Prof. Santo LucŕINTERVISTA
AL PROF. SANTO LUCA'
Ordinario di Paleografia greca
all'Università degli Studi di Roma Tor Vergata
Dipartimento di Antichità e Tradizione Classica
 

di Salvatore Libertino


Il Prof. Santo Lucà è nato a Samo (RC) nel 1947. Laureato in lettere classiche presso l’Università di Messina nel 1971 con una tesi in Paleografia greca (relatore: prof. S. Costanza), titolare di una borsa di studio di Paleografia e Diplomatica presso la stessa Università (1972-1973); assistente di ruolo di Letteratura cristiana antica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Messina (1973-1979), incaricato di Paleografia greca e latina presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università della Calabria (1979-1984), incaricato “stabilizzato” del medesimo insegnamento nella stessa sede (dal 1982), professore associato di Paleografia greca presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma “Tor Vergata” dal 1985, professore straordinario dal marzo 2000, ordinario dal marzo 2003, sempre della stessa disciplina e nella stessa sede.
Professore “invitato” di Paleografia greca presso la Facoltà di Scienze Ecclesiastiche Orientali del Pontificio Istituto Orientale di Roma. Socio dell’Associazione Italiana di Studi bizantini; socio corrispondente (dal 27.3.2004) dell’Istituto Siciliano di Studi bizantini e neoellenici “Bruno Lavagnini”. Redattore del «Bollettino della Badia greca di Grottaferrata» (1993-2003), condirettore di «Nea Rhome. Rivista di ricerche bizantinistiche» (dal 2004).


Professore, come ha scoperto i codici di Giorgio Taurozes?
Io mi occupo di produzione libraria della Calabria bizantina, medievale. E sto conducendo ormai da molti anni uno spoglio sistematico di tutti i fondi librari delle biblioteche italiane ed europee. Nell'esaminare questi documenti mi sono imbattuto casualmente in quattro/cinque manoscritti che mi sono sembrati realizzati da una stessa mano. Naturalmente lo studio successivo ha portato alla "scoperta" che si trattava di un protopapas di Tropea operoso nel XIV secolo. E dunque si trattava di mettere in evidenza nel contesto della Tropea del tempo la produzione in lingua greca di questo protopapas, che è una produzione di carattere squisitamente liturgico come era ovvio che fosse, perchè si tratta di libri che erano funzionali alle esigenze dell'officio quotidiano che il protopapas doveva tenere alla folta comunità che ancora si esprimeva verosimilmente in greco e che comunque partecipava alle officiature liturgiche in lingua greca.
Il dato positivo è proprio questo che in una situazione di occidentalizzazione e di latinizzazione imperante nella Calabria del Trecento ancora c'erano sacche di grecità che esprimevano una certa vitalità. Questo è il dato fondamentale.

Voi paleografi siete veri e propri archeologi. I reperti da esaminare sono la scrittura, la calligrafia, le lettere ed il modo come sono scritte. Potete quindi risalire alla datazione del manoscritto, ricostruire eventi, la vita di personaggi, la storia di interi territori. Si è fatto un'idea di chi fosse Giorgio Taurozes e come si muovesse giornalmente a Tropea?
Non sono francamente in grado di rispondere compiutamente alla domanda. Sappiamo che il protopapas era il capo di una comunità che aveva il ruolo superiore a quello di un comune sacerdote. Era una sorta di vescovo della città, il primo dei parroci, dei preti. Aveva una funzione di coordinamento tra preti, sacerdoti o ieromonaci (monaci ordinati sacerdoti) che lavoravano nella cittadina. Come si muovesse non lo so. E' evidente che aveva nella sua città a che fare con una folta comunità che parlava evidentemente la lingua greca e perciò doveva svolgere le sue funzioni liturgiche dell'officio quotidiano in lingua greca proprio perchè il pubblico - probabilmente si trattava di contadini, gente poco alfabetizzata - parlava ancora il greco demotico ed era egli stesso quindi a prendersi cura di trascrivere i libri, che evidentemente non possedeva, proprio per ottemperare a questo suo obbligo istituzionale che lo legava al sacerdozio.


Il Prof. Santo Lucà nel suo studio presso l'Università di Roma Tor Vergata

Qual è l'impegno di un paleografo, al di fuori della cattedra?
L'impegno è proprio questo. Noi studiamo le scritture e l'evoluzione di esse, nella fattispecie quelle greche, al fine di datare, localizzare, leggere i manufatti e quindi di ricostruire la storia della civiltà dell'uomo o di una città, nel caso specifico, attraverso un referente che è certo limitato come il libro ma è un referente molto significativo sul piano della civiltà. Credo che sia quello più importante. Si tratta di un cimelio o di un bene culturale che può essere paragonato all'iscrizione o al reperto perchè anche il libro è sostanzialmente espressione della società che lo ha prodotto.

Cosa si sente dentro quando ci si accorge di aver scoperto qualcosa di importante, quello che in gergo viene chiamato "scoop"?
Io sono calabrese. Mi occupo istituzionalmente di Calabria Medievale. Ed è ovvio che tutte le volte che mi imbatto in monastero in personaggi che hanno operato nella mia terra, mi gratifica molto per ovvi motivi. Perchè si tratta di tasselli per comporre il mosaico della storia della civiltà dello scritto calabrese, della Calabria Medievale.
Dal VI secolo sino all'invenzione dei caratteri mobili, o comunque della stampa e anche oltre sino almeno al XVI o alle soglie del XVII secolo. Tanto più che ancora oggi in molte zone della Calabria aspramontana - Gallicianò, Arasi, Bova Superiore, Bovesano - i contadini e le persone più anziane parlano il greco, perchè il rito greco è stato soppresso ufficialmente solo nel 1573 nella diocesi di Bova. Questo ha consentito che in quelle zone circolassero e si producessero libri in linga greca sino appunto alle soglie del XVII secolo. E molti di questi manoscritti sono conservati in biblioteca vaticana soprattutto nel fondo Barberini.

Cosa pensa della cultura e dei beni culturali in Calabria. Come vengono gestiti attualmente?
E' una situazione disastrata e disastrosa. Perchè quando penso che nella nostra terra siano stati prodotti oltre millecinquecento/duemila manoscritti oggi dispersi in tutte le biblioteche del mondo e considero che nessuno o quasi nessuno di questi prodotti, libri manoscritti, si conservano in Calabria, mi viene da pensare e da riflettere sul nostro passato e sull'incuria e sulla negligenza delle autorità preposte alla conservazione.
Anche oggi purtroppo assistiamo a vendite di collezioni monetarie, di epigrafi, di oggettistica, di arte minore, che vengono acquistate in Calabria e che poi prendono le vie dei musei americani. Di recente è stata pubblicata dal professore Oimonomidis a Washington una serie di sigilli, tutti provenienti dalla Calabria, perchè sono sigilli di Vescovi o di Duchi che hanno operato in Calabria. Oggi è in America. E' evidente che non sappiamo dove sia stata acquistata ma è lecito poter arguire che sia stata qualche famiglia patrizia a possederla e a venderla. Se le autorità, non dico queste nostre recenti, ma quelle del passato fossero state più sensibili ai beni culturali probabilmente questa situazione sarebbe stata diversa.

La paleografia, quella greca, latina, musicale ha ricostruito interi secoli che fino a qualche tempo fa erano considerati "bui", ma anche dal punto di vista storiografico. A che punto è la ricostruzione storica della Calabria bizantina oggi?
Io parlo naturalmente dal mio punto di vista che è sempre quello del libro manoscritto. In questa ottica, abbiamo fatto progressi notevolissimi perchè noi siamo in grado oggi solo attraverso l'esame della scrittura di attribuire i vari cimeli all'ambito calabro-lucano, calabro-siculo con sicurezza e naturalmente questo è di fondamentale importanza perchè nel momento in cui datiamo e collochiamo il manufatto facciamo un'operazione di storia culturale. Perchè in Calabria - è noto - sono state elaborate e utilizzate delle scritture peculiari. Soltanto la grafia è il sintomo dell'origine calabrese del manufatto. Potrei citare la scrittura di S. Nilo, la minuscola rossanese, la minuscola di Reggio, e così via. Quindi per ogni scrittura noi abbiamo individuato l'ambito di elaborazione e poi anche di circolazione. E quindi questo ci consente di collocare il cimelio in un'epoca ben precisa, in un ambito circoscritto.
E' ovvio che non possiamo mai precisare il luogo, la città di esecuzione, a meno che non ci siano note di lettori, appunti, note di possesso o comunque sottoscrizioni che rimandano ad un luogo preciso. Nel caso di Taurozes, io penso a Tropea non perchè lui si dice tropeano ma perchè in un eucologio elenca i vescovi della chiesa di Tropea e quindi è ovvio che operava in quella città perchè diversamente avrebbe elencato i vescovi di Rossanno, di Stilo, di Squillace.

Ci può anticipare a cosa sta lavorando attualmenta nell'ambito delle sue ricerche? E a quale ricerca è rimasto fortemente affezionato?
Ma intanto rispondo alla sua prima domanda. Io mi occupo - e lo dicevo in premessa - della storia culturale della Calabria, quindi io lavoro a tappeto su Codici che sono stati realizzati in Calabria. Naturalmente è un lavoro difficoltoso perchè si tratta di andare nelle diverse biblioteche alla ricerca di questi Codici dei quali però non si conoscono elementi di identificazione. I cataloghi infatti non offrono indizi per conoscere l'origine dei manoscritto. E' un'origine che noi dobbiamo costruire attraverso lo studio delle scritture. Si tratta di sfogliere, di esaminare tutto quello che conservano le biblioteche con la speranza di trovare manufatti calabresi.
In questo momento ha per le mani....
In questo momento mi sto occupando essenzialmente della produzione greca in Calabria del tredicesimo e quattordicesimo secolo.

Prof. Santo LucŕQuale parte della Calabria?
La Calabria tirrenica da Reggio sino a Tropea - grosso modo - che è la zona dove venne adoperato sino al quattordicesimo secolo e anche oltre il così detto "stile di Reggio", che è una stilizzazione elaborata in epoca normanna, nel dodicesimo secolo, che è stata adoperata anche nella Sicilia nord-orientale, nella zona di Messina, nella provincia di Catania  e poi soprattutto nella provincia di Reggio - diremmo noi oggi - che va da Squillace fino a Tropea, Briatico, tutta quella costa tirrenica che gravitava nella zona del monastero di San Salvatore di Messina. Molti dei monasteri collocati in questa zona da Reggio sino a Briatico a Tropea, Golfo di Gioia conservavano dei monasteri che dipendevano dalla Mandra o Mandria del San Salvatore di Messina. In questi centri si continuò ad officiare in greco sin ad epoca tarda ed in questi centri si realizzavano i libri per le necessità liturgiche. Si tratta di produzione esclusivamente liturgica e quindi funzionale all'officio quotidiano.
C'entra pure Tropea in questi studi che sta svolgendo?
Tropea c'entra perchè io cito i manoscritti di Taurozes ma è un lavoro che riguarda la Calabria in genere perchè - ripeto - io posso risalire alla città solo quando ho dei dati oggettivi o convergenti per assegnare il manoscritto a questa o a quella cittadina. Ma molto è legato ad Oppido, a Seminara, a Sant'Agata di Reggio, a Bova, Palizzi, Pentidattilo. Quella è tutta una zona greca. Abbiamo diversi nomi di lettori che rimandono a quella zona. Quanto meno se il libro non è originario di quelle zone sicuramente è circolato in quelle zone.
Quindi a quale ricerche è rimasto affezionato?
Chi fa questo mestiere lo fa con piacere e amore della propria terra e della propria disciplina. Se mi dovessi esprimere dovrei dire che sono rimasto affezionato agli studi che ho fatto su Rossano Calabro. Rossano è il centro fondamentale più importante di tutta la Calabria. Addirittura forse è più importante di Reggio che pure era capitale del distretto amministrativo dell'impero bizantino. Rossano ha conosciuto una figura importantissima che è quella di Nilo, nel decimo secolo, e poi nel dodicesimo secolo un'altra figura fondamentale che è Bartolomeo da Simeri, dalla Simeri catanzarese, che ha fondato, per volontà dei normanni, il monastero della Santa Maria del Patir a Rossano e poi ha fondato anche il monastero del Santissimo Salvatore di Messina, sempre per volontà normanna. E quindi se i Normanni sono ricorsi ad una personalità calabrese è evidente che si trattava di una personalità di alto rango, di alto livello.
Tenga presente che all'epoca la Sicilia era araba e quindi gli arabi non è che avessero distrutto tutto ma avevano arabizzato la Sicilia. Quindi la presenza greca era scarsa. I normanni si sono rivolti a questo santo monaco che ha operato a Rossano per creare una sorta di contrappeso greco all'etnia araba predominante.
Senta, Professore, a proposito di tempo libero, quali sono i suoi hobbys?
Quello di studiare e di vedere i manoscritti.
 
 
 
 

 
 
George Taurozes
INDICE:
|  Giorgio Taurozes copista e protopapa di Tropea  | 
| Intervista al Prof. Santo Lucà