Il ritratto dell'autore Francesco Sergio da assegnare a Giuseppe Grimaldi
sul foglio del manoscritto con il quale ha inizio l'autobiografia.

FRANCESCO SERGIO

CHRONOLOGICA COLLECTANEA
 DE CIVITATE TROPEA EIUSQUE TERRITORIO

- INTRODUZIONE -

di Pasquale Russo
(1988)


1. Storia e struttura del manoscritto

Francesco Sergio, sacerdote di Tropea, vissuto a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo, ha lasciato, pronto per la stampa, un grosso manoscritto, in lingua latina, sulla storia di Tropea e del suo territorio1, nel quale ha riportato diligentemente tutto ciò che antichi autori avevano scritto su questa città della Calabria, tutte le tradizioni che egli stesso aveva potuto apprendere dalla viva voce di protagonisti e di testimoni oculari e, infine, tutto ciò di cui era venuto a conoscenza per esperienza personale nel corso della sua vita.
Il modello narrativo seguito non è assolutamente originale: altri cronisti locali, infatti, prima del Sergio e dopo, si cimentarono nella stessa impresa con risultati più o meno simili2. Si tratta, comunque, di un'opera di grande interesse storico, ricca di dati e di notizie, e costituisce, pertanto, un sicuro punto di riferimento per tutti gli studiosi di microstoria ed anche per semplici curiosi di cose tropeane.
Di questo manoscritto, già conosciuto nel passato e largamente utilizzato da diversi storici locali3, si erano perse le tracce da oltre dieci anni: di esso si conoscevano solo delle copie fotostatiche, alcune esistenti a Tropea, altre a Roma presso tropeani, leggibili solo in parte e con molta fatica e, perciò, quasi inutilizzabili. Al ritrovamento del manoscritto originale si è giunti dopo una serie di lunghe ricerche4, attraverso le quali è stato possibile ricostruire i vari passaggi di proprietà, che avevano interessato il manoscritto negli ultimi decenni, fino ad arrivare all'attuale proprietario che è il Sovrano Militare Ordine di Malta5. Proprio nella biblioteca romana dell'Ordine di Malta è stato rinvenuto il manoscritto, dove si trova custodito. Nella consultazione, però, si è evidenziato uno stato di grave deterioramento, ormai irreversibile, tanto che la leggibilità del testo riprodotto è stata possibile, in molti casi, grazie allo scrupoloso impegno dell'editore, fondato sulla competenza e la partecipazione del responsabile della fotografia e della grafica.
E' per questo che costituisce motivo di plauso l'iniziativa del Centro del folklore di Tropea e dell'Amministrazione Provinciale di Catanzaro di finanziare la stampa anastatica di un'opera altrimenti non più consultabile. L'iniziativa si colloca nella promozione dei beni culturali della Regione e rappresenta un arricchimento del patrimonio culturale e storico della città di Tropea. Con essa la memoria storica di avvenimenti e fatti del passato viene riproposta e proiettata sul presente e, in più, si salva dalla distruzione un documento di primo piano, che il tempo e l'incuria hanno irrimediabilmente compromesso. La fatica del curatore di questa ristampa, che già si era reso promotore del ritrovamento del manoscritto originale, può essere ricompensata dalla consapevolezza di aver dato a un pubblico più vasto una storia di Tropea, che merita, ancor oggi, di essere letta e conosciuta e con la quale bisognerà confrontarsi nel momento della ricerca delle radici di una città6.


Disegno su carta (inchiostro, carboncino e acquerello) di Willem Schellinks, 1664,
dall'Atlas Blaeu, nel Bildarchiv und Portratsammlung der Osterreichischen Nationalbibliothek, Wien.

Qui si intende dare una prima serie di indicazioni che possano avviare a una iniziale conoscenza del manoscritto, dei suoi contenuti, della sua struttura e delle sue caratteristiche, nonchè preparare a una lettura più critica e a una comprensione più adeguata dell'opera. La storia raccontata nel manoscritto finisce per perdere, così, la frammentarietà della cronaca, perchè vicende ed avvenimenti si inseriscono nella trama di un racconto più ampio, dove il quadro di riferimento non è più Tropea e il suo territorio, ma il viceregno di Napoli, la Spagna, l'impero, gli stati europei, lo stesso destino umano7.
La Chronologica Collectanea de civitate Tropea è un manoscritto di grande formato (cm 21x31), opera di Francesco Sergio e porta sul frontespizio la data 17208. Esso è diviso in tre libri e comprende 206 fogli numerati; XVII fogli tra introduzione, indice dei capitoli e numerose dediche, sonetti e altri componimenti; 22 fogli non numerati che contengono la vita dell'autore e altri, ancora, non numerati che contengono l'indice alfabetico. I tre libri, a loro volta, sono divisi in capitoli: il primo ne comprende trentacinque (nell'indice ne sonb o riportati 34); il secondo diciassette; il terzo trenta.
In particolare, nel primo libro si parla della città di Tropea, della sua origine e della genealogia, dell'etimologia del suo nome, del sito e del clima, della sua antichità, bellezza e fedeltà. Si parla, anche, del territorio di Tropea, dei suoi dintorni e dell'amministrazione della città con le sue istituzioni principali: il Tribunale o R. Bagliva, la Curia capitaniale, la R. Dogana, i mercati e le fiere, l'elezione del Magistrato, i poteri del Sindaco, ecc. A riprova, poi della grandezza della città sono riportati integralmente i privilegi e le concessioni reali di cui godeva la città e altri importanti documenti.
Nel secondo libro si tratta delle persone e si fa l'elenco di tutte le famiglie patrizie viventi e di quelle estinte, delle faniglie nobili fuori del sedile, dei titoli e dei feudi goduti da tropeani. Delle famiglie sono riportati gli stemmi e le notizie relative alla regione della loro nobiltà. Un capitolo a parte è dedicato alle famiglie degli <<honorati del popolo>> ed un altro ai cittadini illustri, che si sono segnalati nelle diverse attività.
Il terzo libro è dedicato alla Chiesa, vero contropotere. Il Sergio, a questo proposito, ricostruisce la storia della diocesi di Tropea e fornisce la serie dei suoi vescovi. Particolare attenzione è riservata alla descrizione e alla storia delle varie Chiese e dei conventi, nonchè del Monte di Pietà.
Le notizie date nella Collectanea Chronologica non sempre hanno un effettivo riscontro nella realtà; il riferimento va, soprattutto, alla storia delle origini della città, dove il Sergio riprende, senza vagliarle criticamente, antiche leggende, non più credibili e non solo da oggi. Diverso, comunque, è il valore e lo spessore del racconto, quando si tratta di riferire avvenimenti contemporanei, di cui l'autore aveva conoscenza diretta.
Quest'opera si presenta con la veste pronta per la stampa, alla maniera tipica del primo Settecento. I caratteri sono a stampatello, larghi e stesi su ampi fogli; di più, c'è un ingenuo tentativo di impreziosimento del testo, che è disposto, quasi sempre, su due colonne. Di qui il ricorso a una forma di miniaturizzazione, sia pure largamente incompleta, delle maiuscole dei titoli, quasi a volerne sottolineare la solennità. Gli stessi fogli, d'altra parte, non sono privi di una certa sobria eleganza, sottolineata, soprattutto, da una misura armonica dell'impaginazione e dall'ampiezza dei margini laterali con i richiami contenutistici. Mosso, vario, graficamente articolato e ricco si presenta, infine, l'ampio frontespizio, con decorazioni mitologiche, artitettoniche e floreali che ne incorniciano il titolo, la ragione sociale dell'autore e la data.


G.B. Pacichelli : Il Regno di Napoli in prospettiva, diviso in dodici provincie, Napoli 1703.

La rilegatura del manoscritto non è originale: è successiva e risale alla seconda metà dell'800; è in cartone rivestito e reca incisi in oro sul dorso il titolo dell'opera e il nome del suo autore (CHRONOLO / COLLECTA / A F. SERGIO) e le iniziali del proprietario dell'epoca del manoscritto, Don Antonio Pontoriero (D.A.P.).
Il manoscritto così rilegato presenta al primo foglio il frontespizio piacevolmente illustrato con una ricca grafica ma numerato in alto col romano II; segue il secondo foglio che reca un "occhiello" col titolo dell'opera e la data MDCCXX, numerato in alto col I: è ipotizzabile che l'ottocentesco curatore della rilegatura abbia operato l'inversione dei primi due fogli con l'intento di offrire in apertura al lettore il frontespizio, ritenendolo evidentemente di più effetto. In questa nostra edizione anastatica si è ritenuto opportuno ripristinare la disposizione dei fogli secondo la numerazione I e II, nel rispetto del comune criterio di impaginazione e dell'indicazione data, del resto, dallo stesso autore.
La numerazione, sempre posta in alto a destra, è per fogli e non per pagine; ma in alcuni punti della parte iniziale e nella parte finale manca del tutto. I fogli dei tre libri che trattano della storia di Tropea sono raccolti in sedicesimi, indicati ciascuno con una lettera dell'alfabeto posta in calce alla pagina. Tale suddivisione è talvolta alterata dall'inserimento di fogli non numerati, aggiunti dall'autore a completamento del proprio discorso evidentemente dopo la stesura definitiva dell'opera.
Le prime pagine contengono: una Dedicatoria, secondo l'uso del tempo, un indirizzo Ad amicum lectorem e, ancora, una Auctoris Praefatio e una Protestatio et finis Auctoris. Qui, in particolare, sono enunciate le motivazioni dell'autore e gli scopi della sua opera. Seguono una serie di componimenti poetici (sonetti, odi, epigrammi), scritti, presumibilmente, da amici accademici del Sergio, che esaltano la grande erudizione dell'autore e la grande benemerenza acquisita con quest'opera, cosicchè Tropea gli dovrà essere sempre grata9. Prima delle pagine che riportano la vita dell'autore, si trovano un Laconismus e un Elogium.
La parte relativa alla biografia del Sergio (Collectoris vita) non ha numerazione: è compresa tra il foglio XVIII e l'inizio del primo libro dell'opera. Della biografia fa parte anche una nota conclusiva (Ad collectoris stegmata), nella quale l'autore, di origine popolana, cerca per sè, inventandolo, uno spazio nella nobiltà, facendo addirittura risalire il suo casato alla Gens Sergia10.
Esaurita la parte iniziale, comincia la storia di Tropea e da qui la numerazione è in cifre arabe, proseguendo sempre per foglio e non per pagina. La numerazione del primo libro si interrompe al foglio 79, col capitolo XXXV incompleto. Il foglio con il quale inizia il secondo libro, porta il numero 84, ripetuto nei due fogli successivi. Dopo questa ripetizione, la numerazione prosegue nel secondo e nel terzo libro, fino al foglio 206.
Dopo il foglio 206, nessun altro è numerato, nè quello che riporta il privilegio del rocchetto, nè quello che riporta la lettera al Conte di Oropesa11. Questi ultimi fogli, come quelli che contengono la biografia del Sergio, sono scritti a rigo intero, mentre tutti gli sltri del manoscritto sono su due colonne.
Il volume si conclude con un indice analitico (Repertorium sive Sommarium ac rerum notabilium in praesenti opera) non numerato, compilato in ordine alfabetico, con la materia ordinata, nell'ambito di ciascuna lettera, progressivamente in riferimento ai fogli in cui è la trattazione.
L'opera è corredata anche degli stemmi nobiliari di Tropea, suddivise in due gruppi; in particolare, gli stemmi delle famiglie nobiliari, appartenenti al primo gruppo, sono tutti ben rifiniti; mentre quelli appartenenti al secondo gruppo hanno appena delineata la cornice e qualcuno ha abbozzato a matita le armi in tutto o in parte12. Nel testo si parla anche di una mappa, che non fu eseguita: dopo il foglio 76, però, c'è un foglio bianco piegato in tre in senso orizzontale predisposto per la mappa, che qui non riproduciamo. Il manoscritto contiene tre fogli in bianco, mentre il foglio 180 ha sul retto un solo rigo entro una cornice su tutto il foglio; il verso, invece, è tutto bianco.


                   
Disegni di Alessandro Campesi tratti dal manoscritto "Collectanea chronologica civitatis
Tropaeae notari Alexandri Campesii, eiusdem civis", 1736.

La Chronologica Collectanea, nonostante fosse già pronta per la stampa, rimase allo stato di manoscritto. Si ignorano i motivi della mancata pubblicazione a stampa. Forse le condizioni di salute dell'autore ne ritardarono, dapprima, la definitiva messa a punto, poi, la morte pose fine a questo proposito. Nè, successivamente, gli eredi pensarono di portare a termine questa iniziativa. Molti, certamente, avevano interesse a vedere riconosciuta pubblicamente la patente di nobiltà concessa dal Sergio; altri, invece, trattati male dall'autore e rimessi in discussione circa la loro nobiltà, non avevano alcun interesse in tal senso. Forse, bisognerà riconoscere che questi altri, benchè pochi, furono, tuttavia, in grado di ostacolare e di inpedire, alla fine, la pubblicazione dell'opera.
Pur rimanendo, però, allo stato di manoscritto, la Chronologica Collectanea circolò ugualmente in Tropea. Molte famiglie avevano provveduto a ricopiare le parti per loro più interessanti, mentre diversi storici locali nello scrivere le loro memorie ebbero modo di consultare il testo integrale. Non desti, perciò, meraviglia se, confrontando l'opera del Sergio con altre successive storie di Tropea, si scopre come queste ultime abbiano ripreso molto, e non solo nell'impostazione, dalla Chronologica Collectanea.
Dove maggiormente si nota l'influsso del Sergio è nella Collectanea Chronologica civitatis Tropeae notarii Alexandri Campesii, eiusdem civitatis (1746). Si tratta, come afferma lo stesso Capialbi, di un sunto dell'opera del Sergio. basta osservare, del resto, l'impianto delle due opere per rendersene conto. Il confronto può essere fatto sulla base dell'opera del Paladini, che, sa sua volta, si era servito del manoscritto del Campese, dichiarandolo espressamente13.
La scrittura del Sergio è, nel complesso, assai retorica, secondo uno stile proprio del tempo. Altre caratteristiche sono l'accumulazione sinonimica e la ripetizione enfatica. Ancora con la variatio morfologica (per tutti praeconuum/praeconem) e sintattica, tanto presenti nel racconto del Sergio, l'autore tenta di conferire vivacità a un periodare che procede non sempre spedito, specie per una sovrabbondanza verbale che permea l'intero tessuto narrativo. D'altra parte, il Sergio è uomo del suo tempo e si muove da perfetto "cortigiano", che ben conosce l'ambiente servile e plagiato della corte e della nobiltà spagnuola, per esservi stato a lungo in contatto, proprio a Madrid14.
Ma il racconto non è vacuo; del resto l'autore più volte dà l'impressione di muoversi lungo collaudati binari moralistici, caduti in disuso, che egli vuol rimettere in circolazione contro la decadenza incombente. A parte questo, il motivo dominante è l'amore che nutre per Tropea, la sua terra. L'elogio del tempo passato, in evidente connessione con l'amara riflessione sul presente, non è, infatti, un locus letterario, ma nasconde la speranza di un recupero di valori tradizionali, ormai dimenticati. E' qui che il Sergio, liberandosi da mode letterarie e dallo stile di vita dell'epoca, appare in tutta la sua sincerità; perchè, infine, la Chronologica Collectanea è l'opera della sua vita.

2. Francesco Sergio, cronista di Tropea

Francesco Sergio, nato il 6 febbraio 1642, è l'autore della Chronologica Collectanea, a cui diede mano negli ultimi anni della sua vita. Le sue vicende personali ci sono note da un profilo autobiografico (Collectoris nostri vita deprompta a quadam suorum itinerum relatione, ac suarum commorationum in diversis mundi partibus), che precede il testo della vera e propria storia di Tropea e comprende ben quarantadue pagine. Scritto prevalentemente in terza persona, è tuttavia da ritenere che ne sia autore lo stesso Sergio. Non mancano, del resto, espressioni in prima persona singolare. Piuttosto, l'alternanza tra prima e terza persona indica chiaramente l'intento non riuscito dell'autore di conservare il massimo distacco di fronte agli avvenimenti raccontati. Dove, infatti, il ricordo è ancora vivo, e la passione non dimenticata, il Sergio deve necessariamente uscire dall'anonimato della terza persona per entrare direttamente in scena.

         
P. Antonio Minasi: "Il prospetto della città di Tropea tra i promontori Sabrono e Vaticano".
Incisioni pubblicate intorno al 1777.

Il racconto autobiografico dell'autore si snoda attorno a dei passaggi significativi della sua vita: la nascita, gli studi, l'ordinazione sacerdotale, l'arresto e la prigione, il ritorno alla libertà, la missione a Madrid, la sua attività educativa a Tropea, il suo capolavoro, dal quale si attende un riconoscimente che i suoi concittadini gli negano o non gli concedono secondo le sue aspettative. Non è vero, perciò, che nessuna vanità, come egli scrive, lo aveva spinto a scrivere questa cronologia, nè la ricerca di onori, nè il desiderio di una fama più duratura15. Il solo amore di patria non giustifica questa impresa: da una parte egli cerca di imporsi all'attenzione dei suoi concittadini scrivendo la storia della loro città, dall'altra rincorre una preminenza nobiliare che, in realtà, non ha, essendo di famiglia popolana. Il padre era un mercante e voleva che il figlio seguisse la sua professione, ma questi non era affatto d'accordo, volendo entrare a far parte del clero locale, scelta di vita alla quale si sentiva chiamato. Le insistenze del padre e le esigenze familiari (la morte del fratello maggiore) non fecero recedere il Sergio da questa sua decisione, alla quale restò sempre fedele, pur in situazioni molto difficili.
Il profilo biografico permette di seguire gli studi compiuti dall'autore per arrivare al sacerdozio: dapprima a Tropea da un precettore privato e presso il locale collegio dei Gesuiti, successivamente a Napoli presso il Convento di S. Maria delle Grazie dei Domenicani per il completamento dello studio delle umane lettere, presso l'Università e l'Almo collegio dei Teologi per lo studio delle materie teologiche. Se questo è il cursus studiorum effettivamente seguito, si può comprendere come il Sergio avesse acquisito una solida preparazione culturale, come la lettura della Chronologica Collectanea lascia, del resto, presupporre e come lo stesso Sergio afferma chiaramente nelle pagine autobiografiche. D'altra parte, qualsiasi ecclesiastico di spicco del XVII secolo non poteva non seguire un corso di studi del genere16.
Lascia, piuttosto, perplessi, invece, il racconto relativo alle circostanze che portarono l'autore ad essere arrestato e ad essere condannato a due anni e due mesi di carcere, mentre si trovava a Napoli, all'indomani della sua ordinazione sacerdotale. Forse il reale motivo dell'arresto e della relativa condanna è assai diverso da quello tanto fortuito (mancanza di documenti) prospettato dall'autore. In realtà, a distanza di molti anni da quegli avvenimenti, il Sergio provava ancora vergogna per una colpa di gioventù, che aveva segnato così duramente la sua esistenza. I suoi concittadini, d'altra parte, non potevano ignorare la vera causa dell'arresto e della condanna. Di qui la necessità per il Sergio di ritornare sull'argomento, per non essere accusato di tacere su cose sgradevoli, ma fornendo una versione di comodo facendo risalire l'arresto a una causa fortuita, con la quale tirarsi fuori e proclamare la propria innocenza. Il Sergio offre ai suoi lettori questa versione dei fatti, che si prestava anche a far risaltare il lato eroico ed avventuroso di una vita votata a ben altre imprese, nel segno di una Provvidenza che nelle vicende umane persegue un preciso disegno17.
Sotto questo aspetto, il ritorno alla normalità con l'uscita dal carcere e la ripresa delle funzioni sacerdotali non poteva lasciare appagato il Sergio. L'aver fatto parte per sette anni, a partire dal 1670, degli assistenti alla Messa maggiore del coro della Cattedrale di Tropea e, poi, per altri quattordici anni, dei ventiquattro de parte integra e, infine, l'apertura di una scuola di grammatica e di umane lettere nella sua città non erano attività tali da rappresentare un approdo definitivo per una esistenza inquieta. Su questi lunghi anni, trascorsi nella quiete della periferia del regno, il racconto del Sergio scorre rapido, quasi a voler dimenticare.

        
Stampe settecentesche tratte da "Voyage pittoresque" di G. C. Richard,
abate di Saint-Non (1778). Disegno di Destréz, incisione di Chatelet.

Ben altra consistenza assume, però, la missione compiuta dall'Autore a Madrid (1685-1700), per conto dei duchi di S. Stefano. Alla base di questa missione c'era una controversia relativamente a una transazione operata dal Supremo Consiglio d'Italia a danno del Ducato di S. Stefano, transazione che i duchi di S. Stefano giudicavano illegittima. Già il racconto del viaggio a Madrid si svolge secondo un modulo, dove i fatti straordinari giocano un ruolo dominante. L'autore vuole, soprattutto, meravigliare il lettore, insistendo su una tipologia di tipo barocco. Così la nave inglese, che faceva rotta da Livorno a Barcellona, era una delle più grandi della flotta inglese, dotata, tra l'altro, di 60 cannoni e con un equipaggio di 50 marinai. Durante il viaggio, naturalmente, il mare è dapprima calmo e tranquillo come uno specchio; ma, a distanza di poche ore dalla partenza, l'infuriare di una tempesta improvvisa porta la nave fuori rotta. Le immagini adoperate (le onde sembravano montagne, sicchè la nave andava dalle cime alle valli proseguendo disordinatamente) sono tanto incredibili da far pensare a una tempesta mai avvenuta, ma solo evocata letterariamente18.
Pur con questi esiti narrativi, che donatano il gusto barocco a cui l'autore non riesce a sottrarsi, la permanenza a Madrid risulterà decisiva per la maturazione intellettuale del Sergio. A questo si aggiunga anche la conoscenza diretta della vita di corte da un osservatorio privilegiato, quale poteva essere la casa del conte di Oropesa, dove il Sergio svolgeva le mansioni di cappellano, dopo la fine della missione19. E non solo la vita di corte poteva essere oggetto di conoscenza, ma anche la politica spagnola con le sue trame e i suoi intrighi in un momento critico della vita del regno, quando le maggiori dinastie europee avanzavano pretese di successione sulla corona spagnola20.
Educato a una visione meno particolaristica delle cose, il Sergio nella Chronologica Collectanea, composta negli anni successivi alla sua permanenza madrilena, dà corpo a una storia di Tropea proiettata, sorattutto, su un asse dove mito e storia si incontrano per segnare i contorni di una narrazione celebrativa del passato. I fatti raccontati non sono vagliati criticamente; c'è solo il gusto del narratore, che si offre al lettore per rafforzarlo nelle sue credenze di un passato glorioso, che potrebbe ancora ritornare, ricreandone le condizioni.
Certo, l'autore non ignora gli aspetti "decadenti" del suo tempo, ma la sua attenzione è rivolta altrove, rischiando così di perdere i contatti con i gravi problemi del presente. Perchè, di fatto, nella celebrazione di un passato glorioso, il Sergio non dà al presente, che gli scorre sotto gli occhi, un valore diverso da quello che si dà a forme di degenerazione, oltretutto provvisorie. I mali, che pure egli vede e detesta, sono fatti marginali, episodi ben circoscritti che non possono incidere sull'immagine del mondo costruita sulla falsariga di uno schema tanto semplicistico, se pure ancorato a una concezione cristiana della vita e della storia. Così, nello sviluppo della Chronologica Collectanea l'autore dà la misura della sua cultura storica, legata, oltre che a fonti letterarie, a ricordi personali e testimoniali, nel mentre evidenzia una serie di convinzioni personali strutturate a un modo di vedere le cose umane da un punto di vista superiore.
Nel testo ricorre molte volte la sua testimonianza diretta: Recordor cum essem matriti ed espressioni simili costituiscono un motivo sempre ricorrente e danno alla narrazione una accentuazione più personale. Così Recordor ipse cum essem parvulus; ipse adulescens vidi; cum essem teneris annis; cum in mea adulescentia essem; ego vero adultae aetatis eram; meis hisce oculis vidi; tetigi et meis manibus attrectavi; recordor nostro evo; recordor nostra aetate sono espressioni che rimandano alla memoria dell'autore.
 
 


P. Antonio Minasi: "La veduta della nobile città di Tropea
e dell'antico villaggio di Paralia". Incisione del 1780.
Collezione Toraldo-Serra.

La narrazione non si esaurisce qui; il Sergio riferisce anche fatti ed avvenimenti sentiti da altri: amici, conoscenti, uomini di cultura, oltre che fare riferimento preciso alle fonti scritte di autori come Marafioti, Ughelli, Barrio21, nonchè cronisti locali come Dardano e Barone22. Le fonti documentarie sono sempre presenti e sono citate con precisione. Non manca il ricorso all'autorità di Antichi storici (Strabone, Plinio...), filosofi (Aristotile, Cicerone, Agostino...), scrittori e poeti (Virgilio, Dante, Ariosto...).
Particolare peso assume, poi, il continuo riferimento a testi biblici, soprattutto quando l'autore tratta delle vicende degli uomini e sue personali. La Scrittura è citata come riferimento alla verità eterna con la quale va confrontata ogni realtà passeggera. D'altra parte, proprio da una certa lettura della Scrittura, il Sergio assume la consapevolezza della prevalenza del negativo nella storia, come di ciò che è opera del diavolo23 e dal quale derivano agli uomini tristezza e affanno. Egli sente che la passione di Cristo continua nella sofferenza degli uomini e, a questo scopo, riporta i testi biblici, ripresi prevalentemente dai Salmi e dai Vangeli, che alludono alla Passione.
In definitiva, la concezione della vita è sorretta nel Sergio da una religiosità non bigotta, dove, anche se le devozioni costituiscono l'asse portante delle manifestazioni di fede, non c'è caduta nel banale di una religiosità superficiale. Il momento spettacolare ha certo grande valore, come è nel costume dell'epoca, ma il Sergio è uomo di buona cultura teologica, oltre che umanistica, e non ha di Dio una immagine antropomorfica, come molti suoi contemporanei. D'altra parte, l'autore si è ben inserito nella istituzione ecclesiastica della sua città24. Gli sbandamenti di gioventù sono ora solo un ricordo, il soggiorno a Madrid, anche per mezzo dei suoi racconti, gli dà maggior lustro. La Chronologica Collectanea rappresenta, perciò, il compimento della vita del Sergio: ora, frugando nella memoria, può scrivere la sua storia e aspirare a una fama più duratura presso i suoi concittadini. Era importante dimostrare di essere capace di poter aspirare a qualcos'altro, che in vita non era riuscito a raggiungere.
E' questa una chiave di lettura della Chronologica Collectanea. Senza pretese eccessive da un punto di vista letterario, nè da un punto di vista storico, essa rimane un documento rilevante ai fini della comprensione della storia di una città. I limiti sono evidenti e sono, in parte, dovuti al tempo, alla mancanza di una seria documentazione storica, all'atteggiamento stesso del Sergio, incapace, spesso, di essere tanto distaccato dai fatti narrati, da apparire coinvolto emotivamente.

3. La città di Tropea nel racconto di Francesco Sergio

La storia della città di Tropea, raccontata da Francesco Sergio, si identifica con la storia di un territosio, non molto vasto, avente una sua unità politica, geografica ed economica e costituito da ventiquattro casali con capitale Tropea25. Si tratta di un territorio che si estende dal promontorio di Capo Vaticano alla punta di Zambrone sulla costa tirrenica, addentrandosi all'inteno fino alla cresta dell'altipiano del Poro. E' una zona per lo più costiera, ed è ricca di storia e di bellezza. Nel passato, quando il mare costituiva l'unica via percorribile, se pur non priva di pericoli, ma certo più sicura della terra, senza strade e popolata di briganti, tutto questo territorio ebbe una sua importanza commerciale, legata soprattutto, al traffico marittimo. Un altro dato significativo di questa terra è l'esperienza di libertà politica che ha accompagnato sempre la sua storia26.


"Tropea veduta dalla marina verso Pargalia"
da M. Sarconi, Istoria de' fenomeni del tremuoto avvenuto nelle Calabrie e nel Veldemone nell'anno 1783,
posta in luce dalla Reale Accademia delle Scienze e Belle Lettere di Napoli,
Campo, Napoli, 2 voll., 1784. Disegno di Ignazio Stile, Incisione di Antonio Zaballi.

In realtà, Tropea fu una delle poche città del regno di Napoli, che rimase sempre soggetta alla giurisdizione regia, mentre tutte le altre erano soggette alla giurisdizione baronale. La sua fedeltà ai vari regnanti le procurò privilegi e benemerenze in tutti i tempi e le consentì di ornare le sue armi con le orgogliose parole: Sola Tropea sub fidelitate remansit. Il prezzo pagato per conservare questo status particolare fu abbastanza costoso in termini di effettiva libertà politica e di imposizione fiscale. Ma condizioni storiche e ragioni culturali consentirono alla città di diventare un "nido di nobili", una specie di corte, punto di riferimento degli abitanti dei ventiquattro casali e delle zone limitrofe27.
Questa dimensione peculiare sopravvive ancora oggi nel tessuto edilizio urbano della città antica. Il centro storico, infatti, è costituito da grandi case, i palazzi patrizi, con portali maestosi. Non c'è traccia di case modeste, riservate ad artigiani e contadini. Chiusa entro la cerchia ben munita dall'alto appicco roccioso sul mare e dal castello con le sue fortificazioni sul resto, la città viveva splendidamente dei beni che affluivano dal contado (i suoi ventiquattro casali) e dagli scambi marittimi e dei servigi prestati dalla numerosa servitù che popolava i tuguri (i più abbienti disponevano anche di schiavi). Viveva nell'esercizio del potere: quello civile e quello religioso, strettamente connessi. Viveva una "sua" cultura e una "sua" spiritualità, lontano dai drammi quotidiani, immersa nel culto di miti antichi e nella ricerca del diletto28.
Questa città, assai nobile e religiosa, ebbe sempre vasti orizzonti di civiltà, a cui mirava oltre il vasto limite del mare, da dove venne Ercole, figlio di Giove, che la fondò, e Ulisse, il profugo sventurato, come narrano le antiche leggende, da sempre tramandate e riprese da cronisti. Proprio ripetendo queste leggende, il Sergio poteva rivolgersi alla sua città affermandone la natura sponsale con il mare. E, infatti, <<A mari origo tua, mari circumdaris, ex mari tui Conditores, in mari denominatio tua, de mari commercium tuum, supra mare situatio tua et totum quod provenit ad te de mari et mari coniuncta es indossulibili modo, ergo mari nupta es>>29.
Realmente, la città di Tropea, riscoprendo il suo essere <<sposa del mare>>, vuole riappropriarsi nell'immaginazione collettiva di una storia infinita che la possa congiungere agli dei.
Da qui quella sorta di epopea che caratterizza la storia della città: dal mitico fondatore in poi a solcare il suo splendido mare non furono solo i legni saraceni forieri di paura e di terrore, ma anche le navi cristiane vittoriose a Lepanto contro i Turchi30 e, prima ancora, il vascello orientale con l'effige della Madonna di Romania, che il popolo in tripudio con il suo Vescovo e il suo clero va ad accogliere al porto, perchè il mare si era rifiutato di essere ancora strada agli smarriti naviganti turbati da tanto prodigio. Mito e religione caratterizzano così due momenti successivi, spesso intrecciati tra loro, di questa epopea non ancora conclusa.
Proprio questa epopea è cantata a piena voce da Francesco Sergio nella sua Choronologica Collectanea. Le origini antiche della città, da una parte, il radicamento della cristianità, dall'altra, sono la materia del racconto. Soprattutto, la presenza cristiana, così intimamente legata alla storia e alla cultura della città, con le sue Chiese e i suoi conventi, con i suoi Vescovi e il suo clero, trova nel Sergio un cantore entusiasta31.
 
 


Anonimo, "Veduta della città di Tropea disegnata dal fenestrone del Convento dell'Annunziata prima de' tremuoti de' 5 febbraro 1783". Schizzo a penna.

L'autore ama profondamente la sua città, la sua patria o, meglio, la <<madrepatria>>. L'ama con tanta passione che è consapevole di esagerare nel dire le sue grandezze, dispensandosi spesso dal sottoporre al vaglio critico tutte le notizie e le informazioni che raccoglie. L'oggetto del racconto è sempre la città di Tropea: <<Regiam hanc nobilem et fidelissimam civitatem Tropeae, tantis iam diplomatibus cumulatam, privilegiis ornatam, gratiis, exemptionibus decoratam fulgoris splendore inter alias suis bene gestis fulgentem regiae augustissimaeque maiestatis dictioni submissam, oboedientiaeque antiquae submissam praeferam, cuius enim dictioni sua semper fuit oboedientissimam esse et ad regale servitium prontissimam, seque haud nunquam paratam se exibendam curavit>>32.
Il racconto, e questo è un aspetto non secondario, non è limitato a Tropea e al suo territorio, perchè, di fatto, è inserito in un contesto più ampio. Al Sergio era d'aiuto, a questo scopo, la sua lunga permanenza a Madrid, che gli aveva permesso di conoscere fatti di capitale importanza per la vita del regno e dell'Europa. Da questo punto di vista, la Chronologica Collectanea non è solo una testimonianza viva, nei limiti delle cognizioni e delle capacità critiche del tempo, della realtà fisica e ambientale di Tropea e del suo territorio, ma anche documentazione degli intrighi di corte della Spagna di Carlo II. Così il Sergio descrive coste e promontori, monti e fiumi, terre e vallate, realtà urbane e fenomeni fisici e geologici, costumi e cose <<meravigliose e notabili>> con un linguaggio schietto e denso di una sua suggestiva vivacità. Nello stesso tempo, c'è, nell'opera dell'autore, quel senso di autentica passione civile e di smisurato orgoglio patrio, che induce il Sergio ad esaltare la grandezza e la nobiltà, le <<cose ammirande e celeberrime>> e lo <<splendore indicibile>> di questa nobilissima e amatissima sua città. Ma non sono assenti scorci descrittivi di altre terre e altre città, racconti di fatti storici notevoli. Il risultato di questo sforzo narrativo è un grande affresco, con al centro la città di Tropea con i suoi casali, proiettata, però, su uno scenario molto più ampio, la Spagna e l'Europa del XVIII secolo33.
In definitiva, la Chronologia Collectanea presenta nella sua articolazione una grande vitalità: espressione di una cultura legata ancora a canoni barocchi, ingenua ed artificiosa insieme, propensa all'iperbole e alla magnificenza e, tuttavia, ricca di stimoli e curiosità erudite, utili non solo per la conoscenza di Tropea e del suo territorio, ma anche della Calabria e della Spagna, con riferimento, soprattutto, alle ultime travagliate vicende del viceregno napoletano e del Regno di Spagna, su cui sedeva, allora, Carlo II.


Disegno di Henry Swinburne, tratto da "Travels in Two Sicilies 1777-1780", 1783.
Incisione di Peter Mazel.

Le notizie relative a Tropea e ai ventiquattro casali, contenute nella Chronologica Collectanea, possono essere utilmente confrontate con altri documenti di poco anteriori. Significativa, al riguardo, è la Descrizione della città di Tropea, redatta dal preside della Provincia Giovanni Urries e dall'ingegnere Giulio Fontana l'8 marzo 1610, un secolo prima della composizione dell'opera del Sergio. La città, si legge nella Descrizione, era sede vescovile, e il Capitolo della Cattedrale aveva 24 canonici. In essa vi abitavano 300 gentiluomini di famiglie nobili, due baroni, 8 feudatari con vassalli, altri 300 viventi nobilmente, 30 dottori in legge, 6 medici, 6 farmacisti, 12 fondachi di mercanti, 12 notai, molti artigiani, pescatori e altra gente. Vi erano, inoltre, 8 parrocchie, 2 monasteri di monache, un convento di frati minori conventuali, una casa di gesuiti - altri 8 conventi erano all'esterno della città (fuori le mura) - e 8 confraternite. C'era anche il giudice, il baglivo, il regio fondaco, il castellano, il luogotenente del mastro popolano della Provincia con l'obbligo della residenza in Tropea34.
Tropea esercitava il suo dominio e governava su 24 casali: la popolazione complessiva nell'anno 1648 era di 15.370 abitanti; la sola Tropea aveva una popolazione di 6.000 abitanti. Nel territorio, si legge ancora nella Descrizione dell'ingegnere Fontana, vi erano 35 molini, 90 trappeti per olio e una tonnara. Le rendite davano 12.000 libbre di seta, 20.000 tomoli di grano, 2.000 di orzo e di altre vettovaglie, 1.200 botti di olio, 1.500 cantaia di bambagia35.
Le condizioni generali di Tropea e dei casali erano abbastanza floride in quel periodo. Prova ne sia il fatto che nel 1612 - siamo nel mezzo di una grave crisi economica del viceregno di Napoli -, quando la regia corte vende ai Ruffo di Calabria la città di Tropea per 191.041 ducati, la città si riscatta per molto di più rispetto alla somma pagata dai Ruffo, mentre Cosenza nel 1631 viene venduta per soli 50.000 ducati36.
Tra il 1630 e il 1650 si nota una certa crisi; tra l'altro le popolazioni del territorio di Tropea sono atterrite dalle continue scorrerie turche e mancano le difese alle postazioni fatte costruire da don Pedro di Toledo nel XVI secolo. La prima metà del '600 segna, perciò, una stasi della cresita economica e demografica che si era avuta sino alla fine del 1500. I segni della decadenza vanno facendosi evidenti nella desolazione in cui, nel corso del XVII secolo, versano la città e i suoi casali. Calamità naturali, come i terremoti e le pestilenze, si aggiungono a fattori di natura sociale e politica e riducono la vitalità della popolazione che va calando anche di numero. A tutto questo si accompagna un ristagno delle attività commerciali, con un abbassamento delle condizioni generali di vita37.


Giovanni Vivenzio: "Istoria de' tremuoti avvenuti di Calabria ulteriore e nella città di Messina nell'anno 1783".
2 volumi. Napoli, 1788. Disegno di Al. D'Anna, incisione di G. Guerra e F. Giomignani.

E' in questo contesto di crisi che nasce la Chronologica Collectanea. Il Sergio ne prende atto, ma senza riuscire a collegarla alle profonde motivazioni, da cui questa crisi prendeva corpo. Le motivazioni di tipo moralistico, a cui fa ricorso il Sergio per spiegarla, non sono affatto sufficienti. Già la rivolta dei casali del 1722, avvenuta due anni dopo la morte dell'autore, dava alla crisi una risposta diversa. Era la rigidità della gerarchia sociale, così come si era consolidata nei secoli, ad essere messa in discussione, in funzione di un diverso ordine sociale. Il Sergio, invece, si limitava a deplorare le condizioni del suo tempo, ignorando proprio i conflitti sociali e le nuove richieste delle popolazioni del territorio. <<Ubi enim sunt vires magnanimi - si domandava il Sergio -, ubi sunt nostri antiqui heroes ad nostri regis servitium, sicut semper habere nostra civitas solita fuit? Haud inconsulto exclamari debet com eloquentiae Principe: o mores, o tempora. Corrupta iam videntur antenatorum gloriosa facinora, heroicarum actionum iam deperdita memoria. Ubi enim magnanimitas, ubi prudentia, ubi gubernii stimulus, ubi obtemperantia legum, ubi praedecessorum executio institutorum, ubi municipalium consuetudinum executio, ubi, quia sine lege vivitur, iuxta illud: Qui sine lege vivit, sine lege perit, aut iuxta divinum sermonem per Spiritum Sanctum ex ore Prophetae: Qui credit legi, lex est illi fidelis?>>38.
In realtà, l'autore della Chronologica Collectanea non poteva ignorare la gravità di una crisi tanto diffusa e i suoi risvolti sull'effettivo modo di vivere delle popolazioni, solo che, ancorato ad una concezione aristocratica della vita, era portato a sottovalutarla. Si poteva pensare a una serie di congiunture sfavorevoli, risolte le quali lo sviluppo economico avrebbe seguito il suo corso. Intanto, sta qui il senso del discorso del Sergio, era necessario recuperare quei valori della convivenza, che erano andati in disuso. In altri termini, il futuro migliore della città lo si poteva costruire in un processo di riappropriazione collettiva del proprio passato, o di quei valori che avevano fatto grande la città di Tropea. L'analisi era senza dubbio riduttiva e non dava affatto ragione della complessità della crisi che la città di Tropea, e non solo essa, attraversava. Piuttosto, di lì a poco l'esplosione della rivolta dei casali contro Tropea doveva dimostrare inequivocabilmente la limitatezza della prospettiva del Sergio.
Ma Francesco Sergio, già scomparso da due anni, non potè assitere a una rivolta che metteva fine a un mondo, al suo mondo, rompendo l'equilibrio sul quale era costruito.

NOTE

1   Il titolo per intero del manoscritto è: Chronologica Collectanea sive Chronicorum de civitate Tropea eiusque territorio.
2   Già a suo tempo V. CAPIALBI (Memorie per servire alla storia della santa Chiesa Tropeana, dalla Tipografia Porcelli, Napoli 1852, pp. XXVI-XXXIV), parlando di scrittori inediti di storia di Tropea, riferiva di possedere alcuni di questi manoscritti. Tra gli altri, faceva menzione di L. DARDANO (Del sito della città di Tropea fatto dal signor Lorenzo Dardano di essa città), vissuto dopo la metà del XVI secolo; di A. CRESCENTIO (Descrizione di Tropea fatta dall'abate Agostino Crescentio nel 1624); di G. M. CRESCENTI (Fastorum civitatis Tropaeae, libri IV), che si sofferma, soprattutto, sugli avvenimenti compresi tra il 1783 e il 1800; di A. CAMPESI (Collectanea Chonologica civitatis Tropaeae notarii Alexandri Campesii, eiusdem civitatis, 1746. Da ricordare, anche, M. PALADINI (Notizie storiche sulla città di Tropea, Arti Grafiche Lorenzo Rizzo, Catania 1930), che ha rifuso appunti manoscritti dello zio Raffaele Paladini, contemporaneo e amico di Pasquale Galluppi.
3   La Collectanea Chronologica del Campesi <<è creduta un sunto della Cronica del Sergio>> (V. CAPIALBI, Memorie per servire alla storia della santa Chiesa Tropeana, cit., p. XXXIV). Lo stesso Paladini e N. SCRUGLI (Notizie archeologiche e storiche di Portercole e Tropea, Tipografia del Cav. Antonio Morano, Napoli 1891) hanno attinto a piene mani dall'opera del Sergio, mentre il Capialbi afferma di non aver potuto consultare il manoscritto (Cfr. Ivi, p. XXXIII).
4   Da un appunto di Raffaele Paladini si apprende che a possedere il manoscritto del Sergio, tra fine '700 e inizio '800, fosse D. Giuseppe Grimaldi. Cfr M. PALADINI, Notizie storiche sulla città di Tropea, cit., p. 179. Successivamente il manoscritto passò alla famiglia Pontoriero, che nella seconda metà dell'800 ne curò la rilegatura, e quindi alla famiglia Cesareo che lo acquistò agli inizi del '900. Nel 1973 il dott. Giuseppe Cesareo, per il tramite di Antonio Toraldo, fece dono del manoscritto al Sovrano Militare Ordine di Malta. Sul ritrovamento del manoscritto, cfr. P. RUSSO, Tropea nella luce del manoscritto dell'abate Sergio. Cronaca di un ritrovamento, in "La Provincia di Catanzaro", V (1986); 1, pp. 74-76.
5   Il ms originale è custodito al presente nella biblioteca del S.M.O.M. dal barone Franz Von Lobstein, illustre storico e direttore della stessa Biblioteca. Il Lobstein, per conservare meglio il ms, aveva provveduto a fare delle fotocopie, abbastanza fedeli, una delle quali conservata nella Biblioteca a disposizione degli studiosi, e un'altra donata ad Antonio Toraldo. Dalle copie ne sono state fatte altre ancora, e queste ultime, a differenza delle prime, non sono affatto leggibili.
6   Recenti iniziative editoriali, localizzate nel vibonese, vanno in questa direzione. L'iniziativa più organica è rappresentata dal Tabularium Militen, ideata da F. Luzzi, Direttore dell'Archivio Storico Diocesano di Mileto. Nella collana sono state pubblicate Le "Memorie" di Uriele Maria Napolione. Parte I. Memorie per la chiesa Vescovile di Mileto, Laruffa, Reggio Calabria 1984. Si tratta di un manoscritto del XVIII secolo di proprietà dell'Archivio Diocesano. Sono in programma altre pubblicazioni. Minore successo ha avuto, invece, l'iniziativa intrapresa dalla Biblioteca Comunale "P. Galluppi" di Drapia: la collana programmata non è decollata. Dopo la pubblicazione (1980) della ristampa anastatica, a cura di S. Di Bella, dell'opera di M. PALADINI, Notizie storiche sulla città di Tropea, con l'aggiunta di altri documenti antichi, l'iniziativa non ha avuto più seguito.
7   E' il Sergio stesso, del resto, ad avallare questo tipo di lettura, perchè, di fatto, la sua narrazione procede con uno sguardo fisso altrove, dove, a Madrid, come a Napoli, o nelle cancellerie europee, si giocano le sorti degli uomini. I riferimenti specifici sono numerosi, soprattutto nelle note biografiche, che precedono la storia di Tropea. Qui si esplicita la filosofia dell'autore, un atteggiamento di distacco dal particolare per far emergere meglio la realtà del tutto. Realmente il frammento - la storia di Tropea - vive nel tutto - il viceregno, la Spagna, l'Europa -.
8   A questa stessa data, 1720, bisogna far risalire la morte del Sergio. Qui, contrariamente a quanto sostenuto da Capialbi, e più recentemente da Toraldo, che collocano la morte del Sergio nel 1727, si sostiene che la data della morte debba essere anticipata al 1720. E' da ritenersi inverosimile, infatti, pensare che un lavoro come questo, così attento a registrare quanto accaduto, potesse ignorare i fatti del 1722. Proprio in quell'anno ci fu la rivolta dei casali contro Tropea, avvenimento di grande importanza da un punto di vista politico-sociale e anche culturale. Di questa rivolta non c'è alcun cenno nel manoscritto, evidentemente la rivolta è successiva alla morte del Sergio. Cfr V. CAPIALBI, Memorie per servire alla storia della santa Chiesa Tropeana, cit., p. XXXIII; A. TORALDO, Notizie delle famiglie nobili di Tropea desunte dalla Cronaca di Francesco Sergio, in "Rivista del Collegio Araldico", 64 (1966), p. 87. Il Toraldo traduce quasi interamente la seconda parte dell'opera del Sergio, pur con molte sue precisazioni ed aggiunte. Il Paladini, invece, non fa cenno dell'anno di morte del Sergio. Sulla rivolta dei casali contro Tropea cfr. N. SCRUGLI, Notizie archeologiche e storiche di Portercole e Tropea, cit., pp. 98 sgg.
9   I componimenti poetici raccolti nella Collectanea Chronologica (pp. VIII-XVIII) vorrebbero far credere a una coralità di consensi attorno ad essa. In realtà, questo consenso non c'è mai stato, perchè molti furono i dissensi. Alcuni di questi componimenti sono senz'altro del Sergio stesso, altri di suoi amici accademici; insieme costituiscono una specie di recensione con un intento più spiccatamente elogiativo, che critico.
10  E' un vezzo, comune anche al Crescentio, far discendere la propria famiglia da un casato illustre, perchè solo la nobiltà aveva una ragione autonoma di esistenza. Anche il clero si trovava in quest'ottica. Il Sergio va oltre, ricollegando il suo passato ad una tribù Sergia, già presente in Roma con denominazione desunta da Segesta, uno dei quattro condottieri che con le loro navi parteciparono agli spettacoli navali organizzati da Gana in Sicilia per l'anniversario della morte di Anchise. Assai pungente è, a questo proposito, il commento del teologo Paladini (quantum est in rebus inane). Cfr. M. PALADINI, Notizie storiche sulla città di Tropea, cit., p. 180. Del resto, il Crescentio (Descrizione di Tropea fatta dall'abate Agostino Crescentio nel 1624) non era stato da meno, perchè faceva risalire la sua famiglia romana Crescente. Cfr. V. CAPIALBI, Memorie per servire alla storia della santa Chiesa Tropeana, cit., p. XXXI.
11  La lettera si riferisce alle mutate condizioni del Regno e dell'Impero dopo la pace firmata a Utrecht (1713) e il trattato di Rastadt (1714): la Spagna perdeva l'Italia, che veniva assegnata all'Austria. Per il Sergio, come per molti altri, si trattava della fine di un'epoca e l'inizio di un periodo di instabilità e di grande incertezza, come di fatto avvenne.


Berotti: Tropea in prospettiva.  Stampa del 1795.

12  La parte grafica della Collectanea Chronologica (frontespizio, ritratto dell'autore, stemmi delle famiglie nobiliari) è di buona fattura, ma si ignore l'autore materiale. Tutto fa pensare alla scuola pittorica tropeana, che in quel periodo annoverava un pittore come il Grimaldi.
13  M. PALADINI, Notizie storiche sulla città di Tropea, cit. pp. 5 e sgg.
14  Molte sono le ripetizioni nel corso dell'opera: forse il Sergio non ebbe il tempo per rivedere per intero il suo manoscritto. D'altra parte sono frequenti i luoghi in cui l'autore fa sfoggio della sua erudizione. Alle famiglie patrizie e nobili, poi, è dedicata una pagina, a quelle estinte mezza pagina, a prescindere dalla particolare importanza delle diverse famiglie. Sono difetti questi che non incidono sulla validità dell'opera e sulla sua veridicità, soprattutto per gli avvenimenti contemporanei del suo autore.
15  La lettura dell'epistola Ad amicum lectorem e della Finis Operis non lascia alcun dubbio in tal sensa. E', soprattutto, la ricerca di una fama imperitura a spingere il Sergio a scrivere la Chronologica Collectanea; tutte le affermazioni contrarie sono da considerarsi dei luoghi letterari.
16  La preparazione culturale del Sergio costituisce, però, un caso a sè stante. Salvo casi sporadici, infatti, il clero tropeano dell'epoca, e a maggior ragione quello dei casali, è assai scadente sul piano strettamente culturale; da una ricerca sui libri posseduti si evince che il loro numero è assai esiguo e sono costituiti per la maggior parte da qualche compendio di teologia morale e di pratica pastorale e, soprattutto, da libri di devozione e di predicabili. La formazione del clero non passava attraverso il seminario, ma attraverso canali diversi, non certamente attrezzati. Si pensi, ad esempio, che nel 1615 il seminario diocesano ospitava appena 9 chierici. Cfr. P. RUSSO, Appunti per una ricerca di storia demografica sociale ed economica su Tropea e il suo territorio nel Settecento, in La Calabria dalle riforme alla restaurazione, Atti del VI Congresso storico calabrese (Catanzaro 29 ott. - 1 novembre 1997), Società editrice meridionale, Salerno-Catanzaro 1981, p. 549. A Tropea esisteva un'Accademia letteraria detta "Degli Affaticati" o "Degli Amorosi", che contribuiva ad arricchire la vita culturale della città. All'Accademia il Sergio dedica il capitolo XXVI del primo libro e agli Eruditi il Laconismus e l'Elogium, i due componimenti che concludono la parte introduttiva, la quale, come già detto, accoglie anche diversi componimenti di Accademici che indirizzano elogi all'autore della Collectanea.
17  Dall'opera del Sergio promana uno spiccato sensa religioso della vita, che trova espressione, soprattutto, nelle parti del racconto, dove l'autore entra in prima persona. Sia che parli della sua vita o della vita della sua città, l'autore cessa di essere un cronista distaccato per diventare un moralista alla ricerca del disegno di Dio nella storia. D'altra parte, il racconto della sua vita si prestava assai bene a dare al lettore l'idea di un Dio che non abbandona mai gli uomini, anche in mezzo alle avversità più gravi.
18  C'è nel cronista tropeano la tendenza costante ad ingigantire i fenomeni e i fatti raccontati. La ricerca di un effetto di stupore e di meraviglia nei suoi lettori portava inevitabilmente l'autore all'uso di quelle figure retoriche più adatte a conseguire questo scopo. E' il debito che il Sergio paga al suo tempo. Si tratta, allora, di considerare nella giusta dimensione gli esiti di un racconto, che ha come fine, spesso, non di informare, ma di stupire e di meravigliare. Da qui si comprende il grande spazio concesso alle leggende, riguardanti le origini di Tropea.
19  Come si legge nella Chronologica Collectanea, nei primi anni del soggiorno madrileno, il Sergio, dopo la missione per conto dei Duchi di S. Stefano, fu nella casa della baronessa di origine palermitana D. Nicoletta di Recattivo, moglie di Don Pietro Guerrero e vi rimase fino al secondo matrimonio di Carlo II. Successivamente il cronista tropeano, trovandosi in disaccordo con la baronessa per motivi finanziari, fu cappellano nella casa del Conte di Oropesa.
20  Il lungo regno di Carlo II (1665 - 1700) coincide con un periodo di grande instabilità politica: questo re, <<malato idiota senza speranza di posterità>> (A.H.L. FISHER, Storia d'Europa, Laterza, Bari 1969, II, p. 281), soggetto, spesso, a gravi disturbi psichici, fu all'origine della guerra di successione spagnola. Non avendo avuto figli nè dal primo, nè dal secondo matrimonio, ancor lui vivo, si scatenò una lotta per la successione. Di questi anni difficili il Sergio fu testimone, come fu testimone degli sforzi compiuti da quei pochi statisti, come il Medinaceli e il conte di Oropesa, per porre un argine alla corruzione dilagante e alle trame dei vari pretendenti.
21  Sono da ricordare le opere di questi autori, che il Sergio utilizza: G. BARRIO, De Antiquitate et Situ Calabriae; G. MARAFIOTI, Croniche et antichità di Calabria, Napoli 1595 (Padova 1601); F. UGHELLI, Italia Sacra, vol. IX, Roma 1622. Il volume del Barrio è stato ripubblicato a Cosenza nel 1980, nell'edizione curata da Tommaso Aceti nel 1737.


Horace De Rilliet: Tropea (disegno a penna), 1852

22  Si è già parlato del manoscritto del Dardano. E' rilevante qui sottolineare, però, il giudizio negativo espresso su di esso dal Capialbi, che non esitava ad affermare: <<Non occorre dire del merito di questo suo lavoro, che è un miscuglio di favolose credenze e di fatti stravolti, e che perciò di niun valore debba riputarsi>> (M. CAPIALBI, Memorie per servire alla storia della Santa Chiesa di Tropea, cit., p. XXVI).
23  Si direbbe che il Sergio è ossessionato dal "diavolo"; egli interpreta come opera del diavolo ogni occasione di difficoltà per lui stesso, per la società o per la Chiesa. E' come un chiamarsi fuori dalle proprie responsabilità, tanto diffuso nella storia della cristianità.
24  Il Sergio partecipa alla scalata al potere ecclesiastico della sua città: fa parte del Capitolo della Cattedrale e nel Sinodo celebrato dal vescovo Ibanez nel 1702 partecipa come maestro delle cerimonie.
25  I casali, che gravitano attorno a Tropea, sono ventiquattro: Drapia, Gasponi, Alafito, Caria, Brattirò, Parghelia, Fitili, Ciaramiti, S. Domenica, S. Nicolò, Brivadi, Orsigliadi, Ricadi, Barbalaconi, Lampazone, Spilinga, Panaia, Carciadi, Zaccanopoli, Zambrone, S. Giovanni, Daffinacello e Daffinà. Da ricordare che Alafito subì gravi danni nel terremoto del 1783 e andò, poi, man mano scomparendo, finchè i pochi abitanti rimasti non abbandonarono il luogo. Ricadi, avendo due parrocchie, è considerato due casali: Ricadi superiore e Ricadi inferiore. Il territorio di Tropea e dei casali è di 9.081 ettari e, rispetto ad altre zone costiere del viceregno, è decisamente popolato e presenta una coltura intensiva. Sull'economia di Tropea e dei suoi casali cfr. P. D'AGOSTINO, Appunti per una ricerca su Tropea e i suoi casali nell'età moderna, in La Calabria dalle riforme alla restaurazione, II, cit., pp. 103-136.
26  Si è già parlato della rivolta dei casali contro Tropea, scoppiata nel 1722. Cfr. nota 8. Per altre notizie cfr. N. SCRUGLI, Notizie archeologiche e storiche di Portercole e Tropea, cit. Le rivolte dei casali contro Tropea e degli abitanti di Tropea tra di loro erano, comunque, inevitabili, dato il tipo di organizzazione sociale esistente a Tropea, in conseguenza del suo essere città demaniale.
27  Tropea, infatti, come città demaniale potè conservare la sua struttura originaria e la sua magistratura, che risalva all'antico ordinamento romano e alle istituzioni medievali bizantine. Il potere effettivo era esercitato dai nobili, anche se uno dei due sindaci apparteneva agli "honorati del popolo". Le condizioni di privilegio, che vi trovavano i nobili, favorivano, di conseguenza, afflusso di alti nobili, provenienti da città non demaniali. Nel tempo si consolidò in Tropea una nobiltà attenta a conservare gelosamente le proprie prerogative. Si comprende da qui come il Sergio nel cercare un posto per sè nella nobiltà fosse partecipe della convinzione diffusa che solo i nobili avessero una autonoma ragion d'essere. Del resto, la città non era soggetta ad alcun signore, ma solo ai legittimi sovrani del regno. Questa sua condizione le derivava dall'essere stata sempre fedele agli Aragonesi, anche quando, nella secolare contesa con gli Angioini, questi ultimi sembrava avessero la meglio. Ben diversa, comunque, è l'ottica del Galanti nel parlare dei nobili di Tropea. Nel suo Giornale di viaggio in Calabria (1792) parla diffusamente della città, dedicandole pagine interessanti. A proposito dei nobili fa una pungente constatazione: <<l'ozio è l'occupazione dei nobili>> (G. M. GALANTI, Giornale di viaggio in Calabria, edizione critica a cura di A. Placanica, SEN., Napoli 1981, p. 235).
28  Su questo particolare aspetto della vita a Tropea e nei casali, cfr P. RUSSO, Appunti per una ricerca di storia demografica sociale ed economica su Tropea e il suo territorio nel Settecento, cit., Questo studio si occupa, soprattutto, della società e della vita religiosa. Particolare significato assume l'opera del vescovo Francesco Lorenzo Ibanez, che celebra un sinodo nel 1702 e porta avanti il tentativo, in parte riuscito, di assicurare al potere ecclesiastico una supremazia sul potere civile. C'è da osservare, comunque, che il rapporto tra società e vita religiosa non era omogeneo su tutto il territorio.
29  F. SERGIO, Chronologica Collectanea, foglio 86 verso.


Teodoro Brenson (Riga 1893 -1952) - Schizzo tratto dal volume "Visioni di Calabria" 1929.

30  La città di Tropea fu più volte occupata dai saraceni e salutò, perciò, con entusiasmo la conquista normanna, che pose fine a tale occupazione. La città, successivamente, ebbe un ruolo assai importante nella preparazione della flotta della lega cristiana che sconfisse i turchi a Lepanto. La flotta della lega guidata da Marcantonio Colonna sostò nel 1571 nel porto di Tropea, dove funzionò un centro di raccolta per i calabrese che parteciparono all'impresa; tra questi un tropeano, Gaspare Toraldo, fu uno dei capi e si distinse nel combattimento; diversi altri tropeani (Fazzali, Frezza, Galluppi, Di Francia) parteciparono con le loro galere. Cfr. G. VALENTE, Calabria Calabresi e Turcheschi nei secoli della pirateria, Frama, Chiaravalle 1973, pp. 192-195.
31  Da scavi archeologici, successivi al tempo del Sergio, risulta che a Tropea si era stabilita una comunità cristiana già prima dell'avvento di Giustiniano. Non sappiamo, però, nulla della sua articolazione, nè della data a partire dalla quale la comunità ebbe un suo vescovo. Le epigrafi paleocristiane finora emerse fanno, comunque, risalire una tale presenza al quinto secolo, se non addirittura al quarto. Cfr F. PUGLIESE, Tropea. Il suo ambiente e la sua storia, Rimini 1984, p. 30; cfr. anche D. TACCONE-GALLUCCI, S. Domenica vergine e martire e le sue reliquie in Tropea, Stab. Tip. F. Morello, Reggio C. 1900. A parte, però, il problema dell'origine della comunità cristiana, c'è da sottolineare l'interesse del Sergio a descrivere attentamente le varie articolazioni della comunità cristiana del suo tempo. Perciò chiese, conventi, confraternite, seminario, monti di pietà sono oggetto del terzo libro della Chronologia Collectanea, che si apre, non a caso, con la Traslatio mirabilis sacrae immaginis B. Mariae V. de Romania.
32  F. SERGIO, Chronologica Collectanea, foglio 86.
33  E' un pensare in grande che si giustifica, in parte, ricordando la passione civile dell'autore verso la sua città. Tropea, infatti, già dalla fine dei seicento, come altre città del mezzogiorno d'Italia, subisce un processo di pauperizzazione, attestato dalle condizioni generali di vita. Del resto, lo stesso Sergio deve registrare la progressiva decadenza dei casali, dove l'economia diventa una economia di sussistenza.
34  Cfr. N. SCRUGLI, Notizie archeologiche e storiche di Portercole e Tropea, cit., pp. 78-80.
35  Ivi. Per l'andamento demografico di Tropea e dei casali neL seicento, l'attività economica e le condizioni di vita, cfr. P. D'AGOSTINO, Appunti per una ricerca su Tropea e i suoi casali nell'età moderna, cit., pp. 117 sgg.
36  In realtà, la vendita della città ai Ruffo non fu perfezionata, perchè, dietro insistenze degli abitanti, non fu ratificata dal re nel termine stabilito di sei mesi.


Litografia di M. C. Escher, 1931
Museo delle Belle Arti, Canada.

37  Più in generale si può condividere quanto scrive Villari a questo proposito: <<la mia convinzione è che la regione calabrese abbia subito dal '500 al '700 un processo di emarginazione e di riduzione complessiva della sua capacità produttiva, che il destino della regione si sia giocato nel XVI secolo-inizi del XVII, quando la Calabria ha cominciato a perdere quella che era una delle sue più importanti fonti di reddito, di dinamismo economica, cioè la produzione della seta che era anche una base di legame tra la Calabria e il resto d'Italia, in particolare la Sicilia e altre zone del mediterraneo. Ora io ho l'impressione che il declino di questa attività abbia dato un colpo veramente forte all'economia regionale, evidentemente anche all'economia agricola, e che nel Settecento, in fondo, la Calabria appare come una regione emarginata nel quadro complessivo dell'attività produttiva agricola del regno di Napoli>> (R. VILLARI, Economia e società in Calabria alla vigilia del 1799: aspetti e problemi, in La Calabria dalle riforme alla restaurazione, I, cit., p. 259).
38  F. SERGIO, Chronologica Collectanea, foglio 86 verso.
 
 

 
 
ABATE SERGIO
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