Ritratto di Francesco Sergio posto in alto al foglio della sua biografia del manoscritto
'Chronologica collectanea de Civitate Tropea eiusque territorio' di cui è autore.
 

TROPEA NELLA LUCE DEL MANOSCRITTO
DELL'ABATE SERGIO.
CRONACA DI UN RITROVAMENTO

di Pasquale Russo


Dal 1982, e da allora parecchie volte, il prof. Felice D'Agostino mi andò incoraggiando nella ricerca del manoscritto di Francesco Sergio: 'Chronologica collectanea sive Chronicorum de Civitate Tropea, eiusque Territorio ùlibri Tres Ab urbe nostra condita usque ad annum MDCCXX', e mi sollecitò a interessarmi alla pubblicazione.
Tutti parlano del famoso manoscritto come di un documento fondamentale per la storia di Tropea e del suo territorio; alcuni vantano il possesso di una fotocopia di tutta l'opera: un volume di circa 600 pagine in 4°. Molti, in passato, hanno pazientemente copiato a mano o in parte, o anche per intero, il testo.
Tutti coloro che hanno, per ragioni di studio, dovuto documentare la loro ricerca storica su Tropea, hanno fatto riferimento all'abate Sergio, magari riportando qualche pagina fotocopiata. Ma il testo originale dov'era? Chi lo aveva visto?
Da circa dodici anni era nato un giallo attorno al manoscritto, da quando cioè il dott. Giuseppe Cesareo, proprietario dell'opera, morì improvvisamente e del manoscritto, che qualche tempo prima era rimasto a lungo presso mons. Francesco Pugliese, si son perdute le tracce. A Tropea e fuori esistono una decina di copie, quasi tutte leggibili solo parzialmente, qualcuna anzi molto poco. Ma chi ne è in possesso crede di avere un'opera pregevole e reputa prestigioso avere nella sua casa un'opera di tanta importanza e della quale l'originale sembra sparito. Io mi son messo sulle tracce dell'abate Sergio, spinto, dopo le cortesi pressioni del prof. D'Agostino, dalla tenacia forza persuasiva del prof. Umberto Barone, direttore del Centro culturale del folklore e delle tradizioni popolari di Tropea.
La ricerca del manoscritto fu per me spesso legata a scoraggiamento perchè, pur disponendo di una delle due copie di mons. Pugliese, che con grande cortesia me l'ha concessa, non mi era agevole lavorare. Il prof. Barone ha giocato un ruolo importante nella fase in cui io avevo tentato una ricostruzione del manoscritto e pensavo a una trascrizione: le enormi difficoltà di agibilità della copia mi inducevano ad abbandonare l'impresa, ma fui spinto, di <<dare un assaggio>>, come diceva Barone, con una ricerca comparata che consentisse a me di raccogliere tutto il materiale possibile del e sul manoscritto e di offrirlo poi agli appassionati in una pubblicazione documentata allo scopo di sollecitarne l'interesse.
Mi misi al lavoro con alacrità e, quando pervenni alla fine, dopo la raccolta di una vasta documentazione bibliografica e iconografica, caddi in crisi e mi parve che tutto il lavoro non avrebbe avuto significato se non avessi trovato il manoscritto originale.
Tra le diverse voci che ne assegnavano il possesso a questo o a quello cercai di orientarmi. Dove rivolgermi? A Reggio Calabria dai Barone-Adesi, ai quali la moglie di Giuseppe Cesareo avrebbe donato il manoscritto? A Roma presso l'Ordine di Malta? A Tropea o a Roma presso dei privati <<inaccessibili>>?
All'Ordine di Malta dove si sono rivolti altri, ma avevano trovato solo una copia; a Tropea e a Reggio rispondevano di no.             .
La traccia giusta me l'ha data Tuccio Migliaresi: a Roma avrei dovuto cercare presso Antonio Toraldo. Il fratello Edoardo mi fornisce il recapito e io parto per Roma. Per telefono, nella mattinata del 14 gennaio, raggiungo il sig. Toraldo, che è stato enormemente gentile. Io nutivo la segreta speranza che il manoscritto fosse in suo possesso e che le mie ricerche si fossero concluse. Molto chiaramente mi disse che aveva solo una copia e che poteva anche concerdermela, ma che il manoscritto originale non era in suo possesso. Lui si era recato all'Ordine di Malta assieme a Giuseppe Cesareo, il  quale consegnò il manoscritto al Barone Franz Lobstein, circa 15 anni or sono. Poi non ne ha saputo più nulla.
Riattacco la cornetta del telefono, un taxi e sono subito sulla via dei Condotti 68, Ordine di Malta. Grande schieramento di forze e numerosi dignitari schierati non certo per me, non avevo il minimo dubbio, ma non sapevo perchè.
Faccio finta di niente e vado dritto incontro al dignitario più ornato al quale chiedo chi è il capo, o giù di lì. Quello trasalisce e mi dice con accento d'oltralpe: <<Io sono solo un ambasciatore>>. Mi scuso e vado avanti tra un nugolo di carabinieri e altri addetti e a uno che mi viene incontro chiedo del barone Lobstein. Mi guarda, squadrandomi un pò, e poi mi spiega che in quel momento c'era il ricevimento del Corpo Diplomatico (e io cominciavo a capire il trambusto) e che il barone sarebbe stato difficile incontrarlo. Che comunque sarebbe stato opportuno che io andassi alla biblioteca dell'Ordine, che si premurò di indicarmi nella via adiacente. La bibliotecaria mi portò un volume di 600 pagine, rilegato, con quattro segnacoli: una fotocopia molto chiara, leggibilissima, del manoscritto.
Ma l'originale dov'era? Lei non ne sapeva nulla, altri erano andati a cercarlo e lei aveva dato sempre quella copia. Allora la pregai di rintracciarmi il barone Lobstein, malgrado il ricevimento del Corpo Diplomatico. Non era possibile, il barone era impegnato, nulla da fare. Ma io avevo fatto il viaggio solo per quello, non potevo tornare a mani vuote e poi ero quasi certo (Antonio Toraldo mi aveva detto la verità?) che il manoscritto originale doveva trovarsi lì. Ma dove? In biblioteca no di certo, altrove la bibliotecaria non sapeva, ma era sicura di no. Il mio dubbio, la mia insistenza, persuasero la bibliotecaria a recarsi dal barone e fissarmi un appuntamento: l'indomani alle 9.30.
E quasi non mi parve vero, perchè dovetti aspettare due ore, per rintracciare, il giorno dopo, il barone Lobstein, che, con delicata cortesia, mi aveva preparato il manoscritto originale sul suo tavolo: <<Eccolo, abbia la gioia di averlo nelle sue mani>>, mi disse.
E io lo presi e mi misi a svolgere le pagine con delicatezza. E' una carta fragile, mi diceva il barone che seguiva i miei gesti, e io mi chiesi se potevo sfogliarlo. Era certo che potevo. Anzi dovevo. Ero lì per quello. Guardai con molta attenzione il ritratto dell'abate Sergio, nel tondo che è posto in alto al foglio dove inizia la sua biografia: il volto di un prete anziano dall'abito nero e il colletto bianco, opera di un pittore non certo disdicevole. Ho pensato subito al Grimaldi, l'artista che in quel periodo ha lasciato a Tropea splendori di colori.
Ora spero che il suo viso rotondo torni ad essere familiare agli studiosi in una edizione della sua opera che tutti potranno avere presso di sè per rivivere l'epopea di una terra, a cui la natura ha profuso tesori di bellezza indicibile.
 
 
 
ABATE SERGIO
Il Manoscritto
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