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LA STORIA DEI
BACK TO THE BEATLES
(It Was Ten Years Ago Yesterday
An Idea Taught The Band To Play)

                   Ringo Starr
Mi chiamo Furio Sollazzi e sono il batterista dei Back To The Beatles.
Sono nato il 7 luglio del 1950: vi ricorda niente questa data? Ebbene sì: in quello stesso giorno, nel 1940, era nato a Liverpool Richard Starkey alias Ringo Starr, il batterista dei Beatles.
Che sia stato un segno del destino?
Il primo disco che comperai fu (sic!) Chariot cantato da Betty Curtis ma, con il secondo, andò molto meglio: era Apache degli Shadows! Una sera d’autunno del 1963, mentre stavo guardando (annoiato) la televisione con i miei genitori, in un programma della RAI chiamato TV7 apparvero all’improvviso quattro ragazzi inglesi con uno strano taglio di capelli.
                                                                  I Back To The Beatles al Vigorelli ( ! )
Quando sentii la loro musica capii che qualche cosa stava cambiando, che in me c’era qualche cosa di diverso e che loro mi avrebbero aiutato a tirarlo fuori; fu un amore a prima vista che non mi avrebbe più abbandonato: ero diventato un beatlesmaniaco!
Nel 1965 ero sugli spalti del Vigorelli, sotto un sole cocente, a riempirmi gli occhi con la loro immagine, cercando di cogliere un po’ della loro musica sommerso com’ero dalle urla della folla.
Nel 1966 formai il mio primo complesso e, dopo di quello, tanti altri ma, nel repertorio che eseguivamo in pubblico, c’era sempre qualche canzone dei Beatles.
Nel 1968 entrai a far parte del complesso di Numi; lì conobbi Paolo Buccelli (il bassista) e subito capimmo che c’era un interesse comune: l’amore per i Beatles e la loro musica.
                                  I Numi
Con i Numi, nel 1972, incidemmo uno dei primi album di Pop italiano (riportato adesso in tutti i dizionari e le enciclopedie che parlano di quel periodo musicale, anche in quella redatta da Renzo Arbore) ma poi le nostre strade si divisero.
Io andai a suonare con Lucio Dalla, Paolo con Johnny Sax e Drupi, Beppe (Tiranzoni, il tastierista) con i Profeti e Toto Cutugno, Mario (Rognoni, il chitarrista) con Lionello.
Negli anni che seguirono alcuni di noi continuarono a suonare per professione, altri (come me) solo per passione, esplorando ogni possibile genere musicale: dall’hard rock al folk al jazz.
                                                        Con Drupi
Negli anni 80 cominciammo a ritrovarci per fare ancora musica insieme:
Revival anni ’60, prima che Red Ronnie lanciasse la moda e rendesse insopportabile il genere.
Ad un certo punto ci riunimmo una sera per ragionare su quello che avevamo fatto e stavamo facendo e su quello che avremmo potuto fare in seguito.
La conclusione fu che eravamo stanchi di suonare quello che il pubblico richiedeva; da quel momento in poi avremmo suonato solo quello che piaceva a noi.
Nel 1987 abbandonammo i Sixties (nome del gruppo con il quale suonavamo revival) e fondammo i Back To The Beatles.
Il nome era influenzato dal titolo del film Back To The Future e a noi sembrava che l’accostamento fosse indovinato: un ritorno alla musica dei Beatles che, lungi dal rappresentare il passato, costituiva invece una fonte inesauribile di ispirazione per la musica ancora da scrivere (e gli Oasis, i Blur, i Verve, i Kula Shaker, gli Eels e gli altri gruppi neo-beat lo stanno dimostrando ancora oggi).
Io e Paolo coinvolgemmo un amico di mio fratello minore (Turi Calogero) che era rimasto contagiato dalla beatlesmania frequentndo casa nostra; si era costituito così il “nocciolo duro” dei Back ! Andammo poi a ripescare il chitarrista (Antonio Tacchinardi) che suonava con Drupi al tempo del suo primo complesso “le Calamite”. Lui si portò anche il nipote Fabrizio (tastierista) che già aveva suonato con me in un gruppo blues (Blues Anytime).
La prima formazione durò poco più di un anno, poi i due Tacchinardi (zio e nipote) lasciarono il gruppo e vennero rimpiazzati da Mario Rognoni e così, involontariamente, si erano riuniti i 3/5 dei Numi.
Con questo nuovo assetto cominciammo a partecipare a manifestazioni importanti e a farci conoscere in giro per la provincia di Pavia.
La mancanza della tastiera ci costrinse a concentrarci più sulle canzoni del periodo 1962-66, quelle eseguibili con le classiche due chitarre-basso-batteria e scoprimmo che erano proprio quelle che ci affascinavano di più.
Dalla semplice esecuzione del brano cominciammo a passare, sempre più coinvolti nell’operazione, allo studio filologico della composizione, delle sonorità particolari, degli strumenti (perchè un tipo di chitarra piuttosto che un’altra? Casualità o scelta oculata?), degli amplificatori, del modo di impostare le voci.
Non ci siamo mai riproposti di imitare i Beatles scimmiottandone anche l’aspetto o le pose, ma di provare a riprodurre le magiche atmosfere che il loro sound creava in concerto. Questo comportamento maniacale provocò l’abbandono del gruppo da parte di Rognoni.
Per un breve periodo di transizione venne sostituito da Ugo Bianchi (ora con i Sès Pistols) alla tastiera ma, alla fine, trovammo un degno sostituto: Claudio Menna.
La formazione del ’91 è quella con cui ci hanno conosciuto i Beatlesiani italiani: Furio Sollazzi, Paolo Buccelli, Turi Calogero e Claudio Menna.
Cominciò un grande periodo di studio e di ricerca.
Non potete immaginare la gioia che provammo nel trovare, in giro per l’Italia, una vecchia batteria Ludwig del 1964, una Rickenbacker 340 del ’67, una Gretsch Country Gentleman del ’65 e un basso Hofner sempre del ’64.
A questi si sono aggiunti, in seguito, una Gretsch Country Club, una 12 corde Rickenbaker  330 V-64, un basso Rickenbacker 4001 V63, una Ephiphone Casino, una acustica Gibson J45 e una Gibson 12 J200, un’altra Rickenbacker 325, una seconda batteria Premier (rigorosamente nera) e, ultimamente, una  Gibson J 160E che pare provenga dai Factory Studios di New York, dove Lennon incise l’album Double Fantasy (p.s. una seconda J 160E è in arrivo, in questi giorni, dagli Stati Uniti insieme a una 625 Rickenbacker).
Gli amplificatori? Tutti Vox valvolari, naturalmente!
Siamo arrivati ad un punto che si saliva sul palco con più di 11 tra chitarre e bassi; poi siamo tornati a più miti consigli.
     R. Giambelli
Ci fu un altro incontro importante: quello con Rolando Giambelli.
Scoprire che non eravamo i soli pazzi in circolazione ma che, al contrario, qualcuno ancora più “fuori” di noi aveva addirittura fondato un’Associazione dei Beatlesiani Italiani ci rese felici. Al primo incontro io e Rolando capimmo subito di essere due anime gemelle perse in un universo di persone normali, e che avremmo potuto condividere passioni ed emozioni.
Abbiamo partecipato a ben 7 Beatles Day a Brescia, al concerto per il 30ennale della tournee italiana dei Beatles al Ciack di Milano, a quello per la presentazione di Anthology al Propaganda (sempre a Milano) e, ancora a Milano (all’Itto Littos), al concerto per il trentennale dell’uscita del White Album.
Abbiamo organizzato  già sette Lennon Memorial Concert, manifestazione che teniamo a Pavia tutti gli anni e a cui ha partecipato (tra gli altri) anche Pete Best.
Nel 1995 decidemmo di affrontare un’operazione che, fino a quel momento, solo altri due complessi ( i Revolver in Inghilterra e i Bus Muys in Brasile) avevano tentato prima di noi: quella di incidere le canzoni che i Beatles avevano scartato o donato ad altri interpreti.
A differenza degli altri gruppi, che si erano limitati ad eseguire le parti così come erano scritte, la nostra intenzione era quella di provare ad immaginare come avrebbero potuto arrangiarle Loro se le avessero incise all’epoca in cui le avevano scritte.
Il lavoro ci impegnò dall’ottobre ’94 al maggio ’95. Una delle difficoltà maggiori che incontrammo fu quella di rendere il cristallino suono digitale abbastanza sporco da ricordare quello analogico degli anni '60.
Arrivammo a gettare via tutta una serie di registrazioni “live” effettuate con un DAT, perchè troppo “pulite” e le sostituimmo con quelle ottenute con un vecchio registratore a cassette con il microfono incorporato.
Il risultato fu quasi soddisfacente; oggi, chiaramente, alcune cose le rifaremmo in maniera diversa (per es. i suoni delle acustiche), ma questa è una costante di chi esamina i propri lavori a distanza di tempo.
Pochi giorni prima della messa in stampa del CD scoprimmo, attraverso alcune fanzines, che un altro complesso (i Sgt.Pepper’s) stava facendo le stesse cose al di là dell’oceano, in Brasile. Inserimmo il loro nome tra i ringraziamenti, perchè ci sembrava magica questa coincidenza. Attraverso la mediazione di Salvatore Libertino i nostri due gruppi vennero in contatto E.Mail e si formò una bella amicizia epistolare.
Non ci siamo mai incontrati di persona, ma ci siamo scambiati i rispettivi CD (il nostro l’hanno fatto ascoltare alla radio brasiliana, ricevendo positivi consensi), abbiamo un’alta opinione gli uni degli altri e io e il bassista Alan Rocha siamo in stretto contatto.
A questo punto Claudio Menna abbandonò il gruppo per dedicarsi ad un altro genere di musica.
Al suo posto entrò Emilio Conca, ex-ragazzo prodigio del mondo musicale pavese (vinse il Microfono d’Oro, negli anni ’60, con una memorabile versione di Miniera dei New Trolls eseguita in tonalità originale).
Nel giugno del ’95 presentammo il CD “Rubber Songs” al Beatles Day di Brescia. Il  mercato estero ci ha dato molte più soddisfazioni di quello italiano; il maggior numero di copie è stato venduto in Giappone e negli Stati Uniti, ma anche in Germania, Spagna e Inghilterra.
La prima stampa è andata praticamente esaurita (salvo alcune copie in mio possesso e un esiguo numero depositato presso i Beatlesiani d’Italia Associati) e non credo verrà ristampata in quanto la Minotauro Records si era trasferita a Malta (a causa delle nuove leggi discografiche) e poi ha chiuso i battenti.
Voglio raccontarvi un aneddoto: una copia del CD finì a Parigi e, tra gli studenti che l’ascoltarono, ce ne fu uno di Bolzano che si fece prestare la copia per farla ascoltare a sua sorella al suo ritorno a casa.
Dopo qualche mese ricevetti una telefonata da Bolzano: era questa ragazzina che aveva fatto ascoltare il CD alle sue amiche e, tutte insieme, avevano organizzato una festa all’auditorium di un centro giovanile in cui volevano assolutamente che andassimo a suonare.
Quando arrivammo a Bolzano, trovammo ad attenderci una delegazione di ragazze-sandwitch che indossavano i nostri manifesti. Fu una serata indimenticabile: 400 ragazzine in minigonna, tra i 14 e i 17 anni, che cominciarono ad urlare al primo brano e finirono al bis.
Era incredibile: sembrava veramente di essere tornati ai tempi dei favolosi Beatles! Posseggo ancora le registrazioni di quella serata e non è detto che un giorno non si decida di pubblicarle (per ora le ho masterizzate su un solo CD ad uso mio personale!).
Nel ’96, in pieno delirio di onnipotenza, decidemmo di tentare un’altra operazione folle: eseguire dal vivo (gruppo e orchestra) tutte quelle canzoni che i Beatles non avevano mai portato sul palco. Con l’aiuto di Bruno Villani, allora direttore del Civico Istituto Musicale Vittadini di Pavia, ricostruimmo tutte le partiture orchestrali scritte da George Martin.
Io mi occupai di tradurre i testi delle canzoni e di scrivere alcune brevi parti che un attore avrebbe recitato (come se fosse uno dei Beatles che pensa ad alta voce) per scandire i passaggi temporali tra una composizione e l’altra.
Una specie di storia dei Beatles fatta di racconti e canzoni.


I Back To The Beatles in "BeatleSconcerto"

Il 24 settembre, al Teatro Fraschini di Pavia, tenemmo il “BeatleSconcerto” con l’aiuto di un tastierista, tre coriste, un attore, un percussionista (Marino Amici, quinto Back onorario, autista, fotografo, vivandiere, chitarrista, road manager ecc.) e un’orchestra di 23 elementi.
Fu un vero trionfo terminato con una lunga standing-ovation del teatro strapieno che ci costrinse ad un bis fuori programma. Non fu possibile ripetere l’operazione per gli alti costi di gestione e non ci fu offerta l’opportunità di esportarla in altre città per la mancanza di contatti “giusti”.
In ogni caso fummo i primi in Italia e in Europa a tentare un’operazione simile. Negli Stati Uniti i Bootleg Beatles (sponsorizzati dalla Capitol) avevano fatto una cosa simile ma in maniera parziale, limitata ad una serie di brani che, nel loro spettacolo, coprivano quel periodo particolare.
Dopo di noi, altri hanno ripetuto l’operazione ma a noi resta la soddisfazione di essere stati dei precursori.
Nel dicembre dello stesso anno fummo invitati allo spettacolo per il Telethon (a cui partecipammo anche negli anni seguenti –nel 99 con uno spettacolo “unplugged”) e ad un altro spettacolo di beneficenza, presentato da Fabio Fazio, che si tenne sempre al Teatro Fraschini, con la partecipazione di Vecchioni, Camerini, Paolo Belli e altri tra cui Drupi.
Fu proprio con lui che organizzammo una seconda uscita a sorpresa, coinvolgendolo in una versione di Happy Xmas e facendo comparire sul palco l’intera Corale Valla (30 elementi) in tunica colorata stile gospel.
Nel gennaio-febbraio del ’97 decidemmo di provare l’emozione di due concerti “unplugged” e, per la prima volta, ci trovammo costretti ad abbandonare il nostro metodo filologico e a dover arrangiare buona parte dei brani per poterli eseguire in maniera acustica.
Il risultato ci procurò parecchie soddisfazioni, tanto è vero che, ancora oggi, portiamo in giro i due tipi di spettacolo: quello elettrico e quello acustico.
Le registrazioni di quei primi due concerti sono anch’esse finite su un CD (ad uso personale) che può darsi venga un giorno pubblicato.
Quello che è stato pubblicato, invece, nel 99 è stato il CD BeatleSconcerto (con le registrazioni  effettuate in teatro con l’orchestra.) che è stato posto in vendita anche nelle edicole, allegato ad un settimanale pavese.
Nel settembre del ’97 ne abbiamo combinata un’altra delle nostre: vi ricordate il concerto che i Beatles tennero sul tetto della Apple nel 1969?
Bene, l’abbiamo rifatto sul tetto di un centro commerciale nel bel mezzo della città, all’ora del passeggio, riproponendo la stessa “scaletta” dei Beatles con l’aggiunta di due pezzi.
                                                                                                                    1997: Concerto sul tetto
Non ci risulta che altri l’avessero fatto prima di noi e così ci consideriamo i terzi, dopo i Beatles e gli U2! Abbiamo saputo che quest’anno (2000) altri due gruppi hanno ritentato l’impresa (i Covers a Belluno e i Bugs a Roma): bravi! 
Siamo felici di non essere i soli pazzi in circolazione!
Il 24 Aprile siamo stati invitati al Beatles Day organizzato a Rimini e il 18 Giugno saremo a Brescia per l’edizione 2000 del classico Beatles Day dei Beatlesiani d’Italia Associati.
Nel ’97 e’98 abbiamo tenuto due concerti all'aperto (in Novembre!) nel mezzo delle vie cittadine.
Nell’aprile 98 siamo stati ospiti di Red Ronnie nella sua trasmissione HELP:

   The Back To The Beatles a "HELP!" in 'From A Window'

dove abbiamo presentato alcuni brani tratti dal nostro CD “Rubber Songs” (CD che è stato benevolmente ascoltato da personaggi quali Ron, Lucio Dalla, Gianni Minà, Pete Best e George Martin –che ci ha anche inviato gli auguri di Natale-).
Nei primi mesi del ’99 abbiamo iniziato a lavorare (e stiamo tuttora lavorando) sul materiale del nostro secondo CD in studio.
Questa volta, oltre ad alcuni inediti che avevamo tralasciato nel primo album, vorremmo aggiungere anche alcuni arrangiamenti di brani noti che avevamo studiato per i concerti unplugged e, cosa estremamente rischiosa, alcuni brani di nostra composizione.
L’impresa si è rivelata più difficile del previsto, ma dovremmo riuscire ad entrare in sala di registrazione nei primi mesi del 2000.
Nel frattempo continuiamo a tenere concerti (negli ultimi sette anni, comprese le partecipazioni, sono stati più di 200), a divertirci, a studiare qualche altra “birbonata” e ad ascoltare le canzoni dei “quattro di Liverpool” che restano sempre il nostro gruppo preferito.

“It Was Twenty Years Ago Today...” recitano i versi di Sgt.Pepper’s;
per noi sono poco più di dieci anni, ma sono stati pieni di soddisfazioni!
Ciao, a presto!

Back To The Beatles (Aprile 2000)
(Furio, Paolo, Turi ed Emilio)
 
 
 

per contatti  Furio Sollazzi       E.Mail fugiusu.solz@infinito.it