Ginevra 1949 - Antonio Sorrentino partecipa alla Conferenza sulla libertà dell'informazione
 

In ricordo di

ANTONIO SORRENTINO*

 

di Pasquale de Lise

 

(Estratto da http://www.giustizia-amministrativa.it)

 


 

È doveroso, e al tempo stesso spontaneo e naturale, esprimere il più profondo ringraziamento.

Innanzitutto a coloro che mi hanno ritenuto meritevole di questo premio, prestigioso non solo per il nome che porta, ma anche in considerazione dei precedenti destinatari, a partire da Mario Nigro nel 1984, e poi Benvenuti, Giannini, Predieri, Guarino, e poi tutti i nostri maggiori presidenti, Landi, Roehrssen, Pescatore, Caianiello, de Roberto, Crisci, Anelli, Chieppa, Laschena, Schinaia.

Essere accomunato a questi insigni personaggi, a questi Maestri, spesso anche nella vita personale, è per me motivo di orgoglio e commozione, che si accresce per essere tornato – dopo esservi entrato per la prima volta, da referendario, esattamente trentacinque anni fa - nella Sala di Pompeo del Consiglio di Stato, per tutti il luogo più elevato dove si esercitano le funzioni della Giustizia amministrativa, per me quella che è sempre stata e sempre sarà la “casa madre”.

In secondo luogo, un ringraziamento sincero per le splendide parole che si sono volute spendere nei miei confronti: la motivazione del premio è dovuta alla benevolenza della Commissione, non certo ai miei meriti.

Ringrazio quindi infinitamente il Presidente del Consiglio di Stato Alberto de Roberto, l’Avvocato Generale dello Stato Oscar Fiumara, il Presidente e il Segretario della Società italiana degli avvocati amministrativisti, i professori Abbamonte e Lubrano, e i rappresentanti della famiglia Sorrentino: l’amico prof. Federico, anch’egli meritatamente destinatario del premio nel 2003, e la gentile Signora Avvocato Francesca.

Dopo i ringraziamenti, mi siano consentite alcune parole su Antonio Sorrentino: un uomo straordinario, con una carriera che si è arricchita di tutte le esperienze possibili per un giurista. Ho avuto la fortuna di conoscere, nelle aule di Palazzo Spada, l’avvocato Sorrentino, l’avvocato al quale affidai, insieme ad altri colleghi, l’unico ricorso che mi è capitato di dover proporre (e che si concluse con una cessazione della materia del contendere).

Giovanissimo avvocato dello Stato, in Consiglio di Stato le sue doti, già piene, di giurista si affinarono attingendo ai tesori di esperienza e di sapienza di un’antica tradizione, nella triplice funzione consultiva, giurisdizionale e di collaborazione all’attività di Governo, che prestò a livello di altissime responsabilità, specie sul piano legislativo.

Fra gli incarichi istituzionali spicca infatti quello di Capo dell’Ufficio legislativo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dove Sorrentino fu chiamato da De Gasperi e dove fu protagonista della legislazione affidata al Consiglio dei Ministri e al Capo provvisorio dello Stato, che segnò, dopo il ventennio, l’apertura alla legislazione democratica.

L’attività di Sorrentino “legislatore” si riannoda, idealmente, a quella che oggi è divenuta, probabilmente, la principale attività consultiva del Consiglio di Stato: quella sugli atti normativi, che nel 1997 ha visto la nascita di una nuova Sezione, a me particolarmente cara poiché è stata l’ultima Sezione che ho presieduto prima di lasciare, temporaneamente, il Consiglio, per una nuova esperienza, anch’essa di grande rilevanza.

Una Sezione dedicata ad esaminare non soltanto gli atti di natura regolamentare del Governo ma, negli ultimi tempi, anche gli schemi di decreti legislativi di “codificazione”, con interventi dialettici e costruttivi, sempre – sono orgoglioso di dirlo – altamente apprezzati nelle sedi istituzionale e dottrinaria.

Nel luglio del 1948 avvenne il distacco di Sorrentino dal Consiglio di Stato: distacco molto sofferto per l’Istituto, come testimonia una lettera del pres. Rocco a De Gasperi, e sofferto sicuramente anche per l’interessato.

Nel libero Foro, le doti di Sorrentino sono sbocciate nel pieno fulgore di un’attività professionale nella quale ha saputo comporre virtù diverse: calore umano e senso della misura, dottrina giuridica e solido senso pratico, temperamento da lottatore e distaccata signorilità, conservando sempre quel nobile e profondo senso dello Stato che egli ha professato in tutte le sue attività.

Dico questo consapevolmente perché ho sempre considerato gli amici dell’Avvocatura, pubblica e privata, e dell’Accademia come dei “compagni di viaggio”: insieme abbiamo condiviso i grandi processi di riforma e le problematiche della loro messa a regime. Con il loro insostituibile apporto nel processo e con la produzione scientifica della Dottrina, essi hanno spesso indicato alla giurisprudenza strade nuove e suggestive.

Ma per svolgere appieno tale ruolo fondamentale non bisogna – né nell’Avvocatura né nella Magistratura – perdere mai di vista il “servizio” reso dalla giustizia amministrativa: quello di fornire una tutela effettiva, rapida, piena.

Come ho avuto più volte modo di affermare, a mio avviso è fondamentale essere consapevoli del fatto che l’attenzione sulle singole pronunce, sui singoli concetti giuridici, non deve mai far dimenticare il motivo principale per cui siamo qui: fornire giustizia a chi ce la chiede.

Anche questo insegnamento ci viene da Antonio Sorrentino,  secondo il quale – sono parole sue – “perché la giustizia amministrativa non si riduca a vano formalismo, ogni sforzo deve essere compiuto, oltre che dai giudici, da noi avvocati ed è questo, in una prospettiva di carattere generale, il nostro dovere più importante”.

Lo “sforzo” di pensiero che Sorrentino riteneva il suo dovere più importante ha prodotto frutti preziosi, di cui ancora oggi si assapora la modernità.

Della lungimiranza e della attualità del pensiero di Sorrentino vorrei richiamare soltanto due esempi.

Il primo attiene alla sua visione della giustizia amministrativa in relazione all’ampliamento della tutela e al doppio grado.

Egli fu sempre favorevole all’attuazione dell’art. 125 della Costituzione per l’istituzione di organi di giustizia amministrativa di primo grado e questa sua idea trovò definizione e conferma in quella sorta di testamento spirituale che fu la relazione che egli tenne a Taormina nel novembre 1981 al convegno su “Cinquanta anni di esperienza giuridica in Italia”, nella quale, ponendo in luce le conquiste della giustizia amministrativa, menziona come prima tra esse l’istituzione dei TAR, con la loro forza propulsiva per il sempre maggiore sviluppo della tutela nei confronti della P.A., e con il loro ruolo di avvicinamento della giustizia ai cittadini.

Il secondo profilo riguarda il ruolo dell’interesse legittimo e, in particolare, il tema del risarcimento dei danni per la sua lesione.

Nel convegno di Napoli del 1963 egli rivendicò l’autonomia degli amministrativisti rispetto ai civilisti (pur se del calibro di Pugliatti e di Nicolò) per la soluzione del problema e, con una logica stringente, dimostrò, anticipando in certo senso la distinzione tra interessi pretensivi e oppositivi, come almeno in alcuni casi l’annullamento non fosse sufficiente per la reintegrazione dell’interesse legittimo leso, con la conseguente necessità di riconoscere il risarcimento del danno.

Quasi quarant’anni dopo, la sentenza n. 500 del 1999 ha demolito la “giurisprudenza pietrificata” sulla irrisarcibilità e poi l’art. 7 della l. n. 205 ha sancito ufficialmente, sul piano normativo, la risarcibilità della lesione degli interessi legittimi.

Il resto è storia conosciuta da tutti, sino alle recentissime pronunce della Corte costituzionale e della Corte di cassazione.

E non è un caso che il convegno di oggi, nel quale è inserita la consegna del premio Sorrentino, verta proprio su “Giudizio risarcitorio e giurisdizione”.

La Cassazione, con tre pronunce dei giorni scorsi che probabilmente resteranno a lungo richiamate nei manuali del futuro, sembra aver posto fine alle incertezze sul tema oggetto di questo convegno.

I relatori si soffermeranno certamente sul merito di queste decisioni. Io qui voglio soltanto accennare a dei profili per così dire pregiudiziali: di metodo e di principio.

Quanto al primo, le ordinanze delle Sezioni Unite muovono da lontano, operano attenti e precisi richiami al passato, anche remoto, danno conto di tutte le esigenze, di tutte le ragioni, anche di quelle più estreme – da una parte e dall’altra – pur se non condivisibili, ma dalle quali si può comunque trarre qualcosa.

Quando si tratta di tracciare un indirizzo giurisprudenziale che deve durare negli anni, è bene fare così; e alla Cassazione deve andare la massima considerazione per il metodo seguito, per gli approfondimenti effettuati, per le implicazioni istituzionali tenute presenti.

In particolare, con queste pronunce si compie un importante passo avanti, forse definitivo, in quell’opera di “dialogo” costruttivo tra noi e la Magistratura ordinaria (il giudice finale della giurisdizione), idoneo – come ho sostenuto di recente – a stemperare molti dei contrasti che avevano portato ad adire la Corte costituzionale e, comunque, idoneo ad attuare uniformemente i suoi dicta interpretativi, come dimostra anche il raccordo con la recente sentenza n. 191 della Consulta.

Quanto all’altro aspetto, ciò che colpisce di più di queste pronunce è la “scelta delle priorità”: prima delle questioni sul riparto, si mette al centro la tutela del cittadino.

Ci si attendeva un pronunciamento sul riparto. Sono giunte decisioni che – pur facendo indubbiamente chiarezza su molti profili controversi – considerano tale questione secondaria rispetto alla necessità della tutela.

Con esse il giudice civile nega, di fatto, la propria giurisdizione in molti dei casi dubbi, in nome del principio (avente fondamento costituzionale) di concentrazione e di celerità della tutela dinanzi al giudice amministrativo. Ma la riafferma, sempre in nome della difesa del cittadino, sulla base di una “norma di chiusura” – l’art. 2 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, reinterpretato e “modernizzato” alla luce degli articoli 24 e 113 della Costituzione – quando la giurisdizione amministrativa non possa concedere una tutela piena all’interesse legittimo.

E allora va manifestata la soddisfazione di chi, avendo dedicato tutta la vita alla soluzione di questi problemi, considera l’affermazione della pienezza e della effettività della tutela dell’interesse legittimo come un traguardo storico.

Si può quindi concludere, sulle decisioni di pochi giorni fa, con le parole di Antonio Sorrentino di oltre quarant’anni fa – pronunciate nel Convegno di Napoli – sui primi “spiragli” che iniziavano ad aprirsi: “conquiste del genere, che al di là degli interessi concreti da noi tutelati, aprono la via ad una giustizia più completa, sono le maggiori ragioni di orgoglio e di soddisfazione di noi avvocati”.

E, mi permetto di aggiungere, anche di noi giudici.


(*) Ringraziamento del Presidente del T.A.R. del Lazio, Pasquale de Lise, all’atto del conferimento del “Premio Antonio Sorrentino” – Palazzo Spada, 22 giugno 2006.

Si riporta la motivazione della Commissione che ha conferito il premio, composta dal pres. Alberto de Roberto, dal prof. Giuseppe Abbamonte, dall’avv. Oscar Fiumara, dal prof. Filippo Lubrano e dal prof. Federico Sorrentino.

“Pasquale de Lise rappresenta istituzionalmente la figura del Magistrato amministrativo in tutte le sue manifestazioni. Magistrato del Consiglio di Stato dal 1971, dopo una proficua esperienza come Magistrato ordinario e della Corte dei Conti, ha svolto in modo altamente qualificato tutte le funzioni inerenti alla sua posizione: attività giurisdizionale e consultiva, sempre segnalandosi per la immediata percezione ed il conseguente inquadramento della problematica giuridica non disgiunta dalla considerazione degli aspetti pratici della questione sottoposta al suo esame; capacità di direzione ed organizzazione dell’attività sia propria sia di tutti coloro che con lui devono collaborare; approfondimento dei problemi della vita amministrativa negli incarichi di Capo Ufficio legislativo e di Capo Gabinetto dei numerosi Ministeri, nelle quali attività ha portato le proprie capacità pratiche e la base di conoscenze giuridiche acquisite durate la intensa carriera; partecipe dell’attività di realtà amministrative collaterali all’amministrazione ministeriale dello Stato; autore di studi e ricerche di carattere amministrativo e relatore in molteplici Convegni e manifestazioni di studio, ai quali ha sempre portato il contributo della propria ricerca e del proprio intuito nell’esame delle problematiche, oltre che collaboratore di fondamentale rilievo nell’elaborazione delle novità legislative. Figura alta e completa di Magistrato amministrativo, fulgido esempio di qualità, che naturalmente si inserisce nella classe dei Magistrati ed Avvocati insigniti del premio intitolato ad Antonio Sorrentino”.




TOPEAMAGAZINE - 55^ TORNATA - NOVEMBRE/DICEMBRE 2010
ANTONIO SORRENTINO 
INDICE:


|  'Note biografiche   | 

 'Di Antonio Sorrentino legislatore' di Massimo Severo Giannini  |

 | 'Ricordo dell'Avv. Antonio Sorrentino' di Gabriele Pescatore |

| 'Ricordo dell'Avv. A. Sorrentino' di Giuseppe Guarino |

 | 'In ricordo di Antonio Sorrentino ' di Pasquale de Lise  | 

| 'Esperienza professionale diritto pubblico' di Antonio Sorrentino

 | Premio Antonio Sorrentino  |

| Intervento di ringraziamento all'atto del conferimento

del Premio Sorrentino 2005 di Ignazio Francesco Caramazza |