampia dimostrazione ricorrendo molto frequentemente alla sua autorevole consulenza.
Figura umile e altamente religiosa, ha un'impennata d'orgoglio e ci mostra, incorniciata alla parete della stanza da letto, come una reliquia, una lettera con il timbro della Sede Apostolica ricevuta nel 1976: " La Segretria di Stato porge distinti ossequi al signor Vincenzo Fazzari, e mentre si congratula per i buoni sentimenti espressi e per l'attività musicale da lui svolta, con zelo e competenza, nella Cattedrale di Tropea, è lieta di porgergli i migliori auspici di bene. Il capo Ufficio Segreteria di Stato Guglielmo Zannoni. Vaticano, 16 settembre 1976".
Sappiamo che a tale compiacimento fra non molto se ne aggiungerà un altro, l'ambita onorificenza, già proposta alla Santa Sede dal Can. Ignazio Toraldo di Francia: il Cavalierato di San Gregorio Magno, Ordine Equestre Pontificio che viene conferito ai laici benemeriti della Chiesa e delle opere cattoliche.
Un omaggio dovuto che lo accompagnerà sempre assieme a quello affettuoso tributato ogni giorno da tutta la comunità tropeana che da sessantaquattro anni segue con la massima attenzione e devozione la musica, intrisa dei più profondi sentimenti cristiani, di Vincenzo Fazzari, Maestro di Cappella della Chiesa Cattedrale.
Ed ecco la registrazione del vecchio canto popolare tropeano ritrovato....


 
 
 

'CU HA PERZU FIGGHI'


 

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Cu' ha perzu figghi po' cunsidirari,
Perz'ho mio figghiu, ahimè, com'haju a fari!
Non c'è nessunu mu m'insigna la strata,
Lu stessu sangu mi la fa 'nsignari.
'Na donna mi 'ncuntrò pi' quella strata,
Di nomu la Veronica chiamata.
- Hai vistu a mio figghiu di cca passari
E cu' na vesti nova lavurata?
- Tal'omu non passò di questa strata,
Ca unu ndi mani 'stu vilu chi portu,
Vidi s'è chistu lu to' figghiu amatu -.
Vitti spuntari 'na cavalleria,
Vitti spuntari semila reggenti.
- Chistu sarà me' figghiu, amara mia!
Mi lu pigghiaru ed io non lu sapia.
Torna la Vironica cu' rancuri:
Ssu vilu tenittillu ben sarvatu
A mio figghiu nci asciugasti li suduri,
Li so' bellizzi preziusi e cari -,
'Ntisi la trumba lu versu sonari,
Maria appressu la trumba vozi iri
- Chi ha fattu d'omu chi morti lu portati?
Forsi fu marfatturi e scanuscenti?
Io su' donna so' matri, la scuntenta.
- Tu si donna so' matri, scellerata,
Tu nci sapivi li so' mmancamenti,
Tira, passa di ccà, pazza nzenzata!
- Io vi pregu, fratelli me' cari,
Ora vi pregu a tutti quantu siti,
Mentri a mio figghiu mortu lu portati,
Dassati mu nci dugnu l'urtimi baciati.
Oh figghiu duci, a tia cu' ti 'nchiovau?
E cu la po' suffriri tanta pena?
Pi' mia lu Suli e la Luna scuraru,
A mia mi manca la forza e la lena,
Lena non haju, figghio mio nucenti,
Ma ti piangissi piatusamenti.
E tu, fammi 'sta grazzia, Figghiu duci,
Mu moru cu tia sutt'a 'ssa cruci -
 
 


 

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