Cattedrale di Terlizzi
Esame filologico delle due nenie natalizie
 

di Gaetano Valente


Su quest'ultimo enunciato si articola l'altra corsia d'indagine, di capitale importanza per il nostro assunto, già individuata nell'esame filologico della struttura e della forma letteraria dei due testi a confronto, la Pastorella terlizzese e Tu scendi dalle stelle attribuita a s. Alfonso M. de' Liguori, essenzialmente mirato a definire l'autenticità originaria e, quindi, la maggiore antichità o anteriorità dell'una rispetto all'altra. A partire dall'esame comparato delle strutture dei due testi poetici, rispettivamente indicati con i numeri romani <I>> (Pastorella terlizzese) e <<II>> (canzoncina alfonsiana) e opportunamente trascritti in Appendice.
Si può cogliere di primo acchitto nel prospetto sinottico il diretto rapporto di dipendenza dalla <<II>> dalla <<I>>. E anzitutto nella intitolazione, espressa nella <<I>> con un termine di chiara matrice arcadica, Pastorella, riconducibile a una precisa scelta dell'autore, quasi a volerne identificare il genere letterario con la <<Pastourelle>>, l'antico componimento poetico, cioè, a più stanze di origine provenzale, in seguito largamente adottato, appunto, dalla nota Accademia dell'Arcadia1, in cui si configura un dialogo amoroso tra il poeta e una pastorella2. Anche la nenia natalizia terlizzese si snoda come un dolce e patetico dialogo amoroso tra un gruppo di pastori e il divino Bambinello. La <<II>> non reca invece alcuna intitolazione, sostituita dal primo verso della strofa con cui ha inizio, appunto, la nenia alfonsiana Tu scendi dalle stelle. Il santo missionario deve certamente aver ritenuto disdicevole per una canzoncina spirituale una intestazione del genere dai chiari riferimenti profani. Ma potrebbe, lo stesso titolo, essere stato inteso a indicare sia il genere letterario che melodico, chiaramente ambientato in quel piccolo mondo di pastori e contadini in cui nasce e al quale è destinata.
Non può sfuggire nella <<II>> la soppressione della prima stanza o strofa. Nella <<I>>, sullo stile dell'invitatorio cantato nelle ufficiature liturgiche, si traduce in un invito della guida o capocoro, rivolto al coro dei pastori e a quello delle pastorelle, cioè al popolo presente, a cantare la ninna nanna per fare addormentare il Bambinello. Consequenziale si rivela, sempre nella <<II>>, la soppressione della strofa di chiusura, anche questa contenente un invito della stessa guida a <<cessare di cantare>>, perchè <<dorme già il Bambino>>, per non <<destarlo>>. Ma è interessante notare nella prima composizione lo sviluppo armonico e unitario del tutto, mentre la seconda appare disarticolata, proprio per la soppressione delle due stanze, peraltro strettamente connesse con l'ambiente agreste-pastorale e, particolarmente, con la formazione arcaica dell'autore.
Altra nota di particolare rilievo è costituita dal ritornello o refrain, un gruppo di versi (tre ottonari e tre quinari diversamente rimati) che si ripete nel rispettivo periodo musicale alla fine di ogni stanza della canzone. Costituisce senza dubbio, nello spirito liturgico della Chiesa, un elemento importante di partecipazione attiva della comunità rurale, che non sa leggere, distinta dal coro dei cantori, che sanno leggere. Nell'intenzione dell'autore doveva certamente assumere anche la funzione di variazione melodica per rompere la monotonia del fraseggio musicale. Risulta invece soppresso nella canzoncina alfonsiana. A parte la forma letteraria di pretta matrice popolare, il ritornello si traduce in una risposta corale, appunto, del popolo all'invito del capocoro a cantare la ninna nanna.
Ma è soprattutto lo studio filologico dei rispettivi testi letterari, per sua natura finalizzato a ricostruire o a individuare il testo originale, a consentire di formulare un giudizio inappellabile sulla maggiore antichità dell'uno rispetto all'altro.
Sono di palmare evidenza le molte interpolazioni, con sostituzioni di termini e intere locuzioni, rifacimenti e aggiunte, apportate da mano posteriore al testo della Pastorella terlizzese e chiaramente attribuibili al santo missionario napoletano.
Devono essergli state suggerite certamente dalla maggiore esperienza apostolica e intese a conferire al testo l'immediatezza di apprendimento del messaggio natalizio per i destinatari della sua predicazione evangelica.
E' sufficiente visionare il prospetto sinottico delle due composizioni per verificarne le variazioni, opportunamente rimarcate in grassetto nella <<I>>. A parte la soppressione della prima e dell'ultima strofa già esaminata, restano integre soltanto la seconda e la terza. Nella quarta strofa, alla forma dialogica <<Tu che felice sei nel divin seno / perchè vieni a penar su questo fieno?>> è preferita l'affermazione esclamativa di stupita ammirazione, una vera e propria professione di fede <<Tu lasci del tuo Padre il divin seno / per venir a penare su questo fieno!>>. Nella quinta invece, è resa più marcata la volontarietà ad abbracciare le sofferenze della povertà con la ripetizione ravvicinata <<Ma se fu tuo volere il tuo patire>>. Assume, poi, connotazioni di maggiore incisività pedagogica la variazione dei primi due versi della sesta strofa: <<Tu piangi nel vederti da me ingrato / dopo sì grande amor, sì poco amato>>, eliminando il termine traslato <<fuoco>> (<<il tuo bel foco arde sì poco>>) e traducendolo nell'amore ardente non corrisposto di un Dio fatto uomo. L'ultima strofa subisce una variante nei primi due versi e la mutilazione degli altri, in stretta dipendenza dalla prima strofa, per essere poi sostituiti del tutto dal santo teologo, con l'aggiunta della mancante settima strofa, per porre in un appassionato dialogo l'accento sull'elemento essenziale del mistero della natività in stretta correlazione liturgica con il mistero della pasqua di morte e resurrezione. E non manca infine il cantore mariano di imprimervi il marchio personale con una pietosa invocazione alla Madre di Dio.

NOTE
1 Da tenere presente che il de Paù fu membro attivo di questa Accademia.
2 Sarebbe stato interessante un eventuale raffronto con la <<Novella amorosa>> composta dal de Paù in versi e musica all'epoca delle sue frequentazioni dell'Accademia (portava la data del 1730 in RPT).
 
 

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(Mons. Felice de Paù autore della Pastorella Terlizzese)

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(Conclusione)