Rarissima foto del Castello di Tropea e Torre Lunga scattata prima del completamento
della loro demolizione avvenuto nell'anno 18761.

La demolizione
di Torre Lunga
 

di Salvatore Libertino


Quando si parla del Castello, è impresa impossibile darne l'effettiva localizzazione o immaginare i contorni chiari della struttura originaria. Anche se parlare di lui è come parlare, con parole dai toni più affettuosi e premurosi, di un fratello maggiore che ormai non c'è più ma di cui si sa tutto.
In effetti, per noi tropeani 'arretu o casteu' è stata sempre una piccola oasi del centro storico piena di fascino e di mistero. Era lì che da bambini ormai cresciuti giocavamo "o 'mbocciu" oppure "a acula e testa", giochi d'azzardo la cui posta poteva arrivare anche a 100 o 200 lire a partita facendo in poche ore la fortuna dei più temerari. Un'area impervia anche nel tracciato del manto stradale, con saliscendi di scivoloso selciato o di tratto non asfaltato, ma sicura solo perchè proteggeva i giochi proibiti. Per ore infatti non vi passava anima viva se non la frettolosa zimarra di qualche prete che andava o usciva dal seminario o dalla porta secondaria della cattedrale. Delle volte si vedeva da lontano arrivare la tonaca sgargiante del vescovo accompagnato dal segretario e allora si raccoglievano in fretta le monete e si scappava a razzo. Una cult location storica che compendia due mitici ricordi del passato: la taverna di 'Rocia' che emanava a distanza odore, talvolta gradevole, di vino novello e lo spiazzo dove in estate si davano i film, in bianco e nero e con la sedia portata da casa. Dove negli anni cinquanta ci fu la prima del capolavoro del neorealismo "Il cammino della speranza" con Raf Vallone e Elena Varzi, presente lo stesso Raf.
Sicuramente per capirne di più sull'immagine di nostro fratello maggiore ci potrebbe rendere meglio l'idea una veduta tratta dalle incisioni/stampe della città o dallo sfondo dei dipinti d'epoca oppure dai disegni a penna del Campesi della prima metà del '700. Ma è sempre e comunque un'ardua impresa ottenere mentalmente o sulla carta una visione d'assieme dell'antico maniero tropeano. Oggi invece è possibile tentare di farlo perchè finalmente abbiamo a disposizione una sua vera foto. Ed anche se ce lo mostra, a lumicino, nelle ultime ore di vita, essa ci permette quanto meno di osservarlo in ottica scientifica nei suoi lineamenti, questa volta chiaramente leggibili, sovrapponibili con le mura ed i riferimenti ancora esistenti che ci possono far ricostruire un primo tentativo di immagine vera e completa.


La Porta di Mare in un disegno manoscritto del Campesi (prima metà del '700). Si vede chiaramente la figura  del Castello
con la Torre Lunga in prossimità della cinta muraria caratterizzata in quel punto da due bastioni che si notano anche nella foto.

E non solo! Adesso ci possiamo prendere anche il lusso di conoscere, ricostruire e raccontare gli ultimi istanti della vita di quel glorioso Castello e della sua fedele Torre Lunga o di ciò che di essi rimaneva nel 1876, anno della loro definitiva scomparsa. Per farlo ci vengono in aiuto il saggio dell'Ing. Pasquale Toraldo 'Un ipogeo cristiano ritenuto distrutto nel cimitero di Tropea' pubblicato nel 1935 nella 'Rivista di Archeologia Cristiana' e un carteggio inedito di una decina di pagine sulla 'Tentata demolizione della Torre Lunga" che si può agevolmente consultare presso l'Archivio di Stato Centrale di Roma (AABBAA 1860-1890, Busta 441, Fasc. 173, Tropea).
Nel saggio di P. Toraldo, il cui testo viene trascritto in TM nella tornata di luglio, si fa cenno che intorno a quell'anno il proprietario Carlo Toraldo, insigne avvocato del Regno ed ex deputato al primo Parlamento napoletano, pressato dall'accanita contestazione da parte di alcuni cittadini sulla proprietà del suolo dove si trovavano gli ultimi ruderi del castello, il cui sistematico e graduale smantellamento ebbe inizio nel 1825, fu colto da pura follia distruttrice e volle quindi accelerare i tempi per radere al suolo in modo definitivo le ultime strutture rimaste ancora in piedi, facendo ricorso alla dinamite.
 


Due vedute, da diversa angolazione, del Castello di Tropea.
La prima, seicentesca, è tratta  da un'incisione inserita in "Il Regno di Napoli in prospettiva,
diviso in dodici provincie", Napoli 1703 di G.B. Pacichelli. La seconda, da un dipinto del '700
che raffigura Sant'Emidio nell'atto di proteggere la Città (Museo Diocesano - Tropea).

Pasquale Toraldo prende più volte le distanze dall'azione devastatrice del prozio il quale viene descritto attraverso l'immagine inquietante di un bandito che si aggira sul terreno con l'insano proposito di smantellare gli ultimi bastioni del Castello, l'altissima e monumentale Torre Lunga, e le gloriose Mura, costruite intorno al 535 d.C. dal Generale Belisario, emissario di Giustiniano, nel quadro del progetto di fortificazione di alcuni Centri della Calabria, dopo la cacciata dei Goti dalla Sicilia. Ma ben più grave iattura sarebbe stata l'irreparabile distruzione, assieme a quei monumenti emergenti, di eventuali reperti archeologici nascosti, già nel 1856 affiorati in quell'area senza danno o per sempre rovinati in precedenza come i resti dell'antichissima basilichetta di S. Maria del Bosco e relativi affreschi a ridosso della cinta muraria.
L'irrefrenabile scempio avveniva tra uno scoppio e l'altro delle mine che facevano tremare l'intera rupe della città e a cui la popolazione si era ormai abituata come ad uno degli appuntamenti più attesi: lo spettacolo dei fuochi artificiali durante i festeggiamenti della Madonna di Romania.
All'ignominioso sfacelo che si andava consumando, secondo gli atti dell'Archivio di Stato, non ci volle stare invece una nutrita schiera di cittadini, capitanata dall'ex sindaco Gaetano Giuditta, che si decise di contestare al Toraldo la proprietà, in particolare della Torre Lunga, del valore d'oltre 200.000.00 lire. Infatti il Real Decreto del 30 Dicembre 1866, n°3467, la faceva appartenere tout-court ai beni demaniali del Governo. Tale contestazione aveva il fine di preservare e conservare la patria torre 'vetusta e monumentale', che tese, nei secoli, al cielo più alto, decine di bandiere colorate, appartenenti a diverse potenti dinastie, tra cui quella della mezzaluna. La controversia approdò nell'aula della Pretura di Tropea che dopo qualche ora di consiglio emanò sentenza del tutto favorevole alla famiglia Toraldo, accertandone l'esclusivo possesso da almeno cinquant'anni del suolo dove la torre sorgeva con le connesse mura e fortificazioni.
A questo punto, il drappello con a capo l'ex sindaco non si perse d'animo e si appellò al Tribunale di Monteleone, inviando, nel contempo, missive, veline ed istanze a tutti i Palazzi dell'intera Provincia di Calabria Ultra II. Finanche a Roma scrissero i nemici della famiglia Toraldo, a tutti i Ministeri competenti. Un telegramma fu fatto recapitare l'8 novembre al Ministero dei Lavori Pubblici. Una petizione, datata 9 novembre, di una cinquantina di firmatari arrivò sulla scrivania del Presidente dei Ministri, scongiurandolo di far cessare con ogni mezzo 'cotanto scandaloso procedere' e l'insana demolizione che 'corre come fulmine'.
I Ministeri alla loro volta chiesero lumi alle loro amministrazioni subordinate territoriali. In breve tempo l'affare divenne una vera e propria patata bollente nelle mani degli aventi causa con davanti agli occhi di tutti l'immagine inquietante di Carlo Toraldo che nottetempo si aggirava 'arretu o casteu' con bombe e dinamite, i cui scoppi erano divenuti un vero e proprio tormentone per i tropeani, rendendo insonni le notti anche di Gaetano Giuditta e dei suoi seguaci contestatori.
Roma coinvolse il Prefetto della Provincia la cui risposta, il 13 dicembre, non si fece attendere, indicando tra le righe che purtroppo non ci si poteva fare altro che costatare il sacrosanto diritto del Toraldo di fare quello che avesse voluto nell'ambito della sua ormai comprovata proprietà. Lo stesso Prefetto volle buttare acqua sul fuoco facendosi uscire tra i denti che il comportamento del Sig. Giuditta era dettato da un'accertata inimicizia di lui contro la famiglia Toraldo e che lo smantellamento definitivo della Torre Lunga avrebbe senza dubbio portato 'vantaggio dell'igiene di quell'abitato'.
Da quì, Roma continuò ad occuparsi di cose più importanti. In Calabria, poco a poco finalmente gli animi si calmarono anche perchè proprio durante il mese di dicembre, a seguito del crollo della pavimentazione della Torre Lunga (e chi ce lo toglie dalla testa che il cedimento non fu provocato da una bomba?) gli operai videro increduli sotto i loro piedi un cubicolo cimiteriale cristiano con decorazioni pittoriche, uniche nella storia ma andate perdute per crollo e frantumazione della volta affrescata, dove furono trovate le importantissime iscrizioni paleocristiane, che da quell'istante posero Tropea al centro dell'attenzione di archeologi e studiosi di tutto il mondo.
Così le folli gesta di Carlo Toraldo, dopo il ritrovamento degli importanti reperti, ebbero fine e con loro lo sterminio, costato alla sua tasca più di 100.000 lire di quei tempi. Si acquietarono anche le voci del battagliero drappello con alla testa Gaetano Giuditta e gli stessi tropeani hanno potuto riprendere la vita godendo di sonni più che tranquilli e sereni. Ma era oramai troppo tardi perchè del Maniero e della svettante Torre Lunga non rimaneva neanche una pietra. Ovvero sì! Infatti l'unica consolazione oggi tra il sommo rammarico di non avere più il castello, a differenza di migliaia di paesi calabresi, è che il materiale di riporto della demolizione fu riciclato nella costruzione dei muraglioni che tuttora delimitano le rampe della via della marina che da Porta Nuova conduce verso il porto e della ferrovia litoranea, via Tropea, che in quel periodo fu voluta con caparbia determinazione (vedere l'epigrafe nel Palazzo Toraldo, a fianco del portone, di Largo San Michele) proprio dall'insigne avvocato Carlo Toraldo, la cui follia distruttrice scoprì e fece conoscere all'umanità le antiche iscrizioni, primo monumento paleocristiano in Calabria e ora vanto nel mondo della storia di Tropea.

NOTE
1 Ho l'impressione che lo sbuffo del fumo, abbastanza consistente, che si leva a sinistra della Torre Lunga, nella zona di Porta Vaticana, esca dalla canna fumaria dell'antico forno "du 'ncheu".
 
 
 

 
 
ARCHEOLOGIA TROPEANA
 di  Salvatore Libertino
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