DUE SONETTI DI
GIUSEPPE GRIMALDI
 

Primo Sonetto

Dell'Erculea Città che Annibal Rio
Strusse, e riedifcò l'Heroe Africano,
E ch' Ottavio Imperante at Ciel Romano
L'accrescè, la riece e l'abbelliò.
L'onorate memorie entro l'oblio
Il Genio Cittadin rintraccia invano,
Che nel suo Grembo, e 'n quello di Vulcano
Consegnolle di già l'edace Dio.
E pure; che non puol va Patrio Amore !
Le meste luci ormai, cupido tergi,
Ecco un Francesco ti consola il Core.
Ma se da fogli suoi Fenice t'ergi,
O fedele Tropea, da pari Onori
Ad Alcide, Scipione, Augusto, e Sergi.
 
 

Secondo Sonetto

Pretese Icaro un di' di Penne armato,
Abbandonar il suol, irsen' al Cielo.
Là gir fastoso con il Dio di Delo,
Francesco ancor sei tu di penna ornato.
Per suoi folli capricci, il forsennato
Sprezzò i Consigli dar
Canuto pelo;
E per il Patrio Honor, colmo di Zelo,
Scrivi à Dispetto Tu del Veglio alato.
Ma, dall'aere nel Mar, privo d'aita
Cadde il Meschino: E in ciò le disuguale
Dalle Caste nel Ciel la Gloria invita.
In questo ancor il paragon non vale,
Lì, con dar nome al Mar, finì la vita,
Tu il tuo Nome, e Tropea rendi Immortale.