Bernardo Tasso (Bergamo 11 novembre 1493 - Ostiglia 5 settembre 1569)

 

Il Cardinale del Mondovì: Il mecenate

i suoi rapporti con Caro,

B. e T. Tasso, Speroni, Botero, e altri

 

 

di Antonio Francesco Parisi

 


 

Nel suo, ancor oggi, valido saggio sull’università monregalese, Carlo Bonardi non esita ad attribuire ai quattro consiglieri ducali: M. Antonio Bobba, Vincenzo Lauro, Baldassarre de La Ravoire e Filippo Pingone, il merito di aver incrementato, negli stati di Emanuele Filiberto, l’amore verso la cultura e di essere stati i maggiori promotori della fondazione di quella pur famosa Università (1). In realtà, a noi non son giunti documenti comprovanti l’attività del Lauro a favore di quell’istituto; tuttavia l’amicizia che lo legava al vescovo Michele Ghisleri (poi papa col nome di PioV e gran benefattore dell’Università), l’ascendente ch’egli esercitava sull’animo del principe sabaudo e soprattutto i cordialissimi rapporti che aveva avuto e continuava ad avere con parecchi esponenti della cultura italiana, sono tutti elementi a favore della tesi di Carlo Bonardi. Sin da quando egli era soltanto il medico e il giovane segretario del cardinale principe Francesco Tournon, nonostante che le sue incombenze e le sue aspirazioni fossero di natura ben differente, spesso e volentieri, soleva darsi da torno onde acquistare ed accrescere la stima e l’amicizia dei migliori ingegni contemporanei.

Intima ed affettuosa sempre fu l’amicizia che lo unì a Bernardo Tasso e devotissimo gli fu questi. Come abbiano stretto amicizia non è noto; forse l’occasione si presentò quando il patrono del poeta, Ferrante Sanseverino, passò dalla fazione spagnola a quella francese entrando in relazione col cardinale Tournon, al cui servizio si trovava il Lauro. Infatti in data 19 luglio 1552, a Venezia, il Tasso così scrive all’amico Speroni: «… Il Signor Principe (di Salerno, cioè il Sanseverino) parte, e mi lascia qui, si perch’io sia vicino al Cardinale i Tornone e di Ferrara, che governano le cose d’Italia per lo Cristianissimo… » (2).

In quel torno di tempo il Tournon era indaffaratissimo ad impedire un ulteriore peggioramento delle relazioni di Enrico II col Papa; anzi, verso la fine di giugno era riuscito a negoziare un accordo. Il Lauro si trovava da poco al suo servizio, essendo stato, fino al gennaio precedente, col cardinale fiorentino Niccolò Gaddi, presso cui aveva svolto onorevolmente il servizio di segretario.

Mentr’era alle dipendenze del prelato fiorentino, Vincenzo Lauro aveva avuto modo di contrarre amicizia col poeta Annibal Caro, precettore pure lui nella famiglia Gaddi ed anch’egli di tendenze francofile. Questa comunanza d’interesse politico mantenne in relazione i due italiani anche quando entrambi non erano più al servizio della famiglia toscana; passato il Caro alle dipendenze del cardinale Farnese, per dispozione di costui, si tenne in contatto col Tournon, gli trasmise utili notizie e ricevette anche ben retribuiti incarichi letterari (3).

Questi incarichi, come avvenne anche nel caso del Tasso, venivano generalmente procurati dall’amico Lauro, che sottoponeva all’attenzione dell’alto prelato francese i meriti dei vari letterati italiani. Il Tournon, che non era solo uomo colto ed amante delle lettere, bensì un vero e proprio mecenate, volentieri slacciava i cordoni della pingue borsa.

Tuttavia non sappiamo se l’ultimo incarico dato al Caro, di tradurre dal latino alcuni classici, fu regolarmente ricompensato. Infatti ai primi di luglio il Poeta era ancora nel pieno del lavoro e ignorava la morte del suo lontano protettore; morte che, a quanto pare, attenuò sensibilmente, se non spezzò, il legame col Lauro (4)

Se col Caro i vincoli non superarono il comune ideale di servire coscienziosamente ognuno il proprio protettore e di mantenere vivi i rapporti fra costoro, direi quasi spersonificandosi, ben diversi furono i legami fra il Lauro ed il Tasso. Essi nutrirono l’uno per l’altro sincera ammirazione e schietto, reciproco affetto.

Dei loro probabili primi incontri del 1552 nel Veneto e nell’Italia Centrale nessun preciso ragguaglio ci è pervenuto: ma su quelli che si verificarono a partire dall’anno seguente, abbiano varie lettere che ci attestano una comunanza di affetti e una reciproca comprensione ammirevoli.

Nel 1553 entrambi si trovano in una regione straniera, la Francia, impegolata in una rovinosa guerra con la Spagna e per di più turbata dalle prime avvisaglie di quella guerra di religione che, di lì a pochi anni, dilanierà tutto il paese. Se il Lauro, nell’intensa attività al servizio del Tournon e – possiamo cominciare a dirlo – anche del cattolicesimo, non ha tempo per lasciarsi prendere dalla nostalgia, non così il tasso, che sente dolorosamente la lontananza della famiglia. Già nel luglio del 1553 il letterato bergamasco, scrivendo all’amico comune, il letterato Giov. A. Papio, manifesta molte preoccupazioni perché tra le lettere consegnateli dal Lauro e provenienti dal Papio, dal Caro e da altri, non ve ne era alcuna della moglie (5).

Ed anche la lettera del settembre indirizzata al Lauro, mentre da una parte costituisce una confessione sincera di amicizia sviscerata verso l’amico che solo può e sa comprenderlo, dall’altra esprime il dolore per aver lasciato, sole in Italia, la moglie e la figliola: entrambe sono ammalate e il Tasso nel temere che ciò sia un castigo di Dio per essersi da loro separato, sente il cuore sanguinargli. Unico conforto, in quel triste frangente, è il potersi confidare coll’amico. «Io son certissimo senza che con le vostre lettere me ne facciate novo testimonio – così scrive – che non lasciate di far ufficio alcuno possibile per utile mio, e son sicuro che, siccome il fico senza far fiori fa frutti dolcissimi, così voi senza promettermi cosa alcuna mi farete gran beneficio» (6).

Le apprensioni del Tasso non si limitavano solo alla salute della moglie e della figlia: altre fonti di gravi affanni erano il problema di un loro adeguato alloggio, risolto più tardi per mezzo di donna Giovanna d’Aragona che provvide a ricoverarle in un convento di Napoli, ed il non aver conseguito i frutti sperati dal viaggio in Francia, dove aveva condotto il figlio Torquato nella fiducia che questi, colla fama già acquistata in così giovane età, potesse produrre un’impressione favorevole presso la Corte francese e conseguire successo. Ad aggravare le sue preoccupazioni, un altro evento sfavorevole venne a verificarsi verso la fine del 1553: la partenza del Tournon dalla Corte. Il Tasso vede in ciò il venir meno di un sostegno primario e, sia pur con grande esagerazione, dichiara di sentirsi al culmine della sfortuna. «Non poteva – così scrive al Lauro – la malignità della mia fortuna farmi offesa né danno maggiore, che far allontanare Monsignor Vostro Illustrissimo da questa Corte; al sostegno della cui grandezza eran appoggiate tutte le speranze mie» (7).

Infatti il card. Francesco Tournon, che al tempo di Francesco I aveva goduto un ruolo importantissimo nella politica francese, sotto Enrico II venne generalmente tenuto lontano dalla Corte. A lui il Tasso aveva dedicato già un’Ode ed aveva offerto i suoi servizi (8); altri versi aveva scritto e mandato in omaggio al Lauro per testimoniargli il suo effetto e per invitarlo a premere sul cardinale allo scopo di fargli ottenere un aiuto immediato e un appoggio a corte (9).

Coll’allontanamento da Parigi del Tournon e, naturalmente, anche del di lui segretario, si chiude la prima fase dei rapporti tra il letterato ed il futuro cardinale. Il Tasso rimane ancora per pochissimo tempo in Francia; ma i suoi rapporti con Lauro diventano progressivamente molto più radi sino a quando gli eventi non li riavvicinano in Italia.

Il Tournon, intanto, col passare degli anni lentamente riacquista la vecchia importanza. Egli risulta particolarmente favorito dal nuovo orientamento antispagnolo della politica instaurata dal papa Paolo IV Carafa. In breve ottiene pieni poteri e viene incaricato a negoziare col Papa un utile accordo. Per questo, dalla fine del 1555 al 1558, egli è quasi sempre in Italia. Nella primavera del 1557 lo sappiamo ospite del nuovo signore del Tasso, il Duca di Urbino.

Di conseguenza i rapporti e la corrispondenza tra il Lauro ed il Tasso si intensificano di nuovo, con una particolare insistenza da parte del poeta. Questi tempesta di lettere l’amico, lo colma di lodi e gli manda sonetti e, scusandosi il Lauro di non potergli ogni volta rispondere, gli fa notare che non intende obbligarlo alla risposta, ma gli scrive per sfogarsi (10).

Non mancano in queste lettere i soliti accenni alle sue sventure e le adulazioni al card. Tournon, ma su ogni cosa è evidente la sincera amicizia e devozione del Tasso verso il più giovane amico. La letizia di poterlo aver vicino è manifesta nella lettera da Pesaro del 10 febbraio 1557, nella quale gli descrive minutamente le delizie e gli agi dell’Imperiale (la residenza che il Duca di Urbino aveva messo a disposizione del Tournon) e l’avverte che non vi è nulla da temere dal passaggio dell’esercito (si tratta dell’esercito francese, ma anche le truppe amiche evidentemente non lasciavano del tutto tranquilli perché il Duca aveva rinforzato i luoghi) (11).

Quando i doveri non tengono i due lontani fra loro, il Tasso fa di tutto per andarlo a visitare (12) ed il Lauro, da parte sua, non dimentica il poeta, lo raccomanda al patrono e lo fa adeguatamente compensare. In una lettera del 5 giugno 1558 così il Tasso gli esprime la propria gratitudine. «S’io volessi ringraziarvi sempre che da voi ricevo piacere o beneficio, saria di mestieri ch’io di continuo tenessi la penna in mano, perché voi, con continuati uffici di cortesia e d’amorevolezza, a questo fare m’obbligate» (13). E’ ancora il Lauro che lo ricorda a molti altri importanti personaggi della corte francese, fra cui la «serenissima Madama Margherita», la moglie di Emanuele Filiberto, che quello gli aveva fatto conoscere anni prima ed alla quale il Tasso aveva dedicato anche una canzone (14).

E’ sempre il Lauro, paziente e generoso, che, dopo un piccolo screzio, riconcilia il Tasso con il Tournon, che lo consiglia, da amico, a non essere egoista verso la figlia e a darla pure in moglie ad un bravo giovane (15).

Le relazioni non si limitano, come può apparire da quanto sino ad ora ho scritto, al solo lato affettivo. Infatti il Tasso gli manda in visione anche i manoscritti delle sue opere. «Io non vi mando le mie composizioni affine solo che le lodiate, ma perché, con la prudenza e sincerità del vostro giudizio, del quale fò tanta stima quanto d’alcun altro che mi conosca, facciate meco quell’ufficio che avete fatto altre volte…» (16).

Il Tasso, nonostante l’alta stima, non rimase convinto delle critiche; tuttavia, preoccupato, scrisse allo Speroni per ulteriori consigli: «Io ho dato fine (con la grazia di Dio) dopo tanti travagli di mente e di corpo al mio poema; e, perché ho deliberato di rivederlo, per mandarlo manco di macchie,… [lo sottopongo] al vostro giudicio; il quale per amorevole, e fedele, e prudente con più d’un’esperienza ho conosciuto; avendomi il suddetto M. Vincenzo [Lauro, del quale ne aveva tessuto ampie lodi] detto alcune sue considerazioni, non posso prima rivederlo, che comunicatele, e consultatele fra voi, non mene scriviate una descrizion di Notte, e principiati con una descrizion dell’Aurora… Or a M. Vincenzo pare e, forse con qualche ragione, che questa cosa possa partorir nenll’animo de’ lettori sazietà, e fastidio: a me è parso il contrario; e trovo di molti che concorrono nel mio parere nulladimeno il giudizio di questo Gentiluomo è di tanta autorità non pur presso di me ma di tutti quelli c’hanno cognizione del suo sapere, che mi fa star sospeso» (18).

Andò lo Speroni a Venezia, per trovar il Lauro, verso la fine di Ottobre – primi di novembre – del 1557, ed insieme discussero sul poema del comune amico. «Dotto ed amorevole ragionamento», chiama quel loro incontro il Lauro, che si rimise allo Speroni in tutto… quello che gli scriverete intorno a quei dubbi (19).

Avuto così un parere che gli parve autorevole, il Tasso decise le modifiche e rispondendo al Lauro lo avvisò (lettera 127): «Ho levate dal mio Poema parte di quelle descrizioni della sera e del giorno che ‘n ogni fine, e principio del canto venendovi a riscontrare, potevano agevolmente causar sazietà e fastidio. E di que’ modi di scrivere… n’ho levati alcuni…». (20).

Il giudizio sull’Amadigi ci ha condotto ad accennare al letterato Sperone Speroni degli Alvarotti.

Con lui il Lauro entrò in rapporti, per mezzo e per desiderio del Tasso, verso la fine di settembre del 1557. In quel periodo, seguendo il Tournon, il Nostro aveva dovuto trasferirsi a Venezia, ove lo Sperone soleva spesso recarsi. S’end’io desideroso che tutti gli amici miei vi conoscano presenzialmente, - così il Tasso scriveva allo Speroni – come vi conoscono per fama, e da voi siano conosciuti, ho voluto che questa mia lettera sia mezzana a far che conosciate la gentilezza, e la virtù di M. Vincenzo Lauro, ch’ella vi presenterà (21).

Nella lettera il Tasso non è avaro di lodi per l’amico che la porta, del quale mette in evidenza non soltanto le notevoli doti intellettuali e morali: E’ Gentiluomo di nobil famiglia, dottissimo nell’una e nell’altra lingua; felicissimo possessore delle scienze; giudiziosissimo in tutte le cose, cortese, prudente.. ma anche quelle affettive: mio carissimo amico… egli è il più officioso uomo ch’io abbia mai conosciuto. Lo Speroni accolse a Padova con molta cortesia il medico-segretario del Tournon e non mancò di andarlo a trovare, qualche volta a Venezia, per discutere di letteratura; purtroppo la dimora veneziana del Lauro fu poco dopo interrotta da una improvvisa partenza per Ferrara, donde potè far ritorno soltanto nella seconda metà del mese di novembre (22). Più lieto dei due, fu forse il Tasso che non si trattenne dallo scrivere allo Speroni: Con grandissima soddisfazione dalle lettere di M. Vincenzo Lauro ho inteso che siete andato a visitarlo… e se farete quell’onorato giudizio di lui ch’egli m’ha fatto di voi ve l’abbia fatto conoscere. (23).

I rapporti fra lo Speroni ed il Lauro, nonostante le buone intenzioni di entrambi e gli sforzi del Tasso, non divennero mai molto intimi. A ciò contribuì senza dubbio la poca dimestichezza ch’ebbero, la non eccessiva voglia di scrivere lettere da parte dello Speroni, la diversità di carattere.

Tanto amico del padre il Lauro, naturalmente, conobbe anche Torquato Tasso.

Nella biografia del Poeta, il Serassi afferma, anzi, che il Lauro insieme con il cardinale di Cosenza, Evangelista Pallotta, ed il cardinale Bonelli, fu uno di quelli che maggiormente s’interessò affinché il Poeta trovasse accoglienza in Roma e ottenesse la protezione del Papa Sisto V (24).

Quanto il Lauro conobbe il grande Torquato?

Non credo che ciò potè accadere prima dell’anno 1557 quando il Lauro, al seguito del Tournon, fu ospite, nell’Imperiale di Pesaro, del Duca di Urbino (febbr. 1557). Infatti in quel tempo Bernardo Tasso era al servizio di quel Duca ed aveva presso di sé il figlio; sappiamo che andò sovente a trovare Torquato per farlo conoscere tanto al Tournon quanto allo stesso Lauro. Un indizio al riguardo lo fornisce una lettera dell’epoca nella quale Bernardo dà notizie, al futuro cardinale, di Torquato, che era stato colpito da forte raffreddore (25).

Nonostante le buone premesse, l’amicizia col figlio non fu mai tanto intima quanto quella col padre. Si è che, oltre la quasi coetaneità, entro questi ultimi vi era una certa comunanza d’ideali e di stato, che mancava fra il Lauro e Torquato. A ciò s’aggiunga che le cariche e le funzioni tennero lontano il Lauro dal giovane Tasso e dal di lui raggio d’azione per quasi un ventennio, sicché quando i rapporti vennero riallacciati da una parte si trovava un principe della Chiesa, ormai famoso per le varie incombenze diplomatiche, molto influente e ben disposto, ma vecchio e d’idee ormai sorpassate, e dall’altra un poeta noto sì, ma anche in minorate condizioni fisiche e mentali, che questuava protezioni ed aiuti alle porte di amici antichi e recenti. Non erano certamente queste le migliori condizioni per una efficace intesa.

Il Lauro, sollecitato o no, più volte interpose la sua influenza e concesse aiuti al giovane amico. Il Poeta, da parte sua, cercò di rendersi più benevolo l’alto prelato colla promessa, fatta tramite mons. Costantini, di sonetti e rime (26).

Ma era indubbiamente più sollecito nel premurare aiuti che non nel mantenere le promesse. In quel tempo, poi, era tutto preso dall’idea di onorare la memoria del padre stampando il «Floridante», che Bernardo aveva lasciato incompiuto. Ne aveva, anzi, fatto cenno al Cardinale, che non era stato affatto avaro d’incoraggiamenti. Può anche darsi che il Lauro sperasse di essere ricordato nel poema, ma, senza dubbio, fu mosso all’incoraggiare Torquato soprattutto dal desiderio di onorare un caro amico che, in vita, gli era stato devoto.

Pertanto Torquato si assunse il compito della revisione e del completamento del testo, mentre la pubblicazione venne affidata alle cure di Antonio Costantini che a ciascun canto premise gli argomenti. L’interesse del Lauro al lavoro è attestato dallo stesso Poeta; infatti, siccome il Costantini procedeva con lentezza eccessiva, l’impaziente Torquato lo esorta a sbrigarsi, e gli fa noto che anche il Lauro desiderava maggiore sollecitudine «… Non si dee perdere tempo, ma stampare senza indugio il Floridante; ed io ve ne prego per la nostra amicizia e per la benevolenza del signor Cardinale del Mondovì, che vi è tanta cara, e dopo avervene pregato ve ne riprego» (27).

Ma il Cardinale aspettava anche quelle rime o sonetti che il Tasso gli aveva promesso e che ancora non aveva ricevuto, ne parlò al Costantini e questi a sua volta ne fece cenno al Poeta. Nella risposta data il 25 marzo 1587 Torquato assicura che farà ogni cosa così nel lodare il mio sig. Costantino, come nel celebrare il sig. Card. Lauro (28).

Tuttavia il tempo passava ed il Tasso, oppresso anche da molte preoccupazioni, non dava indizio di comporre alcunché; approfittò un po’ troppo della benevolenza del Cardinale, il quale finì per risentirsene. Ed il poeta, allora, di rimando, così al Costantini: A mons. illustrissimo Laureo sono affezionatissimo; ma ove sono molti meriti, e molte virtù, dee ancora esser tanta cortesia, che possa scusar la negligenza di un uomo infermo (29).

Ed infermo, in verità, il Poeta lo era nel fisico e nello spirito. Abbandonata l’ospitale reggia mantovana, lo vediamo peregrinare per varie città d’Italia, perseguendo la vana speranza di venire chiamato per un impiego nella corte romana. Ora le lettere al Lauro si fanno più frequenti e le richieste di aiuto più pressanti. Il Lauro lo assiste con tanta amorevolezza che il Poeta può rivolgersi a lui patrocinando aiuti anche per gli amici (30).

Alla fine, però, il Cardinale si stanca di queste continue, sovente non controllate e sempre più pressanti, questue. Per i più, gravi preoccupazioni affliggono lui stesso. Il Poeta, lungi dal capire il particolare stato del Cardinale, e ritenersi soddisfatto degli aiuti ottenuti, passa ai velati rimproveri e, in tal modo, aggrava le relazioni. La colpa era dello stato di prostrazione del Tasso che lo spingeva ad insistere per ottenere «l’acquisto della serenità e ristoro in casa del Sig. Cardinale» (31).

Le sue ultime lettere sono, tuttavia, improntate ad incommensurabile tristezza e rilevano appieno il profondo abbattimento subentrato nel suo animo e l’estremo bisogno in cui era piombato. (32).

Letterati, rimatori, professori di medicina, di giurisprudenza, architetti, oratori, Vincenzo Lauro conobbe e protesse durante la sua lunga permanenza in Piemonte. Giangiacomo Bonino scrive che il nostro prelato, mentre si trovava ad Anversa, vi conobbe il famoso medico Giovanni Argentario, il quale aveva appena terminato il suo quinquennio di letture nell’Università locale. Lauro lo distolse dal continuare l’insegnamento all’estero e lo convinse a tornarsene con lui in Italia (33). Non sappiamo quanto influì, poi, la sua amicizia sulle fortune dell’insigne medico; ma è un fatto che i loro nomi non di rado si ritrovano accanto. Nella famosa e rara opera dell’Argentario In artem medicinalem Galeni (Venezia, 1568) vi è la prefazione di un altro medico abbastanza noto ai suoi tempi: Bersano Bensia. Anche costui fu un amico ed un protetto di Lauro. A testimonianza di gratitudine e di affetto verso l’illustre patrono egli compose dei versi, invero molto mediocri, che vennero pubblicati dal Vitale insieme con quelli, pure di contenuto laudatorio in onore al Lauro e di non eccelso merito, scritti da Filiberto di Ceva (34).

Altro beneficiato fu il rimatore Raffaello Toscano, di alquanta maggior fama dei due precedenti. Anche il sonetto del Toscano, dedicato al presule di Mondovì, è laudatorio e retorico come lo sono, del resto, tutti i suoi versi; ma la raccolta, sebbene manchi di valore letterario, ci rivela che il sonetto al Lauro occupa uno dei primissimi posti, subito dopo quelli dedicati ai principi di Casa Savoia (35).

Lauro aiutò in vari modi, e, fra l’altro, anche ad ottenere l’incarico d’insegnante nell’Università piemontese, il monregalese Ludovico Vitale, che poi s’acquistò una bella fama quale titolare della cattedra di diritto civile, e Bernardo Trotto, altro noto giureconsulto. Da notare che entrambi erano stati al servizio del Lauro: il primo con la carica di giudice in Cuneo ed il secondo quale consulente nelle controversie giurisdizionali in Mondovì e in Pinerolo (36). Favorì ancora Francesco Vivaldo, Angelo Matteacio e Giorgio Paleario, il quale, più tardi, non dimentico del bene ricevuto, difenderà l’antico benefattore delle accuse, messe in giro al tempo della sua mancata elezione al soglio pontificio, di essere troppo legato al partito francese (37). Il fatto che la maggior parte del corpo docente dell’Ateneo piemontese indirizzasse al Lauro richieste di appoggio e di favori è inoppugnabile prova di quale fosse, direttamente o indirettamente, tramite il principe, la sua influenza anche nella vita e nell’indirizzo dell’Università di Torino. Ma la sua influenza non era limitata solo all’Università. Ricordiamo la fondazione del Seminario e della Biblioteca da lui promosse a Mondovì; ricordiamo come sovente si facesse promotore di dotte conversazioni alla Corte di Carlo Emanuele e come, anche da lontano, non mancava di influire in tal senso. Nella Biblioteca Nazionale di Torino v’è un manoscritto: «Breve dichiaratione sopra una medaglia trovata da Mons. Rafaele Aquilino mandata dal cardinal di Mondovì al S.mo Duca Carlo Emanuele I di Savoia» alla quale v’è premessa una lettera di Giovenale Ancina, ricordato dal Gabotto a proposito dell’Interessamento suscitato in corte dal dono del Lauro (38).

Prospero Visconti, collezionista e persona di gusto, interessato a tutta la realtà, dall’astronomia alla politica, che acquistava e vendeva gemme, monete e medaglie, capitò a Torino, a metà maggio 1531, e dopo avere visitato Emanuele Filiberto non trascurò di andare a trovare l’allora vescovo di Mondovì e Nunzio Apostolico (39)

Ma lasciando da parte tutte queste figure secondarie, è doveroso ricordare l’amicizia tra il Lauro ed il Botero; amicizia nata negli incontri alla corte sabauda, che si rinsaldò in occasione di un luttuoso evento: la morte del cardinale Borromeo. Il Botero, conoscendo gli stretti legami che univano i due porporati, l’annunciò al cardinale di Mondovì con un «Discorso sopra i compimenti fatti dall’ill.mo card. Borromeo nell’ultimo atto della vita della sua» indirizzato a mons. Lauro (40).

Con molti illustri letterati il Lauro fu in rapporti anche in Francia. Jacques Auguste de Thou, che, per come ne scrive, mostra di essergli stato amico, ricorda la di lui familiarità coi filologi Denis Lambin e Marco Antonio Muret, come pure col celebre ellenista Pietro Danès, tutti gravitanti attorno al cardinale Tournon. Pure alla Corte del Tournon, Vincenzo Lauro conobbe il giureconsulto – allora di gran fama – Arnaldo Du Ferrier, che alla morte del gran cardinale francese passò, insieme con il Lauro, al servizio del re Antonio di Navarra (41).

Proprio in relazione al Tourmon non possiamo passare sotto silenzio la biografia che su questo principe stese il Nostro. Un lavoro questa «Vitam Francisci card. Turnoni» che né lo scivente, né altri contemporanei han potuto rintracciare, ma sulla quale non mancano autorevoli testimonianze dei tempi passati (42).

Anche in Polonia il cardinale ebbe occasione di esplicare la sua attività in favore di alcuni letterati; infatti i documenti pubblicati dal Wierzbowski ci parlano non solo di giovani mandati a studiare a Roma, ma anche di professori universitari che chiesero ed ottennero l’assistenza di questo mecenate (43)

Dobbiamo pure ricordare, a proposito della nunziatura polacca, un brano del contemporaneo Minuzio Minucci, autore di un «Ragguaglio delle cose successe nella Dieta di Ratisbona dell’anno 1576». In questo, il Minucci, dopo aver accennato all’ordine di espulsione del Lauro dalla Polonia emanato dal re Bathory, così aggiunge: Ubidì egli et si ritirò in Vratislavia, città di Slesia, ove si trova oggidì, et si vedrà il frutto di quell’ordine, intendendosi che scrive gli accidenti di quel regno, che sarà bellissima historia, essendo l’autore dottissimo, prudentissimo et versato in tutto il negotio. Ma neanche quest’opera è giunta a noi, ed, anzi, non sappiamo se fu davvero compiuta (44).

L’abate Tritonio riferisce, per sentito dire, che mons. Giovanni della Casa molte cose apprese dal card. Lauro e se ne servì nella composizione del suo celeberrimo libro «Il Galateo>> (45). Lauro ispiratore e maestro di cortesia?

Noi non abbiamo avuto la possibilità di trovare traccia delle possibili relazioni intercorse fra il futuro cardinale e il Della Casa; ma pensiamo che la notizia del Tritonio sia ugualmente da accettare. Cresciuto nel fasto e nelle finezze rinascimentali dei cardd. Parisi, Gaddio, Tournon ed Ippolito d’Este, egli aveva assorbito tutte le qualità necessarie a un perfetto gentiluomo ed uomo di corte: la pazienza, la prudenza, il facile conversare, i modi eleganti, buon gusto ed un certo amore per il fasto. Le testimonianze in merito sono abbondanti; per tutte ricorderemo il giudizio di Bernardo Tasso che era poeta ma anche uomo di corte: Egli… è tenuto in gran maniera caro. E’ gentiluomo di nobil famiglia; dottissimo nell’una e nell’altra lingua; felicissimo possessore delle scienze; giudiziosissimo in tutte le cose; cortese, prudente… Egli è il più casto osservatore delle leggi dell’amicizia, il più officioso uomo ch’io abbia mai conosciuto (46).

 

 

NOTE

 

* Pubblicato nella rivista «AUSONIA» di Siena 1955 (X) fasc. 2.; ora rivisto e accresciuto.

1) Carlo BONARDI – Lo studio generale a Mondovì – Torino, Bocca, 1895.

2) Sperone SPERONI – Opere – Tomo V. Venezia, Occhi, 1740 – pag. 332.

3) Annibal CARO – Lettere – Como, Osticelli, 1825. Lettere del 5 aprile, 8 giugno 1552 (pg. 130-132); 11 maggio 1559 (pg. 155), ecc

4) Vedi, del Caro, la lettera a Ben. Varchi, da Roma, il 5 luglio 1562. Il Tournon era morto il 22 aprile.

5) Bernardo TASSO – Lettere – Vol. II – Padova, G. Comino 1733. Lettera da S. Germain, 31 giugno 1553. Pg 115.

6) Id., id, Lett. 37 da «Miens» del 6 sett. 1553. Il Tasso voleva anche essere raccomandato con l’ambasciatore veneto in Francia, Giovanni Michele.

7) Id., id., Lettera 40 da «Fontanableu» del 15 dic. 1553. Non vi è da dubitare sulla sincerità del Tasso che il giorno dopo, da Parigi, esprimeva al Papio il suo profondo dolore per quella partenza in quel tempo che più aveva bisogno di lui (op. cit. pg. 129).

8) Lettera 29 del 10 nov. 1553.

9) Lettera 37 (cit.) e 39 del nov. 1553, da Parigi, diretta al Lauro; lettera al Papio, pure da Parigi, del 16 dic. 1553.

10) lettere: da Pesaro, 9 nov. 1556; 82, da Pesaro, 1 genn. 1577; 90, da Pesaro, 10 febbr. 1557.

11) Lettera da Pesaro, 10 febbraio 1557 (90).

12) Lettera da Urbino del 27 luglio 1557 (109) ed anche da Pesaro del 1 luglio (107).

13) Id., (143).

14) Lettera da Pesaro del 12 agosto 1558 (153) ed anche del 10 giugno 1558 (Lett. Di Speroni pg. 404).

15) Lettera da Pesaro, 28 gennaio 1558 (133).

16) Lettera da Pesaro, 9 nov. 1556 (81); da Urbino, 6 sett. 1557 (115).

17) Speroni, Op. e vol. cit. pg.336. Lettera del Lauro da Venezia del 26 nov. 1557 (30).

18) Tasso a Speroni, da Venezia, 26 nov. 1557 (pg. 323)

19) Lauro a Speroni, da Venezia, 26 nov. 1557 (pg. 336). Però lo Speroni aveva accolto le critiche del Lauro. Tasso a Speroni da Pesaro, l’8 dic. 1557 (126).

20) B. TASSO – Lettere, loc. cit.

21) Lettera da Pesaro del 26 settembre 1557, cit.

22) Lettera da Lauro a Speroni, da Venezia, 26 nov. 1557.

23) Lettera di Tasso allo Speroni. Da Pesaro, 8 dic. 1557 (126).

24) Pierantoni SERASSI – La vita di Torquato Tasso. Roma, Pagliarini, 1785, pg. 414 ed anche pg. 54.

25) Lettera da Urbino, 27 luglio 1557 (109) citata.;

26) Torquato TASSO – Opere. Vol. XV. Pisa, Capurro 1826. Lett. XLIV (237).

27 luglio 1557 (109) in  «Boll. Stor. Bibl. Subalpino» anno LIV (1956) pg. 115-117.

tata.

26) Torquato TASSO – Opere. Vol. XV. Pisa, Capurro 1826. Lett. XLIV (237).

27) Id. id. Lettera  XXVIII da Mantova 9 dic. 1586.

28) Id. id. Lettera XIV da Mantova.

29) Id. id. Lettera LXVIII da Mantova 2 ott. 1587.

30) Torquato TASSO – Opere. Vol. XIII. Pisa, Capurro 1825. Tasso al Lauro, 14 ag. E 10 sett. 1589. Ed anche Tasso al Duca di Nocera (in ediz. Guasti, vol. IV n. 1162).

31) Id. id. Tasso al Costantini, Roma 16 novembre 1589.

32) Id. id. Tasso al Lauro. Roma, S. Maria, 14 ag. e 10 sett.; ed anche al Costantini, 12 ag. 1589.

33) Giovanni Giacomo BONINO – Biografia Medica piemontese – Vol. I, Torino, Bianco, 1842, pg. 268-270.

34) Ludovico VITALE – Tractatus de rei et testibus morendi… Monte Reg., Carpio, 1584.

35) R. TOSCANO – Sonetti in lode di diversi. Torino, Er. Bevilacqua, 1583 pg. 17; vedi anche Ferdinando GABOTTO – Un poeta piemontese del sec. XVI. Bologna, Fava e Garagnana, 1892.

36) VITALE – Op. cit.; vedi dedica. Bibl. Pinerolo Mss. 35 pg. 159 segg. E Mss. 72 fol. 26.

37) Lettere del Lauro al Duca di Savoia del 18 luglio 1587 e 3 luglio 1591 in Arch. Stato Torino «Lettere Cardinali». G. PALEARIO – Osservazioni sui primi di Cornelio Tacito. Milano, 1612 pg. 374.

38) Ferdinando GABOTTO – La giovinezza di Carlo Emanuele I di Savoia nella poesia e negli altri documenti letterari del tempo. Genova, tip. Sordomuti. (Estratto dal «Giornale Linguistico» anno VI fasc. I-IV).

39) Giovanni FORNASERI – Per la storia della cultura alla Corte di Emanuele Filiberto. In «Boll. Stor. Bibl. Subalpino» anno LIV (1956) pg. 115-117.

40) Stampata a Milano da L. Ponzio ed F. Bonati, 1585, ed a Bologna, Bonacci, 1585.

41) J. A. THOU (de) – Mémoires depuis 1553 jusq’au 1601. Paris, Faucault, 1823 pg. 318 e segg.

42) Georg. Jos. EGGS – Purpura docta. Monachi, J. Remy, 1714. Libro V, 30 pg. 88.

43) T. WIERZBOWSKI, op. cit.

44) Bibl. Vat. – Cod. Urbin. 817 fol. 293: Minuzio MINUCCI - «Ragguaglio delle cose successe nella Dieta di Ratisbona dell’anno 1576». Cifr. Joseph HANSEN – Nuntiaturberichte aus Deutschland 1572-1585. (2 vol.) Berlin, Bath, 1894, pg. 174-192.

45) TRITONIO, op. cit. pg. 80.

46) B. TASSO a Sperone speroni il 16 sett. 1557. Op. cit., pgg. 323-327.

 

TROPEAMAGAZINE
56^/57^ Tornata Gen/Feb 2011 - Mar/Mag 2011

VINCENZO LAURO

di Antonio Francesco Parisi

INDICE
|  Biografia  |  Prefazione | 
La città natale, la famiglia, l'infanzia, i primi studi, i primi impieghi  
|  Le prime esperienze e i primi incarichi |
Da medico dei corpi a pastore di anime  |  Nunzio in Scozia  |
La prima Nunziatura in PiemonteLa Nunziatura in Polonia  |
Il "tutore di Carlo Emanuele" (1580 - 1585) - La nomina a Cardinale

| Il Cardinale del Mondovì Abate di Pinerolo |
|Il mecenate - I suoi rapporti con Caro, B. e T. Tasso, Speroni, Botero, e altri  |
Il periodo romano - La morteBibliografia essenziale |