La foto, apparsa nel 1931 sul Bollettino d'Arte diretto da Roberto Paribeni, è stata scattata dall'Ing. Pietro Loiacono, parlemitano, addetto alla Soprintendenza di Reggio C.,
il quale ebbe un ruolo di prim'ordine nel corso del restauro della Cattedrale di Tropea (1927 - 1931). Il documento che ritrae l'esterno della fiancata sinistra della Chiesa,
appena finito il restauro, è accompagnata dal seguente commento:
""A Tropea, dovendosi iniziare le riparazioni della Cattedrale, è stata scoperta una vasta parete quasi intatta, di acquisita arte normanna (vedi foto).
Si sono poi ritrovati altri elementi degli archi e dei pilastri interni, e numerose superfetazioni di altre epoche sotto l'uniforme manto degli ultimi anni del settecento.
La chiesa, dovendo essere ricostruita ab imis con l'ossatura asismica, si è cercato di legare solidamente le antiche con le nuove strutture, dando all'edifizio il carattere normanno."".
 
 

LA CATTEDRALE NORMANNA DI TROPEA
restituita al suo pristino aspetto

di Eduardo Galli
(1932)


La storia della sede vescovile e della connessa prima ecclesia tropeana deve desumersi dai seguenti dati.
E' accertato in Tropea un nucleo di popolazione cristiana sin dal sec. IV-V della nostra era, come attestano numerose iscrizioni sepolcrali con allusioni alla fede di Cristo, rinvenute in loco nella seconda metà dell'800 e raccolte nel Corpus Inscriptionum Latinarum (vol. X-2, n. 8086-8083). E' da supporre pertanto che codesta christiana familia avesse un capo, un pastore, un Episcopus; ma è molto dubbio d'altra parte che un prete Laurentius, del V secolo, fosse stato il primo Vescovo di Tropea del Bruzio (1).
Un altro elemento importante per dimostrare la vetustà del Vescovato tropeano è questo. In Tropea troviamo localizzato da remoto tempo il culto di una Santa vergine e martire, Ciriaca o Domenica, della quale si sa che subì il martirio in Asia Minore, sotto gli Imperatori Diocleziano e Massimiano. Sole fonti latine tarde, evidentemente raffazzonate ed aggiornate con finalità localistiche, dicono che Domenica era della Campania, che ivi subì il martirio, e che il suo corpo venne per prodigio trasportato dagli Angeli in Tropea (2). Tale pia e radicata leggenda deve risalire alla dominazione bizantina, che - dopo la breve parentesi dell'occupazione araba, troncata da Niceforo Foca nell'886 - cercò di riellenizzare la regione Bruzia e lucana (nonchè la vicina Sicilia) trapiantandovi ed imponendovi la propria agiografia. Su questa tenue trama storica; o semistorica, molto si è cercato di ricamare e di amplificare specie dagli scrittori locali, ma - come era da aspettarsi - con risultati evanescenti.
La prima nuova seria operazione indagativa che si è potuta compiere negli ultimi anni è stata la denudazione del vecchio scheletro della Cattedrale, per prepararne il restauro, e la <<lettura>> del suo sottosuolo, profondamente esplorato per piantarvi i necessari rafforzamenti cementizi.
Mentre mi riservo di illustrare in altra più acconcia sede i relitti ed i risultati delle investigazioni compiute - relitti che hanno costituito, per mio consiglio, il primo nucleo del Civico Antiquarium Tropeano (3) - debbo limitarmi ora, per non straripare oltre lo scopo del presente articolo, che mira a far conoscere l'ingente lavoro compiuto per restituire la Cattedrale alla sua originaria fisionomia architettonica, ed accennare ai principali dati acquisiti, in ordine a quanto qui sopra è stato premesso.
Il terreno compreso nell'area della Cattedrale ha rivelati resti di sepolture povere, plebee, degli indigeni bruzi anellenici, con corredi analoghi a quelli della necropoli di Torre Galli (nella parte montuosa dell'agro tropeano) esplorata ed edita dal Senatore Paolo Orsi (4); però forse di una fase attardata, ellenistica, di detta popolazione italica, rimasta appartata dall'influenza ellenica. Il caso di sepolcri bruzi, con rozza ceramica di tipo primitivo persistente e con qualche oggetto eneo (di ornamento, o arme), in vicinanza del mare non è nuovo. Ne vennero, alcuni anni fa, riscontrati alla marina di Nicotera (5), ed anche alla periferia della stessa città di Tropea, nella contrada <<Contura>.


Resti di tombe bruzie scoperti sotto la Cattedrale di Tropea.
Dove sono andati a finire??????

Oltre alle tombe bruzie, furono anche notate, sempre nella circoscritta area della chiesa, seppellimenti di età bizantina, però anch'essi poveri e privi di importanza intrinseca. La loro presenza peraltro giova a concatenare cronologicamente, ed anche al punto di vista topografico, la presenza della Cattedrale in quel sito, con riferimento ai più antichi dati della tradizione cristiana in Tropea (6).
Al disopra dello strato tombale ed affondato in esso, circa alla metà della navata maggiore della chiesa, comparve infatti sotto l'antico pavimento parte di un muro in curva, presumibilmente di un sacello bizantino (connesso col culto della greca aghia Kyriaka, (o latina Domenica?), che venne accuratamente rilevato in pianta, ma che non si potè conservare visibile in situ per le inderogabili esigenze delle nuove opere di sottostruttura. Oltre a questa traccia costruttiva, anteriore al Mille, che fa pensare ad un primo modestissimo edifizio discosto dall'abitato cittadino dell'alto Medioevo, luogo riserbato ai defunti per tradizionali seppellimenti, null'altro è comparso - e si può dire allo stato delle conoscenze relative - intorno all'origine della Cattedrale di Tropea (7).
Essa ci si presenta ad un tratto, dopo l'XI secolo, in proporzioni e veste sontuose, orientata come schema costruttivo verso la liturgia latina, imposta - per finalità politiche - dai dominatori Normanni, ed adorna di forme ed elementi che ricorrono in altre coeve chiese della nostra regione e della Sicilia.
E' merito insigne del giovine ed ardente Vescovo Mons. Don Felice Cribellati, tortonese, se l'edifizio sacro di cui si tratta ha potuto rivelare i suoi connotati, produrre il suo certificato di nascita, e se ha potuto sostanzialmente (poichè non è il caso di sottilizzare con la critica per taluni dettagli) riprendere il suo primitivo aspetto, a costo di duri lavori - per tutti (per i costruttori e per i guidatori dell'opera) - di ingenti sacrifizi finanziari.
La Cattedrale di Tropea era - ed ora è ritornata ad essere - una basilica di tipo latino a tre navate, con transetto non rivelantesi all'esterno, cioè incluso tra le pareti rettilinee e parallele delle fiancate, e con presbiterio absidato e trichore. Le parti autentiche o di autentico riscontro normanno sono:
a) La parete del fianco sinistro, libera verso la pubblica strada, con pseudo finestre autentiche in alto, arcuate, con ghiere adorne di conci calcarei alternati con mattoni molto cotti e con bozzetti di schiuma lavica, così da ottenere un semplice giuoco coloristico basato su tre soli elementi cromatici (predilezione peculiare codesta delle maestranze normannne costruttrici di chiese e campanili).
Si capisce che le finestre che mancavano sono state rifatte sul tipo originario documentato, però ponendo ogni studio a non confonderle con le autentiche, bensì rendendole immediatamente riconoscibili sia per la incisione della data odierna, e sia anche per la differenziazione di particolari e di spessori che è imposta dalla Sopraintendenza.
Questa lunga parete potè anche essere studiata e fotografata nella sua faccia interna, ridotta come era ad un sottile diaframma di muratura cosparso di archetti dopo gli svestimenti barocchi e cinquecenteschi che vi erano stati addossati, e ciò innanzi che venissero apprestati i rinforzi e gli altri accorgimenti strutturari da ben rispondere alle esigenze della sua rinnovata statica.
La porta secondaria settecentesca che era stata aperta nel suo bel mezzo, è stata conservata come pagina ulteriore delle vicende subite dalla fabbrica.
Del contrapposto muro della fiancata destra non può dirsi altrettanto, essendo esse stato sforacchiato e rifatto per le aperture delle cappelle, per la costruzione del campanile addossatovi, e per le altre circostanze non propizie alla conservazione ed alla identificazione dei ruderi originari. Ma bisogna aggiungere che non pochi elementi architettonico (finestre, mensole, ecc.) riscontrati da quel lato denotano larghe riprese e rimaneggiamenti costruttivi del periodo svevo e del Trecento. Del resto anche il fianco sinistro, sostanzialmente normanno per concezione e struttura, rivela ad un attento esame innovazioni e differenze di particolari risalenti non solo a divario tecnico della mano d'opera impiegativi, ma altresì a notevole successione cronologica. Il che, d'altra parte, non può far meraviglia, quando si pensi ai gravi terremoti che ogni secolo torturarono l'estrema penisola calabrese.
b) Gli archi e la maggior parte dei pilastri ottagoni, in arenaria (tufo), dell'interno. I quali per ovvie ragioni ineluttabili, in conseguenza delle norme costruttive asismiche, sono stati smontati, risarciti con la sostituzione dei pezzi mancanti o logori, opportunamente rafforzati nel loro interno mediante l'apposizione ed il collegamento di robuste nervature in ferro, e poi ricomposti. Tutto questo ha portato con sè un lavoro lungo penoso e costosissimo; ma si è potuto, alla fine, conseguire un risultato assai più congruo e genuino di quanto non fu possibile ottenere per esempio nella Cattedrale di Messina, in cui alle colonne originarie di granito sorreggenti mirabili capitelli marmorei, si son dovute sostituire delle parodie di colonne in cemento patinate a granito e sormontate da capitelli pure cementizi.
Le membrature interne della Cattedrale di Tropea sono invece tutte in pietra autentica, delle medesime vecchie case sfruttate al tempo dei Normanni e degli Svevi per imprimere alla maggior chiesa del luogo la severa e nobile fisionomia che essa ora ha riacquistata.
Nel secolo XVI tutto l'interno della chiesa era stato svisato, ingombrato con ringrossi dei pilastri, e rivestiti di marmi policromi. In luogo della arcaica copertura a capriate lignee visibili - ora egregiamente ripristinata e bene intonata di colore scuro - era stata costruita una volta con stucchi e pitture di nessun pregio, la cui eliminazione non ha prodotto alcun danno o rimpianto artistico.
c) Le fondazioni e qualche avanzo in elevazione - specie nel lato sinistro - delle absidiole a termine delle navatelle, e dell'abside centrale, con sicure vestigia delle fasce decorative di tipo geometrico, formate da riquadre a losange nere (tranchite) inseriti nel calcare giallastro, e limitate da due semplici cornici marginali.
Quando, nel Cinquecento, l'edifizio sacro subì le profonde modificazioni accennate, venne anche allungato dalla parte del coro, allontanando l'abside mediana di parecchi metri oltre la linea originaria, all'inizio dei restauri facilmente poi rintracciata. La restituzione integrale ed omogenea del primitivo presbiterio ha costituito uno dei tempi più arudi di tutto il complesso rastauro; e se forse si è abbondato un pò troppo nel voler decorare le parti nuove con gli elementi ornamentali normanni desunti dai resti autentici conservati, v'è l'attenuante dell'entusiasmo nell'animo dei ricostruttori, che hanno mirato a compensare l'inderogabile raccorciamento della Cattedrale, con una ricostruzione sontuosa delle absidi così come probabilmente esse dovevano apparire all'esterno. Si è avuto il buon senso peraltro di non ripetere le minuzie decorative delle cornici e delle fasce autentiche nelle zone rifatte, limitandosi ad un trattamento sommario - e sempre controllabile - dei particolari copiati.
Per quanto è stato praticamente possibile, la Sopraintendenza ha esercitato un controllo continuo e rigoroso sulle riprese e le ricostruzioni delle parti mancanti: il che ha portato ad un nuovo armonico equilibrio di masse in tutta la costruzione, che ha ripreso il suo caratteristico profilo all'esterno ed il suo aspetto nudo ed austero all'interno in cui cade una moderata luce dalle rispristinate finestre munite di transenne.
d) Il prospetto aveva in alto un <<occhio>> cinquecentesco in pietra, che è stato reintegrato e conservato, ed un largo portale rettangolare settecentesco a bugne, di banale aspetto, e per di più largamente risarcito con calcina nelle lacune della pietra, il quale dirante lo smontaggio andò in frantumi.
Immediatamente dietro di esso comparve un arco ogivale in pietra della prima costruzione, in base al quale si potè stabilire che la facciata della chiesa non aveva subito alcun spostamento, e che l'originario ingresso doveva essere coordinato a detto arco. Di più furono rinvenuti non pochi conci di calcare e di lava, scolpiti con fogliami e cornici, pertinenti senza dubbio alla mostra esterna del principale ingresso; e quindi fu scelto il partito di riutilizzare i pezzi in parola, rifacendo analogamente quelli perduti, e ricomporre così - più che per congettura - l'antico portale. Ma poichè i pezzi rinnovati sono in maggioranza, per un pò di tempo ancora - sino a che la polvere e le acque piovane non avranno attenuata la crudezza della colorazione della pietra - si proverà, riguardandolo, un gradevole senso di troppo fresco e nuovo.
Specialmente nella zona dell'ingresso, ma anche in altre parti dell'edifizio dovuto smantellare su larga scala per le esigenze del restauro, vennero raccolti copiosi frammenti architettonici del secolo XIII-XIV in poi, e stemmi ed iscrizioni, che sono stati per mio consiglio conservati in un apposito locale, col proposito di costituire un piccolo Museo del Duomo.
e) La Cattedrale dei secoli XII e XIII non era isolata da ogni parte, ma era congiunta all'Episcopio di fronte ad essa, al di là della piazzuola che forma il <<sagrato>> da una loggia porticata, che potrà - e dovrà - essere ripristinata al più presto come doveroso corollario del restauro del Duomo. Al disotto della fabbrica del seminario (con dei balconi a pancia di ferro battuto, del secolo XVII-XVIII) sono comparsi quattro archi corniciati a sesto acuto, risalenti per la sagome al sec. XIII (quindi un pò posteriori alla chiesa normanna, della quale sostituirono una aggiunta ed un ulteriore sviluppo), ed un quinto arco è accluso nel palazzetto vescovile, del medesimo tipo e periodo dell'attiguo seminario, la cui facciata dovrà essere arretrata quanto basta per rimetterlo in luce. E vale la pena e la spesa di affrontare quanto più presto sarà possibile anche quest'opera complementare del riassetto del Duomo, tenuto presente che in Calabria codesto portico dugentesco rappresenta un rarissimo, anzi un unico esempio, ed insieme un complemento di squisita bellezza ed armonia per la Cattedrale ritornata a nuova vita. Del pari sono in corso lavori promossi dal Comune per la sistemazione a giardino dell'area pubblica a tergo delle absidi. Il pregio artistico, il fascino storico ed il luogo quanto mai incantevole a strapiombo sul muro, dove la Cattedrale venne edificata, debbono conferire a quell'insigne - ed ora solo rivelato - complesso di vetuste fabbriche una particolare attrattiva verso chi ricerchi in Tropea le note più solenni del suo glorioso passato.
Resta ora da dire una parola delle parti nuove incorporate, in coordinazione con i recenti lavori, nella chiesa. Esse sono la copertura a capriate; le transenne in gesso con fori lenticolari delle finestre, desunte da un tipo autentico di S. Severina in Calabria, coevo della Cattedrale tropeana; il pavimento a mattonelle rosso scuro di carattere moderno, sebbene discretamente intonate per la colorazione all'interno del Tempio: se non fossero prevalse ferree considerazioni di economia, il miglior partito sarebbe stato quello di adoperare per la nuova pavimentazione grandi e spessi mattoni quadrangolari (di circa un piede romano per lato) analoghi agli esemplari normanni rinvenuti e conservati nel Museo del Duomo; ed infine fra le innovazioni bisogna anche far menzione dell'altare di contro all'abside maggiore, altare in carattere però con tutto l'ambiente restaurato.
L'opera di restauro ha servito a far liberare l'interno della Cattedrale da ogni pretenzioso e tradizionalistico ingombro: non vi si vedono più - per fortuna! - tabernacoli di vetro e simulacri di cartapesta, ridicoli lampadari e oleografie, confessionali sproporzionati, seggiole incatenate, cassette per le offerte e sgargianti palme di latta sugli altari.
Tutto codesto ciarpame di pessimo gusto, e che contrasta con la purezza e con la schiettezza della fede, è scomparso, e l'energia ben nota e consapevole di S. E. Mons. Cribellati dà pieno affidamento che non vi ritornerà. Le linee severe della Cattedrale rastaurata non hanno bisogno di concorrenza pseudo artistica nei mobiliari incongrui, se pure prediletti dal popolino; e l'occhio di chi vi entra non deve essere distratto dall'ammirazione che suscita il nudo ambiente della chiesa.
Una sola immagine vi è rimasta, e vi può rimanere, una Madonna trecentesca su tavola a fondo d'oro, di lontana ispirazione bizantina, la così detta Madonna Santissima di Romania, la quale opportunamente fatta ripulire e restaurare a cura della Soprintendenza dal valoroso restauratore assisiate prof. Tullio Brizi, è stata posta al disopra dell'altare maggiore.
Invece il pregevolissimo Crocifisso ligneo <<nero>>, del sec. XVI, altro simulacro molto venerato dai Tropeani, ha avuto degna collocazione in un'apposita cappelletta sulla navata destra della chiesa.
In tanta varietà e libertà di iniziative e di opere che hanno caratterizzato il tormentoso periodo di ricostruzione e di riassetto delle parecchie centinaia di chiese terremotate della Calabria, il restauro della Cattedrale di Tropea ha costituito il primo esempio concreto di come avrebbero dovuti essere trattati i monumenti sacri della nostra regione, e di quel che si può conseguire in questo campo quando intervenga tempestivamente una piena e fiduciosa intesa tra Autorità ecclesiastica e gli organi governativi preposti alla tutela dell'Arte.
Nella serie delle non meno insigni e famose Cattedrali calabresi e luvcane, pure esse ferite dai tremuoti (e ricordo quelle di Gerace, di Stilo, di Cosenza, di Tricarico, di Melfi e di Rapolla: tutte in corso di restauri più o meno estesi), questa di Tropea è venuta a prendere il primo posto, perchè è la prima che si riapre al culto dopo avere riassunte le sembianze dell'originaria concezione; e ciò è stato ottenuto non solo in virtù della chiara ed energica volontà del Vescovo Cribellati, ma anche per lo slancio e la passione dei suoi collaboratori (7).

NOTE
(1) FRANCESCO LANZONI, Le origini delle Diocesi antiche d'Italia, pagg. 211 sugg., lo esclude con validi argomenti.
(2) Acta Sanctorum, inl., II, pag. 278 sg. La  festa di Santa Domenica è assegnata al 6 o 7, o anche al 26 luglio.
(3) Bisogna tributare gran lode al benemerito Ispettore onorario per le Belle Arti di Tropea, Avvocato Cav. Gilberto Toraldo Di Francia, che con meticolosa cura ha raccolto ogni frammento ed ha registrato graficamente ogni dato dello scavo secondo le istruzioni impartitegli dalla Soprintendenza.
(4) Le necropoli preelleniche di Torre Galli e di Canale, Janchina, Patariti, un Mon. Aut. dei Lincei XXXI (1926), pag. 5 sgg.
(5) SILVIO FERRI. Nicotera- Scoperta di antichità in predio <<Pirarelli>>, in Notizie degli Scavi; 1928, pag. 479 sgg.
Fra gli oggetti rinvenuti nel sottuosolo della Cattedrale di Tropea, ed ora conservati nel Civico Antiquarium Tropaeanum, dei quali esibisco qui i più interessanti e caratteristici, ed anche i meglio conservati, è particolarmente notevole - e nuovo, ch'io sappia - l'ultimo della fila più bassa a destra. Il quale va interpretato come un rozzo modellino fittile di arula, facente corpo con la scodella che la circonda, e che a sua volta potrebbe simboleggiare il bothrot sacrificale in comunicazione con il mondo dei morti.
(6) Il compianto Marchese FELICE TORALDO, benemerito studioso dei monumenti di Tropea, dice in un suo opuscolo (Il Crocifisso Nero del Vescovo di Tropea, 1922, pag. 3) che l'attuale Duomo fu edificato nel sec. XV, ed inaugurato il 20 novembre 1496.
Ma da tutto quello che segue, risulta che tale data non è esatta. Forse essa è da riferire ad una rinnovazione e ad un largo rimaneggiamento della fabbrica, come si può desumere dalle reliquie costruttive raccolte.
(7) E' doveroso ricordare qui l'opera dell'Ing. Mariano Francescone, Delegato tecnico dell'Opera Interdiocesana per la ricostruzione e delle Chiese calabresi, e quella del suo coadiutore Ing. Caletti; l'Impresa Marxi Dr. Carli di Milano assuntrice dell'opera e specialmente l'Assistente Sig. Rondalli che ha guidati i lavori sul posto; le ricerche, gli studi, i disegni apprestati gratuitamente e l'alta vigilanza artistica esercitata per delegazione della Regia Soprintendenza in un primo tempo dell'Architetto Angelo Vitale, e dopo - più lungamente, per vari anni - dall'Ing. Pietro Loiacono, entrambi palermitani, ed addetti alla Soprintendenza di Reggio.
 
 

 
 
LA CATTEDRALE DI TROPEA
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|  Nuove scoperte nel Duomo di Tropea
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