G I G A N T I
Cammelli di Fuoco, Ciucci e Cavallucci

di Franco Vallone
 


Intervista a Mastru Miciu Famà
   ©TropeaMagazine


I giganti della raccolta 'Raffaele Lombardi Satriani' di San Costantino

C'ERA UNA VOLTA...

C'era una volta un gigante e una gigantessa, un ciuccio, un cavallo e un cammello di fuoco... Sono i personaggi grotteschi e straordinari con i quali possiamo iniziare il nostro racconto nello stesso modo in cui tradizionalmente iniziano le favole. Favole in cui i giganti sono o troppo buoni o troppo cattivi, giganti che si mangiano i bambini e che fanno colazione tra pentoloni stracolmi di latte bollente e gigantesche pagnotte di pane duro. I giganti processionali, o da corteo, sono elementi festivi molto popolari che si possono ritrovare nelle feste e celebrazioni di molti Paesi d'Europa. In Spagna, in Catalogna in particolare, vi è una straordinaria abbondanza di giganti già dal XIV secolo. La gigantessa appare per la prima volta vicino al gigante maschio nel XVI secolo e completa la coppia che attualmente conosciamo. I giganti sono citati in alcuni documenti del 1621, mentre la prima fotografia che si conosce dei due alti fantocci è datata 1898.
I giganti vivono, ancora oggi, nei nostri paesi del Sud dell'Italia, chiusi in bui magazzini per giorni, settimane, mesi. Le teste dei giganti sono staccate dal corpo, chiuse in sacchi di stoffa come reliquie antiche, le strutture di legno poggiate a terra con le braccia penzolanti e i coloratissimi vestiti, chiusi in appositi bauli, riposti al riparo della polvere. All'improvviso arriva la festa e questi strani personaggi riprendono a vivere per un giorno ancora, quasi la festa sia la linfa vitale di cui si nutrono, poi i giganti possono finalmente uscire e riaffermare la loro presenza sul territorio. Come antichi regnanti fanno il giro del paese accompagnati da un ritmo ossessivo ed inconfondibile di tamburi e da un corteo festoso e impaurito di bambini che vogliono, ancora una volta, sfidare la paura.

Briatico, i giganti di Mastro Miciu in piazza

I GIGANTI PREPARANO LE STRADE ALLA FESTA

I giganti processionali di Calabria li abbiamo visti anche sul palcoscenico del Teatro Rendano di Cosenza. Ballavano, quasi impacciati, sulle tavole impolverate nel ristretto spazio scenico dello spettacolo "Bastimenti" del musicista ed etnomusicologo Cataldo Perri. Li abbiamo visti, questi giganti, a decine, camminare a due a due per le strade di Limbadi e Briatico, per inventati raduni; li abbiamo visti a carnevale a Vibo Valentia, dieci e più coppie in piazza in un caotico ballare. Il gigante e la gigantessa vogliono danzare in un corteggiamento che diventa sempre più infinito, ed è questo il loro destino da sempre: aprire, con i loro balli, ritmi e corteggiamenti, le feste popolari e preparare le strade dei paesi alla festa. Nei paesi della Calabria meridionale i giganti si utilizzano in occasione delle feste dei santi patroni e delle madonne, ma anche per altre feste non religiose e per tutti gli eventi popolari dove si evidenziano riferimenti cronologici di un tempo diverso e straordinario.

Papaglionti, la testa in cartapesta della regina Mata

IL GIGANTE E LA GIGANTESSA

La coppia del gigante e della gigantessa si prepara ad uscire in pubblico, rullano i tamburi. Le due alte e inquietanti figure danzano e si corteggiano. In un rituale antichissimo tracciano, per le strade del paese, un itinerario magico simbolico. La festa è il loro mondo, il ritmo la loro vita, la strada e la piazza il loro movimento. I due giganti fanno parte di un'antica tradizione calabrese. "Jijante, gehante, gehanti, gihanta, giaganti": sono solo alcune delle denominazioni dei giganti nelle diverse aree della Calabria. In alcuni luoghi i due giganti sono chiamati Mata e Grifone, in altri pulicenelle, purucineja, con evidente riferimento alla maschera napoletana, senza peraltro avere un rapporto preciso, se non quello generico costituito dal motivo generatore del divertimento. I giganti sfilano per le strade durante le feste di paese per allietare, con i loro balli, un pubblico di piccoli e di grandi e per segnare di festa un percorso all'interno del paese. La normalità di ogni strada diviene così segnata, si reinventa un luogo rituale saturo e ricco di simbolica magia e profonda religiosità. I giganti, alti anche oltre tre metri e mezzo, hanno fatto passare notti insonni ad intere generazioni di bambini. I giganti, dalla testa di cartapesta, abiti a fiori segnati da colori sgargianti e mani indescrivibilmente viscide e inumane, incutono terrore a tutti, una paura profonda, mista al piacere della sfida. Una forte emozione solca il divertimento dei bambini, esorcizza e supera una paura innata e collettiva. La paura - divertimento consiste proprio nel cercare di toccare i giganti per superare la paura stessa. Una sfida per il gigante e la gigantessa che a loro volta rincorrono e cercano di raggiungere e toccare proprio quei bambini che dimostrano di avere più paura. I giganti passano per le strade assolate dei paesi del sud, danzano nello spazio e nel tempo speciale della festa, procedendo in un rituale di corteggiamento antico.

I giganti di Salvatore Cilurzo di Vena Media

ARRIVANO DA LONTANO

Ma da dove provengono e cosa rappresentano questi alti fantocci? Queste figure disumane arrivano da lontano. Rappresentano i due antichi regnanti Mata e Grifone e durante il loro lungo cammino nel tempo si sono caricate di mito e di simboli. Mata è una regina indigena, Grifone un re turco. Grifone, il gigante maschio, è solitamente raffigurato con la carnagione nera o scura, caratterizzato da un cappellaccio nero o da un elmo argentato o da una corona piumata, grandi baffi neri a manubrio. Mata, la gigantessa, è corredata da collane variopinte, grossi orecchini, guance rosse, frutta e fiori di plastica, fischietti, medaglie dorate e piume colorate... il trionfo del kitsch, il cattivo gusto estetico e dell'oggetto goliardico, valori formali negativi che si ribaltano continuamente divenendo sapienti contenitori della bellezza popolare.
In relazione ai giganti alcuni racconti popolari calabresi narrano la storia di una regina rapita da un re venuto da molto lontano, dal mare, dalla Turchia. Ritroviamo questi alti giganti radicati nella cultura popolare della Spagna e vengono in mente ambientazioni che vedono la Calabria durante la dominazione spagnola, poi ancora al periodo delle incursioni turche e ai saraceni. La radice storica del ballo dei giganti è di probabile origine aragonese. Il contatto con la dominazione catalana fece pervenire in Sicilia e in Calabria questa tradizione tutt'ora fortissima in Catalogna. A testimonianza di un'antica matrice culturale presente nell'area del Mediterraneo ancora oggi ritroviamo manifestazioni popolari con l'uso dei giganti processionali in Spagna, in Sicilia, a Malta ma anche in Belgio e in Germania. Un assordante suono di tamburo precede l'avanzare di giganti; rullante e grancassa vibrano freneticamente in un inconfondibile e caratteristico ritmo, per annunciare che stanno arrivando e le scariche di adrenalina si traducono in brividi che corrono veloci dietro la schiena. In molti paesi della Calabria sono stati costruiti esemplari dei giganti che sono vere e proprie opere dell'arte popolare. Sono molto noti e belli quelli di Taurianova, Polistena, Cittanova, Seminara, Palmi, Locri e Bellantoni di Laureana di Borrello (in provincia di Reggio Calabria); di Mesiano, Ionadi, Papaglionti di Zungri, San Leo di Briatico, Briatico, San Costantino di Briatico, Vena Superiore, Potenzoni, Ioppolo, Arzona, Dasà (in provincia di Vibo Valentia); Falerna (in provincia di Catanzaro); Carolei, Marzi e Cellara (in provincia di Cosenza). La tradizione dei giganti è stata recuperata recentemente in alcuni centri della provincia di Vibo Valentia, coppie di giganti più o meno fedeli ai canoni tradizionali, sono stati ricostruiti da gruppi di ricerca e giovani appassionati. A Briatico, per iniziativa di un gruppo di ragazzi, sono stati costruiti i giganteji, due giganti di dimensione notevolmente ridotte. In altri casi alla coppia classica di gigante e gigantessa è stato aggiunto il figlio dei giganti. Nuove costruzioni e rielaborazioni sono state realizzate a San Costantino, Pannaconi e Vibo Marina, dove nel 1989, su iniziativa di un gruppo di appassionati di folklore è nato un centro studi per la ricerca sulla danza e sulla musica popolare denominato proprio "Mata e Grifone". I giganti più antichi sono conservati in collezioni pubbliche e private, in particolare ricordiamo quelli del Museo Calabrese di Etnografia e Folklore Raffaele Corso di Palmi (RC) e quelli della raccolta Raffaele Lombardi Satriani a San Costantino di Briatico (VV). Il gigante e la gigantessa, portati a passo di danza per le vie e le piazze del paese durante le feste principali, vogliono rappresentare i primi uomini, i primi abitatori della terra. Questa leggenda avrebbe ralazione con i miti di Saturno, dio del cielo, e di Gea, dea della terra.

La gigantessa Rosina di Briatico

IL TRIONFO DELL'AMORE IN UN CORTEGGIAMENTO ANTICO

Il ballo rituale dei giganti è un vero e proprio trionfo dell'amore, ma anche della nostalgia, del silenzio e del ritmo. Quella dei giganti è una romantica storia d'amore ed è raccontata proprio attraverso un ballo di corteggiamento. La danza rituale si apre con una coreografia che comprende una serie di giravolte, di cerchi che si stringono, sempre di più, fino ad avvicinare i due in un abbraccio e in un bacio infinito. Mentre avviene questo i tamburi battono freneticamente quasi ad incitare i giganti ad avvicinarsi di più.
Questi giganteschi fantocci colorati, ancora oggi, incutono paura e stimolano un profondo senso di romanticismo. I bambini, da sempre, li seguono in una festosa processione, gridano, cercano un contatto, desiderano vedere i giganti, che si baciano, vogliono toccare le loro mani, sfiorare i lunghi vestiti. I due giganti, quasi a rispondere a queste richieste, s'inclinano paurosamente l'uno verso l'altro, in un vortice di movimenti ritualizzati aprono le braccia, avvicinano le teste, si abbracciano, danzano e si baciano tra le urla di tutti. La processione che segue sembra approvare questo speciale ed eterno atto d'amore che dura da centinaia d'anni, un amore reso pubblico, mostrato apertamente per strada, in piazza, un rapporto agli occhi di tutti. Ed è anche per questo che i bambini deridono questi colorati fantocci, quasi l'amore sia una vergogna, una sottile debolezza che disturba la forza dei giganti. Gigante e gigantessa incutono paura solo con il loro portamento e la loro altezza e con questi gesti d'affetto, di tenerezza e d'amore riportano la situazione sul piano umano. Anche loro, in fondo, s'innamorano com'esseri mortali e il mito che rappresentano scende al livello dell'umano vivere.

La testa del cammello di Filadelfia

IL RIPOSO DEI GIGANTI E IL SILENZIO DEI TAMBURI

Quando i giganti sono poggiati a terra sulle loro quattro assi di legno, i ballerini si riposano e il ritmo dei tamburi è silenzio, ecco che i bambini si avvicinano lentamente a ricostruire un contatto perso nella storia, per riprendere territorio e confidenza. I bambini si stringono attorno ai giganti con un attimo d'incertezza, iniziano prima a toccare i vestiti, poi le gigantesche mani gonfie di segatura e il viso paonazzo. Infine, sempre con più confidenza, cercano si scoprire i segreti più profondi, quasi a voler carpire la loro linfa vitale, alzano i vestiti, provano i meccanismi di movimento e le corde che comandano le braccia, tastano la struttura portante, entrano nel fantoccio per guardare dall'oblò inciso nella stoffa e per diventare, per un attimo, essi stessi giganti. Il dentro il fantoccio e il sotto quel vestito colorato diventa un luogo magico da profanare. Quando i ballerini si posizionano, per iniziare un nuovo ballo, i tamburi come segno di comando battono freneticamente a richiamo, i giganti sembrano riprendere vita e i bambini tornano a fuggire. La paura, che ha dato tregua per un attimo, si ristabilisce prorompente e i giganti tornano a vivere ancora una volta per un altro ballo ed un altro corteggiamento.

Il cammello di Filadelfia

MASTRO MICIU CAPO GIGANTARO DI SAN LEO

Lo chiamano "Mastru Miciu" (Miciu in Sicilia è diminuitivo di Domenico), ed è una persona straordinaria che sembra uscire dal mondo delle favole, uno di quei personaggi molto caratterizzati della cultura popolare. Mastro Miciu con i suoi grossi baffi a manubrio assomiglia in modo impressionante al Mangiafuoco del Pinocchio di Collodi ed è, da decine d'anni, conosciuto in tutta la zona come capo gigantaro, proprietario dei giganti di San Leo di Briatico. Mastru Miciu, al secolo Domenico Famà, è nato il 4 agosto del 1925 a Scaletta Zanglea, in provincia di Messina. Di professione mastro stagnino Famà arrivò in Calabria tra gli sfollati della Seconda Guerra Mondiale. Mastro Miciu divenne rinomato gigantaro già nel 1947 quando per la somma di 30.000 lire di allora acquistò gigante e gigantessa da un certo Andrea Mandaradoni di Potenzoni di Briatico. La struttura di legno di questi antichi giganti era fatiscente, tarlata e rotta in più punti. Mastro Miciu fece costruire l'armatura di legno seguendo fedelmente la struttura originale. Le teste dei due fantocci erano invece in buone condizioni, ricorda Famà, solo qualche ritocco di colore qua e là per ravvivare i colori resi ormai opachi dal tempo. Mastro Miciu è ancora oggi fiero d'essere proprietario dei due fantocci a capo gigantaro, mostra con orgoglio trofei e medaglie ossidate dal tempo mentre ci racconta la sua vera storia dei giganti. Parla dei suoi due tamburi rullanti, della grancassa e dei piattini, dei suoi operai ballerini e suonatori. La tradizione del ballo dei giganti arriva in Calabria probabilmente con l'arrivo degli aragonesi, una danza spettacolare dove i due giganteschi protagonisti volteggiano al suono ripetitivo dei tamburi. Una antica cultura comune che lega la Calabria, in particolare la zona meridionale, e la Sicilia orientale.

La testa della gigantessa viene fissata alla struttura

LA STORIA DEI GIGANTI RACCONTATA DA MASTRO MICIU

"Il capo dei giganti, quello che comandava, era alto come un gigante ed aveva una squadra a Messina. In quella città c'era la figlia di un pecoraio che era una gigantessa. A Messina questa squadra voleva comandare ma un giorno videro questa gigantessa, si spaventarono e scapparono dal loro capo gigante. Capo, a Messina c'è una donna gigantesca come voi. Possibile? Il capo gigante si parte subito e si reca a Messina e vede questa donna. S'innamora subito della gigantessa e la sposa. Lui era cannibale, voleva mangiare una vitella al giorno. A quei tempi una vitella chi gliela dava? Se non trovava la vitella si mangiava una persona. Finchè bastarono i vitelli tutto andò bene, poi il gigante iniziò a mangiare gente. Il sindaco comandante di Messina decise così di inserire i nomi dei messinesi all'interno di bussolotti, ogni mattina sorteggiava il malcapitato che doveva essere mangiato dal gigante. Chi era destinato era portato al cospetto del feroce gigante. Lui lo mangiava, quando non trovata la vitella. Un giorno dal sorteggio esce fuori il figlio di un pacoraio. Questi prese una fionda, non c'erano ancora in quel tempo pistole e fucili. Questo giovane pastore da dietro un albero lanciò un sasso contro la tempia del gigante moro. Il gigante morì. La gigantessa a questo punto s'impiccò e morì. I messinesi misero i due giganti morti su un carretto e spingendo tutti quanti li portarono al cimitero. Il 15 agosto di ogni anno ancora oggi a Messina ricordano quest'avvenimento con la processione dei giganti a cavallo. Lui era greco, era proprio nero, lei invece era una bella gigantessa. Lei si chiamava Marta, lui si chiamava Grifone. Io ho grancassa, tamburo e piattini, giravo per tutta la Calabria e per la Sicilia, siamo andati a ballare i giganti pure a Lipari, nelle Isole Eolie. Poi mi hanno invitato che dovevo andare a Philadelfia di New York, in America con l'aereo con tutti i giganti. Io in vita mia non ho mai viaggiato in aereo ma volevo vedere l'America. Io volevo andare ma i miei operai di rifiutarono di partire per paura dell'aereo e quindi ho rinunciato al viaggio con i giganti".


La testa in cartapesta del gigante Grifone

LA STORIA DEI GIGANTI SECONDO LA TRADIZIONE

A Messina viveva una bellissima ragazza alta e formosa, piena di virtù e fervente cristiana; era figlia di re Cosimo II da Castelluccio e si chiamava Marta (in dialetto di dice Matta o Mata). Verso il 910 d.C. un gigante moro di nome Hassan Ibn-Hammar sbarcò in Sicilia, precisamente a Messina, con cinquanta suoi compagni pirati e incominciò a depredare il territorio. Un giorno, durante una delle sue crudeli imprese, il moro vide la bella fanciulla e se ne innamorò alla follia. Il moro chiese la regina Marta in sposa, ma ne ebbe un rifiuto. Ciò provocò l'ira del gigante che cominciò a uccidere e saccheggiare con maggiore crudeltà di prima. I genitori, atterriti, nascosero Marta in un loro podere, ma il moro scoprì il rifugio e la rapì con la speranza di essere amato e di sposarla. Marta non ricambiava il suo amore ed egli cercava di persuaderla un poco con la dolcezza, un poco con la violenza e la crudeltà. Ma Marta resisteva trovando forza nella preghiera. Alla fine il gigante moro per amore di lei si convertì alla religione cristiana e cambiò il suo nome in Grifo che, per la sua imponente statura, diventò gigante Grifone. Marta, commossa e ammirata, ricambiò il suo amore e accettò di sposarlo. Ebbero tanti figli e la tradizione attribuì loro la fondazione della città di Messina.


La testa di latta battuta del gigante Grifone

QUELLO STRANO RACCONTO DEL '63

Briatico, paese in provincia di Vibo Valentia, 1963: un bambino di pochi mesi dorme tranquillo tra due cuscini posti al centro del letto matrimoniale. E' estate, fa caldo, la piccola casa che ospita il bambino è vuota e assolata, tutto sembra promettere tranquillità e normalità quotidiana. Ma non è così! Un rumore assordante, ritmico e ripetitivo, inonda il paese, le vie, i vicoli e le piazze ed anche la piccola casa è completamente piena di questi ritmi. La madre del piccolo rincasa velocemente, è preoccupata che il figlio si possa svegliare. Entra nella camera da letto, i due cuscini sono al loro posto ma il bambino non c'è più!  Spaventata e preoccupata, esce, la piccola porta della piccola casa dà proprio sulla strada principale. La donna piange disperata ma le sue urla sono coperte dal rumore del tamburo e del rullante che accompagnano il ballo dei giganti. Loro, i giganti, altissimi e imponenti, passano davanti alla piccola casa dalla piccola porta proprio in quel momento. La minuscola casa fa sembrare ancora più grandi i due alti fantocci. La processione festosa di bambini segue i due e copre le grida della madre disperata. Poi le sue invocazioni sono percepite da alcune vicine di casa che cercano di calmarla. Qualcuno pensa già ad un rapimento da parte di qualche zingara, di passaggio a Briatico in occasione della festa. Si rientra in casa, le vicine distendono la madre sul grande letto, vicino ai due cuscini, fuori i ritmi dei tamburi si fanno sempre più lontani. Ad un certo punto si sente un pianto soffocato provenire da sotto il letto!  Ci si precipita, il bambino è lì sotto, ma proprio al centro, lontano dai due lati, in corrispondenza dei due cuscini sovrastanti. Il mistero ha subito una risposta: è tutta colpa del passaggio del gigante e della giantessa!

... e quella della gigantessa Mata

RE GIOACCHINO MURAT E I GIGANTI

Una storia popolare racconta che re Gioacchino Murat, pochi giorni prima di essere catturato e fucilato a Pizzo Calabro, nell'ottobre del 1815, si trovasse a navigare nel tratto di mare davanti all'abitato di Briatico dove doveva scendere con le sue imbarcazioni. Mentre le navi erano con la prua puntata verso l'abitato i marinai sentirono un grande frastuono provenire dal paese. Un rumore come di cento fucili scoppiettanti, grida concitate, un rullare di tamburi come di una guarnigione di soldati in piena battaglia. In realtà a Briatico quel giorno c'era una festa e i rumori e le grida che provenivano dal paese e si amplificavano nel silenzio del mare erano i rumori che accompagnavano proprio i giganti seguiti da tamburi, rullanti, grancassa e una festante folla di bambini. Murat e i suoi marinai decisero così di non scendere sulla spiaggia di Briatico, tornarono subito indietro e puntarono la prua verso Pizzo Calabro. I giganti di Briatico in quel momento stavano cambiando la Storia. La poetessa Rita De Luca Bagnato ci racconta che "durante il periodo delle invasioni turche e delle incursioni barbaresche i giganti venivano utilizzati per spaventare i nemici. Si posizionavano grandi fantocci colorati sopra le torri di difesa costiera e dietro le mura di cinta della città. Chi si avvicinava con brutte intenzioni e vedeva questi alti giganti si allontanava immediatamente credendoli reali e mostruosi abitatori del luogo".

Briatico, ballano i ganti di Papaglionti

QUATTRO SACCHI COLORATI E QUATTRO TESTE DI GIGANTI

Quattro sacchi colorati contengono quattro teste di giganti, sono isolati dal pavimento per preservarli dall'umidità del magazzino. I Rombolà di Papaglionti aprono i sacchi e come per magia escono fuori i personaggi del mito antico: Mata e Grifone. Le teste sono poste delicatamente sulla struttura, fermate con appositi bulloni, poi i telai di legno vengono rivestiti con i colorati abiti e i giganti sembrano per magia acquistare vita e potenza, sono finalmente pronti per il grande ballo d'amore.
A Papaglionti, in provincia di Vibo Valentia, ci si arriva anche percorrendo una antica strada che parte dal paese di Cessaniti. Una strada isolata, stretta, che scende ripida, guada una fiumara e risale improvvisa. Poi arriva Papaglionti il famoso paese spaesato, il paese trasferito a causa dell'alluvione, il paese ferito dalle frane, dall'abbandono, dall'emigrazione. In questo posto da mito, oltre le cinquanta persone e alla statua di San Pantaleone, abitano anche i quattro giganti della famiglia Rombolà. Il signor Fortunato Rombolà e il cognato Giuseppe Cimadoro già nel 1920 avevano una fanfara composta da zampogna, pipita, tamburo, cassa e piatti. La tradizione musicale della fanfara continua con i figli nel 1952 e successivamente con i nipoti. Nel 1972 masce la banda musicale di Papaglionti e contemporaneamente si portano in giro una coppia di giganti fatta costruire a Polistena, in provincia di Reggio Calabria.
La famiglia Rombolà porta i giganti e il fantoccio del ciuccio in giro per tutta la Calabria, in Aspromonte a Santa Cristina, a Santo Stefano, a San Giorgio a Morgeto e Locri. A Polistena vengono fatte ballare, dalla stessa famiglia Rombolà, ben due coppie di giganti. I Giganti di Papaglionti ballano anche a Monreale di Palermo e a Pigliana di Pistoia. Iconio Sorrentino, nipote di Giuseppe Rombolà, oggi vive a Milano con i genitori perchè da anni si sono trasferiti al Nord d'Italia, a Papaglionti è difficile trovare lavoro. Iconio conosce bene i ritmi musicali dei giganti che i nonni posseggono in Calabria e quando ritorna per le vacanze estive non disdegna di ballare il fantoccio del ciuccio che segue i giganti. E' un onore per lui partecipare al gruppo di ballo, un segno anche questo di forte appartenenza, di condivisione, di radici. Un milanese figlio di emigrati calabresi che recupera memoria. I giganti dalle teste di lamiera sono stati costruiti negli anni settanta a Polistena, in Provincia di Reggio Calabria. In quel luogo viveva Rosario Giancotta, un bravo e anziano battilamiera proprietario di preziose marionette in ferro che si muovevano, a lui sono state ordinate le teste di Mata e Grifone, giganti di Papaglionti. L'altra coppia di giganti dei Rombolà è stata invece costruita con le teste in cartapesta.


.... i bambini si avvicinano senza paura

I GIGANTI DI VENA MEDIA

I giganti di Vena Media, detti da magghja, sono andati in tournè in provincia di Torino. Sono partiti dalla Calabria come parenti di emigrati al Nord per andare a trovare i tanti calabresi di Carmagnola, ma sono arrivati come ospiti d'onore, come segno folklorico del Sud Italia, come memoria del paese natio. Sono arrivati in Piemonte e si sono trovati, per un giorno, a ballare tra la gente, sulle strade di un luogo lontano. A Carmagnola i giganti di Vena Media ci sono andati per un gemellaggio effettuato dal paese di Sant'Onofrio, si sono portati dietro anche uno scoppiettante "Camejuzzu i focu" allestito di tutto punto da fuochisti asperti di San Gregorio d'Ippona. Costruiti venti anni fa dallo stesso Salvatore Cilurzo, i "giganti da Magghja" sono ballati con l'accompagnamento di tre rullanti, grancassa e piatti e si distinguono per le particolari coreografie a sfondo erotico. Altri due bellissimi giganti di Palmi sono stati portati a Milano per uno speciale ballo in Piazza Duomo.

I giganti della famiglia Rombolà di Papaglionti

PICCOLI GIGANTI CRESCONO

Nei paesi di Calabria moltissimi bambini nei loro giochi inseriscono la costruzione di piccoli giganti e cercano di ripetere, con tamburi improvvisati, i ritmi musicali che accompagnano i giganti durante il ballo. Proprio in uno di questi balli è stato interessante poter assistere all'esibizione di un bambino di cinque anni, Francesco Limardo, che con il rullante ha accompagnato una coppia di piccoli giganti processionali. I giganti denominati "Cola e Rosina" costruiti a Potenzoni recuperano la tradizione locale dopo la morte del vecchio gigantaro del paese Andrea Mandaradoni. L'uomo possedeva due bellissime coppie di giganti e un fantoccio di cammello. Nel 1998 il giovane Raffaele Limardo, con l'aiuto del fratello Massimo, ripropone una coppia di giganti costruiti in cartapesta seguendo le classiche forme della tradizione mentre oggi costruisce una coppia di giganti processionali con le teste in polistirolo espanso. Limardo, vero appassionato del ballo dei giganti, porta i fantocci anche in alcuni paesi della zona.
Antonio Russo con i figli ed altri ragazzi di Briatico hanno pensato di costruire dei giganti in proprio per portarli in giro nelle feste del paese. I due giganti sono di dimensioni più modeste rispetto a quelli classici e per questo sono stati denominati i "Giganteji". Il signor Russo ci spiega che questi suoi giganti non si chiamano Mata e Grifone ma Micu e Rosina, perchè ci dice, sono due nomi locali, della nostra zona. Anche altri comunque hanno voluto battezzare i giganti con nomi di fantasia, alcune volte anche caratterizzandoli con abbigliamento e caratteristiche somatiche. Così sono nati u Mafiusu e a Mafiusa, Cola e Rosina, Cicciu e Rosa, Peppina e Colineja... solo per fare qualche esempio. Intanto a Seminara l'artista Gennarino Condurso (figlio del maestro Paolo ceramista allievo di Picasso), ha riprodotto i due giganti Mata e Grifone in lucida ceramica e i risultati sono stati davvero sorprendenti. A Vibo Marina, invece, Antonio Montesanti da anni costruisce piccoli giganti alti 30 centimetri con cartapesta e raffinate stoffe colorate. A Bologna il gruppo musicale dei Rosaluna ha raccontato i giganti tradizionali calabresi con un cd musicale dal titolo "Mata e Grifone". A Spilinga, ci racconta Franco Barbalace, un gruppo di bambini ha costruito un paio di piccoli giganti che portano in giro durante i giorni di festa al ritmo frenetico di piccoli tamburi.

Grifone, il nero re turco, arriva dal mare

CAMMELLI, CIUCCI E CAVALLUCCI

In Calabria durante le feste di paese vengono utilizzati tre tipi diversi di fantocci di animali processionali. Colorati animali in cartapesta, stoffa ed altri materiali, si conservano di anno in anno per essere riutilizzati nelle festività. Poi ci sono i simulacri di animali che a fine festeggiamenti vengono incendiati e quelli preparati in modo da funzionare come macchine sceniche esplodenti capaci di produrre giochi pirotecnici di luci, scintille e rumori assordanti. Alcuni di questi animali accompagnano il ballo dei giganti, altri vengono ballati a fine serata per chiudere la festa. Molto spesso nella nostra regione il ballo dei giganti è accompagnato dal ballo del cameju, del ciucciu o del cavaju. Fantocci di cammelli, cavallucci o asini, ma anche di elefanti, giraffe e dromedari, simboli di animali arcaici e grotteschi che nel finale delle feste si esibiscono in un pirotecnico ballo di fuoco purificatore. Bruno Cimino nel suo volume "Tropea perla del Tirreno" scrive "per ricordare la cacciata definitiva degli infedeli saraceni dal territorio di Tropea... durante la festa de "i Tri da Cruci" si rappresenta una tra le figure più odiate dal popolo quella dell'infedele turco quando in groppa ad un cammello girava per la città e per i casali con il compito di riscuotere le tasse. La singolare rievocazione si svolge con la cattura dell'usuraio, raffigurato da un fantoccio, che viene legato ad un cammello di legno imbottito di fuochi pirotecnici accesi per l'allegorico "ballo du cameju". A Seminara, ci racconta il farmacista Domenico Spinella, si esce anche con lo "Scavuzzu", lo schiavetto, uno strano personaggio nero in groppa ad un cammello. Lo Scavuzzo segue il corteo dei giganti che sono preceduti a loro volta da un fantoccio di un cavallo che apre il fastoso corteo processionale. Giganti, cammello, Scavuzzo e cavallo quando non vengono usati sono alloggiati presso l'antica chiesa di San Marco. Questi fantocci ricoperti di carta velina, di tessuto o nudi di canne legate, sono sempre ciucci, cammelli e cavallucci simulacri di animali arcaici che vengono costruiti per sfilare lungo le strade dei nostri paesi, da soli o con i giganti. Sono animali finti che simboleggiano goffi personaggi del periodo saraceno, l'ingresso dei normanni, il trionfale ingresso a Messina di Ruggero d'Altavilla, o semplicemente voraci belve che mangiano di tutto. Secondo alcuni racconti popolari il ballo si riferisce all'incendio delle navi musulmane ad opera della flotta cristiana nella Battaglia di Lepanto. Altre volte il fantoccio dell'animale viene bruciato e questa operazione ha dei riferimenti propiziatori, di protezione, con una funzione apostropaica: il fuoco purificatore chiude la festa e riporta la normalità del quotidiano vivere. I camejuzzi i focu sono costruiti da scheletri di canna lavorata e da listelli di legno, che vengono rivestiti di carta e successivamente abbelliti con carta velina di diversi colori. Alla costruzione provvedono di solito sempre le stesse persone, fuochisti che tramandano a familiari le esperienze e le informazioni necessarie. Questi personaggi animaleschi sfilano la sera a conclusione della festa e culmina con l'accensione dei fuochi pirotecnici. Un ballo infuocato per purificare il territorio dalle influenze negative, è questa la profonda simbologia di questo rituale di chiusura delle feste nei nostri paesi. La tradizione del camejuzzu i focu tende a sottolineare la funzione protettiva dalle negatività con il suo sopravvissuto rituale di esorcizzazione del nemico invasore turco. Per alcuni "u camejuzzu i focu" simboleggia proprio la cacciata dei musulmani che, per un certo periodo, dominarono alcune città della Calabria ed andavano a riscuotere i tributi con i loro cammelli. Comunque simboleggia in generale un senso di resistenza allo sfruttamento e alla prepotenza. Nel ballo infuocato viene allestito un cammello costruito in modo rudimentale con delle canne riempite di polvere da sparo e cariche esplosive e girandole esplodenti. Quando la festa si conclude un uomo si carica sulle spalle il cammello di canne ed inizia a ballare al ritmo frenetico di tamburi assordanti. Il ballo si protrae per circa un quarto d'ora o mezz'ora tra fumo, spruzzi colorati di fiamme, scoppiettii di petardi e poi in crescendo fino all'esplosione della girandola colorata posta all'altezza della coda.

Il bacio dei giganti di San Leo

LA PROCESSIONE DEL CAMMELLO DI FILADELFIA

A Filadelfia, in provincia di Vibo Valentia, nel magazzino attiguo alla chiesa di San Francesco di Paola, è conservato un fantoccio di un arcaico cammello con la testa di legno dipinto di rosso. Questo cammello, denominato localmente camiedu, veniva fatto uscire per tre giorni consecutivi, una sola volta l'anno nel mese di agosto, solo in occasione della festa di San Francesco ed era ballato per le strade del paese ad un ritmo molto simile a quello utilizzato per il ballo dei giganti. Purtroppo quest'antica tradizione si era interrotta alcuni anni fa. Il cammello è stato lasciato inerte sul selciato davanti alla chiesa. Nessuno si è mostrato interessato a "ballarlo", il vecchio suonatore di tamburo, pronto ad uscire per il percorso filadelfiese, si è visto costretto a chiedere le offerte davanti al "cammello morto". Oggi fortunatamente il priore della chiesa di san Francesco, Giuseppe Triminì, ci rassicura che la tradizione continuerà grazie ad un gruppo di giovani del luogo. La vecchia usanza che arriva dall'antica Castelmonardo distrutta dal terremoto del 1783 è documentata da alcuni scritti di Ruello Majolo in "il feudo di Castro Maynardi in Calabria Ultra", " e sempre nel settecento prima del terremoto, tra le manifestazioni che si svolgevano a Castel Monardo e negli altri casali della baronia in occasione delle varie festività, ce n'era una che è stata tramandata per secoli e che tuttora si svolge a Filadelfia, si tratta della comparsa di un cammello, simulacro di tela o di stoffa, entro il quale si ficcano due uomini che, aggirandosi per le strade, riescono a racimolare qualche soldo. Crediamo che pochissimi sappiano dell'antichità di tale manifestazione e soprattutto che essa fu organizzata a livello imprenditoriale da due geniali cittadini, D. Pugliese e D. Gangemi, che davanti ad un notaio stabilirono una società impegnandosi a portare nei paesi il simulacro del cammello (per abballarlo e giocarlo secondo il solito)".

I giganti e i loro antichi animali sono elementi simbolici che appartengono profondamente alla gente e alle tradizioni popolari più radicate della nostra regione. I tamburi suonano, il gigante e la gigantessa ballano, si baciano, si corteggiano, si abbracciano e si amano, spaventano la gente. I cammelli s'infuocano con asini e cavalli... la tradizione può continuare!.
 
 


Il Grifone e la sua gigantessa Mata


Limbadi, il riposo dei giganti  - Micu e Rosina, piccoli giganti di Briatico


Un gigante al raduno di Saverio Ferrise  -  Briatico, i giganti di Felice Napoleone


Palmi, la sfilata dei giganti e del cavalluccio  -  Vibo Marina, i giganti del gruppo di ricerca folcloristica 'Mata e Grifone'


Carnevale con ciuccio e giganti  -  Papaglionti di Zungri, il ciuccio


Vibo Valentia, cavalluccio in piazza  -  Filadelfia, cavalluccio di fuocoallestito dal fuochista di Sorianello


Il ballo del cammello di fuoco  -  Filadelfia, il cammello abbandonato sul selciato


Seminara, il cammello e il cavalluccio


Seminara, lo 'scavuzzo' in groppa al cammello  - Papaglionti, Iconio Sorrentino con il ciuccio


I piccoli giganti di Favelloni di Cessaniti  - Briatico, un piccolo suonatore di tamburo


Limbadi, il piccolo Edoardo Notaro imita un gigante  -  Piccoli giganti di cartapesta costruiti da bambini


Il gigante Grifone durante il raduno di Vibo V.  -  Palmi, Museo del folklore, la gigantessa Mata...


La gigantessa Mata costruita nel vibonese  - Coppia di giganti di Vibo al raduno di Briatico


Giganti di Ioppolo  - Gigantie e gigantessa  - I giganti di Pannaconi di Domenico Guerrero  -
Grancassa e rullante accompagnano il ballo dei giganti


Gennaro Condurso con i suoi giganti di ceramica  - I giganti in cartapesta di Antonio Montesanti


Il gigante sulle spalle per un altro ballo