. . . perchè Tropea è Tropea . . .

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Le ritualità in bianco e nero della zucca sdentata di color arancio
(F. Vallone) Questi sono i giorni dell’arancio e i giorni della fine di ottobre si colorano del colore della zucca sdentata presa in prestito dai bisogni dettati dal mercato per creare altri giorni che fruttano soldi con la scusa degli eventi da ritualizzare, anno dopo anno. È facile vedere in questi giorni d’arancio, anche per le strade della nostra Calabria, negozi e negozietti, ipermercati, bar e pasticcerie con le vetrine allestite di tutto punto e stracolme di gadget, giocattoli, oggetti e dolci tutti rigorosamente di colore arancio o anche nero e bianco. Tutti richiami aventi come tematica halloween, la festa americana dello “scherzetto dolcetto”, esportata da alcuni anni dagli Stati Uniti ma che invece pone le sue antiche radici nel mondo e nella civiltà celtica.
Proprio in questo periodo di soglia tra ottobre e novembre, alcuni anni fa, vi erano, anche nella nostra regione, tradizioni simili per la ricorrenza della festa di Ognissanti e per la commemorazione dei defunti. Elementi rituali e liturgici straordinariamente simili a quelli della famosa ricorrenza festiva di oltreoceano. Ultimi giorni di ottobre, uno e due di novembre, un periodo a cavallo tra due mesi per ricordare nella nostra tradizione Cattolica, nel nostro calendario, che è festa dedicata a tutti i Santi e a tutti i nostri predecessori che oggi non ci sono più. In Calabria, abbiamo dimenticato, da anni, molte abitudini, tradizioni e usanze, legate certamente alla antichissima festa di halloween originaria che ha sicuramente riferimenti diretti con la giornata di Ognissanti e con quella dei morti del 2 novembre.
Halloween ritorna. È solo un ritorno culturale che prende la strada più lunga per ritornare. Riattraversa l’Oceano Atlantico e ritorna nei nostri paesi, nelle nostre città. Tutti cercano di recuperare l’antica festa che è, oggi, in America, uno degli eventi folkloristici più seguiti. È un riappropriarsi di uno dei più antichi riti celebrativi la cui origine risale a tempi lontanissimi. La sua crescente popolarità, anche in Italia e in tutta Europa, deriva dalla tradizione americana della notte dei travestimenti e del “trick or treat (scherzetto o dolcetto). Nella nostra tradizione Cattolica, nel nostro calendario, a tutti i Santi viene dedicato il giorno del primo novembre, mentre il giorno successivo è dedicato alla commemorazione dei defunti.
Il giorno dedicato ad Ogni Santi (in inglese All Saints’Day) aveva una denominazione arcaica: All Hallws’Day. Presso i popoli antichi la celebrazione della festa di tutti i Santi iniziava al tramonto del 31 ottobre e pertanto la sera precedente al 1° novembre era denominato proprio “All Hallows Even” che venne presto abbreviato in “Hallows’Even”, poi in epoche più recenti in “Hallow-e’en” ed infine in “Halloween”. In Calabria abbiamo dimenticato da anni questa celebrazione che aveva sicuramente riferimenti con la giornata di Ognissanti e con quella dei morti, con il 2 novembre.
In provincia di Reggio Calabria, in Aspromonte, per tutto un mese, in autunno, ogni sera si usava mettere sul tavolo di casa un piatto ricolmo di cibo, con pane e una bottiglia di vino, un boccale d’acqua e anche un mazzo di carte da gioco. Una antica usanza, un arcaico modo per rifocillare i defunti che, proprio in questo periodo, secondo la credenza popolare, di notte, vagano nel mondo dei vivi. A Rosarno, sempre n provincia di Reggio Calabria, ma anche a Filandari ed altri paesi della provincia di Vibo Valentia, si usava raccogliere la cera che si scioglieva sulle lapidi dei cimiteri dai lumini votivi. Questa cera recuperata viene fusa in delle forme, costruite con la canna, o in contenitori vegetali, cipolle, peperoni o piccole zucche, con un nuovo stoppino posizionato all’interno. Queste nuove candele riciclate venivano poi utilizzate nelle sere dei morti, tra ottobre e novembre. Si girava per le strade del paese, si bussava alle case dei compaesani per chiedere qualcosa per “i beniditti morti”. Si ricevevano dolciumi o qualche monetina, molto più spesso fichi secchi, corbezzoli, zinzuli - giuggiole, castagne, sorbi, castagne bollite, noci e nocciole.
Altra usanza era quella di andare in giro con delle grosse zucche svuotate e intagliate a forma di cranio sdentato, illuminate da una candela posizionata all’interno. Le zucche sdentate dette “teste di morto” legano perfettamente e simbolicamente la nostra tradizione a quella di halloween. Si andava in strada a raccogliere piccoli regali di parenti, amici e conoscenti, sempre in nome dei benedetti morti e successivamente si posizionavano le “zucche-teste di morti” sulla finestra della propria casa, per illuminare, con la loro luce fioca, le notti più buie dell’anno. Sempre in Calabria, in questo periodo, vi è l’usanza di consumare un particolare dolce bicolore dall’intenso profumo di cannella denominato “ossa di morti”, molto vago come forma estetica, ricorda lontanamente un osso.
A Villa San Giovanni, invece, l’anatomia di questi dolci viene curata molto, i dolci dei morti assumono una forma realistica di scheletro completo di teschio. Sono i dolci della devozione e del ricordo, sono elementi di una vera e propria alimentazione della memoria e dell’anima che ci permettono di recuperare le tradizioni più arcaiche, quelle che detengono la nostra identità culturale. Secondo alcuni studiosi la celebrazione di Halloween ha origine molto più remote di quanto possiamo pensare e pone le sue radici nel periodo della civiltà Celtica. Gli antichi Celti, che abitavano in Irlanda, Francia e Gran Bretagna, festeggiavano l’inizio dell’anno nuovo il 1° di novembre, proprio il giorno in cui si celebrava la fine della stagione calda e l’inizio della stagione fredda, del buio e delle tenebre. La notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre era una soglia molto importante, un momento solenne che rappresentava, per i Celti, la più importante celebrazione del loro calendario. Tutte le leggende più antiche ci narrano cicli epici, antiche saghe, grandi battaglie che si svolgevano in questa notte particolare. Molte leggende riguardavano proprio la fertilità della terra, il terrore e il panico per l’inizio semestrale del Dio delle Tenebre (dell’Inverno). La ricorrenza segnava per i Celti la fine dei raccolti e l’inizio dell’inverno e assumeva una rilevanza particolare. Le persone si chiudevano in casa per ripararsi dal freddo, i greggi venivano riportati a valle. I Celti credevano che alla vigilia di ogni nuovo anno (31 ottobre) il Signore della Morte, Samhain, Principe delle Tenebre, chiamasse a sé tutti gli spiriti dei morti. In questa soglia per loro tutte le leggi del tempo e dello spazio venivano sospese permettendo al mondo degli spiriti di unirsi al mondo dei viventi. Nei villaggi si spegnevano i focolai per evitare che gli spiriti maligni venissero a soggiornarvi. Questo antico rito consisteva nello spegnere il fuoco sacro sull’altare e riaccendere il nuovo fuoco il mattino seguente. Un rito evidente di purificazione, rinnovamento e propiziazione per salutare il nuovo anno. Una rappresentazione ciclica, del Tempo e della vita stessa, dove veniva celebrata la speranza del ritorno alla vita. L’usanza americana di travestirsi la notte di Halloween nasce dalla stessa tradizione dei Celti. Si ritrovavano nella notte del 31 ottobre a festeggiare mascherandosi con le pelli degli animali uccisi per esorcizzare e spaventare gli spiriti. Questi personaggi grotteschi rientravano nei loro villaggi illuminando il loro cammino con lanterne costruite con delle cipolle intagliate e riempite dal fuoco sacro. I Celti offrivano alle fate del cibo o del latte che veniva lasciato sui gradini delle loro case. Il trick or treat si fa risalire a quando i primi cristiani elemosinavano per un pezzo di dolce dell’anima che era quasi sempre un pezzo di pane. Più dolci dell’anima una persona riceveva, più preghiere si promettevano a favore di defunti della famiglia che aveva donato il pane.
In America i ragazzini travestiti con maschere mostruose e costumi terrificanti vanno in giro a chiedere, dolcetti o scherzetti. Se non ricevono niente rispondono con qualche brutto scherzo.
Durante il I° secolo i Romani invasero la Bretagna e vennero a contatto con questi antichi riti e celebrazioni. La Chiesa Cattolica non riusciva a sradicare questi antichi culti pagani che prevedevano la presenza, nell’immaginario collettivo, di streghe, demoni e fantasmi. Nel 835 Papa Gregorio spostò la festa di tutti i Santi dal 13 Maggio al 1° Novembre e diede così un nuovo significato ai culti pagani. Tuttavia l’influenza nefasta del culto di Samhain non fu sradicata e per questo la Chiesa aggiunse, nel X° secolo, la festa del giorno dei morti, il 2 Novembre, in memoria delle anime dei defunti che venivano ricordati e commemorati dai loro cari.

(Nov. 2009)

Campane a festa e non a lutto per la scomparsa di Natuzza Evolo
Natuzza Evolo (S. L.) Hanno suonato a festa e non a lutto domenica mattina 1 novembre le campane a Paravati di Mileto per la morte di Natuzza Evolo, la «mistica» morta la scorsa notte a causa di un blocco renale. A deciderlo è stato il parroco di Paravati, don Pasquale Barone, che aveva un rapporto molto stretto con Natuzza e le è stato vicino nei momenti di sofferenza provocati dalle malattie di cui era affetta.
CHI ERA - Natuzza, una popolana analfabeta del luogo, diceva di aver ricevuto le stimmate fin dall'età di 10 anni, di avere il dono dell'ubiquità e di parlare coi morti. Natuzza era anche conosciuta per la sua capacità di parlare con gli Angeli, con i Santi e con le anime dei defunti e per le stigmate che si arrossavano sulle sue mani nel periodo di Quaresima. Aveva 85 anni ed era malata da tempo. La mistica è morta nella casa anziani della fondazione Cuore immacolato di Maria, da lei stessa voluta e costruita con i soldi delle offerte dei fedeli.
L'OMAGGIO - «Oggi è un giorno di festa e non di lutto - ha detto il parroco per spiegare la sua decisione - perché Natuzza è tornata al Padre». Intanto sono state già centinaia le persone che hanno reso omaggio alla salma di Natuzza, composta nella camera ardente allestita nel Centro per anziani della Fondazione «Cuore immacolato di Maria rifugio delle anime» realizzato grazie alle centinaia di donazioni fatte dai fedeli che in tanti anni erano stati vicini alla mistica, dimostrandole vicinanze e devozione.









(Nov. 2009)

Antonio Pandullo e il suo 'Corso di filosofia sperimentale e di belle lettere ed Espressione dell'umano sapere', Tipografia del Vesuvio, Napoli 1845



Antonio Pandullo. Litografia Potel, Napoli 1860

(S. Libertino) Nicola Scrugli nella sua toponomastica tropeana dedica a Antonio Pandullo un grazioso larghetto alla confluenza delle vie Vianeo e Lepanto che si dipartono dalla parte bassa del Corso principale della città. Antonio Pandullo nacque ai primi dell'Ottocento a Tropea da Luigi e Olimpia Alia. Morì a Napoli nel 1870. Fu sacerdote e patriota. Filosofo e storico, coltivò la poesia. Bella figura di uomo, il quale - malgrado le minacce del carcere, i fastidi della censura e le noie che gli danno i cardinali - tira diritto e sicuro per la sua vita!

Pubblicò:
- nel 1835, a Napoli: Elementi di filosofia ovvero Saggio sulle conoscenze logico-critiche;
- nel 1840-42, ivi: Corso di filosofia sperimentale e di belle lettere ed Espressione dell'umano pensiero;
- nel 1844(?), (s.l e s.d.) Lettera prima filosofico-Critica per ridurre un depravato spirito al gusto sano e corretto dell'Italiana letteratura, diretta all'ab. Luigi Alia;
- nel 1849, a Palermo: Fatti ed avvenimenti politici di Roma e di Calabria e di Sicilia e di Napoli;
- nel 1850, a Napoli: Un tributo di ossequio rispettoso e riconoscente reso al merito grande ed immortale de'piu celebrati eroi del secol nostro;
- nel 1862, ivi: la riduzione in verso sciolto de Le avventure di Telemaco del Fénelon.
Ed inoltre: una Fantasia poetica, un Compendio della storia, Rime, in occasione della morte del filosofo Pasquale Galluppi da Tropea, Collezione varia di Prose e di Poesie, sacre e profane.
L'Autore alla fine del volume in esame 'osa ancora giugnere ed appiccare alle già pubblicate Lezioni, intorno alla scienza della parola, talune delle sue poetiche produzioni' raccogliendole in una appendice intitolata 'RIME VARIE', di cui fa parte l'elegia 'IL NOTTURNO VIAGGIO - Alla tomba degli avi miei'. Ecco l'incipit:

Da le sponde Sebezie, in cui d'un lauro
Diemmi l'ombra ospital modesto asilo,
L'onde infide solcando, al Tempio sacro,
Ne l'Erculea città, mia patria un tempo,
Già ridotto son io. - Stanco dal peso
De le sventure, o Genitor, per darvi
Su le gelide labbra il bacio estremo,
Eccomi giunto a visitar l'avello
Che voi rinserra, e che pietosa mano
Nel notturno silenzio a me dischiude. -
.....................................
.....................................


Il volume da consultare e scaricare da archive.org (PDF 14,00 MB)

Il volume già scaricato da archive.org. Fare attenzione alle regole di trattamento.

(Nov. 2009)

Tutti i santi... più due
Santa Rosalia (G. Lento x fascioemartello.it) Sta per chiudersi una giornata, quella dedicata a tutti i Santi, che ha esercitato sempre, su di me, un fascino particolare.
Un giorno di festa, precedeva il giorno del dolore, quello del due novembre, quando ci recavamo al cimitero per la visita ai defunti.
Di solito è una giornata uggiosa, la giornata del due novembre, era dedicata alla visita dei defunti, noi ci recavamo al cimitero.
Non ne avevamo di morti, noi, a Tropea, essendo di recente immigrazione ai tempi della mia infanzia. Ci andavamo lo stesso, c’era sempre qualche amico a cui portare dei fiori sulla cui tomba recitare una preghiera, io e mia sorella grande, la piccola non era ancora nata, ai tempi.
Al cancello c’erano sempre, assieme ai soliti mendicanti, le oblate della Casa di Carità, serviva a loro da umiliazione ed aveva lo scopo di raccogliere fondi da destinare ai bisognosi.
Si percorreva, poi, il viale alla cui destra e sinistra c’erano le cappelle gentilizie, ed un po’ più in fondo una costruzione, all’interno si accedeva scendendo alcuni scalini.
All’interno vi erano diverse tombe, dove erano stati inumati i defunti; l’ambiente era di aspetto terribile, nella mia mente semplice di bambino si era formata la convinzione che vi si seppellissero coloro i quali erano destinati all’Inferno, l’Inferno, per me, era quel luogo.
Ora ne avrei tanti di morti da andare a visitare ed onorare, nel cimitero di Tropea.
Anche nelle terre, ne avrei. Terre si chiamano a Tropea, i campi coltivati che si estendono da Santa Domenica a Ricadi. In quei luoghi altri due membri della mia famiglia originaria, Gemma e Dick, animali nel senso di esseri forniti di anima.
Non ci vado, da anni, oramai, non ci vado.
Sono qua a Gela, dove di cimiteri ce ne sono ben due, imbarazzato dalla scelta non scelgo e non vado in nessuno dei due.
Sarei tentato, alcuni anni lo facevo, di andare in quello nuovo, il cimitero di Farello, sulla strada che porta a Vittoria e Siracusa, abita qui il mio amico pittore Cristoforo.
Quest’anno non ci vado, nemmeno quest’anno.
Capirà.
Sto qui a casa mia, sono tornato ieri da Palermo, è una giornata assolata insolitamente, il mare è splendido, ci andrei, farei pure il bagno.
Da solo, però, mi annoierei, mia moglie non mi può accompagnare, sta facendo il cambio stagionale, poi andrà al cimitero, al Monumentale, dai suoi genitori e nonni.
Occupo il tempo a guardare un DVD inviatomi da una mia amica maestra, girato nella sua scuola, gli alunni quali attori, sulla costituzione italiana, che compie sessantenni.
Quanti ricordi mi suscita il pensare al referendum su monarchia e Repubblica. Ai tempi io avevo appena tre anni, entrai con mia madre nella cabina elettorale, uscendo fui interrogato da una guardia municipale.
“Pi ccu vutasti Gugliermuzzu” mi chiese
“ Pu principinu e pa democrazia” risposi con voce squillante.
La mia risposta, ancor più il tono alto della mia voce fece sorridere tutti i presenti, presidente del seggio compreso.
Mi viene anche da pensare che stanotte, in Sicilia, i morti visiteranno le nostre case, porteranno ai bimbi i regali. Giocattoli, Pupi i zuccaru e frutta martorana.
I bimbi ricorderanno i loro cari defunti che, almeno una volta l’anno, si ricordano di loro, li vengono a trovare, si continua a tenere vivo il rapporto.
In Calabria, con i morti, ma anche con la Madonna e con Gesù, parlava una donna semplice.
Natuzza Evolo, il suo nome, aveva dedicato la sua vita alla preghiera ed al servizio, a titolo gratuito, del prossimo sofferente.
Nulla chiedeva, tutto quel che le veniva offerto, spontaneamente, dagli innumerevoli visitatori che venivano a lei da tutto il mondo, l’aveva destinato alla costruzione di una casa di riposo per anziani.
Là è morta, la mistica, portatrice delle stimmate e dotata del carisma dell’emografia.
E’ morta stamatiina, all’età di 85 anni, dopo sofferenze atroci offerte al Signore.
Il parroco, opportunamente, ha fatto suonare le campane a festa per annunciare, non la sua morte, ma il suo ingresso in Paradiso.
Tutti i Santi più una.
Vado avanti così pensando a lei la povera calabrese che, parlando solo il dialetto stretto, si faceva capire da tutti quelli che venivano a lei, da tutto il mondo, anche solo per una parola di conforto.
Pigramente, dopo il pranzo,dopo essermi dedicato alla cura delle piante, aver letto l’ultimo libro di Tabucchi, arrivo al pomeriggio inoltrato.
Vado allo studio dove ho degli appuntamenti con dei pazienti, nell’attesa mi collego, lo faccio sempre, spesso automaticamente e meccanicamente, voglio conoscere le ultime notizie.
La notizia è in evidenza.
E’ morta Alda Merini.
La folle, indecente, indigente, meravigliosa poetessa, a cui, ingiustamente, non era stato concesso il Nobel.
Ricordo i suoi versi raffinati.
Parole dolci, piene d’amore, che facevano bene al cuore.
Parole che può e sa dire solo chi ha il dono, chi ha sofferto.
La conobbi da Maurizio Costanzo, non la dimenticherò più.
E due.
Una al nord, a Milano; una al sud Paravati frazione di Mileto provincia di Vibo Valentia.
Domani, il giorno dei morti, saremo più soli, ci mancheranno due punti di riferimento.
O forse no, anzi sicuramente no.
Due angeli caduti, hanno finito di soffrire, hanno concluso il loro umano cammino, hanno raggiunto la loro destinazione, pensano a noi.
E’ successo nel giorno più adatto.
Il giorno di tutti i Santi.
Più due…da oggi.

(Nov. 2009)

'Operazione fiumi' di Legambiente arriva in Calabria



(S. L.) Arriva in Calabria per la sua decima tappa 'Operazione Fiumi 2009', la campagna nazionale di Legambiente e Dipartimento della Protezione Civile dedicata alla prevenzione di frane e alluvioni, realizzata in collaborazione con gli scout dell'Agesci e del Cngei, l'Associazione Vigili del fuoco in congedo e la Protezione Civile delle regioni Marche e Sicilia.
La campagna itinerante di Legambiente e Dipartimento della Protezione Civile incontrerà nelle piazze i bambini e i ragazzi delle scuole elementari e medie per spiegare, attraverso una mostra appositamente allestita e un percorso ludico-didattico organizzato con giochi e altre attività, cosa fare per ridurre il pericolo di frane e alluvioni e come comportarsi correttamente per mettersi in salvo in caso di emergenza. Una tenda sportello sarà aperta ai cittadini per distribuire opuscoli e materiale informativo sul rischio idrogeologico.
Non solo informazione, ma anche azioni concrete di manutenzione del territorio, con una giornata di volontariato attivo che coinvolgerà i cittadini nella pulizia di Cavallerizzo e dei canali di raccolta delle acque piovane da rifiuti più o meno ingombranti.
Un lungo viaggio quello di 'Operazione fiumi 2009' che attraverserà l'Italia da Nord a Sud, passando per dodici Regioni, anche per monitorare le attività che gli oltre 5.000 Comuni a rischio idrogeologico hanno messo in campo per la sicurezza dei cittadini e del territorio contro frane e alluvioni. E con i risultati di ?Ecosistema rischio? sarà realizzata una vera e propria classifica dello stato di sicurezza dei comuni, per sollecitare interventi e soluzioni di fronte a lentezze e inadempienze, ma anche per valorizzare gli esempi più meritori.
Il programma della tappa calabrese:
Martedì 3 a Cavallerizzo (Cs), dalle ore 10.30 alle 13.00. Operazione Fiumi darà vita ad una grande giornata di volontariato ambientale dedicata alla pulizia del centro storico di Cavallerizzo e dei canali di raccolta delle acque piovane. Parteciperanno i volontari di Legambiente e di altre associazioni e la popolazione.
Martedì 3 a Cavallerizzo (Cs), alle ore 11.30. Si svolgerà la conferenza stampa 'Quale futuro per Cavallerizzo?'
Mercoledì 4, a Vibo Valentia, dalle ore 9.00 alle 16.00. In piazza Municipio, 'Operazione Fiumi' incontra ragazzi e docenti delle scuole elementari Primo Circolo didattico Don Bosco e delle medie Garibaldi, Buccarelli e Bruzzano di Vibo Valentia. Le classi parteciperanno ai laboratori proposti dall'equipaggio di 'Operazione Fiumi' per scoprire il Piano di Emergenza del proprio Comune. Per i ragazzi delle scuole dell'obbligo, infatti, sarà allestita una mostra didattica sul rischio idrogeologico, verrà distribuito materiale informativo e saranno realizzate attività di animazione con giochi educativi. Bambini e ragazzi potranno così imparare quali sono gli interventi da compiere e le attrezzature e i mezzi speciali che vengono utilizzati in caso di emergenza, nonché come affrontare un'alluvione.
Mercoledì 4, lungo il corso del torrente Oliva (Cs), alle ore 15.30. Conferenza stampa 'Operazione trasparenza sulle opere di bonifica'.
Giovedì 5 a Vibo Valentia, alle ore 10.30, presso la Sala Consiliare del Comune. 'Operazione Fiumi' presenta in conferenza stampa i dati inediti di Ecosistema rischio 2009, l'indagine di Legambiente e Dipartimento della Protezione Civile sulle attività di prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico realizzate dai comuni della Calabria.
Giovedì 5 a Vibo Valentia, dalle ore 9.00 alle 13.00, in piazza Municipio. Operazione Fiumi continua gli incontri con il mondo della scuola coinvolgendo i ragazzi e i docenti delle scuole elementari e medie di Vibo Valentia.

(Nov. 2009)

E A TROPEA CHI PULISCE IL LUMIA PRIMA DELL'ALLUVIONE?



Un interessante fenomeno di interrimento di una spiaggia tirrenica

La scala dei carabinieri tra pietre, capperi, canne, ficare e un bastardino innamorato

La passeggiata del bastardino innamorato



Presentazione del libro di Luciano del Vecchio 'Tropea, orme medievali - Tracce templari tra storia e leggenda'
La copertina del libro di Luciano Del Vecchio (S. L. ) Sabato 7 novembre, alle ore 1800 presso il Museo Diocesano, in collaborazione con Accademia degli Affaticati, sarà presentato il nuovo lavoro di Luciano Del Vecchio 'Tropea, orme medievali - Tracce templari tra storia e leggenda', Meligrana Giuseppe Editore.
Moderatore: Pasqualino Pandullo, giornalista RAI e Presidente dell'Accademia degli Affaticati
INTERVENTI
Prof. Tonino Ceravolo, docente Storia e Filosofia - Dirigente Scolastico Serra S. Bruno
Prof. Pietro De Leo, ordinario di Storia Medievale - Università della Calabria Cosenza
Prof. Don Pasquale Russo, storico della Chiesa e delle Religioni.
Nel corso della serata sarà ricordata la figura e l'opera del Teologo Mons. Francesco Pugliese.

(Nov. 2009)





Natuzza Evolo "Io sono verme di terra", la grandezza della sua testimonianza non muore con il suo corpo


Intervista di Pino Nano (clicca)

(F. Vallone) C'era una volta, oramai purtroppo si può dire, Natuzza Evolo. Eravamo nel secolo scorso, che poi è il nostro vicino '900, ed era il lontano ventitrè agosto del 1924, un normalissimo giorno nella storia degli uomini, una data come tante che però si è caricata, nel tempo, di un grande simbolismo cristiano. È una semplice data di nascita ma è anche la straordinaria data dell'inizio dell'essere di Natuzza Evolo, conosciuta oramai in tutto il mondo come la mistica di Paravati. Nel piccolo paese, frazione di Mileto, in quel tempo c'erano davvero poche povere case basse, con le ceramide rosse, che si stringevano in fila attorno alla chiesa ed altre che si inseguivano lungo la strada principale, polverosa e stretta, che da Vibo Valentia portava e porta ancora oggi a Reggio Calabria. Allora, in una di queste povere case, nasceva Natuzza. 85 anni dopo, l'1 Novembre 2009 nella stessa casa Natuzza Evolo è morta.
Le cose sono cambiate a Paravati, le strade oggi sono tutte asfaltate, le case e le cose hanno seguito le modernità del tempo, degli uomini e delle loro tante storie umane. Ottantacinque anni dopo quell'antico 23 agosto il giardino della Casa di Natuzza è diventato quello della sede della grande Fondazione. Ora dalla balconata affaccio, sotto uno strapiombo naturale, c'è una grande spianata di terra e tufo bianco con alcuni secolari ulivi che spuntano ogni tanto e tradiscono l'origine del luogo e ci dicono che tutto, li sotto, era uliveto selvaggio. Ora al suo posto un mega cantiere edile, una cupola, una grande chiesa moderna in costruzione, strutture finite e da finire in grezzo cemento armato. È il progetto sogno di Natuzza, progetto non suo, divino si dice. Oltre al cantiere si vede e si sente, da qui sopra, qualcosa di più: una pace e una serenità speciale. Forse è solo suggestione, ma forse no!.
Paravati ormai è legato in modo indissolubile al nome di Natuzza, un nome che apre le porte ad un vero e proprio universo di misticismo perchè questa di Natuzza sembra una storia lontana centinaia di anni ed invece ci rendiamo conto che nasce ed inizia nel vicino '900 e si trova oggi ad essere storia del duemila, storia attuale che, comunque, fuoriesce da ogni tipo di umana visione.
La scena che si presenta ai nostri occhi è incredibile: gente, gente, gente… gente dappertutto in attesa di vedere il corpo di Natuzza. Gente richiamata da ogni parte. È impressionante il modo in cui, per anni, hanno seguito lo sguardo verso questa piccola e semplice figura sul palco, una signora con gli occhiali. Poi Natuzza rivolgeva un saluto alla gente e diceva semplicemente che pregava per tutti. L'altra sera la stessa gente era in fila chilometrica per portare l'ultimo saluto alla umile signora di Paravati, quella che nella sua semplicità e consapevolezza dell'effimero vivere diceva essere "un verme di terra". Gente in cammino per ore per poter vedere la santa, la mistica, solo per un attimo. In tanti muoiono con la sicurezza di ritornare al grande buio, Natuzza se ne andata con la sicurezza di andare verso una grande luce e questa sicurezza, questa grande fede, l'ha trasmessa continuamente in tutti questi anni di vero e proprio servizio.
Ora Natuzza è stata deposta all'interno della cappella della stessa sua casa-Fondazione, in attesa del completamento della grande chiesa dove verrà traslata successivamente. Molti ieri passando davanti alla sua salma hanno potuto osservare il suo volto sereno che, improvvisamente dopo la morte, dimostrava almeno vent'anni di meno. Fatto straordinario o semplice rilassamento muscolare? In tanti altri hanno poi osservato e testimoniato fotograficamente strane luci in cielo, bagliori notturni improvvisi e veloci, finanche una croce luminosa.... Voglia di partecipare ad un momento così straordinario, strane coincidenze, bisogno dettato dalla crisi della presenza o semplici suggestioni collettive?
Le parole più forti che si sono sentite davanti al corpo di Natuzza Evolo in questi giorni sono state quelle pronunciate da un sacerdote che ha detto: "Natuzza, se hai potuto fare tutto questo da viva immaginiamo cosa potrai fare adesso che sei morta". Parole forti, toccanti, attuali che in un baleno fanno riemergere le migliaia di testimonianze del suo percorso lungo ottantacinque anni.
Ed ecco cosa invece raccontava su Natuzza, qualche anno fa, il giornalista Antonio Magro di Cosenza, a Valerio Marinelli, studioso e biografo che su Natuzza ha scritto ben sette volumi illustrati. "Intorno alla fine degli anni Quaranta io facevo il corrispondente a Vibo Valentia del "Risorgimento", un quotidiano dell'editrice il Mattino di Napoli, e venni mandato a Paravati per un sopralluogo. Quel giorno ho trovato un operatore del cinegiornale e vari giornalisti, venuti da fuori. E lì abbiamo trovato in una casetta modestissima, in una casupola anzi direi, Natuzza, seduta ad un braciere che teneva un bambino in braccio. Ad un certo momento, mentre qualcuno cercava di farle delle domande e lei, da donna modesta quale era, analfabeta, dava delle risposte e diceva di questi fenomeni, d'improvviso dà dei segni come se si sentisse male. Allora una donna che era là vicina le sottrae il bambino, per paura che cadesse a terra, e lei suda sangue. (…) Uno tirò dalla tasca un fazzoletto, prende questo fazzoletto ed asciuga sulla fronte: c'erano delle stille di sangue. Asciuga, e quella donna in dialetto sempre ha detto: vedete se è apparsa qualche cosa! Perché di solito appaiono dei segni. Ed infatti era apparso un disegno a sangue. C'era in alto una pisside, da questa pisside partiva, una strada che scendeva e faceva una curva; all'inizio della curva c'erano due angeli, e sotto, alla fine della strada,c'era questa scritta in latino Deus in terra visus est. Lo ricordo benissimo. Questo è il fenomeno che abbiamo osservato allora. Dopo un pò lei si riprese, un pò stanca perché era venuta meno…".

(Nov. 2009)




CIAO ROSETTA!!!!



RIMINI: da Rembrandt a Gauguin a Picasso
Gauguin (S. L. ) Sessantacinque capolavori della pittura europea dal Cinquecento al Novecento provenienti da uno tra i maggiori musei del mondo, il Museum of Fine Arts di Boston. Occasione che mai più si verificherà, dal momento che l’Istituzione americana ha in atto una parziale chiusura delle sale che porterà, nell’autunno 2010, all’inaugurazione della nuova, immensa ala progettata da Norman Foster.
Sono esposte opere di Rembrandt, Velasquez, Van Dyck, Tiepolo, Manet, Gauguin, Cézanne, Van Gogh, Monet, Picasso, Matisse, Tintoretto, Moroni, Degas, Renoir.
La mostra è suddivisa in sei sezioni: Il sentimento religioso, La nobiltà del ritratto, L’intimità del ritratto, Nature morte, Interni, il nuovo paesaggio.
Rimini, nel momento in cui si appresta ad accogliere i capolavori, presenta, a sua volta, il meglio dei suoi molti, e certo non secondari, tesori d’arte e lo fa nel nome di Piero della Francesca, artista di cui nel Tempio Malatestiano è conservato uno dei massimi capolavori.

DOVE: Castel Sismondo - Rimini
QUANDO: dal 10.10.09 al 14.03.10
INGRESSO: intero 10 €, ridotto 8 € studenti universitari con attestato di iscrizione, oltre i 65 anni gruppi solo se prenotati (minimo 15, massimo 25 persone con capogruppo gratuito), iscritti TCI muniti di tesserino, ridotto 6 €minorenni
INFO: Linea d'ombra - Tel: 0422.429999 - Fax: 0422.308272 - biglietto@lineadombra.it


(Nov. 2009)

"Ecologica - Mente" a Vibo Valentia una mostra in nome del riciclare
Vibo Valentia. Chiesa di San Michele (F. Vallone ) Si intitola "Ecologica - Mente" l'iniziativa culturale patrocinata dall'assessorato all'Ambiente del Comune di Vibo Valentia e organizzata per il secondo anno consecutivo allo scopo di sensibilizzare con il forte messaggio sociale del riciclare, del riusare, del ridurre. Un messaggio che attraverso questa manifestazione intende lanciare provocazioni e idee anche al servizio della tutela ambientale.
Lunedì prossimo, 16 novembre, si parte con un incontro, programmato per le ore 17.00 presso la Chiesa di San Michele con gli interventi dell'assessore all'ambiente del Comune di Vibo Valentia Vincenzo Insardà, di Franco Saragò di Legambiente e, alle 18.00, di Titty Marzano, presidente dell'Associazione "L'Isola che non c'è".
Alle 18.30 è prevista l'apertura della mostra che, con chiusura serale alle ore 22.00, si potrà visitare fino a venerdì 17 novembre.
L'Associazione organizzatrice dell'evento, "L'Isola che non c'è", trasnazionale, apartitica e aconfessionale, intende perseguire, nelle intenzione del suo presidente, Concetta Silvia Patrizia Marzano, detta Titty, e dei numerosi soci promotori, "esclusivamente finalità di utilità sociale, di ricerca e di solidarietà. Essa si propone come:raccordo organizzativo con le realtà associative che ne condividano valori, obiettivi e strategie; mezzo di divulgazione e promozione dell'attività di volontariato; servizio per istituzioni, enti pubblici e privati attraverso la costituzione di una banca dati finalizzata alla raccolta di quelle notizie utili ad una maggiore diffusione e conoscenza dei dati relativi al disagio, all'emarginazione, all'ambiente ed alla salute; promotore di interventi nel settore dell'editoria e dell'informazione, di manifestazioni, congressi, giornate di studio e mostre per l'approfondimento degli stessi.
La mostra "Ecologica - Mente" evidenzia il lavoro svolto dagli associati nel periodo settembre-ottobre. Attraverso il riuso e la reinventazione artistica sono state ridotte, riciclate e riutilizzate centinaia di bottiglie di plastica, collant, svariati utensili e lattine di alluminio, tegole, vecchi oggetti in ceramica e vetro, oggetti di uso comune altrimenti destinati alla raccolta differenziata, una bella inedita mostra artistica tutta da visitare e da scoprire.


(Nov. 2009)








Cernia di cinquantadue chili pescata davanti alle coste vibonesi



L'enorme preda durante la registrazione del record

(F. Vallone) Il conzo, la coffa come la chiamano i nostri pescatori locali, sembrava essersi incagliata sugli scogli della secca davanti alla costa del vibonese. Il grosso filo di nailon avanzava poco alla volta tra mille difficoltà di recupero e tutto lasciava presagire ad una prossima rottura dello stesso. Invece, piacevole sorpresa, ad uno dei numerosi ami della lunga lenza del conzo, c'era attaccata una cernia enorme. Una cernia di ben 52 chilogrammi di peso, troppo grossa per essere consumata dalla famiglia del pescatore.
La grossa preda, dopo il faticoso recupero, è stata portata successivamente a Vibo Marina, presso una nota pescheria all'ingrosso e successivamente rivenduta. Meravigliati oltre che i numerosi pescatori accorsi a riva all'arrivo della barca, anche alcuni rivenditori del pescato. Per uno di questi, Barillari di Briatico, "si tratta di un esemplare di cernia davvero notevole e raro a vedersi", mentre per l'appassionato ed esperto pescatore amatoriale Antonio Pinto, "si tratta di un pesce anziano di ben cinquantadue anni, infatti, sottolinea, le cernie crescono un chilogrammo per anno ed è facile quindi calcolare, in base al peso, la loro età".

(Nov. 2009)

Abusivismo sulle spiagge, Calabria terza
Gauguin (F. Chindemi) Abusivismo sulle spiagge. La Calabria terza nella graduatoria nazionale. La piaga dell’abusivismo edilizio non risparmia nessuna provincia calabrese. Le dimensioni del fenomeno si esprimono con cifre a tre zeri. In totale sono 5210 gli abusi (uno ogni 150 metri di costa). Ben 4191 sono vista mare, ossia nella fascia entro i 50 metri dalla linea di costa.
Sono in tutto 461 le infrazioni accertate nell’ultimo anno, 517 le persone denunciate e 168 i sequestri effettuati.
La Regione Calabria sta già provvedendo alle demolizioni. Il primo passo è l’abbattimento dei 9 individuati nei comuni di Pizzo, Tropea, Scilla, Cassaniti, Rossano, Stalettì, Stignano Mare, Stilo e Bova.




(Nov. 2009)


CALENDARIO DI ENZO 2010
Intervista ad Enzo Taccone di Annarosa Macrì
(Rai Tre, Buongiorno Regione,17.11.2009)




Un'antica ricetta calabrese. Suriaca Russa e Janca



La Maestra di Cucina Sara Papa e la conduttrice de 'La Prova del Cuoco' Elisa Isoardi mentre lavora i fileja

(S. Libertino) Sara Papa di Vibo Valentia, originaria di San Nicola Da Crissa e trapiantata a Roma, non ha mai perso i legami con le radici calabresi, in particolare nelle pratiche dell'antica cucina del paese d'origine.
Aiutata dalla mamma, ha scoperto sempre più di essere una brava esperta nell'applicare le antiche ricette della Calabria ricorrendo all'impiego dei prodotti tipici regionali: l'olio di oliva, la cipolla di Tropea, la 'Nduja, i fagioli di San Nicola Da Crissa...
La sua bravura, la competenza ed il modo accattivante di far conoscere le alchimie culinarie non ha pari e in questo periodo si sta facendo valere nella trasmissione televisiva 'La Prova del Cuoco' catturando l'attenzione e l'interesse degli spettatori e degli esperti in materia come Anna Moroni, Peppe Bigazzi e Gianfranco Vissani.
Sara Papa è stata invitata più volte alla trasmissione per presentare il 29 settembre 2008, il 30 settembre 2009 la soppressata bianca, il miele locale, la pitta ripiena (pitta china), e ultimamente, il 16 novembre scorso, la 'suriaca russa e janca' prodotto tipico sannicolese che la fa da padrona in un piatto la cui ricetta parla chiaro calabrese: cipolla rossa di Tropea, fileja, 'nduja, suriaca sannicolese. Ne diamo ampia divulgazione, compresa la ricetta della Maestra Sara Papa, servendoci di un filmato tratto dalla trasmissione RAI.

Continua...

Nov. 2009

Eolian Tax. A giudizio Siciliani e Calabresi
Lipari (L. Orlando) Dopo oltre un anno di schermaglie procedurali si è sbloccato l'iter processuale dell'inchiesta "Eolian tax" della Guardia di finanza, sui falsi ticket per l'ingresso alle Eolie dei turisti e dei visitatori, stampati in una tipografia di Tropea e spacciati per veri allo scopo di truffare l'erario. L'inchiesta della Finanza avrebbe scoperto i presunti raggiri messi in atto da armatori calabresi e siciliani che non avrebbero versato nelle casse del Comune di Lipari il contributo di un euro fissato con decreto del Governo nazionale per ogni visitatore che durante la stagione estiva sbarca come crocerista nelle isole Eolie.
A far uscire il processo dall'impasse, è stato il Gup del tribunale di Barcellona, Antonino Zappalà, che ha respinto le eccezioni avanzate dal nutrito collegio difensivo dei 25 imputati. I difensori avevano infatti chiesto che fosse specificato il periodo esatto in cui si sarebbero verificati gli episodi di truffa con la consegna ai croceristi dei biglietti falsi. Il giudice, ha invece ritenuto che l'accusa è articolata e nei capi di imputazione sono indicati, oltre ai periodi, le esatte contestazioni. Se fosse stata accolta l'eccezione il procedimento sarebbe stato rallentato e gli atti inviati nuovamente alla Procura per un supplemento di istruttoria.
Scongiurata l'ipotesi il giudice ha fissato il calendario di udienze, 15 e 22 gennaio prossimi, in cui le parti, il pubblico ministero Michele Martorelli e i legali della difesa e di parte civile, interverranno in aula. Ieri è stata ammessa anche la costituzione di parte civile del Commissario straordinario per l'emergenza Eolie, una figura creata con decreto del Ministero dell'Interno e rappresentata dal sindaco di Lipari Mariano Bruno. Il Commissariato straordinario si è costituito con l'avv. Giuseppe Di Pietro. Anche su questo argomento vi erano state numerose eccezioni tutte respinte.
Nell'inchiesta portata a termine dal sostituto procuratore Olindo Canali, sono imputate 25 persone tra armatori e comandanti di motonavi, tutte accusate di truffa in concorso ai danni dello Stato. Questi i nomi: Salvatore Taranto 47 anni; Francesco Salamone 48; Davide Taranto 33 anni, tutti di Milazzo; Bartolo Taranto 57 anni di Leni, Maurizio Sciacchitano 42 anni, Domenico Giardina 26, Angelo Beninati 28 anni, tutti di Lipari, Luigi Antonio Genovese 46 anni, Mariano Genovese 41, entrambi di Falcone; Costantino Paviolo 50 anni di Brolo, Samuele Giardina 38 di Gioiosa Marea; Giovanni Frisone 37 anni contrada Acqualadroni Messina; Mirco Savadori 31 anni di Cervia, prov. di Ravenna.
Del gruppo degli indagati calabresi, accusati di truffa e alcuni di falso in scrittura privata, fanno parte: Filippo Niglia 49 anni, Francesco Zungri 49, Vincenzo Accorinti 48, Costantino Comerci 47, Antonio Comerci 55 anni, tutti di Briatico; Pasquale Vallone 55, Severino Serrao 62, Gregorio Pisano 31, tutti di Pizzo, Salvatore La Rosa 49 anni di Tropea, Antonio Sposaro 52 anni di Amantea, Vincenzo Barresi 33 anni di Villa San Giovanni, Giovanbattista Foderaro 73 anni di Lamezia Terme.

(Nov. 2009)

La notizia risale all'aprile del 1999 (dal Corriere della Sera), n.d.r..
"Riso amaro" torna con un aborto scandalo




(G. Manin) "Riso amaro" torna con un aborto scandalo. Nel film restaurato c' è la sequenza tagliata nel '49. Raf Vallone: quella storia divise anche la Sinistra "Prima" a Vercelli della pellicola che rivelò la Mangano, con i 50 metri spariti Una delle vere mondine del cast "La gravidanza lì diventava una sciagura" Quella sua maglietta fina, tanto stretta al punto che s'immaginava tutto... Una maglietta, quella di Silvana Mangano in "Riso amaro", destinata ben prima dell'altra, cantata da Baglioni, a entrare nell'archivio dell'immaginario collettivo. Quella blusa, quelle braghette a scoprire gambe di spudorata bellezza promossero la bruna Silvana da ragazza della porta accanto a diva di prima grandezza, prototipo di tutte le maggiorate d'Italia. Un mito dello schermo che, complice il film del '49 di Giuseppe De Santis e interpretato anche da Vittorio Gassman, Raf Vallone, Doris Dowling, ha colpito al cuore generazioni di spettatori. Sedotti come il pubblico che ieri, al cine - teatro Viotti di Vercelli, ha visto rinascere sullo schermo quel capolavoro girato 50 anni prima nelle campagne e nelle risaie intorno.
Una proiezione speciale (ma il film da oggi sarà nelle sale) che ha proposto in tutto il suo fulgore visivo e sonoro (musiche di Goffredo Petrassi e Armando Trovajoli) la copia originale, restaurata dalla Scuola Nazionale di Cinema col contributo finanziario della Provincia di Vercelli e integrata di 50 metri, tagliati ai tempi in modo improprio su una scena di un aborto in risaia. Una serata - evento, condotta da Mollica, a cui hanno preso parte la vedova del regista (scomparso un anno fa), Carlo Lizzani, che ne fu co-sceneggiatore, Mauro Musumeci, responsabile della sezione conservazione e restauro della Scuola di Cinema, il presidente della Provincia Valeri, l'assessore alla Cultura Orsolano. E molta, moltissima, gente del luogo. Tanti di loro coinvolti, in quella rovente estate del '48, in un film il cui set fu frequentato da Pavese, Lajolo, Calvino, Gianni Agnelli, Robert Capa.
Emozionate e curiose sono così arrivate le mondine di allora, e come allora hanno intonato i loro canti di lavoro. "Il lavoro di restauro è stato lungo e delicato - spiega Angelo Libertini, che l'ha sovrinteso -: 3000 metri di pellicola da ripulire dai graffi. E 50 metri censurati clandestinamente da chissà chi. Anche loro ricostruiti fotogramma dopo fotogramma".
"L'aborto in risaia era una realtà abbastanza frequente - ricorda Rita Botto, 69 anni, 43 in risaia -. Far la mondina è un lavoro pesantissimo, se non si comincia da giovani, non lo si regge. Otto ore al giorno con le gambe nude che affondano nel fango, sotto il sole o la pioggia. La schiena va a pezzi. Se scoprivano che eri incinta ti cacciavano. E allora tante si stringevano il ventre con delle fasce per nascondere il più possibile la gravidanza, altre abortivano per non perdere il posto. E noi le aiutavamo, di nascosto, li' nei campi. Proprio come nel film". Un film che per loro fu una festa e un'occasione di rimpinguare l'esiguo salario.
"Per 8 ore in risaia ricevevamo mille lire - prosegue la signora Botto -, alla sera, per un paio d'ore a far finta di lavorare ne prendevamo 150".
"L'idea venne a De Santis da un reportage che avevo fatto sull' "Unita' " - racconta Raf Vallone, ai tempi giornalista in quel quotidiano -. Ne discutemmo a cena con lui e Pavese. Alla fine De Santis decise: ne faremo un film, ma tu dovrai essere fra gli attori". Un film che per Vallone segnò una svolta di carriera, per Mangano un brillante esordio ("Era bellissima, fuori ma anche dentro, una donna di grande bonta", assicura Raf), per De Santis un capolavoro destinato a scatenare passioni e polemiche. "Alla prima di Torino successe una bagarre spaventosa - ricorda Vallone - col pubblico e i critici divisi fra applausi e fischi. Molte bordate arrivarono da "sinistra": ci accusava di metter in piazza i panni sporchi della povera gente. A tagliar corto fu Togliatti: "Basta con queste sciocchezze. Finalmente un film che mostra il proletariato in modo simpatico".

Il restauro del film 'Riso amaro'

Nov. 2009

Il Calendario di Enzo 2010
Enzo Taccone (foto Lucia Sacchi) (Caterina Sorbilli X fascioemartello.it) Il signore che vedete qui accanto non è una Dark lady o Lady Godiva; si tratta di un eccentrico signore Tropeano che ha voluto mettersi in gioco, così come fa spesso in altre modi, per un fine utile alla comunità.
Enzo Taccone, questo il suo nome, si è prestato insieme ad altri amici in un opera meritoria di consensi ed approvazioni: ha voluto dar vita ad un calendario speciale allo scopo di ricavarne dalle vendite, degli utili, da poter destinare al gruppo comunale di Protezione Civile. Il calendario è speciale non solo per le immagini che lo vedono protagonista in pose e costumi particolari ma, anche, perché ogni mese è privo dell’ultima settimana, tanto temuta dalle famiglie italiane soprattutto negli ultimi anni.
Enzo è una persona solare e generosa, ha girato tutto il mondo nella sua veste di funzionario della Impregilo, orgogliosissimo di sua figlia che lavora per le Nazioni Unite;ha voluto stimolare l’opinione pubblica della città di Tropea, sensibilizzare i cittadini ed attirare l’attenzione verso le problematiche sociali. Certo qualche disappunto tra i ben pensanti c’è stato, qualche naso arricciato si è visto, qualche commento non troppo positivo si è sentito ma, permettetemelo, chi se ne frega!
Ogni comunità avrebbe bisogno di un Enzo, con questo nome o un altro, capace di non farsi condizionare dai paletti della “decenza” quando il superamento della stessa è fatto per raggiungere obiettivi necessari per la società ed il bene comune. Per fare questo ci vuole anche del “coraggio”, la capacità di uscire dal proprio guscio, dalla propria borghese condizione che inevitabilmente, spesso, porta all’appiattimento ed alla standardizzazione dei comportamenti.





Continua...

(Nov. 2009)





FASCISTA!!!!!



ATTENZIONE AI COLTELLI A SERRAMANICO!!!!!!
(Notiziarioitaliano.it) Controlli a tappeto nel vibonese: i Carabinieri di Tropea, hanno perquisito i veicoli di 4 persone, A.C. di 18 anni, G.V. di 29 anni, I.M. di 22 anni e I.A di 41 anni, in cui sono stati ritrovati diversi coltelli a serramanico. Un marocchino di 33 anni è stato fermato invece, dai militari della stazione di Limbadi per guida in stato d'ebbrezza alcoolica. Immediato il sequestro del mezzo e ritiro della patente.





(Nov. 2009)

Riaprono le 'Stanze della Luna'. Al Museo nazionale dell'emigrazione di Roma anche i 'bauli' vibonesi



Alcuni oggetti prestati da Franco Vallone per l'allestimento a Roma del Museo italiano dell'emigrazione

(S. L.) Nel Museo italiano dell'emigrazione di Roma sono contenuti anche documenti prestati dallo studioso del fenomeno calabrese Franco Vallone.
Lo segnala il quotidiano 'Calabria Ora' del 24 novembre 2009 nelle pagine di 'Vibo Cultura' (34).

L'articolo del quotidiano 'Calabria Ora' del 24 nov 2009

Nov. 2009

Cultura a porte aperte
Pietro Negroni. Madonna col Bambino in gloria fra i Santi Luca e Paolo, particolare. Cosenza, Chiesa di S. Francesco di Paola (Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria) Progetto “Cultura a Porte Aperte” 25-26-27 novembre 2009

PROGRAMMA

Convegno
“COMUNICARE IL PATRIMONIO CULTURALE: risorse, turismo e sistema produttivo”
Cosenza, Palazzo Arnone - Sala delle Conferenze
Ore 10.00

Tavolo tecnico tra Mibac, Enti, Associazioni
Cosenza, Palazzo Arnone - Sala delle Conferenze
Ore 15.30

Concerto a cura del Conservatorio di Musica “Stanislao Giacomantonio” di Cosenza
Cosenza, Teatro A. Rendano
Ore 20.00

26 e 27 novembre

Apertura straordinaria degli Uffici e presentazione delle attività della Soprintendenza BSAE della Calabria

Palazzo Arnone, Via Gian Vincenzo Gravina - Cosenza
Ore 10.00-13.00/15.00-17.00

Complesso conventuale San Francesco d’ Assisi, Via Grotte,4 - Cosenza
Ore 10.00-13.00 / 16.00-18.00

Visite didattiche al Laboratorio di Restauro, alla Sezione Documentazione e Diagnostica e al CeDAC (Centro Documentazione Arte in Calabria)

Apertura Luoghi d’ Arte

Galleria Nazionale di Cosenza
Cosenza, Palazzo Arnone, Via Gian Vincenzo Gravina
Orario apertura: 10.00-18.00 da martedì a domenica
Visite guidate:ore 10.00-12.00

Museo Statale di Mileto
Mileto (VV), Corso Umberto I, 217
Orario apertura: 10.00-18.00 da martedì a domenica

MAON – Museo d’arte dell’Otto e Novecento
Rende (CS), Via Raffaele De Bartolo,1
Orario apertura: 10.00-13.00/16.00-19.00 da martedì a domenica
Visita guidata:26 novembre ore 17.00

Museo Civico di Rende
Rende (CS),Via Vercillo, Palazzo Zagarese
Orario apertura: 9.00-13.00 da lunedì a venerdì; 15.00-18.00
martedì e giovedì
Visita guidata: 27 novembre ore 11.00

Museo del Presente
Rende (CS), Piazza Robert Kennedy
Orario apertura: 9.30-12.30/17.00-20.00 da martedì a domenica
Visita guidata: 27 novembre ore 10.00

Museo Civico di Taverna
Taverna (CZ), Palazzo San Domenico
Orario apertura: 9.30- 12.30/ 16.00-19.00
Visite guidate: 26-27 novembre ore 9.30–12.30

Iniziative

Restauri nel territorio. Cantieri aperti, visite didattiche a cura delle ditte esecutrici dei restauri
26-27 novembre, ore 10.00-12.30

Cosenza, MAB (Museo all’ Aperto Bilotti)
Serra San Bruno(CZ), Chiesa San Biagio
Serra San Bruno(CZ), Chiesa dell’ Addolorata
Taverna(CZ), Chiesa Santa Barbara
San Donato di Ninea(CS), Cappella San Donato
Rossano(CS),Chiesa Santa Chiara
Seminara(RC), Chiesa San Marco
Fiumefreddo Bruzio(CS), Chiesa San Francesco da Paola
Montauro(CZ), Chiesa San Pantaleone
Cosenza, Laboratorio di restauro La trama e l’ordito

Presentazione Vademecum Aperti al territorio
26 novembre, ore 11.00
Cosenza, Palazzo Arnone
Conferenza di presentazione delle attività del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale Cosenza
26 novembre, ore 12.00
Cosenza, Palazzo Arnone

Presentazione brochure del Museo Statale di Mileto e Conferenza di presentazione della mostra Splendori sacri. Tesori della diocesi di Mileto- Nicotera-Tropea
27 novembre, ore 11.00
Mileto(VV), Sala delle Laudi adiacente la Cattedrale

Itinerario d’ arte nel centro storico di Cosenza: Pietro Negroni, un pittore del Cinquecento.
27 novembre, ore 15.00
Cosenza, Palazzo Arnone

Cultura a Porte Aperte
25 – 26 – 27 novembre 2009

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Dal 25 al 27 novembre prossimo approda in Calabria il progetto Cultura a Porte Aperte, promosso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
IL progetto prevede una serie di incontri di grande interesse che vedranno protagonista la Soprintendenza BSAE della Calabria.
Il 25 novembre, giornata di apertura, si terrà a Cosenza, Palazzo Arnone, alle ore 10.00, il convegno dal titolo COMUNICARE IL PATRIMONIO CULTURALE: risorse, turismo e sistema produttivo con la partecipazione di autorevoli soggetti istituzionali del MiBAC e del territorio. A seguire, alle ore 15.30, un tavolo tecnico tra MiBAC e associazioni farà il punto sulle politiche concrete per la gestione e la promozione dei beni culturali della nostra regione.
La giornata si concluderà con un concerto presso il Teatro Rendano di Cosenza, a cura del Conservatorio di Musica “Stanislao Giacomantonio” di Cosenza, che avrà inizio alle ore 20.00.
Il 26 e il 27 novembre saranno aperti al pubblico tutti gli uffici della Soprintendenza per presentare le attività e i servizi che l’Ente eroga: nel Complesso conventuale di San Francesco d’Assisi di Cosenza, ore 10.00-13.00 e 16.00-18.00, si svolgeranno visite didattiche presso il Laboratorio di Restauro, la Sezione Documentazione e Diagnostica e il CeDAC (Centro di Documentazione sull’Arte in Calabria). Sempre a Cosenza dalle ore 10.00 alle ore 12.00 si terranno visite guidate alla Galleria Nazionale di Cosenza.
Tra le altre iniziative in programma si segnalano:
Restauri nel territorio - Cantieri aperti presentazione e illustrazione al pubblico di alcuni fra i più significativi interventi di restauro in corso nella regione. Si aprono ‘le porte’ dei cantieri con visite didattiche, supportate da pannelli esplicativi, a cura delle ditte esecutrici dei lavori.
Apertura straordinaria dei luoghi d’arte con l’obiettivo di divulgare la conoscenza e valorizzare il patrimonio d’arte in Calabria. Alcuni tra i più significativi musei della regione aprono le loro collezioni offrendo visite guidate e tematiche: dalla Galleria Nazionale di Cosenza, al Museo Civico di Taverna, ai musei della città di Rende.
Giovedì 26 novembre, alle ore 11.00, presentazione del Vademecum. Aperti al territorio, guida di facile consultazione al servizio del cittadino sull’attività della Soprintendenza, in linea con i principi di partecipazione e di trasparenza dell’azione delle amministrazioni pubbliche. Seguirà, alle ore 12.00, una conferenza di presentazione delle attività del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, nucleo di Cosenza.
Venerdì 27 novembre, ore 11.00, a Mileto, nella Sala delle Laudi, adiacente la Cattedrale, presentazione brochure del Museo Statale di Mileto e conferenza di presentazione della mostra Splendori sacri. Tesori della diocesi di Mileto- Nicotera-Tropea.
Venerdì 27 novembre, alle ore 15.00, Itinerario d’arte nel suggestivo centro storico di Cosenza alla scoperta delle opere di Pietro Negroni, pittore del Cinquecento, realizzato in collaborazione con l’Archivio di Stato di Cosenza. Un concerto alle ore 19.00 a Palazzo Arnone, a cura del Conservatorio di Musica “Stanislao Giacomantonio” di Cosenza, concluderà l’itinerario.

Fotografie in allegato:
Cosenza – Laboratorio di Restauro della Soprintendenza BSAE della Calabria
Pietro Negroni. Madonna col Bambino in gloria fra i Santi Luca e Paolo, particolare. Cosenza, Chiesa di S. Francesco di Paola
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Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria
Soprintendente: Fabio De Chirico
Cultura a Porte Aperte
25 – 26 – 27 novembre 2009
Ufficio stampa:
Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria
Silvio Rubens Vivone - Patrizia Carravetta
Tel.: 0984 795639 fax 0984 71246
E-mail: sbasae-cal.ufficiostampa@beniculturali.it


(Nov. 2009)

Calabria Logos su Video Calabria 8. L'appuntamento è fissato per le ore 21.00 di mercoledì 25 novembre 2009



(S. L.) Antonio e Carlo Grillo, in rappresentanza del Gruppo Calabria Logos, saranno ospiti di Tirullalleru. La rinomata trasmissione, condotta magistralmente da Luigi Grandinetti su Video Calabria 8, giunge alla sua Terza Edizione. Le riprese sono state effettuate in quel di Campana (CS), nella Sila Greca, paese di origine dei fratelli Grillo. Sintonizzatevi tutti per godere di 75 minuti di canti, musiche, video ed interviste.
Per chi vive fuori Regione può vedere la trasmissione, dopo qualche giorno dalla messa in onda, direttamente sul sito della TV www.videocalabria.tv/ .

Calabria Logos

Nov. 2009

The Tropaia (Tropea) village of Arcadia in Greece



Tropea in Arcadia (Greece)

(S. Libertino) According to the archeologists, the wider area of Tropea was inhabited in 2200 BC by the Pelasgians. One century later, the people of Viotia moved here.
Tropea means trophy and the name came from the trophy that was setted in the city after the battle between Thelpusians ane Elefsinians. Thelpusa was also an ancient city near Vanena, from which there are remainings of the temple of Dimitra, walls, water tank, inscriptions and objects and parts of a Roman mansion.
The city was very important during the ancient ages, had many temples dedicated to godess Dimitra and the temple of the son of Asklipios. The city stands today on the remainings of the Medieval city Veritsa (1300 AC) which was builted by Slavian immigrants.
Between the villages Galatas and Viziki, there are remainings of the Akova castle, builted by the Franks during the 13th century BC. This was one of the twelve baronages founded by Villar-duin in Peloponnisos after 1453 by the crusadors and was for manuy years commanded by women. “Kyras Gefyri” near Myria village is a bridge builted round those ages, on the river Ladonas.
Tropea folowed the path of the Revolution in 1821. Nowadays the town is a cultural and a trading center with beautiful stone- builted houses. The verdulous location will not leave you untouched.

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Sono stato per quaranta minuti a Tropea di Grecia

Nov. 2009

We want (u) to Know. Un film sui processi dei Khmer Rossi




I co-direttori del film Ella Pugliese e Nou Va, e il volantino della Premiere

(S. Libertino) Amnesty International e il German Development Service vi invitano alla prima internazionale di

"WE WANT (U) TO KNOW" (Vogliamo farti conoscere).
Ricordando nel tempo dei processi dei Khmer Rossi


Martedì 8 dicembre 2009
a Berlino presso il Cinema Babylon Mitte,
Rosa Luxemburgstr. 30.
La serata avrà inizio alle 18.30, alla presenza della regista Ella Pugliese e, in qualità di ospiti speciali dalla Cambogia:
* Chum Mey, sopravvissuto (S-21), parte civile nel Tribunale Khmer Rosso (Caso 001)
* Hang Chhaya, direttore del "Cambodian Human Rights Action Committee" e del "Khmer Institute of Democracy"
* Lang Bolin, attivista della organizzazione "Youth Resource Development Program"
Ingresso gratuito!
A proposito del film:
"VOGLIAMO farti conoscere. Memoria e verità ai tempi del processo ai khmer rossi" rivela come sta lottando per far fronte a ricordi dolorosi, al momento il Tribunale dei Khmer Rossi. Questo è un film di partecipazione: gli abitanti dei villaggi di tutto il paese prendono la macchina fotografica in mano per documentare ciò che hanno vissuto durante e dopo l'era dei Khmer Rossi. Tramite la condivisione delle loro storie con le giovani generazioni, i sopravvissuti stanno rompendo 30 anni di silenzio per avviare un discorso forte sulle sfide del presente. Il grande schermo sotto gli alberi diventa uno spazio pubblico di confronto, una visione di speranza al di là di questo film.

"Vogliamo farti conoscere" Camb.09 DV / Col 90min. Khmer con Engl.Subt.
Direzione: Ella Pugliese, Nou Va ed i superstiti del regime di Pol Pot.
Fotografia-edit-Art Work: Jens Joester +

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Nel pomeriggio ci sarà una discussione aperta sul ruolo del Hybrid Khmer Rouge Tribunal e della società civile presso l'Università Humboldt, Unter den Linden 6, Room 3038 alle ore 16.00. Siete invitati a partecipare!

Premiere Film

Discussione sul Tribunale Khmer Rossi


PER SAPERE DI PIU' SULLA TRAGEDIA DEI KHMER ROSSI

A community participative documentary not to forget the Pol Pot era

Bruno Carette: “The Khmer Rouge tragedy must be placed back in its historical context”

A survey reports that Cambodians still know little about the Khmer Rouge tribunal

The Khmer Rouge regime in Cambodia: half story, half History?

Per non dimenticare la tragedia dei Khmer Rossi

Nov. 2009

Parco Storico Regionale sul Decennio Francese in Calabria. VENERDI' A VIBO LA PRIMA ASSEMBLEA CONSORTILE
Convocata dal Capo di Gabinetto della Presidenza della Regione Calabria

Gioacchino Murat (F. Vallone) Un appuntamento di ampia portata è quello in calendario per venerdì pomeriggio nelle sale di Palazzo Luigi Razza: convocata con nota del Capo di Gabinetto del Consiglio Regionale della Calabria On. Ottavio Gaetano Bruni, si riunirà infatti nella casa comunale cittadina a partire dalle 16 del 4 dicembre, la prima assemblea generale del Consorzio del "Parco Storico Regionale sul Decennio Francese in Calabria".
Una data importante, quindi, non solo per la città ma anche, e soprattutto, per l'intera regione.
I rappresentanti di ben ventiquattro comuni della Calabria affluiranno infatti a Vibo per la firma, così come disposto dalla nota sottoscritta dall'on. Gaetano Bruni, della convenzione istitutiva del consorzio obbligatorio deputato alla gestione delle attività del parco.
Formalizzato, ai sensi dell'articolo 3 della Legge Regionale n°2/2009 istitutiva dell'ente parco, l'organismo che nascerà a Vibo consorzierà all'associazione culturale 'G. Murat Onlus' di Pizzo i comuni di: Vibo Valentia, Pizzo, Mileto, Acri, Aiello Calabro, Amantea, San Giovanni in Fiore, Corigliano Calabro, Rossano, Palmi, Scilla, Reggio Calabria, Sant'Onofrio, Stefanaconi, Filogaso, Zambrone, Marcellinara, Stalettì, Catanzaro, Maida, Lamezia Terme, Crotone, Ionadi e Filandari.
Un partenariato quindi di ampie dimensioni e realmente in grado, grazie al connubio tra lo spessore e l'apprezzata esperienza della Murat Onlus e il contributo in termini di operatività e patrimonio storico - sociale e culturale delle varie amministrazioni coinvolte, di dar vita ad un concreto strumento di promozione e valorizzazione della regione non solo sullo scenario nazionale, ma anche - attraverso l'armonizzazione sinergica delle varie iniziative legate al Decennio Francese condotte a livello locale - internazionale.
Approvata con voti unanimi, su proposta del Presidente della Giunta regionale On. Agazio Loiero e del Vice Presidente Prof. Domenico Cersosimo, con D.G.R. n.316 del 9 Giugno 2009, la convenzione che verrà sottoscritta attribuisce così operatività e concretezza ad un ente dalle grandi potenzialità per il rilancio del territorio, sia sotto il profilo socio - culturale che sotto quello turistico.
Nato da una proposta di legge portata avanti in seno al Consiglio Regionale dall'on. Antonio Borrello e ufficialmente istituito con la citata L.R. n.2 del 15 Gennaio 2009, l'ente "Parco Storico" infatti, oltre a promuovere e protendere verso la creazione di un itinerario storico - culturale di rivalutazione e rilancio dei siti che nel decennio 1806 - 1815 svolsero un ruolo di primaria importanza nel definire le sorti della regione, annovera tra le sue finalità tutta una serie di ambiziosi quanto raggiungibili obiettivi.
Tra questi, meritevoli di particolare attenzione sono: il restauro e la conservazione del patrimonio storico dei siti ove si consumarono gli avvenimenti bellici del decennio, la realizzazione di strutture museali e artistiche arricchite da biblioteche tematiche per la migliore fruizione pubblica dei luoghi, l'organizzazione di manifestazioni storico-culturali finalizzate - non solo a ricostruire sul piano militare e politico i fatti storici - ma anche a definire ed approfondire la conoscenza di usi e costumi del tempo, lo sviluppo di programmi educativi per scuole o gruppi per approfondimento attraverso fonti e testimonianze degli eventi che hanno segnato la presenza napoleonica in Calabria, la pianificazione di visite guidate organizzate in modo sistematico ed aperte a tutti, lo sviluppo di collaborazioni con organismi ed associazioni già implementate, con cui concludere in convenzione forme di partenariato informativo e gestionale, ed infine la promozione di attività di studio e ricerca per il recupero di reperti, resti ossei, armi e beni appartenuti ai protagonisti delle vicende.

P.d.L. “ Norme per la istituzione di un Parco Storico rievocativo del decennio francese in Calabria”

(Dic. 2009)

S. Alfonso, Mons. Felice de Paù e la nenia natalizia 'Tu scendi dalle stelle'

Sant'Alfonso Maria de' LiguoriMons. Felice de Paù, Vescovo di Tropea

(G. Valente) Non mancheranno certamente critici ed esperti del problema, per onestà intellettuale e con l'attenta analisi del quadro delineato, di convenire anzitutto sulle linee di principio che hanno motivato questo studio e sulle risultanze, poi, chiaramente dedotte circa la maggiore antichità o l'anteriorità della Pastorella terlizzese rispetto alla nenia attribuita a s. Alfonso. E in ogni caso sempre l'una dipendente dall'altra. A suffragare il nostro assunto torna opportuno e interessante richiamare quanto emerso dal convegno interbazionale intestato a s. Alfonso e alla società del suo tempo, tenutosi nel maggio 1988 tra Napoli e altre località liguoriane in occasione del bicentenario della sua morte (1787-1987). Nelle puntuali relazioni di specialisti, sulla figura eccezionale del Santo e della sua intensa e incisiva azione pastorale e missionaria nella Chiesa meridionale del Settecento, non sono mancate, e non potevano mancare, chiarificazioni mirate a interpretare correttamente una tradizione basata, in fin dei conti, come già enunciato, su una testimonianza tardiva del secolo scorso.
Il tema specifico è stato ampiamente trattato da un emerito musicologo liguoriano, padre Paolo Saturno, in una sua autorevole relazione tenuta in quel convegno sul tema La tradizione musicale alfonsiana1. Nell'attenta disamina di 'quella che potremmo chiamare la quaestio musicalis alfonsiana che si propone di individuare le melodie autentiche del santo', come premette lo stesso relatore, a più riprese e pur con qualche comprensibile reticenza non può fare a meno di esprimere le sue riserve sulla attribuzione indiscriminata dell'intero repertorio delle canzoncine spirituali al suo santo fondatore, partendo proprio dal problema di fondo che 'nessuna partitura autografa è giunta a noi'.

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Dic. 2009

Il 12 dicembre sarà presentato a Mileto il libro postumo di Carmela Cocciolo 'Frammenti di vita'
La copertina del libro (F. Vallone) Il prossimo 12 dicembre 2009, presso la Sala delle Laudi del Vescovato di Mileto, si terrà la presentazione del volume di Carmela Cocciolo dal titolo "Frammenti di vita". Il fermarsi ad ascoltare le parole degli altri, l'osservare la natura ed i piccoli-grandi protagonisti, gli uomini, che credono, illudendosi, di poter cambiare il corso della loro vita senza l'aiuto quotidiano di Dio; sono, questi, gli argomenti del volume postumo di poesie di Carmela Cocciolo, pubblicato dalle Edizioni Ursini di Catanzaro. Per la poetessa, scrivere è stata durante la sua esistenza quasi una necessità vitale e quotidiana. Stimolata com'era a captare, con grande sensibilità, ogni più piccola pulsione, interna ed esterna, ha composto versi che il silenzio le ha consegnato.
Nata a San Calogero, in provincia di Vibo Valentia l'8 giugno del 1927 e scomparsa a Paravati nel gennaio del 2006, Cocciolo ebbe in vita una forte passione per la poesia; passione che, malgrado la poetessa abbia frequentato solo la scuola elementare, si è trasformata in vera e propria attività creatrice. La Cocciolo ha infatti pubblicato ben due raccolte, la prima nel 1994 dal titolo "Parole allineate" e la seconda nel 2000 con il titolo "Parole e sogni", edite con una bella veste tipografica dallo stesso editore Ursini.
"La sua poesia - scrive oggi il figlio della Cocciolo, Angelo Varone - è soprattutto intrisa di sprazzi di vita vissuta e, comunque, sempre arricchita con delicatezza dai suoi genuini sentimenti. Parlando della famiglia amava definirla una ricchezza. Schietta e diretta nel comunicare non amava le mezze misure".
"Una poesia - sottolinea nella prefazione il noto critico letterario Fulvio Castellani - che "crea sensazioni, che fa riflettere, che spinge a dialogare con noi stessi, per quanto semplice essa possa essere, merita di essere letta ed ascoltata, in silenzio". È quanto si può dire della poesia di Carmela Cocciolo, una donna che con i versi ha inteso trasferire agli altri quell'io gioioso che è stato in lei. Ed è stata una gioia, la sua, che si è sostanziata usando parole che si intersecavano sul filo di una rima spontanea e di un giro di assonanze che danno veramente il senso del finito e dell'infinito al tempo stesso.
Nel volume, appena pubblicato, oltre alle sue poesie troviamo filastrocche e quadretti dalla singolare compostezza espressiva, ci imbattiamo con i suoi paesaggi dell'anima che trasmigrano in direzione di un dopo che diventa assai spesso sogno, irrealtà agognata ed a tratti acquisita. Cocciolo ha usato il grimaldello dell'amore per esprimere le proprie ricchezze interiori, quel festante connubio tra generosa intuizione emotiva e saggezza. Poesia semplice, ma altrettanto musicale, ritmica, sinuosa. Ed è stata questa la sua forza. "Io le spine le prendo piano / e qualcuna mi punge la mano", aveva scritto, tra l'altro, la poetessa di Paravati, quasi a voler rimarcare, con la sua consueta grafia legata ad una saggezza, che la vita va vissuta fino in fondo.

(Dic. 2009)

Esperti di minori, esorcisti e per i problemi di cuore: ecco 'pretionline', il 118 della fede corre sul web
(Adnkronos/6dic) - Arriva il '118' della fede. Ottocentoventicinque preti che si definiscono 'internettari' sono a disposizione sul web per la richiesta di una preghiera, di un conforto spirituale, per i bisogni piu' disparati. Un semaforo dice se sono liberi o meno. Basta cliccare su 'pretionline.it' e sara' possibile parlare con i sacerdoti di tutta Italia. A seconda del problema che si deve risolvere, si puo' contattare l'esperto di Sacre Scritture o quello di Teologia dogmatica. Ma c'e' anche il prete di strada (sono quelli piu' impegnati, il loro semaforo e' infatti spesso rosso e promettono risposte in 15 giorni). A loro ci si puo' rivolgere anche per problemi di cuore, per elaborare un grave lutto, persino per un esorcismo.
Il '118' della fede è a disposizione di tutti, preti e laici. Se il semaforo è verde significa che il sacerdote è disponibile a rispondere; se la luce è gialla vuol dire che potrebbe essere "momentaneamente occupato" ma che in linea di massima si liberera' in tempi brevi. Semaforo rosso: il prete non e' al momento disponibile.
E' ad esempio il caso del sassarese don Giovanni Cubeddu, amministratore parrocchiale e operatore di strada. Se ci sono problemi di cuore don Amilcare Gambella, della diocesi di Iglesias è esperto di pastorale familiare e, come lui stesso si presenta, è esperto di "mediazione familiare" ed è "facilitatore auto-mutuo-aiuto per la elaborazione del lutto". E' relativamente disponibile visto che promette risposte in tre giorni.
Chi è rimasto vedovo e ha problemi legati alla vedovanza può parlare con don Giorgio Finotti, della diocesi di Bologna. Tra le sue competenze, infatti, il sacerdote che ha un semaforo verde anche se promette risposte in una settimana, annovera la "pastorale per la vedovanza", e può offrire conforto ai genitori in cammino che hanno perso un figlio.
Don Carlo Cittadino, prete calabrese di un piccolo centro di 4mila anime, è un emulo di Milingo: parroco, direttore dell'Ufficio Liturgico Diocesano, cerimoniere vescovile, canonico del Capitolo Cattedrale, cappellano della Polizia Municipale, consigliere ecclesiastico della Coldiretti, è stato per un lungo tempo aiuto esorcista diocesano. Ora dice di essere a disposizione "di chiunque voglia rivolgersi a me, per qualunque cosa. Mi piace ascoltare, confessare e aiutare le persone nel loro cammino di fede. La mia gioia sono i giovani, perciò cosa aspettate a scrivermi". Risposte in tre giorni.
Don Salvatore D'Alessandro è impegnatissimo occupandosi di tre (cazzata!) diocesi (Mileto, Nicotera, Tropea). Il suo semaforo è spesso rosso ma è un grande esperto di disagio minorile. Si deve avere pazienza (15 giorni almeno) ma poi risponde e con grande competenza.
Fra Angelo Cagnazzo (religioso pugliese, non prete) vuole regalare "un pò di felicità". Il suo semaforo è spesso giallo dati i tanti impegni ma comunque crede "nell'utilità dei mezzi di comunicazione. Ho una grande voglia di comunicare a tutti l'esperienza vincente della persona di Gesù nella mia vita. Mi auguro che ciò possa accadere e contagiare quante più persone possibili".
Infine, don Giuseppe Cappello della Basilicata è un neo sacerdote ma ha tante di quelle missioni a cui pensare che risponde in trenta giorni. Il suo impegno pastorale è nobilissimo: privilegia l'incontro con le persone sole e ammalate che, come dice, "incontro volentieri spesso durante la settimana".

Preti on line

(Dic. 2009)

Mastru Giannuzzu, 'u scarparu



Mastru Giannuzzu (Gaetano Agosto) direttore di banda musicale, musicista, compositore,
trombettista e percussionista, 'scarparu' e burghitanu da sette generazioni.


(A. Cotroneo) "´Nci volarrenu i petti i ferru sutta e scarpi toi". Così si lamentava mia madre perchè le scarpe nuove erano nuovamente rotte dopo neanche una settimana che mastru Giannuzzu le aveva risuolate. La casa del calzolaio, non distante dalla nostra, sembrava un convento. Tutta la giornata era un via vai di gente che entrava ed usciva, portandogli paia e paia di scarpe da riparare e ritornando a casa con quelle che il mastro aveva acconzatu.
U misteri du scarparu, (del calzolaio) insieme a quello del falegname e del fabbro, era una delle attività artigianali che più prosperavano dopo gli anni sessanta nel nostro paese. In ogni rione di Tropea se ne contavano parecchi di questi "acconzatur´i scarpi". L´età media dei mastri che esercitavano questa professione nella nostra contrada era intorno ai sessant´anni. Fra i tanti ricordo Mastru Vicenzu Bova, la cui bottega si trovava vicino alla fontana comunale; Mastru Nuzzu che esercitava u misteri dentro casa; Mastru Cicciu e mastru Carminu che abitavano nello stesso portone di mia nonna; "Ntoni e mastru Micheli, due fratelli che vivevano soli in una vecchia e buia abitazione vicino al mio negozio. Alcuni di questi scarpari, oltre ad esercitare la professione, erano dediti anche alla vendita di scarpe nuove e stivali di gomma che venivano usati dai contadini e dai cacciatori.
Al contrario degli attuali tempi, in cui si preferisce buttare via le scarpe rotte a causa dell´eccessivo costo per ripararle, a quel tempo dovevano essere acconzati e risuolate finchè era possibile, perchè non tutti potevano permettersi di comprare nuove calzature e rimetterle a nuovo non era costoso dato il forte antagonismo e la concorrenza che i mastri esercitavano fra di loro. Le strade non asfaltate, piene di pietre appuntite, vetri e "puntini", contribuivano ad una loro rapida rottura, in special modo dei "petti" che dovevano essere rimessi due o tre volte. Le scarpe stesse erano costruite (cucite, incollate e inchiodate) in modo tale da poter essere sempre e facilmente riparabili.
Fino alla fine degli anni settanta, "scarpari" in paese se ne contavano ancora molti, ma si riducevano drasticamente per il fenomeno dell´emigrazione che portava via tanti bambini di famiglie povere. Infatti, i discipuli che andavano "o mastru", per apprendere l´arte, provenivano, principalmente, da queste famiglie bisognose. Il mastro non si limitava solamente ad insegnare "l´arti" al discepolo, perchè svolgeva, inconsciamente, un´altra più importante funzione: l´educatore morale e sociale del ragazzo. Infatti, l´apprendista, remunerato settimanalmente con qualche spicciolo, oltre ad imparare il mestiere per poter un domani vivere, a casa del mastro era anche salvaguardato e protetto, affinchè non andasse in giro per il paese a vagabondare, oziare, frequentare brutte compagnie che lo avrebbero sicuramente condotto sulla strada sbagliata: la malavita. Se il mastro notava che "u discipulu" era ubbidiente e volenteroso, pazientemente gli trasmetteva tutti i segreti del mestiere, affinchè un domani divenisse un valente "scarparu" ed essere, così, orgoglioso di aver contribuito non solo a farlo "mastru" ma anche uomo corretto, stimato e ben voluto dall´intera collettività del paese.

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Dic. 2009

 I barbieri di Tropea hanno adottato 'Il Calendario di Enzo 2010', come si faceva nel passato con i calendarietti profumati




'Il Calendario di Enzo 2010'
e Enzo Taccone nelle vesti di co-fondatore dei volontari della Protezione Civile di Tropea


(Enzo Taccone) Ero un ragazzino quando verso Natale, tagliandomi i capelli, mentre stavo in piedi avvolto in un mantello bianco, il mio “varveri” consegnava ai clienti una busta profumata con un calendarietto che, nella maggior parte dei casi, faceva vedere delle donnine piuttosto svestite.
Lo scopo sicuramente era di scambiarsi gli auguri per le feste di Natale e del Nuovo Anno ma soprattutto per ottenere una mancia speciale.
Ovviamente a quel tempo i calendarietti erano riservati agli adulti ma si cresce ed ho fatto in tempo ad averne qualcuno anche io. Lo si metteva nel portafoglio ed il profumo si riversava anche sulle banconote, poche per la verità.
Poi col passar del tempo si è persa la tradizione perché la moda cambia. Ora questi opuscoletti sono divenuti ‘Cult’ per appassionati e istradati nel collezionismo dove vanno davvero forte anche se ormai hanno ovviamente perso quella fragranza profumata che li caratterizzava.
Nel casuale percorso de ‘Il Calendario di Enzo 2010’ che sto vivendo direttamente come una ‘cosa bella’ che non finisce di darmi grandi emozioni, mi accorgo che i barbieri di Tropea l’hanno adottato ufficialmente. Ed è significativo che questo sia avvenuto durante il periodo natalizio come accadeva per i calendarietti di una volta.  
Fino ad ora sono otto i parrucchieri della città che in una gara straordinaria di solidarietà hanno inteso distribuire il Calendario sul proprio posto di lavoro ai clienti in cambio di 6 euro da destinare interamente ai volontari della Protezione Civile di Tropea, non tutti dotati ancora di divisa e assicurazione.
Colgo l’occasione di ricordare che ‘Il Calendario di Enzo’, realizzato con l’aiuto fondamentale del Colonnello Salvatore Libertino, non è stato realizzato per scopi di lucro ma dallo scorso agosto è stato messo in vendita nelle edicole e librerie unitamente al DVD del backstage alla cifra di 6 euro per beneficenza.
La novità è che invece di fotografare delle belle donne (figurarsi poi quale casino avremmo scatenato ! ) abbiamo optato per i travestimenti del sottoscritto col solo scopo di divertirci e di far sorridere quelli che con lo spirito giusto possono apprezzare questo tipo di iniziativa. Un’altra novità è che nelle 12 pagine dell’anno manca l’ultima settimana di ogni mese perché abbiamo ritenuto 'provocatoriamente' che fosse inutile per coloro che non arrivano a fine mese. Il calendario infatti è a loro 'affettuosamente' dedicato.
Recentemente, ormai lo sapete, è stata per me una grande sorpresa essere stato contattato dalla gentilissima Annarosa Macrì di RAI3 Regione che mi ha intervistato nella mia abitazione e per l’occasione mi sono esibito con l’abito del Can Can. La registrazione, vista in diretta da moltissimi tropeani che mi hanno fatto i complimenti, è andata in onda la mattina del 17 novembre scorso a ‘Buongiorno Regione’. La potrete rivedere in questo sito.
Auguri a tutti per le prossime festività natalizie e per un felice Anno Nuovo. Vi invito ad aiutare la Protezione Civile di Tropea della quale faccio parte. Grazie.
Un grazie di cuore ai barbieri che hanno aderito all'iniziativa che sono:......

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Dic. 2009

 Ma si, avanti con le casette in mezzo ai fiumi e sotto i ponti...



(Enrico Costa, Prof. Ordinario di Urbanistica e Presidente del Corso di Laurea in “Urbanistica") Chi viene nella nostra regione, qualunque sia il mezzo di trasporto utilizzato, non può non vederlo, e gli rimane impresso, per la “pulizia” compositiva, come diciamo noi architetti, per la “nitidezza”, come diciamo noi urbanisti pianificatori, del grande “segno” sul territorio, un oggetto ben definito, quasi un’eccezione nel disordine dell’abusivismo e delle case non finite, al cui impatto paesaggistico non riusciamo a rassegnarci.
Per quanto mi riguarda, fin da quando l’ho visto mentre era ancora in costruzione nel mio primo viaggio in Calabria (stavo per scrivere nel mio primo “Tour” in Calabria), sono stato per sempre affascinato dall’imponente viadotto ferroviario, intitolato a San. Francesco di Paola, conosciuto anche come Viadotto dell’Angitola.
Un’opera di ingegneria di grande fascino architettonico, che scavalca la vallata del fiume Angitola, nel territorio dei comuni di Francavilla Angitola e Pizzo Calabro.
Imponente, con le sue 30 campate da circa 35 metri l’una, per una lunghezza complessiva di 1050 metri, 15 metri l’altezza dell’imbocco sul lato nord, 60 metri l’altezza dell’imbocco sul lato sud. Un intervento bello ed utile, che ha reso possibile l’apertura della “direttissima” a doppio binario tra Lamezia Terme e Rosarno, lungo la linea ferroviaria Battipaglia-Reggio Calabria, tra le stazioni di Eccellente e Vibo Pizzo, l’imponente e lungo viadotto consentì di bypassare il vecchio itinerario lungo il Capo Vaticano passante per Vibo Valentia, Pizzo Calabro, Tropea e Nicotera oggi utilizzato quasi soltanto per il traffico regionale o a media distanza.
Angitola è il nome del Viadotto. Angitola è il nome del Fiume. Angitola è il nome del Lago artificiale creato da una diga. Angitola è il nome del “Bivio”: naturale ed invitante “Porta” del Parco regionale delle Serre.
Il viadotto è un grande “oggetto” che a lungo è sembrato incutere rispetto, che sembrava essere intoccabile. Fino a poco tempo fa. Ma perché?
Perché si tratta di un “oggetto” di grandi ed imponenti dimensioni che una volta tanto, invece di sottrarne, dà qualità al territorio. Sembrava che nessuno avrebbe mai osato sfregiarlo, mettendo anche a rischio l’uomo. e invece no. Ha fatto scuola, in quanto a mancanza di rispetto per il territorio e per la pubblica incolumità, la prepotente “Casa dello studente” di Reggio Calabria.
La cosiddetta “Casa dello studente”, cioè quelle casette in mezzo ad un fiume e sotto un ponte (nello specifico un bel viadotto autostradale), grande incompiuta invisa a stampa e televisioni, agli ambientalisti ed alle menti libere, sanzionata lo scorso mese di giugno persino dal Consiglio Comunale di Reggio Calabria attraverso la “Commissione Consiliare d’indagine relativa ai settori Urbanistica, Lavori Pubblici e Manutenzione”, nota anche come “Commissione Barillà”. Un’opera prepotente che in privato tutti dicono che lì “non sta bene”, e che invece è sempre lì, che rischia persino di essere completata, mentre non si dovrebbe esitare a de-localizzare mettendo al sicuro gli studenti che ci dovranno abitare.
Ebbene, perché se si può essere prepotenti sul torrente Annunziata e sotto quel viadotto autostradale di Reggio Calabria, perché mai non si può si può essere prepotenti sul fiume e sotto il Viadotto dell’Angitola costruendo proprio sotto la sue “proiezione”, magari sbarrando anche la “Porta” del Parco regionale delle Serre?
Ed ecco spuntare un supermercato, anzi un centro commerciale, proprio ai piedi dell’imponente opera di ingegneria (che evidentemente non su tutti incute ammirazione e rispetto), punto di transito quasi obbligato per amministratori, dirigenti e politici calabresi, quasi a sbarrare visivamente l’accesso al Parco delle Serre, in un nodo nevralgico, che il doveroso rispetto dei luoghi e del paesaggio dovrebbe salvaguardare. Punto d’accesso autostradale per luoghi di preminente e consolidato interesse turistico quali Pizzo e Tropea con i rinomati villaggi turistici, scempiata da una banalmente triste barriera visiva e percettiva nei confronti di una vera e propria opera di alta ingegneria, troppo adiacente allo svincolo autostradale di Pizzo, a ridosso della Strada Statale n.18, con un impatto paesaggistico rilevante dovuto alla decontestualizzazione dell’opera, oltre ad un notevole aumento delle condizioni di rischio derivanti dalla specifica localizzazione.
Mai sentito parlare di fasce di rispetto? Ed il buon senso, da solo, non basterebbe a scoraggiare simili interventi?
Ovviamente se ne sono accorti noi chi governa il territorio ma, ed hanno protestato e protestano, le associazioni ambientaliste, da Italia Nostra a Legambiente al WWF, che non credono, come non crediamo noi, che questo sia il modo giusto per incentivare davvero il turismo, vera risorsa dello sviluppo economico della Calabria.
Fino ad ora è sembrato più o meno un capannone, messo lì, sotto i piloni ferroviari e proprio nel bacino di espansione della diga sull’Angitola, tant’è che sono ben visibili ai due estremi dell’area sono ben visibili impianti semaforici radiocomandati che, nell’eventualità non improbabile di un’alluvione nell’alveo dell’Angitola, dovrebbero bloccare l’accesso ad una zona ad alto rischio. E sul cartello stradale è scritto un testo inquietante: A SEGNALE LAMPEGGIANTE OBBLIGO SVOLTA A SINISTRA. Chiaro, no? Quando lampeggia il semaforo, scappa che arriva l’ondata che ti porta via. E se in quel momento sto scaricando nell’auto il cartello della spesa? O se sto sistemando il bambino sul passeggino?
Non è questa la sede per la ricerca delle responsabilità, non è il mio mestiere e non lo faccio. Non mi interessa sapere chi ha dato i permessi e chi no: Report della Gabanelli “docet”sul modo di acquisire i permessi che con più timbri non si può, più “in regola” di quelli in regola.
Mi interessa e mi preoccupa che non si sia ancora creata una cultura del rispetto dell’ambiente e del paesaggio, cioè di noi stessi, né una cultura della sicurezza preventiva che magari faccia piangere qualche imprenditore avventato che vede sfumare i propri affari prima che avvengano i disastri ambientali, piuttosto che piangere tutti assieme i morti, dopo, a cose fatte, ed a disastri avvenuti.
Mi preoccupo di tanti che, passando di lì, guardano, capiscono e girano la testa dall’altra parte.
Proprio come fanno a Reggio, passando lungo il Viale della Libertà (= Arbitrio?) costeggiando torrente Annunziata e quelle brutte casette, tutti coloro che non vogliono guardare quel cantiere lasciato a metà ed abbandonato per un decennio, e che ora, forse ignari della nuova normativa antisismica regionale, si vorrebbe addirittura riattivare.
Reggio Calabria ha fatto scuola, ma in questo caso non c’è da esserne orgogliosi.

Dic. 2009

CALABRIA: VENERDI' FINI A COSENZA E VIBO VALENTIA
Gianfranco Fini (Adnkronos/9dic) - Venerdì prossimo il presidente della Camera dei Deputati, Gianfranco Fini, sarà in Calabria. Alle 10 a Cosenza presenterà il suo libro ''Il futuro della libertà'' all'Università della Calabria. Poi si sposterà in provincia di Vibo Valentia, dove sorvolerà le zone colpite dall'alluvione del 3 luglio 2006.
Alle 11.45 il programma prevede una visita nella scuola elementare di Bivona, ricostruita dopo la calamità, dove incontrerà gli alunni. Alle 12.45 Fini incontrerà il sindaco di Vibo Valentia, Franco Sammarco. Infine alle 13.30 il presidente della Camera andrà alla Scuola di Polizia per partecipare al convegno ''Vibo Valentia, la Calabria, il Mediterraneo: le nuove vie da percorrere''.




Dic. 2009

 AgipGas presenta la Rossa di Tropea sul calendario 2010



(F. Vallone) E' il nuovo Calendario AgipGas 2010, patinato, colorato e stampato in tiratura altissima, in distribuzione in questi giorni gratuitamente in tutta Italia. Il calendario, denominato "Terra Mater" e sottotitolato "Dalla nostra terra, i sapori dell'Italia", presenta, nelle sue dodici facciate, il meglio della produzione tipica nazionale. C'è il Prosciutto di Norcia per gennaio, il radicchio di Treviso per febbraio, il pane di Altamura per marzo, il carciofo Romanesco ad aprile, a giugno la carota del fucino, il fico d'India dell'Etna a luglio e il peperone di Senise ad agosto, il fungo di Borgotaro a settembre, mentre, rispettivamente, i mesi di ottobre, novembre e dicembre sono dedicati alla mela della Val di Non, alla Castagna di Montella e al famoso pecorino sardo.
Una intera pagina del calendario, quella relativa al mese di maggio è dedicata alla Cipolla Rossa di Tropea, "famosa nel mondo, si legge testualmente, per il suo profumo e per la sua leggerezza, si distingue dalle altre varietà per la sua dolcezza. Definita per le sue qualità "Oro Rosso di Calabria", la cipolla rossa di Tropea viene coltivata lungo la costa medio alta tirrenica calabrese, su appezzamenti assolati prospicienti il mare, che si affacciano sullo Stromboli, il leggendario vulcano delle Eolie. I suoli dove si coltiva sono di natura vulcanica, freschi, profondi e ricchi di potassio, responsabile della particolare fertilità. la raccolta viene praticata da metà aprile a fine maggio. è un prodotto IGP dal 2008".
Il colorato calendario 2010 di AgipGas dedica a tutta l'intera pagina lo stesso tipico inconfondibile colore della cipolla tropeana e completa il tutto con tre gustose ricette gastronomiche: la zuppa di cipolle rosse di Tropea, le Cipolle rosse di Tropea gratinate e i medaglioni di cipolle rosse di Tropea panate.

Dic. 2009

 Gli antenati degli UFO. Esistono opere d'arte raffiguranti strani oggetti luccicanti nel cielo. Sono UFO?



(S. L.) Con il termine "clipeologia" si intende quella disciplina nata di recente volta allo studio di opere d'arte che possano farci sospettare la presenza nel nostro passato di esseri alieni intelligenti provenienti da altri pianeti. In questa gallery davvero curiosa esaminiamo alcune di queste opere nelle quali è possibile notare strani oggetti luccicanti nel cielo. Cosa vollero rappresentare alcuni artisti nelle loro creazioni? Si tratta di UFO oppure di elementi simbolici tipici del periodo di quelle raffigurazioni?


Iniziamo la nostra rassegna con il dipinto del XV secolo "La Madonna con Bambino e San Giovannino", attribuito a Sebastiano Mainardi. E' questo il dipinto che più ha fatto discutere gli ufologi, che vedono nella scena in alto a destra, dietro le spalle della Madonna, la testimonianza di un "incontro ravvicinato" con un oggetto volante non identificato. Nella scena in questione vediamo un personaggio che, con una mano sulla fronte, guarda verso il cielo. Con lui un cane rivolto verso lo strano oggetto.


Si trova nel terzo livello della cupola nel Monastero di Visoki Decani in Kosovo la "Crocifissione" dipinta nei primi decenni del XIV secolo. Qui gli UFO sarebbero i due strani oggetti ai lati della croce.



Il particolare in alto a sinistra de la "Crocifissione" e quello a destra, sembrano veramente delle astronavi.


Appaiono strane nubi di forma ellittica ne la "Fondazione della chiesa di Santa Maria Maggiore a Roma" di Masolino da Panicale. E' questo uno dei più citati "dipinti ufologici", già proposto a partire dai primi anni '70 come testimonianza di avvistamenti di oggetti volanti non identificati.


Una enorme e misteriosa sfera, dorata e riccamente decorata, è sospesa nel cielo e sovrasta la scena. E' questo un particolare di una miniatura tratta da un'edizione manoscritta di "Le Livre Des Bonnes Moeurs" di Jacques Legrand del 1490.


Il dipinto di Paolo Uccello, "La Tebaide", rappresenta diverse scene di vita monastica: nel particolare vediamo raffigurata una grande grotta con San Gerolamo in preghiera davanti a un crocifisso. Secondo certe ipotesi ufologiche quell'oggetto rosso nella grotta, a destra della croce, sarebbe un disco volante.


In questa "Annunciazione" di Carlo Crivelli, un raggio che scende dal cielo e va a colpire la Madonna partirebbe da un oggetto volante non identificato di forma discoidale che si trova tra le nubi.


"Annunciazione" di Carlo Crivelli, il particolare dell'"Ufo"


Ventura Salimbeni dipinge intorno alla fine del '500 questo "Esaltazione dell'Eucarestia" nella chiesa di San Pietro a Montalcino. Anche quest'opera d'arte viene spesso presa in considerazione dai vari esperti di settore. L'oggetto raffigurato tra Gesù Cristo e Dio Padre ricorderebbe infatti da vicino un satellite artificiale.


Nella cattedrale Svetitskhoveli di Mtskheta in Georgia si trova questa Crocifissione che spesso viene chiamata in causa nelle discussioni legate alla presenza degli UFO nell'arte. Cosa rappresentano i due oggetti ai lati della croce?


Aert De Gelder è l'autore di questo "Battesimo di Cristo", conservato presso il Fitzwilliam Museum di Cambridge. Gli ufologi individuano un oggetto volante non identificato nel disco luminoso nel cielo dal quale partono raggi di luce.


Arazzo del 1330 intitolato "La Magnifica" custodito nella basillica Notre-Dame in Beaune, Burgandy. In alto a destra, un disco volante...


Altre nubi a forma di disco volante in questa "Assunzione della Vergine" di Anon (1490 circa)


Affresco del 17esimo secolo custodito nella cattedrale Svetishoveli di Mtskheta, Georgia. Ai lati del Crocifisso, due oggetti volanti non identificati.

(Fonte: 'Oggi' di Windows Live Messenger 13.12.09)

Dic. 2009

SICUREZZA: PDL CALABRIA, BENE FONDI STANZIATI DA MINISTRO MARONI PER TUTELA
Il Ministro dell'Interno Roberto Maroni (Adnkronos/15dic) Il coordinatore regionale del Pdl, Giuseppe Scopelliti, ed il suo vice, Antonio Gentile, esprimono soddisfazione per la ripartizione decisa dal ministro dell'Interno, Roberto Maroni, del fondo per la sicurezza urbana e la tutela dell'ordine pubblico che assegna alla Calabria risorse per oltre dieci milioni di euro. ''La decisione del ministro Maroni - si legge in una nota del Pdl - conferma l'attenzione che il governo nazionale continua a riservare alla sicurezza in Calabria. Al comune di Reggio Calabria sono stati concessi finanziamenti per quasi novecento mila euro che dovranno essere utilizzati per l'implementazione della video sorveglianza in alcune zone del centro cittadino, dei pozzi e serbatoi della rete idrica per essere poi collegati con la centrale operativa dei carabinieri".
"Il finanziamento ha riguardato altri quindici comuni tra cui Catanzaro, - prosegue la nota - al quale è stato concesso un finanziamento di centomila euro per interventi nel campo della prevenzione sociale, rivolti, in particolare, ai minori, ai giovani ed agli anziani. Gli altri comuni calabresi interessati al finanziamento sono: Amantea (128 mila euro) per realizzare l'impianto di telesorveglianza del territorio comunale; Lamezia Terme (300 mila euro) per la riqualificazione urbana, il recupero e il risanamento del campo nomadi; Mandatoriccio (197 mila euro) per riqualificare la viabilità interna, l'ammodernamento della rete di illuminazione pubblica e dei marciapiedi; Ricadi (168 mila euro) da spendere per dotarsi di un sistema di video sorveglianza; Brancaleone 500 mila euro) da utilizzare per il risanamento e la riqualificazione urbana dell'area ex campo nomadi".
"E ancora - continua la nota - i comuni di Tropea (400 mila euro) per il recupero e la messa in sicurezza dell'area urbana del centro storico e dei vicoli adiacenti; Rosarno (930 mila euro) per il recupero urbano delle aree degradate; Sant'Alessio d'Aspromonte (265 mila euro) per il recupero ed il risanamento delle aree degradate; Soriano Calabro (490 mila euro) per la riqualificazione delle aree degradate del centro storico; Arena (189 mila euro) per la riqualificazione ambientale del centro storico; Altilia (85 mila euro) da utilizzare per la riqualificazione urbanistico - edilizia del centro storico; Nicotera (341 mila euro) per la riqualificazione di alcune importanti strutture viarie con relativi impianti ed arredi; Cerisano (90 mila euro) per realizzare una stazione multimediale per il tele controllo del territorio; Parghelia (450 mila euro) da impiegare in progetti per la legalità e la sicurezza e per la realizzazione di un sistema di video sorveglianza''.

Dic. 2009

 Dal 10 aprile al 23 maggio, la Sindone sarà esposta nel Duomo di Torino



(S. L.) Il Telo sarà visibile per la prima volta dopo l’importante intervento di conservazione del 2002, attraverso cui sono stati asportati i lembi di tessuto bruciato a Chambéry nel 1532, le toppe apposte allora dalle suore Clarisse e sostituito il telo d’Olanda che fungeva da supporto.
Novità dell’ostensione 2010 riguardano anche il percorso di avvicinamento al Duomo che, arricchito di informazioni rispetto alle precedenti ostensioni, inizierà dai Giardini Reali bassi, proseguirà attraverso uno dei punti più affascinanti del Polo Reale, la Manica nuova, per sbucare poi sul piazzale del campanile. Nella sala della prelettura saranno proiettate le nuove immagini del Telo ad altissima risoluzione. Diversa anche la collocazione della Penitenzieria, che troverà spazio a Palazzo Chiablese, e, tra le altre novità, la presenza di un bookshop al piano terreno del Palazzo della Regione, in piazza Castello.
Sebbene per assicurarsi la visita sia consigliata la prenotazione online, sarà reso disponibile - come in occasione delle precedenti ostensioni - anche un servizio di prenotazione «immediata» (per visite in giornata) presso un punto di accoglienza che nel 2010 sarà allestito in piazza Castello. Massima attenzione sarà riservata alle esigenze di ammalati, disabili, religiosi e pellegrinaggi diocesani, che possono già da ora contattare la segreteria dell’ostensione telefonando allo 011.0204732 o inviando una e-mail scrivere all’indirizzo: accoglienza@sindone.org.

Informati sul sito internet www.sindone.org

Dic. 2009

REGIONALI: DA DOMANI CALLIPO IN 'TOUR' CON CAMPER NELLE CITTA' DELLA CALABRIA
Pippo Callipo (Adnkronos/18dic) - ''Io resto in Calabria'', l'associazione fondata da Pippo Callipo, da domani a mercoledì 30 dicembre sarà nelle piazze delle principali città della Calabria per illustrare le ragioni che hanno spinto l'imprenditore vibonese ad accettare la candidatura alla presidenza della Regione. Il tour, che si avvarrà di due camper che viaggeranno su due distinti itinerari, prenderà il via da Villa San Giovanni in concomitanza con la manifestazione ''No Ponte'' (che si terra' domani) e interesserà, nella stessa giornata, le citta' di Reggio Calabria, Palmi e Gioia Tauro.
Sulla direttrice sud-nord toccherà inoltre le città di Chiaravalle Centrale, Soverato, Catanzaro, Nicotera, Tropea, Vibo Valentia, Lamezia Terme, Amantea, Paola, Crotone, San Giovanni in Fiore, Cosenza, Rende, Rossano, Corigliano, Camigliatello Silano, Altomonte, Scalea, Diamante, Cetraro, Fuscaldo, S. Marco Argentano e Castrovillari. Nelle piazze di queste, e di altre città, i calabresi troveranno uno staff di giovani volontari con cui dialogare e da cui sarà possibile ricevere materiale informativo, ma soprattutto avranno la possibilità di firmare per sostenere ''Callipo Presidente''.
''E' una rivoluzione possibile, se siamo uniti, se la facciamo insieme'' è la chiara esortazione impressa sui camper che andranno in giro per la Calabria e che diffonderanno un messaggio di Pippo Callipo accompagnato da un slogan diretto e immediato ''Io resto in Calabria con Callipo'', con accanto la frase: ''Abbiamo visitato città lontane, ammirato culture diverse, ma non abbiamo mai dimenticato la nostra terra, la Calabria, che oggi più che mai ha bisogno dei suoi figli''.


Dic. 2009

UN PROGETTO SALVAGUARDIA PER LA COSTA DEGLI DEI
Rupe di Tropea (ilquotidianoweb.it/19dic) Un progetto di salvaguardia per 50 chilometri di costa da Nicotera a Zambrone è stato presentato questo pomeriggio al presidente della Giunta Regionale, Agazio Loiero, dal consorzio che raggruppa i comuni di Nicotera, Ioppolo, Ricadi, Tropea, Parghelia, Zambrone e Briatico. L'incontro tra amministratori locali e tecnici con il presidente Loiero, incontro introdotto dal sindaco di Ricadi, Domenico Laria, e dal presidente del Consorzio, Salvatore Vecchio, si è svolto nel municipio del «capoluogo» del Capo Vaticano.
Il progetto elaborato dai tecnici dei comuni interessati da un fenomeno di erosione costiera che rischia di cancellare le spiagge più belle della Costa degli Dei prevede una spesa di 35 milioni di euro che, in base alla richiesta dei sindaci, dovrebbe essere finanziata con i fondi Por.
Il presidente Loiero, che ha illustrato agli amministratori presenti le linee guida di un progetto per la tutela del territorio calabrese per il quale è previsto un finanziamento di oltre 800 milioni di euro (progetto che sarà presentato martedì prossimo a Lamezia a tutti i sindaci della Calabria) ha assunto l'impegno politico di valutare il problema postogli.
“Questa è una delle zone più belle e turisticamente più importanti della Calabria dove si concentra un'economia rilevante - ha detto Loiero - ed anche per questo motivo ci faremo carico del progetto che è stato elaborato. In un quadro di priorità, vedremo di includerlo, magari per moduli, negli interventi che andremo a fare in difesa del territorio".
In serata il presidente Loiero, a Palmi, ha incontrato gli amministratori della zona per discutere con loro di alcune emergenze del territorio.

Dic. 2009

Giungerà in bici a Tropea, spagnolo cittadino del mondo
Josè Ignacio Leguina (G. Messe/22dic) Lui si che ha capito come va vissuta la vita. Josè Ignacio Leguina, 42 anni, spagnolo di Bilbao ma residente a Madrid, è cittadino del mondo che da dieci anni sta girando in bicicletta. Ha già toccato tutti i continenti. Ieri è arrivato in Italia a Brindisi, proveniente da Salonicco, via Corfù. Un giorno di sosta e oggi proseguirà per Tropea, in Calabria dove lo attende un altro amico di un sito internet internazionale di amici della bicicletta. Poi toccherà le tre maggiori isole del mar Tirreno: Sicilia, Sardegna e Corsica per ritornarsene in Spagna. “Mamma Cristina mi aspetta a Benidorm dove vive per sei mesi all’anno perché a Bilbao d’inverno fa molto freddo”.
Viaggia su una bicicletta particolare che lui stesso ha modificato ed adattato alle sue esigenze. Pedala steso, non usa le mani per guidare, e fa lavorare solo le gambe per stancarsi di meno. “Quando pedalo mi “gusto” il paesaggio”, dice con un sorriso furbesco e in lingua italo-spagnola. Ha iniziato il tour dieci anni fa e non si è mai pentito perché ha conosciuto costumi, religioni, lingue, usanze di tutto il mondo. Infatti non c’è continente che non abbia toccato.
A Mesagne ieri è stato ospite di un giovane farmacista, Ermes De Mauro, appassionato anche lui di bicicletta e visitatore del sito www.hospitalityclub.org dove ha letto la richiesta di asilo temporaneo di Josè. “Sono a Salonicco e lunedì 21 dicembre sbarcherò a Brindisi proveniente da Corfù. C’è qualcuno disposto ad ospitarmi per un notte prima che mi rimetta in viaggio per Tropea”? Ermes non si è lasciato sfuggire l’appello e ieri lo ha atteso al porto di Brindisi. “Ero curioso di conoscere quest’uomo che gira il mondo in bicicletta. Volevo parlargli, informarmi, sapere cosa può spingere una persona a fare un scelta di vita così particolare”, dice. E lo ha portato a casa dove è stato suo ospite per una notte.
A pranzo Josè ha raccontato tra lo spagnolo, l’inglese ed un pò di italiano che lo scorso 5 maggio era stato in Cina, che ha viaggiato con una ragazza americana fino alla Turchia e che ha proseguito da solo dopo che la ragazza aveva preferito seguire un altro loro collega tedesco.
Ermes e JosèL’avventura di Josè dura da dieci anni, da quando nel 1999 in India incontrò altri appassionati di bicicletta in giro per il mondo. E decise di cambiare vita. E’ arrivato in Africa dove, in Sudan, ha lavorato come guida per tour in bicicletta e con una ditta che lavora per pozzi di acqua; poi in Sud America (Argentina, Cile, Bolivia, Colombia, ecc.), in Nuova Zelanda, in Giappone. E arrivato sino al Canada, a Vancouver, dove è rimasto per due anni ed ha lavorato come muratore. Non vuole contributi né sponsor: vuole essere libero, non avere obblighi, vivere a contatto con la natura. Il resto non conta.
Tante peripezie, tante esperienze, tanta gente diversa. Conosce bene due lingue, inglese, francese e un po’ di italiano. Ha tante storie da raccontare e migliaia di foto da mostrare che ha raccolto nel suo sito internet www.bicicletos.org.
E quando non trova ospitalità? “Non mi perdo d’animo. Basta una tenda ed cucina da campo”. Durante la stagione invernale pedala per cento chilometri al giorno paragonabili ad un giorno in auto, in estate arriva a percorrere sino al 130 chilometri. A Corfù, ultima tappa prima di arrivare in Italia, è stato cinque giorni con un gruppo di cinque amici spagnoli. Ha respirato un po’ di aria di casa. Ma non ha avuto nostalgia. E l’altro ieri, tranquillo, ha ripreso a girare il mondo per raggiungere Brindisi, l’Italia per poi avvicinarsi alla Spagna dove conta di arrivare per Pasqua. E sarà la fine della sua lunga tappa.
“Metterò la bicicletta in cantina e conto di lavorare per organizzare tour in bicicletta dove l’uomo è lontano dalle frenesie del mondo di oggi e si vive a contatto con la natura”.



Dic. 2009



Buon Compleanno TropeaMagazine!

(S. Libertino) TropeaMagazine compie 10 anni! La 50^ Tornata di Maggio 2009 segna il decennale del mio bimensile. Dieci anni di ricerche di storia patria tropeana 'raccontata al popolo'. Affiancata, dopo appena tre anni di attività, dalla sezione 'TropeaNews', blog/diario/notiziario del territorio preminentemente di carattere culturale.
Durante questi lunghi anni di attività ho potuto trarre il pieno convincimento che il territorio di Tropea, oltre a essere, per le bellezze paesaggistiche, la colonna trainante del turismo calabrese, si sta rivelando sempre di più una enorme risorsa storica culturale d'eccellenza educativa, di studio e intellettuale, un patrimonio ricchissimo di tradizioni popolari uniche e di un universo sbalorditivo letterario, umanistico, filosofico, archeologico, scientifico, artistico, musicale, teatrale, cinematografico, verso il quale l'amministrazione locale non ha mai posto la dovuta attenzione e sul quale invece occorre investire ogni possibile energia. In tutto questo tempo lo hanno chiesto con insistenza e lo esigono i tropeani, che hanno bisogno di essere presi per mano e aiutati ad appropriarsi della loro storia e a disporre da subito di quei punti di aggregazione cittadina e di riferimento considerati 'essenziali' nel costume di ogni amministrazione comunale: una biblioteca aperta, ordinata ed efficiente, un campo sportivo accessibile, un cinematografo, il sogno di uno spazio teatrale, una palestra con un tetto ben saldo...
Buon Compleanno TropeaMagazine!
Buona Lettura a Tutti!

www.tropeamagazine.it





Roma. Museo dell'Emigrazione Italiana.
Franco Vallone e il prezioso Baule fineottocento
della sua raccolta "Le Stanze della Luna",
che veniva affittato agli emigranti
per il trasporto delle masserizie
durante i viaggi oltreoceano.


Si insedia al Vittoriano il Museo dell'Emigrazione,
tributo ai migranti italiani nel mondo.
In mostra la raccolta privata di Franco Vallone
"Le Stanze della Luna"

(S. Libertino) Ci sono voluti quasi tre anni per realizzare nei 400 mq della ex Gipsoteca dell’Altare della Patria il Museo dell’emigrazione italiana (Mei), che venerdì 23 ottobre ha aperto i battenti nel complesso del Vittoriano alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e del Presidente della Camera Gianfranco Fini, accompagnati dal Ministro per i beni culturali, Sandro Bondi e dal Sottosegretario agli esteri Alfredo Mantica.
Da ora in poi, anche se a livello locale i numerosi musei sull’emigrazione continueranno a ricordare i migranti di una data area geografica, ci sarà un unico “contenitore” a raccontare nel suo insieme un’esperienza tanto complessa. “Abbiamo riletto il fenomeno della storia dell’emigrazione con un andamento cronologico - precisa il direttore del Mei Alessandro Nicosia, presentando il museo, promosso dal ministero degli Affari esteri con la collaborazione del ministero per i Beni e le Attività culturali -. Essendo un museo gratuito rivolto al grande pubblico del Vittoriano e agli studenti, abbiamo voluto semplificare la lettura. La data simbolica d’inizio è il 1861, anno dell’unificazione italiana, anche se l’emigrazione iniziò molto prima. Attraverso sei sezioni si arriva fino ai giorni nostri, con i casi di affermazione di oriundi italiani in sempre più campi e l’inversione dei rapporti, con l’Italia che dal 1976 diventa un Paese in cui i flussi in entrata iniziano a superare quelli in uscita. Ma l’aspetto più importante è quello dell’unità nella diversità, perché l’emigrazione fu un fenomeno caratterizzato da innumerevoli flussi locali”.
All’interno, nelle varie stanze lo strumento multimediale la fa da padrone. Mentre una particolare sezione della Mostra pone all’attenzione le migliaia di espatriati da ogni singola regione e la loro destinazione verso territori diversi. “Un modo per sfatare alcuni luoghi comuni - aggiunge Nicosia - perché il primato spetta al Veneto, seguito dal Friuli, mentre solo a partire dal secondo dopoguerra la Sicilia sale sul gradino più alto della classifica, anche per effetto delle partenze verso il Nord industrializzato”. Migrazione interna alla quale è dedicata una specifica sezione, con i filmati dell’istituto Luce e delle Teche Rai (molti inediti) che testimoniano. E poi le foto, inequivocabili e dimenticate, dei cartelli appesi ai palazzi e sulle porte dei locali: “Non si affitta ai meridionali”, “Vietato l’ingresso ai cani e ai meridionali”. Storie di quotidiana indegnità, al punto che a Milano molti emigrati iniziarono a dormire nei casini, ospitati dalle prostitute.
Nella parte finale del percorso espositivo si può consultare una biblioteca sull’argomento e disporre di una sala cinema dove viene proiettato un documentario dal titolo ''L'Emigrazione Italiana e il Cinema'' con interventi, tra gli altri, di Emanuele Crialese, Carlo Lizzani, Enrico Magrelli, Citto Maselli, Giuliano Montaldo, Gabriele Salvatores, Pasquale Scimeca, Pasquale Squitieri, Daniele Vicari, Nello Correale.
Ma il Museo contiene anche documenti d’archivio. Fra i pezzi pregiati, anche alcuni cimeli storici, dai quaderni di scuola recuperati dalla Società Dante Alighieri a due organetti originali utilizzati per le vie di Buenos Aires da migranti siciliani a inizio secolo fino al modellino della nave Roma, una delle prime a effettuare le traversate transoceaniche e a portare in America gli emigrati a livelli “industriali”. Materiale tanto vasto da rotare ogni sei mesi nei locali del Vittoriano. “Non volevamo allestire la solita mostra col passaporto o il biglietto per New York e visto che avevamo raccolto tanto materiale per gli ambienti che abbiamo a disposizione e in considerazione del tipo di pubblico che abbiamo pensato che era giusto sottolineare le tante peculiarità regionali e ‘accontentare’ tutti - chiosa il direttore -. Per questo non hanno senso le polemiche sulla necessità di realizzare questo museo a Napoli o Genova: scegliendo una sede ‘neutra’ e unitaria volevamo parlare dell’emigrazione italiana nel suo complesso, non di quella di Nord o del Centro-Sud”.
Numerosi e prestigiosi i Prestatori: oltre 40 tra i quali la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, Rai Teche, l'Istituto Centrale per i Beni sonori e audiovisivi, l'Archivio Centrale di Stato, l'Istituto Luce, la Fondazione Cresci, la Società Dante Alighieri, la Società Umanitaria di Milano, l'Archivio Storico della città di Torino e diversi collezionisti privati.
Ed in qualità di prestatore, non è voluto mancare Franco Vallone con una parte importante della sua raccolta privata “Le Stanze della Luna” di Vibo Valentia, che rappresenta dignitosamente la Calabria, una delle realtà geografiche italiane ad aver alimentato maggiormente a cavallo dell’Ottocento/Novecento il fenomeno dell’emigrazione in tutto il mondo, dalle Americhe in Australia e nei paesi europei. Invitato dagli organizzatori, Franco Vallone ha messo a disposizione momenti significativi e ricordi indelebili della diaspora calabrese che ora si possono toccare con mano, studiare e addirittura fotografare: cimeli, fotografie, bauli, documenti di identità, di viaggio, che contribuiscono a raccontare come si muoveva la “Tonnellata umana”, così la definisce Pasquino Crupi, alludendo al carico umano degli emigrati calabresi.
“Non è la prima volta – dice Franco Vallone, accompagnato per tutto il percorso della Mostra dal glottologo Prof. Michele De Luca - che la mia raccolta viaggia da un posto all’altro. In passato, ha collaborato più volte alla realizzazione di eventi e mostre prendendo parte in particolare a quella indimenticabile dell’emigrazione italiana in America “The World in my Hand”, svoltasi nel cuore ancora pulsante dei migranti verso gli USA, a Ellis Island di New York nel 1997.
Il baule di fine ottocento, esposto attualmente al Vittoriano – continua Vallone – ha una storia molto singolare. Gli emigranti lo prendevano in affitto per trasportare masserizie durante i loro viaggi. Dopo le traversate il baule ritornava regolarmente in Calabria pronto per essere affittato per un altro viaggio. La ‘Ditta’ che affittava il baule era di stanza a San Costantino Calabro. La parete esterna del prezioso ‘Baullu’, ormai a riposo, è pieno di targhe e biglietti di viaggio che si sono accumulati nel tempo durante decine e decine di traversate“.  

Continua... (video)

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Ellis Island Italians in the World Spilingesi of America Spilingesi nel mondo
Tropea Ristorante di Lorenzo Scordamaglia (Zaccanopoli) Canti degli Emigranti
Tropea Restaurant di Pat Vizzoni (Spilinga) Un tropeano alla conquista della Svizzera


Prof. Giuliano Toraldo di Francia

A colloquio con il Prof. Giuliano Toraldo di Francia
professore emerito dell'Università degli Studi di Firenze,
medaglia d'oro della Fisica Italiana

(S. L.) Un'intervista di 'Pianeta Galileo' con il Fisico Prof. Giuliano Toraldo di Francia fatta a Firenze il 19 novembre 2007 e poi postata su You Tube.
Ed una breve nota sul suo contributo scientifico elaborata da Riccardo Pratesi (Dipartimento di Fisica dell'Università di Firenze) e Laura Ronchi Abbozzo (Fondazione Giorgio Ronchi e IROE-CNR).

PRINCIPALI OPERE DI G. TORALDO DI FRANCIA

[1] Onde elettromagnetiche (Zanichelli, 1953, Traduzione inglese Interscience Publishers, Traduzione giapponese)
[2] La diffrazione della luce (Edizioni Scientifiche Einaudi, 1958)
[3] L'indagine del modo fisico (Einaudi, 1976, Traduzione inglese presso Cambridge University Press)
[4] Il rifiuto (Einaudi, 1978)
[5] Le teorie fisiche (Boringhieri, 1981)
[6] L'amico di Platone (Vallecchi, 1985)
[7] Le cose e i loro nomi (Laterza, 1986)
[8] La scimmia allo specchio (Laterza, 1988)
[9] Un universo troppo semplice (Feltrinelli, 1990)
[10] Dialoghi di fine secolo (Giunti, 1996)

Intervista con il Prof. Giuliano Toraldo di Francia

Breve nota sul contributo scientifico del Prof. Giuliano Toraldo di Francia


Fotogrammi del documentario Incom

Quel filmato del '48 su Natuzza Evolo
Il ritrovamento del vecchio documentario
dell'Istituto Luce

(F. Vallone) Un film vecchio del 1948, uno spezzone in bianco e nero di pochi minuti di girato che si è rivelato di grande interesse storico e antropologico. I titoli di testa del vecchio documentario in bianco e nero aprono con il cappello che pone una domanda precisa: "Fenomeni soprannaturali?", poi segue il titolo: "Col sangue la donna di Paravati disegna". Segue il nome della rubrica "la settimana INCOM", l'informazione, di quel lontano venti febbraio del 1948, veniva proiettata nelle sale cinematografiche.
Ed ècco il testo del breve reportage dalla Calabria:
"Paravati, è una frazione di Mileto, in Calabria, a tredici chilometri da Vibo Valentia. Camminando per queste strade, anni fa, per la prima volta il piede di Natuzza Evolo sudò sangue. Il parroco preferirebbe non parlare della prodigiosa pecorella del suo gregge. Nostra intervista - Ecco la casa, Natuzza racconta: ha ventiquattro anni, è sposata con un falegname, non ha conosciuto il padre morto in America, lontano dalla madre perché non era buona. Dal giorno che sulla sua pelle senza ferite comparve il primo sangue, quanti fazzoletti disegnati spontaneamente in figure sacre da quel sangue.
Non può allattare il suo secondo bambino perché l'essudazione vi si manifesta dappertutto. Fenomeno vasomotorio che dilatando i tessuti fa uscire il rosso madore ma come spiegare allora il dono dell'ubiquità. Qui, alla presenza di giornalisti e testimoni, Natuzza Evolo dà la prova di realmente disegnare col sangue. Quelle gocciole scrivono anche parole che Natuzza, analfabeta, non saprebbe tracciare con le mani. Ingenui segni religiosi aprono, tra corone di stelle, la porta del paradiso".
Qualche tempo fa abbiamo fatto pervenire il riversamento di questo filmato alla mistica attraverso le mani di P. Michele Cordiano e lei ha potuto così rivedere e rivivere scene, tempi e luoghi lontani oltre sessanta anni. Da anni Paravati è legato al nome di Natuzza, un nome che apre le porte ad un vero e proprio universo di misticismo. Questa di Natuzza sembra una storia lunga e lontana centinaia di anni ed invece ci rendiamo conto che nasce ed inizia nel Novecento e si trova oggi ad essere storia di vita del duemila, storia attuale che, comunque, fuoriesce da ogni tipo di umana visione.
Via Umberto I di Paravati, è qui che ha sede una fondazione molto particolare che porta il titolo di "Cuore Immacolato di Maria - Rifugio delle Anime". Abbiamo letto l'atto costitutivo e lo statuto dell'associazione, possiamo constatare che è l'unica associazione al mondo a riportare nel suo atto costitutivo alcune frasi che arrivano direttamente dalla Madonna. Il notaio che a suo tempo ha redatto l'atto passerà certamente alla storia per questo!
Arriviamo a Paravati in una giornata di pioggia, i pullman dei pellegrini, parcheggiati lungo la strada a destra e sinistra, arrivano fino a Mileto, che dista alcuni chilometri. La polizia, i carabinieri, i vigili urbani e i numerosi volontari faticano a dare al traffico un indirizzo accettabile e sostenibile. Chiediamo a dei vigili alcune indicazioni per arrivare al centro del paese, ci indicano una stretta stradina di campagna che segue i confini esterni del paese. In piazza la scena che si presenta ai nostri occhi è incredibile: gente, gente, gente… gente dappertutto e ovunque in attesa di vedere Natuzza. Gente richiamata da ogni parte del mondo. Vediamo, tra la folla colorata, alcuni stendardi dei cenacoli di preghiera, uno porta il nome di New York, un altro segna il gruppetto di pellegrini dell'Australia. È impressionante il modo in cui seguono lo sguardo verso questa piccola figura sul palco, una signora con gli occhiali, un poco tremolante, sorretta dal marito e dal figlio. Natuzza rivolge un saluto alla gente e dice che prega per tutti. Poi dopo la messa, presieduta dal vescovo della diocesi, Natuzza entra in auto scortata dalla polizia di stato di Vibo Valentia e parte verso casa transitando tra due ali di folla immensa. Ci affrettiamo a raggiungere il centro di Natuzza immerso nel verde, assieme a noi migliaia di persone cercano rifugio e ristoro presso il giardino, per continuare a pregare, per mangiare un panino o semplicemente per un attimo di riposo. Decine di volontari offrono aiuto, altri supportano i banchi vendita di souvenir, riviste e pubblicazioni su Natuzza, crocifissi, medagliette ed ogni altro oggetto sacro ed è a questo punto che ci accorgiamo che Paravati è diventato luogo eletto anche per il mercato della fede come era già accaduto per San Giovanni Rotondo, Pompei, Polsi.
Ci parlano della fondazione nata in nome di Natuzza e vogliamo approfondire questo interessante aspetto. Dopo un pò entriamo nell'auditorium del centro ed incontriamo il collega giornalista Vincenzo Varone, direttore responsabile della rivista "Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime" ed oggi sindaco della città di Mileto, padre Michele Cordiano e il sacerdote Pasquale Barone, presidente della fondazione. Nella grande sala, intanto, Natuzza è seduta tra la gente in quarta fila, accanto ad un pilastro. La cosa strana è che la gente non si era accorta della sua presenza in platea. Appena questo si realizza tutti si stringono attorno alla mistica di Paravati per salutarla. Ci avviciniamo anche noi, le stringiamo la mano ed è questo un momento emozionante pensando a quelle famose emografie prodotte da quelle mani e riprodotte in migliaia di illustrazioni nei volumi monografici.
Natuzza è un personaggio misterioso e straordinario ma nel contempo di una semplicità estrema ed è proprio lei l'ispiratrice di questo grande progetto che si chiama "Cuore Immacolato di Maria - Rifugio delle Anime". Tutto è nato anni fa, precisamente il 4 dicembre del 1986. Natuzza Evolo incontra il parroco e lo sollecita ad occuparsi della realizzazione di un'opera spirituale e sociale nella sua Paravati. "Non è stata una mia volontà", ripeterà più volte Natuzza. "Io sono solo la messaggera di un desiderio manifestatomi dalla Madonna nel 1944, quando è apparsa nella mia casa, dopo che ero andata in sposa a Pasquale Nicolace. Quando l'ho vista, Le ho detto ((Vergine Santa, come vi ricevo in questa casa brutta?)), Lei mi ha risposto: ((Non ti preoccupare, ci sarà una nuova e grande chiesa che si chiamerà "Cuore Immacolato di Maria -Rifugio delle anime" e una casa per alleviare le necessità di giovani, di anziani e di quanti si trovino nel bisogno". "Da allora, ogni volta che io vedevo la Madonna, Le chiedevo quando ci sarebbe stata questa nuova casa, e la Madonna mi rispondeva: ((Ancora non è giunta l'ora)). Quando l'ho vista nel 1986 mi ha detto: ((L'ora è giunta)). Io, vedendo tutti i problemi delle persone, che non c'è posto dove ricoverarli, ho parlato con alcuni miei amici che conoscevo e con il parroco don Pasquale, e allora loro stessi hanno formato l'Associazione". Sono parole destinate a non conoscere l'usura del tempo ed a restare impresse per sempre nel cuore e nell'anima.
Don Pasquale Barone informa il Vescovo del tempo, monsignor Domenico Tarcisio Cortese, di questa richiesta. Da lì a poco, l'Ordinario diocesano dà il suo assenso alla realizzazione del progetto, come strumento operativo di una volontà di Bene. Il cammino è avviato. L'associazione "Cuore Immacolato di Maria - Rifugio delle Anime" nasce ufficialmente nel 1987. Precisamente il 13 maggio, davanti al notaio Nunzio Naso ed alla presenza del Vescovo. Da quel 13 maggio inizia un'esperienza unica e irripetibile, destinata a fare memoria, che in tutti questi anni ha coinvolto migliaia di persone, di ogni età, di ogni luogo, di ogni ceto sociale. Paravati è diventato "il paese dell'anima" con la "Cittadella della carità". "Tutto questo nasce e si sviluppa sotto il carisma di Natuzza che sostiene l'iniziativa con la preghiera, con l'offerta della sofferenza, con la semplicità della vita e con la forza consolatrice della parola".

Il documentario (Settimana Incom) del 1948 dall'Archivio Istituto Luce


Natuzza Evolo

Su Natuzza Mons. Renzo a "Avvenire": per la Chiesa
viene meno una grande donna di fede che ha sempre
invitato alla preghiera creando gruppi che in tutto
il mondo oggi si raccolgono nei Cenacoli

(A. Gualtieri x Avvenire.it) Sabato hanno pregato insieme, il vescovo e la mistica. Erano le ultime ore di Natuzza Evolo e monsignor Luigi Renzo, vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, è andato a visitarla. «Era ancora lucida – racconta –. Mi ha riconosciuto e ha baciato la mia croce pettorale. Poi abbiamo pregato insieme. In silenzio, perché lei ormai parlava solo con gli occhi». È commosso, monsignor Renzo. Da quando, due anni fa, è stato eletto alla guida della diocesi calabrese, il suo legame con l’umile donna di Paravati segnata dalle stimmate è stato molto intenso. Tanto che adesso la premura del vescovo è che non si disperda il carisma di Natuzza: «È importante che la sua opera vada avanti e sono sicuro che la sua spiritualità continuerà nel cuore di chi le è stato vicino per anni. Anche il gruppo di sacerdoti che sta seguendo i suoi Cenacoli aiuterà a superare la fase difficile della perdita di Natuzza».
Con la morte della mistica, spiega il vescovo, «per la Chiesa viene meno una grande donna di fede che ha sempre invitato alla preghiera creando gruppi che in tutto il mondo oggi si raccolgono nei Cenacoli».
Natuzza, aggiunge Renzo, «è stata una donna di profonda umiltà, ripeteva sempre che ciò che avveniva era il Signore e non lei a farlo». Ma non solo: «Sono stato sempre colpito dalla sua semplicità e dal suo senso dell’obbedienza all’autorità ecclesiastica e questo è un aspetto che va al di là delle altre cose sulle quali la folla si può soffermare» afferma il vescovo, che oggi alle 15 presiederà i funerali a Paravati.

La pagina dell'Avvenire




Tropea. Chiesa del Purgatorio. Il Priore della Congrega delle Anime del Purgatorio,
Saverio Callisto e la Campana Maggiore, rovinata dal guano dei piccioni.
La campana porta impresso il marchio delle fornaci Scalamandrè di Monteleone
e l'anno di fusione, 1876. La Chiesa fu finita di costruire nel 1854, anno della sua inaugurazione


Alcuni cenni storici sulla fonderia di campane in Monteleone

(F. Tarallo /1908) Da oltre due secoli in questa città, illustre per i ricordi istorici, esiste una fonderia di metalli, l'unica forse e la più accreditata dopo quella tenuta dal Vinacci in Napoli nello scorcio del secolo decimosettimo.
La sua origine, a quanto risulta dalle nostre ricerche, poichè nulla su ciò troviamo scritto, risale al 1671, tempo in cui un Gerardo Olitapo da Vignola, fonditore di campane girovago, qui lungamente fermossi per espletare le molte incombenze che dai paesi circonvicini aveva ricevute.
A non lungo andare un suo figlio, il cui nome non è a noi pervenuto, m'anche lui fonditore, s'imparentò con la famiglia Bruno togliendo in isposa una di questo casato.
Corsi più anni, e cioè verso il 1700, la fonderia impiantata dagli Olitapo cessò dal funzionare, o meglio, di essa non si ha notizia alcuna che chiarir potesse con precisione che cosa ne sia addivenuta.
Fatto sta che una nuova fonderia venne su verso i primi dell'ottocento gestita da un Gerardo Bruno e da questi lungamente tenuta finchè passata in potere di due suoi figliuoli Niccola e Gennaro, non fu da costoro fino al 1815 esercitata.
Grande fu il credito da questa fonderia raggiunto durante la giurisdizione del primo Bruno; basti il ricordare che non soltanto le principali Città e Comuni delle nostre Calabrie si recarono a vanto il giovarsi di essa per ottenere le campane per le loro principali chiese ma benanco da lontane Provincie facevasi a gara per procacciarsene, siccome rileviamo da un libro di memorie a Gerardo Bruno appartenuto, e dai suoi discendenti a noi cortesemente esibito.
Per la qualcosa noi, sorvolando le campane di minor rilievo che in numero elevate riscontriamo, accenneremo di poche soltanto a sol fine di avvalorare vie meglio il nostro asserto.

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Don Orione (1872-1940) e il vescovo di Tropea Felice Cribellati (1885-1952)
La salma di don Orione portata in trionfo per una settimana da Sanremo a Tortona. I ricordi del vescovo Felice Cribellati che accompagnò quella peregrinazione.

(Felice Cribellati) Io giunsi a San Remo , quando la salma restava esposta sul catafalco della piccola chiesetta di S. Clotilde, e prima ancora che fosse collocata nella bara. Già un continuo pellegrinaggio si stava svolgendo, di gente che accorreva per vedere, toccare, baciare le spoglie del Servo di Dio e per avvicinare alla medesima qualche oggetto religioso o personale. Mi si disse che i negozi di S. Remo di oggetti religiosi, immagini, medaglie, piccoli crocifissi, s'erano esauriti, e ricordo quale e quanta fu la mia meraviglia nel vedere tanto fervore e tanta ressa attorno alla venerata salma di Don Orione, avendo io sempre ritenuto la città di S. Remo, dove io avevo passato sei anni, come fredda ed apatica in materia religiosa ed in opere caritative, facile soltanto alle grandi manifestazioni del piacere e della mondanità.
Furono proprio le manifestazioni di S. Remo che mi impressionarono maggiormente, pensando che quell'ambiente non avesse potuto comprendere ed apprezzare lo spirito di Don Orione, a differenza di altre città che avevano per lui tanta venerazione, e mi è parso in quelle onoranze funebri di vedere chiaramente la mano di Dio, che metteva in luce il suo Servo. Celebrò la S. Messa il Vescovo di Ventimiglia S. E. Monsignor Rousset , il quale disse anche l'elogio funebre, esprimendo la fiducia di vedere fra non molto il Servo di Dio nella gloria decretata dalla Chiesa ai suoi Santi.
Partecipavano tutte le autorità, con il Vescovo locale; S. E. Albera , Vescovo di Mileto ; e con me sottoscritto era l'Abate Caronti ; Visitatore Apostolico della Congregazione, e l'Abate dei Benedettini di Finalpia. Il Municipio di S. Remo pensò al trasporto della salma fino a Genova.
Da notare che la città di Genova, come quella di Milano, avevano chiesto di poter avere almeno per qualche ora la salma del Servo di Dio. La reclamavano particolarmente i poveri ricoverati negli istituti della Congregazione delle due città. L'Abate Caronti, Visitatore Apostolico della Congregazione, credette acconsentire, e la venerata salma, attraverso tutti i paesi della riviera, fu trasportata fino a Genova ; da Genova a Milano per Novi , Alessandria , Valenza , Lomellina e Milano ; da Milano a Tortona , per Pavia , Voghera , e Pontecurone , sua patria.

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Mons. Felice Cribellati era originario di Staghiglione (Pavia), ove nacque il 28 maggio 1885, e morì a Tropea il 1° febbraio 1952, a 67 anni di età, 45 di Professione, 44 di Sacerdozio e 30 di Episcopato. Entrò nell'orbita di Don Orione a Mornico Losana (Pavia), come convittore, il 1 settembre (1896) ed ebbe per assistente Don Sterpi che gli fu largo di particolari attenzioni. Il 24 Giugno 1897 vestì l'abito chiericale per mano di Don Orione. Mentre studiava Filosofia e Teologia nel Seminario di Tortona, prestò l'opera sua come assistente dei giovani di Santa Chiara e del Paterno. Il 21 settembre 1907, Mons. Ambrogio gli conferì a Sanremo l'ordinazione sacerdotale. Dopo tre anni di attività a Cuneo egli fu d'urgenza chiamato a dirigere un' altra Casa di nuova fondazione a Reggio Calabria. Sempre sulla breccia, infaticabile, tenace, fu l'esempio vivo della prontezza nell'esecuzione dei comandi che gli vengono dai superiori. Fu poi destinato a Sanremo come direttore del Convitto San Romolo, successivamente a Messina come Rettore della chiesa della Consolata. All'aprirsi dell'anno scolastico 1918-19 egli torna a dirigere l'Istituto San Prospero di Reggio. Nel 1920 affiancò Don Roberto Risi nella cura della nuova e popolosa parrocchia di Ognissanti. La fiducia del Santo Padre Benedetto XV, a seguito delle informazioni assunte presso le autorità religiose della Calabria e di Roma, si posò su questo giovane sacerdote e lo volle innalzato alla dignità episcopale. Il 29 Giugno 1921, nella Chiesa parrocchiale di Ognissanti veniva consacrato Vescovo (aveva 35 anni) dall'Ecc.mo Sig. Cardinal Vicario Basilio Pompili. Il giorno 8 settembre successivo, al mattino faceva l'ingresso a Nicotera e nel pomeriggio a Tropea.
La nota dominante nella tessitura armoniosa della sua vita è 1' apostolato della predicazione, che divenne un'arma poderosa nelle sue mani, tanto da richiamare l'immagine di S. Paolo. I buoni calabresi lo chiamavano 'u vescoviddu famigliarmente circondandolo di benevolenza e stima. Morì il 1° febbraio 1952.
Fu sepolto di fianco all'altare del SS. Sacramento nella Cattedrale.




La Città di Tropea in "Nuova, e perfettissima descrittione del Regno di Napoli"
di Enrico Bacco, Cesare d'Engenio Caracciolo, per Lazzaro Scoriggio, Napoli 1629

(S. Libertino) Tratta dalla Rete da un vecchio testo in digitale e in PDF, che è possibile scaricare, la descrizione della Città di Tropea nel 1629. Vediamo come gli autori se la cavano:
"Ritornando Scipione Africano dopo le rovine di Cartagine in Italia, quivi primieramente prese terra, e volendo ringratiare i dei della vittoria ottenuta, dopo fatti i sacrifici quivi eresse un trofeo, e da quello fu detta la città di Tropea, come dice Costantino Lascari nel libro, che scrisse de' Filosofi di Calabria, ma per corrottione del vocabolo mutata la lettera f in p, fu chiamata Tropea. Iano Parafico afferma, che dal Trofeo habbia ritenuto il nome di Tropea. Ma racconta l'historia diversamente, imperoche, dice egli, che havendo Sesto Pompeo vinto nel conflitto navale Ottaviano Cesare nel Capo Vaticano, e smontato vittorioso in terra, volle trionfare, e dal trionfo per la sua vittoria chiamò l'edificata città Trionfea. Hoggi detta Tropea; la quale è ornata della Vescoval dignità; il cui principio è antichissimo, e Stefano suo Vescovo si ritrovò presente al Concilio Niceno, il secondo, come dice il Marafiotti nella Cronica di Calabria. Illustrarono molto questa Città, fra gli altri, Vincenzo Lauro, Vescovo di Mondovì, Città nel Ducato di Savoia, questi podo d'haver fatte molte legationi per Santa Chiesa, fu da Gregorio XIII. Di felice memoria, creato Cardinal del titolo di Santa Maria in via lata, Marco Lauro Vescovo di Campagna, e Teofilo Galluppo Vescovo di Oppido, i quali intervennero nel Concilio di Trento. Quivi anche fiorirono Francesco Gabriele famoso Dottor di Leggi, Luigi Vento. Gran Siniscalco, Lodovico Vulcano, Generale delle Galee, che il Re Ferrando II. Tenea nell'Arsenale di Tropea, Giovanni Mezzatesta, il quale ritrovandosi nel presidio di Crotone, per honore del Re Cattolico entrò in steccato con Mostafà Turco, huomo valoroso l'ammazzò, e troncolli la testa, onde per lo suo valore il Re gli donò una Terra nell'Abbruzzo, & altri.
Nel casale detto di Santa Domenica giace il corpo di S. Domenica Vergine e Martire. Et in questa città s'annoverano queste famiglie nobili. C. d'Engenio.
Afflitti, Aaroli, Aquini, Angelini, Baroni, Buongiovanni, Braccio, Coivani, Caputi, Campani, Caraccioli, Consiglia, Coppula, Del Duce, Facili, Fazzelli, De Franza, Frezza, Gabrieli, Galuppi, Lumicisi, Lancellotti, Mortirani, Migliaresi, Pelliccia, Pipini, Pignatelli, Portugalli, Puglisi, Scartaretica, Schiavelli, Tocco, Tomacelli, Toraldi, Tranfo, Tropiani, Viento, Vulcani, & altri."

Nuova, e perfettissima descrittione del Regno di Napoli (La voce Tropea è a pag. 146)




Antonio Piserà, Enzo Taccone e Salvatore Libertino
al tavolo della presentazione del Calendario presso la sala operativa
della Protezione Civile di Tropea


Lo sconcio di Enzo

(S. Libertino) A una settimana dalla presentazione del 13 agosto 2009 presso la sala operativa della Protezione Civile di Tropea, l'uscita del 'Calendario di Enzo 2010' aveva già suscitato un coro di reazioni indignate nelle fila dei ben pensanti infastiditi dai dodici scatti e dalle scene del DVD (Backstage) allegato che mostravano le gambe scoperte di Enzo in abiti succinti e parrucche femminili perché offendevano la pubblica decenza. A questo modo di pensare, di una Tropea borghesotta e perbenista, si accodava la quasi totalità dei giornalisti (?) che hanno preso le dovute distanze dall'iniziativa declinando l'invito di partecipare alla conferenza stampa. I 'SignorNO' , per fortuna non tanti, visto che il Calendario sta avendo un discreto successo di vendite, hanno perso di vista il senso dell'umorismo, dell'ironia e dell'autoironia cui è improntato, l'idea 'nuova' e originale di averlo fatto e il fine benefico che si prefigge. Il ricavato infatti andrà a confluire nelle casse disastrate, finora mai alimentate - ad un anno della costituzione - del gruppo comunale della Protezione Civile, i cui 24 volontari - non tutti coperti da assicurazione - hanno messo mani più volte al portafoglio per acquistare le divise e le attrezzature basilari richieste dal normale svolgimento delle attività operative cui il gruppo è istituzionalmente preposto. Il ricavo sarà totalmente devoluto a questa giusta causa significando che gli organizzatori e i curatori dell'evento, e cioè il sottoscritto e Enzo Taccone, rinunceranno ad intascare dai ricavi delle vendite il costo equivalente alle spese sostenute.
Questi SignorNO persino hanno perso di vista - e questo che ci fa di più preoccupare - l'essenza della figura, ormai arcinota, di Enzo Taccone che si è prestato a posare e a farsi riprendere per strappare un sorriso in una Tropea, devastata e afflitta da mali di ogni genere. Figura pura e genuina che in ogni momento della vita si è messo a disposizione della comunità in qualsiasi situazione - nel sociale come nel leggero - quale organizzatore di eventi, e solerte collaboratore in decine e di più iniziative.
E' ovvio che quando è stato deciso di realizzare questo progetto, ci si aspettava che l'iniziativa sarebbe stata accolta tiepidamente da una parte dei concittadini. E ciò è stato proprio uno dei motivi che ci ha spinti maggiormente a iniziare e portare a compimento il lavoro con determinazione. Era infatti la provocazione che si andava cercando. Di far prendere atto alla parte perbenista della cittadinanza - se ci fosse stato bisogno - del significato dei termini 'sconcio' 'squallido' 'osceno', 'indecente', 'vergognoso' 'indecoroso' e di altre similari aggettivazioni, le quali una volta metabolizzate, speravamo venissero fuori accompagnate da una adeguata reazione in presenza della sconcezza, dello squallore, dell'oscenità, dell'indecenza, della vergogna in cui si era cacciata la città di Tropea negli ultimi trent'anni. E quali sarebbero i cotanti scempi perpetrati durante tale periodo ai danni della città e di quelli che ci vivono dentro? Sono tanti, tantissimi che intanto hanno contribuito a cambiare mentalità e stile di vita delle persone. Sono i sistematici abusi e violenze di ogni tipo dirette soprattutto a loro, come la storia del cemento depotenziato della scuola media che ha messo in ginocchio intere famiglie, dell'ecomostro che ostruisce lo sbocco del Lumia con gravi pericoli di interramento dello specchio d'acqua del porto e di allagamento del borgo Marina, dei corsi d'acqua (Annunziata, Lumia, Vicce) impediti perché sommersi dalle abitazioni e dalla vegetazione con drammatiche possibili tracimazioni e smottamenti facilmente prevedibili, dei depuratori realizzati sul letto della Grazia e dell'Annunziata esposti in ogni momento a possibili inondazioni di acqua e fango, dell'avanzata dei lidi verso il mare con conseguente depauperamento delle spiagge, della precaria situazione della palestra costruita male e di cui si conosceva la criticità (il vento ha scoperchiato il tetto per due volte), del nuovo campo sportivo galleggiante e quindi inservibile ed inutilizzabile perché costruito su una falda acquifera, della rete fognaria urbana che fa acqua da tutte le parti, del mare pieno di sporcizia e liquame... telecomandati, dell'incontrollato exploit della ristorazione nel centro storico (almeno una trentina di esercizi), dell'occupazione abusiva dello spazio pubblico di intere vie (interrotte) e marciapiedi (definizione = uno spazio sopraelevato posizionato al lato di una strada, riservato al transito ed allo stazionamento dei pedoni), eccessiva rumorosità nel periodo estivo dei locali pubblici vicino alle abitazioni, di un inefficace o inesistente piano regolatore, dell'endemica pericolosità dello scoglio dell'Isola e della rupe che mette sempre di più a repentaglio la sicurezza delle abitazioni, e nonostante la continua caduta massi di voler realizzare a tutti i costi non uno ma due ascensori proprio sulla rupe continuandola a violare, dell'annosa assenza di un cinema (negli anni Sessanta Tropea ne aveva cinque) e di un punto di aggregazione coperto (la recita di fine anno delle elementari si svolgeva qualche anno fa in Cattedrale), del vergognoso stato di abbandono in cui versa la biblioteca comunale con i documenti del prezioso archivio pieni di muffa per le continue infiltrazioni di acqua piovana, della disattenzione verso i problemi dei cittadini a favore delle esigenze dei turisti, della situazione disastrosa delle tradizioni tropeane che ormai stanno scomparendo, dalle processioni (San Giuseppe, Santa Maria dell'Isola, Santa Domenica) alle relative feste, compresa quella patronale, dello stato pietoso in cui versa la cultura patria - enorme risorsa che offre spunti utilissimi per un futuro migliore della Città - che ha sempre patito durante le varie amministrazioni il clima di ignoranza e l'abietto oscurantismo di chi ci ha governato, dell'insensibilità e non curanza dimostrata dalle varie amministrazioni di dedicare a Raf Vallone una semplice targa alla memoria per gli alti meriti culturali conseguiti durante la carriera cinematografica e teatrale nel mondo, dei troppi debiti accumulati da errori derivanti da allegre attività amministrative.... Questo è solo un assaggio significativo delle sconcezze, degli squallori, delle oscenità, delle vergogne che offendono la pubblica decenza e che devono suscitare - queste sì - le reazioni indignate di tutti noi nei confronti degli autori di tali misfatti!

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L'intervista di Annarosa Macrì (17.11.09)


I preti nell'arte di Reginaldo

(Mariano Meligrana) E' stato Gramsci, tra gli altri, a notare come 'il contadino meridionale, se spesso è superstizioso in senso pagano, non è clericale' e che 'l'atteggiamento del contadino verso il clero è riassunto nel detto popolare: "il prete è prete sull'altare; fuori è un uomo come tutti gli altri"', 'cioè un uomo sottoposto alle passioni comuni (donne e danaro) e che pertanto spiritualmente non dà affidamento di discrezione e di imparzialità'.
Dell'atteggiamento popolare verso il clero - in verità, più complesso e variegato di quanto le rapide notazioni gramsciane consentano di stabilire - si rende interprete Reginaldo D'Agostino che in una serie di sculture e dipinti traccia una tipologia del clero meridionale, che è anche uno spaccato di vita morale e religiosa.
Il corpo come segno è la traccia che D'Agostino assume dalle culture tradizionali per proporci una semiologia del corpo clericale, che si costituisce come fonte di verità, luogo di svelamento della menzogna e di decantazione dell'ipocrisia.
Non che il corpo sia, lombrosianamente, responsabile delle azioni degli uomini, anzi esattamente il contrario; come se nello spazio corporeo si iscrivessero, con ineludibile precisione, i pensieri, le parole e le opere che ciascuno di noi pronuncia nella propria coscienza, prima di distenderli - senza il segreto ultimo che li sostiene - nella propria e comune storicità.
Il corpo del prete è il registro della sua anima, della sua coscienza, l'inventario dei suoi vizi e delle sue virtù, filtrate e ricomposte dall'immaginazione folklorica, che, certo, storicamente ha subito condizionamenti profondi nell'incontro con il clero e con la religione cattolica.
Si potrebbe dire, utilizzando un'espressione che dà il titolo a un recente libro di poesie, che Reginaldo tracci, sulla scorta dell'atteggiamento popolare verso il clero, una <>, una mappa fisico-spirituale della presenza del clero nei paesi della Calabria, prima del Concilio, prima dell'omologazione, prima del regime democristiano.
Sono figure di preti che condensano e verificano nei loro corpi la verità che il mondo contadino ha intuito e affidato alla fabulazione, alla metafora, alla forza rammemoratrice e sentenziale dei proverbi, sempre separando - anche quando il prete diviene e ancor più diveniva operatore magico-religioso, più vicino, quindi, alla concezione e alla sensibilità popolari - la funzione religiosa-sacramentale da quella privata, in cui l'umanità irrompe con implacabile e imparziale urgenza, a dispetto delle differenze e dei giudizi che il prete istituisce e pronuncia o di cui è garante. I proverbi invitano alla distinzione, a non confondere, a mettere tra sè e il prete una distanza di sicurezza:
Di monaci e previti sèntiti 'a missa e fuj;
Previti 'n casa mia Ddiu mu li scansa;
Cu' monaci, previti e cani statti cu' lu vastuni a li mani;
Di previti e di monaci e di cumpari di Surianu, libera nos a malo.


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Un momento di una gita del liceo 'P. Galluppi' del 1956. Scordo è al centro della foto

Totò Scordo
poeta dimenticato

(S. Libertino) Abbiamo avuto modo di leggere recentemente cinque liriche inedite di Totò Scordo, a distanza di ventisette anni dalla scomparsa avvenuta a Tropea il 15 aprile 1974. E ci è sembrato giusto pubblicarle qui per farle conoscere ai vecchi ed ai futuri amici della sua poesia.
Sono scritte in dialetto ma ciò non toglie che esse siano state composte con la stessa passione e con lo stesso amore dei versi in lingua che conosciamo fin dalla loro pubblicazione. Anzi ci pare che in questi versi ritrovati Totò sia più a suo agio con la Musa. Il tono lo sentiamo più confidenziale, aiutato, lui tropeano tutto d'un pezzo, dal linguaggio dialettale ad esprimere i più profondi sentimenti dell'anima con la fragranza e la genuinità che appartengono alla quotidianità familiare.
Cinque liriche quindi, scoperte in un quaderno di appunti manoscritti: "'Mbernu", "A 'na funtanea" e "Idillio" hanno per tema i travagli e le gioie dell'amore mentre "'A gatta e 'u suruci" e "'U progressu" rappresentano rispettivamente un delizioso quadretto di fedriana memoria e un accenno ironico al progresso del momento (siamo negli anni cinquanta/sessanta), dalle cui novità tecnologiche non verrebbero risparmiate neanche le donne.
Al riguardo, qualche ex alunno del liceo classico "P. Galluppi" di Tropea, si ricorderà che "'U progressu" era stata pubblicata nel giornalino scolastico che periodicamente veniva stampato a cura degli stessi studenti, tanto è vero che Alfonso Corrao, uno dei pochi superstiti dell'"Orchestra Primavera" che "impazzava" a Tropea verso gli ultimi anni cinquanta, ci asserisce che "'U progressu" era stata addirittura musicata dal fratello Onofrio e regolarmente proposta nelle feste danzanti, di piazza o durante le messe in scena delle irresistibili pieces della filodrammatica tropeana dei Fantauzzi, dei Repice, dei Tarantino, dei Lo Torto......

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La poesia di Franco Aquilino

(S. Libertino) Tra i vari metodi di studio volti a identificare i segni della cultura di un popolo in un determinato periodo di tempo e in una particolare situazione geografica, l'espressione dialettale trova un posto a volte determinante perchè autentica e spontanea nel raccontare la gente e le relative tradizioni.
E' possibile infatti, tramite la lettura della poesia dialettale, penetrare più a fondo nelle maglie dei sentimenti popolari fino a farne affiorare l'autentico valore umano e le ragioni dei comportamenti che sono di solito intimamente legati alla storia, alla tradizione della comunità ma anche alle condizioni politiche e economiche del territorio d'appartenenza.
Il dublice valore di documento umano e storico insito nella letteratura dialettale oggi spiega il sempre crescente interesse per questa antica espressione popolare in quanti hanno a cuore la valorizzazione della identità regionale.
L'innegabile freschezza e la spontaneità colte nella poesia di Franco Aquilino, tropeano puro sangue, ci offrono un ampio esempio del connubio umano e storico e ci fanno rimpiangere per il passato la trascuranza in cui sono state lasciate chissà quante interessanti testimonianze di una cultura e di una tradizione - che vanno sempre più scomparendo - in cui passa un solo filo di trasmissione costituito dall'articolata trama di sentimenti che hanno trovato voce nel poeta interprete.
Nelle scene che ci propone, nelle quali figura - come in un'opera cinematografica - regista, attore interprete o voce fuori campo, Aquilino anima il piccolo mondo antico tropeano, facendolo rivivere attraverso vene malinconiche ora impregnate di struggente nostalgia ora stemperate in sagace ironia, rivelando se stesso, la sua anima, i suoi sentimenti, i suoi amori, il suo carattere spiritoso, spigliato, osservatore, umoristico e critico, nonchè il suo estro poetico.
L'interesse del poeta si volge ad individuare componenti umane, aspetti del vivere associato, tradizioni oggi cadute nel dimenticatoio, e a ricreare vicende complesse e semplici della vita quotidiana che a volte sconfinano con la favola.
E' una poesia positiva e beneagurante quella di Aquilino che ci rende soddisfatti ed appagati, con la quale il mondo di Tropea, mentre tutt'intorno sembra confondersi e sfaldarsi, resta compatto nella sua struttura cellulare, miscuglio di bene e male, di debolezze e di virtù, chiuso e concluso nella sua vicenda storica, consegnato alla memoria in una cornice di affabile simpatia.

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Presentazione del libro di Franco Aquilino 'Nu Paisi'





Spilinga (VV). L'antico sito di Aramoni con il ruscello e i ruderi della fontana

Tradizioni sulla terra di Aramoni

(Diego Corso/1931) In un'epoca nella quale ferve l'ardore di rinvangare le cose passate, non tornerà discaro ricordare le tradizioni di Aramoni e delle frazioni adiacenti sparse fra le bassure dell'altipiano di monte Poro, presso al margine del fiume Lippo. Il monte Poro, staccandosi dall'Appennino, si spinge a modo di sprone fra i due golfi di S. Eufemia e di Gioia-Tauro, formando una penisola che finisce col Capo Vaticano.
Sulle balze occidentali di esso, nella linea del displuvio, il terreno, avvallandosi dolcemente, dà principio alla fiumara del Poro.
Il fiume Lippo serpeggiando sul muscoso pendio, divalla gradatamente e presso le roccie di Liso va a congiungersi col ruscello di Passo murato, proveniente dalla fontana di Aramoni.
Da quelle balze montane vien fuori la voce di un antico ricordo, che ha color di leggenda triste e malinconica, essendo state quelle gole, un tempo, liete di deliziosi villaggi, che animavano la solitudine delle ubertose campagne.
Nel medio evo, tempo che non ebbe certezza storica, nel luogo ove tuttodì vedesi la fonte di Aramoni, ombreggiata ancora da un arcisecolare caprifico, era situata la terra di Aramoni, accantonata su di un ciglione della valle omonima.
Nella barbarie di quei tempi oscuri, quel nido di falco era divenuto un covo di masnadieri e di fuorusciti.
Gente di armi venuta ad occupare nel 1292, da parte degli Aragonesi il castello di Mesiano, come mosche volate dal mondezzaio sociale, portarono seco il fermento della putredine, avvelenando la gente indigena, formata in gran parte di pastori e di contadini, solo col posarsi in mezzo ad essa.
Ferveva la guerra di Sicilia fra Angioini ed Aragonesi e le rappresaglie di quel periodo non furono conte nella storia di quel tempo, piena di lacune e di leggende.
Occupato il castello di Mesiano, chiuso da un fitto mantello di boschi vigorosi, quella gente si era annidata dappertutto, soprapponendosi a quei popoli avviliti e debellati. Come schiera che corra senza freno, si sguinzagliarono fra i nostri paeselli rovinando tutto, schiacciando e distruggendo persone e cose. Questo stato di anarchia e violenza crebbe per la carestia e penuria dei viveri, durante quelle calamitose guerre. Collegatisi coi naturali delle convicine terricciole, giovandosi delle fratte e boscaglie che coprivano l'acrocoro, speculando sulla incoscienza di quelle grame popolazioni, senza industrie e senza vie, intrapresero una campagna di furti e di rapine coll'aggredire i viandanti e collo spogliarli impunemente sotto pretesto di fellonie e di guerra.

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'Più libri più liberi'.
La vetrina nazionale della piccola
e media editoria è a Roma dal 5 all'8 dicembre


(S. L.) Ogni anno in Italia vengono pubblicate oltre 50 mila novità. Di queste il 25%, cioè un libro su quattro, è pubblicato da un piccolo e medio editore ma difficilmente riesce a superare i tanti ostacoli che lo dividono dal magazzino alle vetrine delle grandi librerie. Più libri più liberi nasce per questo. Per garantire ai piccoli e medi editori italiani la vetrina che meritano. Una vetrina d'eccezione, al centro di Roma e durante il periodo natalizio.
Più libri più liberi, la Fiera nazionale della piccola e media editoria, nasce nel dicembre del 2002 da una felice intuizione del Gruppo Piccoli editori di Varia dell’Associazione Italiana Editori, con l’obiettivo di offrire al maggior numero possibile di piccole case editrici uno spazio per portare agli onori della ribalta la propria produzione, spesso ‘oscurata’ da quella delle case editrici più forti; e insieme di realizzare un luogo di incontro per gli operatori professionali, per discutere le problematiche del settore e per individuare le strategie da sviluppare.
La formula di Più libri più liberi, che accanto all’esposizione di oltre 50mila titoli propone un programma culturale ricco di convegni, incontri, presentazioni e performance, ha subito incontrato il gradimento del pubblico che affolla tutti gli spazi del Palazzo dei Congressi di Roma rinnovando ogni anno il proprio affetto e la propria fedeltà.
Oggi, ad 8 anni dalla prima edizione, la manifestazione può vantare un successo al di sopra di ogni iniziale previsione, un successo che ha superato i confini nazionali e ha fatto di Più libri più liberi oggetto di crescente interesse anche per gli operatori stranieri.
La Calabria sarà rappresentata da una parte della ben nutrita schiera delle realtà editoriali esistenti: Rubbettino, Falzea, Città del Sole, Carello e Laruffa.
Il programma completo di questa ottava edizione di 'Più libri più liberi' sarà disponibile sul sito dedicato.

INFO
Più libri più liberi





Gli ingredienti della festa di sant'Andrea: campanile, giganti, zeppole, castagne, bella gente, q. b.

A Parghelia, alla festa di sant'Andrea quintali di castagne lanciate dal campanile....

(F. Vallone) È proprio una di quelle feste uniche che non troverete in nessuna parte del mondo quella che si svolge a Parghelia sulla costa vibonese. Una festa unica, dicevamo, che prevede il lancio di quintali di castagne dall'alto del campanile della Chiesa madre della cittadina, quella di Sant'Andrea Apostolo. È un'antichissima tradizione che si rinnova annualmente e che richiama numerosi visitatori.
Tanti i riferimenti antropologici antichi che fanno di questa usanza una delle perle tradizionali vanto di Parghelia. A dire il vero gli stessi cittadini del paese sottovalutano un poco la grande valenza, le potenzialità dell'evento e i valori nascosti tra le righe del rito ma è anche vero che lo sguardo esterno della festa di sant'Andrea è veramente notevole.
Il 29 novembre di ogni anno a Parghelia arrivano da tutte le parti per fotografare, filmare, o semplicemente assistere, e questo indica interesse per una tradizione tramandata e non affatto violata da interferenze simboliche e globalizzanti. Una festa a cui bisogna per forza di cose partecipare, entrare tra i personaggi, stare sotto il campanile e seguire l'evento il più possibile riparati per non essere colpiti direttamente dall'evento stesso. Colpiti non è un senso metaforico ma reale perché le castagne arrivano dall'alto del campanile, improvvise e violente, una pioggia di quintali di castagne avvisate solo dal suono festoso delle campane della stessa chiesa. Ecco perché bisogna essere preparati. Buste in testa, cappotti, maglioni avvolti al capo per ripararsi la testa e poi tutti giù a raccogliere quante più castagne si riescono a recuperare. "Durante la vigilia della festa di Sant'Andrea che si tiene il 30 novembre, dice la tradizione raccontata, vengono lanciate dal campanile quintali e quintali di castagne, testimonianza delle numerose elargizioni che la Chiesa in tempi antichi faceva durante i periodi di carestia".
Una diversa interpretazione antropologica è quella che vede, sempre in periodi remoti, l'usanza della nobiltà feudale del tempo, di distribuire, nei giorni di festa, mandorle, fichi secchi, castagne, noci, monetine ed altro, ai poveri del paese e ai tanti viandanti che si presentavano sotto le finestre e i balconi dei palazzi nobiliari e davanti alle chiese dei paesi.
Nella festa di sant'Andrea Apostolo, santo patrono di Parghelia si consumano per tradizione anche le zeppole, gustose frittelle tradizionali che possono essere dolci, zuccherate, con l'uva passita di zibibbo o rustiche salate, con l'acciuga o l'aringa, fritte dalle donne di Parghelia in piazza, si possono gustare durante il lancio ripetuto di castagne dal campanile.
Da qualche anno ad allietare il giorno di festa anche i giganti processionali Mata e Grifone con i loro balli rituali di corteggiamento.
Ritornando alle castagne di Sant'Andrea è facile ricondurre nel gesto del lanciare un significato propiziatorio con numerosi simbolismi legati al mondo dell'occulto. Sono frutti chiusi, le noci, le nocciole, le castagne dove l'interno è sempre un'incognita. Tradizioni che rimandano alle usanze nuziali dell'antichità, quando ai novelli sposi venivano lanciate delle noci, delle castagne o delle nocciole per buon augurio. Poi l'usanza, in tempi più moderni, si è evoluta verso il lancio dei confetti bianchi con una mandorla all'interno, dei petali di fiori colorati, del riso e delle monetine. Una simbologia beneaugurate perché considerata da sempre simbolo di fecondità.
Quest’anno in concomitanza con le elezioni amministrative, la festa è rinviata ai prossimi 5 (tradizional-popolare) e 6 (liturgica) dicembre.

Continua...(video)


IMADopo i 'Il DIVO', anche IMA si lascia catturare dal fascino di Tropea

(S. Libertino) Dopo i "Il Divo" che hanno scelto Tropea per girare il loro best-seller 'Mama', eccone un altro di video che vede la bella cantante canadese, IMA, alle prese con un brano di Zucchero Fornaciari 'Baila'.
Le riprese del video di Ima sono precedenti a quelle del brano dei 'Il Divo'. Esse risalgono infatti al 2003. Il montaggio delle sequenze, girate anche nelle strade di Pizzo e a Capo Vaticano, segue il ritmo prorompente della musica offrendo un prodotto finito molto accativante che vede come assoluta protagonista la bellezza di Ima che pare voglia competere con il fascino dei borghi di Tropea, di Pizzo e con le splendide insenature di Capo Vaticano.
Le locations tropeane sono riconoscibilissime. Oltre la rupe, la spiaggia e le rampe dell'Isola, molto è stato girato nel centro storico, a via Boiano, a Largo Gesuiti, a Via d'Aquino ma anche a via Caivano dove una scena coinvolge direttamente il titolare del market orto frutta, che, affascinato dall'avvenenza di Ima, fa cadere a terra una cassetta di frutta.
Parecchi sono i volti tropeani che si sono prestati alla macchina. In particolare, Onofrio, il Ballotto, che con autorevolezza da il via al video e lo chiude alla fine con altrettanta disinvoltura. L'ultra novantenne Mastro Ciccio Mazzitelli (Pace all'anima sua) che sembra voler fare degli apprezzamenti sulla figura di Ima che gli passa vicino, come anche un gruppo di pescatori (Zaino e suo fratello Caella il quale non c'è più) intenti sotto l'Isola a ricucire le loro reti da pesca. Mentre un nugolo di ragazzi - si riconoscono Francesco Carratura, Massimiliano Crupi - fanno a gara per corteggiare la bellissima cantante senza mollarla mai.
E quale appendice alla presentazione del video di Ima, c'è una piacevole sorpresa. Abbiamo scoperto di avere il back stage delle riprese, girato da noi durante il giorno di Carnevale, a marzo 2003, di cui vi proponiamo un breve segmento.
Ci siamo trovati casualmente in mezzo alle riprese della troupe, davanti la porta della chiesa dei Gesuiti e ci siamo messi a filmare pure noi. La ragazza, vestita di bianco, era molto scollata, col freddo che faceva. La scena imponeva il passaggio di Ima davanti la porta della chiesa. Sugli scalini vi era un gruppo di almeno una cinquantina di bambini, qualcuno con il viso coperto da una maschera. La macchina era posizionata nella piazza attigua (ristorante 'da Cecè') all'imbocco di via d'Aquino che scende verso la chiesa. Nel video il passaggio di Ima e il suo ancheggiare si vede solo per un attimo, in fondo alla via.
Vi rimandiamo sul sito di Ima, che contiene molte informazioni su bio e discografia della bella e brava cantante, dove potrete vedere il video girato a Tropea.

Video 'Baila' Back Stage Sito di Ima




Parte la settima edizione del Premio 'Tropea: Onde Mediterranee'

(S. L.) E' partita ufficialmente la settima edizione del Premio Internazionale di Poesia "Tropea: Onde Mediterranee", il cui ideatore e fondatore è lo scrittore e poeta Prof. Pasquale De Luca. Sul sito del Premio potete leggere nelle rispettive pagine il nuovo Regolamento, i Premi, e scaricare la Scheda per partecipare alla competizione.
I componenti della Giuria verranno comunicati in toto solo dopo la chiusura delle votazioni per evitare qualsiasi tipo di interferenza. Nei prossimi giorni verranno indicati i premi speciali che, come ogni anno, sono assegnati in più ai vincitori.
Intanto, anche quest'anno l'Hotel IPOMEA di Capo Vaticano offrirà al vincitore di una delle sezioni del Premio, a discrezione della Giuria, un soggiorno gratuito per due persone in pensione completa dal 12/06/2010 al 19/06/2010 e ancora una volta sarà gemellato con un analogo premio di poesia argentino organizzato dall'associazione "Nuove generazioni di calabresi in Argentina". I vincitori di questo concorso saranno ospiti alla serata di premiazione prevista per il 25 aprile 2010.

Il Regolamento di ONDE MEDITERRANEE 2010
Il Web di Onde Mediterranee




Una foto tratta dal film 'Giacchino Murat: il sogno di un'Italia unita' di Donatella BaglivoUn'anteprima del film
'Gioacchino Murat: il sogno di un'Italia unita'
di Donatella Baglivo

(S. Libertino) La regista Donatella Baglivo ha reso noto che il film sulla vita di Gioacchino Murat è in fase di completamento. L'intenzione della Baglivo, che assicura che l'opera sarà un gran film a livello internazionale, è di portarlo sugli schermi entro il 2010.
Nell'attesa, ci ha voluto omaggiare di un'anteprima che al momento vuole essere soltanto una prova generale di quello che sarà la realizzazione compiuta dell'opera.
Non si tratta del trailer del film già realizzato, ma è semplicemente il montaggio in stile cinematografico di alcune scene in costume della rappresentazione dedicata a Pizzo Calabro ogni anno al re francese. E' quindi soltanto un'illustrazione di idee e costumi per quello che dovrebbe poi essere il film vero e proprio.
Il film che si intitolerà 'Gioacchino Murat: il sogno di un'Italia unita' racconterà della vita del Murat, nato Joachim (Labastide-Fortunière, 25 marzo 1767 - Pizzo, 13 ottobre 1815). Gioacchino Murat è stato un generale francese, re di Napoli e maresciallo dell'Impero con Napoleone Bonaparte. Grande soldato e grande comandante di cavalleria, fu con Napoleone in tutte le campagne. Dopo la seconda caduta di Napoleone, Murat, che aveva cercato di raggiungerlo a Parigi, fuggì in Rodi Garganico che lo ospitò nel proprio castello e da dove tentò di tornare a Napoli con un pugno di fedelissimi per sollevarne la popolazione. Dirottato da una tempesta in Calabria, fu arrestato, condannato a morte da un tribunale militare nominato dal generale Vito Nunziante, governatore delle Calabrie, secondo una legge da lui stesso voluta, e fucilato a Pizzo Calabro il 13 ottobre 1815.
Le scene montate in anteprima si possono ammirare su You Tube al seguente indirizzo.

Gioacchino Murat: il sogno di un'Italia unita

Scheletro di Metaxytherium medium proveniente da S. Domenica di RicadiLo scheletro più completo di un sirenide
rinvenuto nel bacino mediterraneo
è custodito presso il Museo di Paleontologia
di Napoli e proviene da S. Domenica di Ricadi

(S. Libertino) Lo scheletro di Metaxytherium medium, mammifero marino appartenente all’ordine dei Sirenidi, fu rinvenuto nel 1970 nelle arenarie tortoniane (Miocene superiore) di S. Domenica di Ricadi (VV). Esso rappresenta l’esemplare più completo di questo taxon, finora ritrovato nel bacino del Mediterraneo. La scoperta del fossile fu segnalata alla prof. Angiola Maria Maccagno, direttore dell’Istituto di Paleontologia a cui allora era annesso il Museo. La stessa affidò l’incarico per il recupero del fossile al Dr. Giuseppe Leuci, a quei tempi tecnico laureato presso l’Istituto. Giunto a Napoli, l’esemplare fu sottoposto, qualche anno più tardi, alle attente cure dei proff. Ugo Moncharmont e Maria Moncharmont-Zei che pazientemente procedettero all’isolamento delle ossa e ad un iniziale restauro. Il restauro definitivo dello scheletro e l'attuale struttura espositiva risalgono al 1989 e furono realizzati dal dott. Angelo Varola di Lecce.
Il fossile è composto da un cranio quasi integro nella metà destra, una mandibola intera, alcuni denti incisivi e molare, 14 vertebre dorsali, una sacrale e due caudali, nonché 35 coste più o meno complete, due scapole e porzione della metà prossimale dell'arto destro. Tutti gli elementi ossei sono stati isolati e restaurati.
I sirenidi sono mammiferi marini di grandi dimensioni, raggiungono lunghezze fino a 7 metri ed un peso di circa 4000 kg (Rhytina gigas). Hanno un corpo fusiforme; arti anteriori brevi e a forma di palette provviste di cinque dita fornite di piccole unghie; gli arti posteriori sono assenti, la coda è appiattita orizzontalmente a formare una pinna. Il muso è smussato con bocca piccola e labbra carnose provviste di setole.
Questi animali hanno occhi piccolini e orecchi privi di padiglione. Il loro corpo e rivestito da una pelle dura e resistente, cosparsa di rari peli. Questi grossi mammiferi marini sono animali per lo più erbivori, infatti vivono nelle acque costiere dove "pascolano" sulle praterie sottomarine e spesso si inoltrano negli ambienti continentali, risalendo le foci dei fiumi.
Il gruppo dei sirenidi oggi è rappresentato da due famiglie: i Lamantini e i Dugonghi. I Lamantini, che raggiungono una lunghezza di circa 5 m per un peso di quasi 700 kg. La specie più comune è il Trichechus manato o vacca di mare.

Museo di Paleontologia di Napoli


La Nascita SantaAspettando il Natale... a tavola

(F. Vallone) Nel Meridione, ed in particolare in Calabria, la festa del Natale veniva celebrata con profondo senso religioso e con sentita partecipazione da parte di tutto il popolo. Dall'analisi degli atteggiamenti ritualizzati legati al periodo natalizio emergono elementi che sono da inserire in quello che viene comunemente chiamato folklore, ma che, in effetti, era ed è comportamento e costume delle culture popolari.
Il tempo e lo spazio assumono, con l'avvicinarsi del Natale, una diversità, diventano luoghi e tempi speciali. La quotidianità veniva abbandonata, si costruivano spazi sacri, diversi, dove tutto si trasformava e si circondava di un alone di mistero e d'irripetibilità. Il paese stesso cambiava aspetto, o meglio, diventava un altro paese, si rinnovava nell'attesa della Santa Notte. Tutto veniva organizzato in funzione della notte straordinaria della Nascita Santa e del giorno di Natale, e i giorni che seguivano erano di attesa del Capodanno, del capo di misi e d'annu novu, ma anche di ritorno graduale, attraverso il Capodanno prima e l'Epifania dopo, alla normalità, alla fine della sacralità dello spazio e del tempo speciale.
Una soglia immaginaria apriva le feste con la novena, un punto di entrata che si percepiva al suono delle zampogne, delle pipitule e delle nenie dei suonatori della novena presenti sulle strade di tutti i paesi e che annunciavano ogni sera l'approssimarsi del Natale. Nelle case, nelle chiese e per le strade venivano allestiti presepi con occhi di canne, muschi e casette di cartone, pastori di taju e creta e fondali di cieli stellati. Presepi che si rinnovavano nella tradizione di ogni anno. La sera, davanti a questi paesaggi pieni di luci di lumini, di frutta e di pastori, ma incompleti per l'assenza di Gesù Bambino nella grotta, venivano intonati canti e lodi.
Le famiglie riunite cercavano di rinsaldare vecchie amicizie, eliminando rancori, odio e inimicizie, sforzandosi di costruire pace, aprendosi al perdono e alla fratellanza. Tutti si riunivano per trascorrere insieme le feste. Gli anziani vivevano giorni felici in compagnia dei propri cari, degli emigrati che tornavano da lontano per le feste, se potevano tornare.
I poveri venivano anche da altri paesi nella speranza di ricevere qualcosa, dei fichi secchi, delle zeppole, delle castagne, o per essere ospitati per un piatto di minestra calda ed un bicchiere di vino. Ma a proposito del pranzo natalizio c'è da dire che l'abbondanza alimentare, sognata tutto l'anno diveniva il punto da realizzare a tutti i costi. Il cenone di Natale era un rito vero e proprio, durante il quale si dovevano portare a tavola e mangiare, o quantomeno assaggiare, tredici pietanze diverse. In alcune zone della Calabria tredici dovevano essere i tipi di frutta da presentare sulla tavola. Una curiosità: molti presepi venivano allestiti con pittejare (pale di fichidindia) con i frutti più grossi attaccati, rami di arancio con arance sanguigne o dolci, fasci di mirtilli e corbezzoli, melograni, mandarini e qualche frutto fuori stagione, fuori tempo. Questi frutti servivano per colorare i paesaggi, le scenografie del presepe, ma anche per avere a Natale frutta a volontà. Le donne della famiglia, riunite, iniziavano a cucinare sin dalle prime ore dell'alba. Al mattino presto si sentivano già odori di broccoli e cavolfiori affogati, zucca fritta con la menta, stoccafisso con olive e patate, baccalà arrostito e fritto, frittelle e tante altre ricette tradizionali e poi i tredici tipi di frutta. In questa lunga lista dovevano essere presenti fichi secchi ripieni preparati a croce, limoncelli, sorbe, corbezzoli, melograni, arance, mandarini, castagne infornate, arance dolci, melone d'inverno, noccioline americane, castagne pasticcate, fichi d'india, nocciole, mandorle e noci. Era un vero e proprio contare e mangiare, assaggiare e cassarijari, passare in rassegna più pasti possibili, più pietanze, più dolci e più frutta; riferimenti legati certamente alle tradizioni più antiche e pagane, alle cene di Licinio Lucullo, ai Saturnali.
Tutto questo produceva due tipi di comportamento temporale e spaziale: stare a tavola continuamente a giocare, mangiare e bere e l'andare in chiesa a pregare ed attendere, a mezzanotte, la nascita di Gesù tra le luci, gli addobbi e l'odore forte dell'incenso, del mirto e della cera di candela. A casa i giochi di carte e di tombola avvenivano vicino al fuoco del braciere o attorno al focolare dove ardeva il cosiddetto zuccu di Natali, un grosso pezzo di legno scelto appositamente e benedetto con preghiere e riti comportamentali dal capofamiglia. Fuori, sulle strade, i bambini giocavano giorno e notte con le nocciole e la fosseja. Il Natale era anche momento di indossare i vestiti fatti cucire per l'occasione e le scarpe nuove della festa.
Altro simbolo festivo erano i dolci fatti in casa in modo semplice, torrone di zucchero, mandorle e cannella, pignolata con il miele, pitte filate, zeppole, ciceriate, bucconotti, susumelle, crispeddi…
La notte di Natale finalmente arriva, dopo la lunga attesa l'evento divino, straordinario, ed è subito festa. La messa di mezzanotte e non si sente più il freddo, il buio, il gelo. La notte di Natale è anche la notte dei segreti. Le anziane tramandavano rituali magici alle giovani. Procedure antiche contro le magarie, il malocchio e le affascinazioni. Le affascinazioni, le magarie, le parole, le formule rituali, le cose di magia di un mondo sotterraneo che solo in quella notte di bene poteva essere rivelato.




Tropea - Anni Quaranta. Chiesa dell'Immacolata. Grandioso Presepe
(Realizzazione Pasquale Romeo, Il Maestrino)


Usanze tropeane del ciclo natalizio

(G. Chiapparo) [...] Dopo il digiuno viene il tradizionale pranzo, le cui pietanze devono essere in numero dispari (numero Deus impari gaudet). Come primo piatto si fa largo uso di verdura, seguono i vermicelli al sugo di pesce. Altri cibi di rito sono le insalate, i peperoni, e cetriolini sotto aceto e le immancabili zeppole, ossia frittelle, che erano in uso nel dì natalizio dei Romani. In Plinio (Hist. Nat., XVIII, 8, 107) viene detto: “…et hodie sacra prisca natalium mukta fritilia conficiuntur”. A tavola, sotto il piatto del padre, i ragazzi che frequentano la scuola elementare, mettono una letterina di augurio e di buone promesse. Il genitore, nel sedersi a tavola, la prende e la legge con gran compiacimento, poi bacia contento i suoi frugoli e dona loro la strenna natalizia. Seguono i dolci, spesso fatti in casa, accompagnati da bicchierini di liquori, ed in ultimo la frutta, che è quella che offre la stagione, ossia: finocchi, arance, castagne e fichi secchi infornati, noci e nocciole. A proposito dell’uso dei dolci, al pari di quello dei doni natalizi, ricordiamo che fu condannato come empio dalla Chiesa in un dimenticato Concilio di Costantinopoli perché simile al modo dei gentili di festeggiare il natale del Sole.
Dopo il pasto l’allegria è completa e cominciano i divertimenti: si gioca a carte, a tombola e se colui che sorteggia i numeri è giocatore del lotto, annunzia ognuno di essi usando il linguaggio cabalistico dicendo, per esempio: 1, l’Italia; 5, la mano, 8, il fuoco; 11, le candele; 55, la musica; 19, S. Giuseppe, 25, Natale, e così via. Le fanciulle giocano a nocciole alla fossella, all’oca ed anche allo accipetotaro, altrimenti detto accippaturi, che consiste in un dado di legno attraversato da un’asticella che serve ad imprimergli con le dita un movimento rotatorio.
Ciascuna delle quattro facce del dado porta segnato una delle seguenti lettere: A=accipe; P=pone; N=nihil; T=totum,. Secondo la faccia che il dado presenta al suo fermarsi si vince o si perde la posta.
Al Duomo, a mezzanotte, il Vescovo mette il Bambinello al presepe, mentre ill popolo canta la ninna-nanna. Dopo ciò celebra la Messa solenne. Conviene ricordare che al momento della consacrazione i vecchi marinai profittano ad insegnare ai giovani la formula magica seguente, che vale a far scomparire nei momenti di pericolo la tromba marina (localmente detta cud’arrattu):
A nomi di lu Patri,
Pi’ virtù di lu Spiritu Santu,
T agghiati cuda d’ogni cantu.
La gente semplice crede che la notte di Natale avvengano dei prodigi, cioè che gli animali parlino e gli alberi fioriscano. Ciò costituisce una pallida eco della leggenda latina che ricorda l’età dell’oro nel Lazio, quando la terra produceva qualcosa spontaneamente, i tronchi degli alberi stillavano miele e innocui gli animali si aggiravano tra le tranquille dimore degli uomini. Però nessuno dovrà udire, o vedere, quei momentanei prodigi, perché il curioso malavventurato morrebbe all’istante.
Mattina di Natale la banda, suonando allegre marce, le note delle quali pare voglian dire, secondo il criterio dei ragazzi: Pagàti, pagàti, pagàti ca simu fatigàti, fa il giro delle vie percorse durante la novena e riscuote il meritato obolo e lo stesso fanno gli zampognari.
Nel pomeriggio il popolo va a visitare i presepi delle varie chiese e fa su essi i commenti e con ciò ha termine una gaia e gioconda festa che ci ricorda quanto avvenne circa duemila anni orsono sotto l’imperatore romano Cesare Augusto, mentre Quirino governava la Siria.
Ma il periodo delle feste natalizie non è finito. Sera del 31 dicembre nelle chiese si canta il Te Deum, in ringraziamento all’Altissimo per l’anno che finisce e per quello che si inizierà l’indomani e che tutti si augurano sia fausto e felice.
Le persone amiche, incontrandosi per via, si scambiano gli auguri di buona fine e ottimo principio d’anno e presso le famiglie si ripetono gli stessi giochi della notte di Natale.
L’alba del primo gennaio viene salutata dal suono del tamburo di un musicante che va di casa in casa a dare gli auguri rituali ed in cambio riceve delle mance.
Ed eccoci giunti all’ultima festa del ciclo natalizio: l’Epifania. E’ questa, si può dire, la festa dei bimbi, i quali l’attendono con molta ansia. Per essi la Befana è una vecchia che la notte del 5 gennaio va in tutte le case a portare dolci e giocattoli ai bimbi buoni e cenere e carbone ai cattivi e perciò, prima di andare a letto, appendono ad esso le loro calze, nella speranza di trovarle al mattino seguente piene di tante belle cose.
All’Epifania si disfano i presepi e nelle chiese si fa la funzione per togliere il Bambino dal presepio. Con ciò si chiude il ciclo delle feste natalizie. Come si sa: “A Bifania tutti li festi porta via”.

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Giuseppe Ostone racconta le apparizioni sul posto originario dove ora esiste un altare con la statua di Cristo

Cronaca di un'apparizione

(S. Libertino) Conoscere nei suoi molteplici aspetti il proprio paese come la storia della gente e dei costumi è dovere di tutti. Questo film è la Cronaca di un breve segmento di quella storia che racconta quanto accadde negli anni Ottanta ad un umile muratore di Tropea, Giuseppe Ostone, il quale vide più volte apparire Gesù Cristo rendendosi protagonista anche di due 'rivelazioni' attraverso 'segni', una colomba (in presenza di testimoni) e un'ombra.
Le apparizioni furono tre (una in compagnia della moglie) e si susseguirono nel tempo tra il 1982 e il 1986 sia nell'abitazione sia in un campo di Caria di Drapia a due passi da Tropea, uno spazio libero al confine di un grande uliveto, dove è stato fatto erigere, con il permesso del proprietario del terreno, un altare all'aperto con una statua di marmo bianco di Gesù Cristo creata appositamente dalle maestranze di Carrara, ed una grande Croce di ferro nera.
Si tratta di un film 'veloce' (12 minuti), tratto dalle registrazioni, nell'agosto del 1987, di lunghe conversazioni con Giuseppe Ostone e varie testimonianze sul posto da parte di persone che sono state miracolate. Ad essere determinanti nelle guarigioni già avvenute sono le pietre che fanno parte del pietrisco venuto fuori dallo scavo durante la costruzione del basamento dell'altare. In questo documento, Ostone fa una vera e propria cronaca di due apparizioni, quelle avvenute sul campo: la prima nel mese di luglio del 1982 e la seconda nel mese di maggio del 1986. Buona visione!

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Il dipinto della chiesa di San Nicola della Marina in Tropea
che raffigura San Nicola, Santa Domenica e la Madonna di Romania


Il culto di San Nicola e il dipinto della Chiesa di San Nicola in Tropea

(S. Libertino) Pochi giorni ancora e avrà inizio la Santa Novena in onore di San Nicola, che si festeggerà in tutto il mondo il 6 dicembre, ma non a Tropea dove in passato, fino a qualche tempo fa, era uno dei santi più venerati. Di Nicola di Mira non si hanno per certi nè il luogo nè l'anno di nascita. Gli agiografi per quanto riguarda il paese natale propendono per Pàtara di Licia, mentre la data di nascita viene collocata tra il 260 ed il 280. Pare sia stato uno dei 318 partecipanti del Concilio che si tenne a Nicea nel 325. E' certo invece che la morte lo abbia colto a Mira il 6 dicembre dell'anno 343.
Per il forte zelo con il quale diffondeva la fede cristiana Diocleziano lo fece imprigionare ed esiliare. Nel 313 Costantino lo restituì alla libertà. Il culto si diffuse dapprima in Asia Minore. Continui erano i pellegrinaggi dei devoti che si recavano in qualsiasi periodo dell'anno presso la sua tomba, posta fuori dell’abitato di Mira. Numerosi codici greci e latini ne fecero progressivamente diffondere la venerazione in Occidente attraverso il mondo bizantino, a partire da Roma e dal Meridione d'Italia, allora soggetto a Bisanzio.
La diffusione del culto nel mondo occidentale prese le mosse nel 1087, sotto il dominio normanno, con la spedizione navale partita dalla città di Bari con lo scopo di impadronirsi delle spoglie del Santo che nel 1089 vennero poste nella cripta della Basilica eretta in suo onore. Nell'impresa i marinai baresi anticiparono quelli veneziani, anche loro interessati alle ossa di Nicola. Una volta ritornati a Bari, posero la prima pietra della Basilica nel luogo dove i buoi che trainavano il carico dalla nave si fermarono irrevocabilmente. Gli animali sono ricordati nella decorazione della Basilica, nelle statue che li rappresentano ai lati del portale maggiore. Ai 62 marinai è invece dedicata una strada nella città vecchia.
Secondo la tradizione, Nicola aiutò tre ragazze, il cui padre non potendo sposarle per mancanza di dote, aveva deciso di mandarle a prostituirsi. Per tre notti gettò dalla finestra nella loro stanza sacchetti di denaro che costituirono le doti delle fanciulle, salvandone la purezza.

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Fino al 13 dicembre Courmayeur diventa la capitale del cinema e della letteratura noir

(Nathalie Grange) Apre le danze oggi, lunedì 7 dicembre, l'edizione numero 19 del Noir in festival dedicato al cinema ed alla letteratura noir che si tiene ogni anno a Courmayeur. Diretto da Giorgio Gosetti, Marina Fabbri ed Emanuela Cascia la rassegna presenta quest'anno 29 film, di cui 4 opere prime, tra anteprime, omaggi, documentari e 6 serie televisive. Accanto a queste proiezioni come sempre incontri ed approfondimenti e laboratori.
La cerimonia di apertura della rassegna è prevista oggi alle 21.30 al Palanoir a cui seguirà il maggiordomo di Batman, sir Michael Caine, che vedremo nei panni di Harry Brown. Tra zombie, vampiri, mutanti, criminali, spie, detective al Noir spunta questo anno anche il nuovo film Avatar di James Cameron, film in 3D, in uscita il 15 gennaio 2010. Giovedì 10 dicembre, in contemporanea con Londra, a Courmayeur, in esclusiva per l'Italia, sarà proiettata un'ampia anticipazione con il "viaggio" tra i segreti e le meraviglie della pellicola.
Il tema dell'anno, proposto a cavallo tra memoria e cronaca, cinema e letteratura, impegno civile e ricerca storica, riguarda questa volta l'anniversario del 12 dicembre 1969, il Giorno di Piazza Fontana. Questo mistero italiano sarà analizzato, rievocato e discusso, anche nei suoi risvolti giudiziari e investigativi, da Gaetano Savatteri, il giornalista Paolo Cucchiarelli e il giudice istruttore Guido Salvini, affiancati da saggisti, scrittori, commentatori.
Tra gli incontri da non perdere oggi, al Jardin de l'Ange, alle ore 16 presentazione de "Il fiore del male" (Tropea editore) libro-intervista di Carlo Bonini a Renato Vallanzasca. L'incontro ha suscitato nei giorni scorsi diverse polemiche legate alla possibile presenza a Courmayeur del bandito italiano, condannato a 4 ergastoli. Dopo che Regione e Sindacato di Polizia sono insorti accusando di grave inopportunità gli organizzatori del festival, Renato Vallanzasca non sarà oggi ospite del festival ai piedi del Monte Bianco.

Proiezioni di lunedì 7 dicembre

MAIN BASSE SUR L'EUROPE
di Agnès Gattegno
It./Spa./Ger./Olanda,
2008, 58'

WELCOME TO TIJUANA
di Yorgos Avgeropoulos
Grecia, 2009, 62'

CARLO BONINI,
RENATO VALLANZASCA
Il fiore del male
(Tropea)

DEMAIN DÈS L'AUBE
di Denis Dercourt
Francia, 2009, 100' 21:30
Cerimonia di Apertura

HARRY BROWN
di Daniel Barber
Regno Unito, 2009, 97'

MUTANT CHRONICLES
di Simon Hunter
USA, 2008, 111'

COURMAYEUR NOIR IN FESTIVAL




La passeggiata di Massimo D'Alema

(S. Libertino) Il 30 maggio del 2004, durante la campagna elettorare per le elezioni europee, l'on. Massimo D'Alema ha onorato della sua presenza la città di Tropea (e in quello stesso giorno anche di Rende, Falerna, Caraffa, Borgia, Girifalco, Pizzo, Rombiolo, Vibo e Lamezia).
Una fugacissima apparizione, il tempo di illustrare ai cittadini il programma elettorale e di rispondere ad alcune loro domande sul 'sagrato' dell'Antico Sedile, circondato dall'Intellighenzia locale e davanti ad una considerevole folla molto attenta, per poi ripartire riprendendo il tour nazionale con il gigantesco pullman con sopra stampato il motto 'Il Sud a testa alta in Europa'.
Ma in una brevissima pausa il candidato al parlamento europeo, che risulterà eletto con il massimo dei voti, non ha disdegnato di fare quattro passi per il corso principale del paese: 'Andiamo a vedere se il mare è a posto e poi torniamo', lasciandosi poi scappare un "Fantastico!" al termine del percorso, all'affaccio mozzafiato 'Raf Vallone' su Mare Piccolo. E neanche di bere un caffè assieme ai suoi fedelissimi al bar di Tonino, 'Re dei Gelati', dove nel 1974 si era fermato Pietro Ingrao.
Alla visita di D'Alema, c'eravamo anche noi e la nostra telecamera.

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Antonio La Tore admits some of his frozen concoctions are ’crazy’,
such as his spicy salami and red onion flavours, but such
innovation is to be expected from a self-confessed gelato genius.


Tonino's a gelato genius (just ask him)
Tropea's resident ice cream superstar puts
some new – and very unusual – spins on a classic treat

(Robert Collins) TROPEA, Italy–You'd never arrive here by accident.
A lengthy drive from the nearest highway in the underdeveloped southern region of Calabria, Tropea transforms itself into a popular beach resort every August.
For the other 11 months, it's used mainly as a stopover point for travellers heading to Sicily from the Italian mainland.
But to imply that Tropea is nothing more than an effective rest stop is to do it an enormous disservice. Its historic centre is as labyrinthine and beautiful as anything south of the Amalfi Coast.
Its seafront boasts one of the most spectacular and unspoiled beaches in Italy.
Its churches are full of artistic treasures (and in one famous case, an unexploded World War II bomb).
And, squeezed between cafés and souvenir shops at the end of Corso Vittorio Emanuele, Tropea is home to one of Southern Italy's most adventurous gastronauts.
From the outside, Gelati Tonino looks exactly the same as every other Italian ice cream store.
Burly men, who in other cultures would be found propping up a bar, sit on plastic chairs licking cones with surgical precision.
Inside, children pause for thought when confronted with a selection that would make Baskin-Robbins' options appear minimal.
Gelaterias like this are in everywhere in Italy. But this gelateria is different. That becomes apparent the moment you start looking through the glass at the ice cream on display. Because the man behind the counter is talking to you. Very quickly.
That man is Tonino, Antonio La Tore, the self-declared Gelato Genio (literally, the ice cream genius). His English language skills are minimal, but he knows enough of the language to explain each of the 60 varieties of ice cream he makes.
The classic flavours are all there, like chocolate, pistachio and zuppa inglese (English soup, the flamboyant Italian phrase for trifle).
Most, however, are concoctions of his own creation. You won't find chocolate with apricot in too many places.
"From my head," he explains, tapping his temple to illustrate his point.
The gelato looks different, too: softer than the norm. More splat than scoop.
"Look," insists Tonino as he passes a heavily laden cone over the counter to the waiting hand of a first-time customer.
It's at this point he suddenly tips the cone from vertical to horizontal. In any other gelateria, the result would be a shirt covered in ice cream. In Tonino's, the gelato sticks to the cone, producing waves of laughter from those that have seen the trick before, and only a minor heart attack for the newcomer.
This gelato doesn't just taste great. It defies gravity as well.
If there's a fine line between genius and madness it's hard to say which side Tonino has fallen on. 'Nduja is a spicy salami found only in Calabria.
Tropea onion is Italy's preferred variety of red onion. Both are great in pasta or panini. Only Tonino has turned them into ice cream flavours.
It doesn't take much conversation for Tonino to open up his experimental treasure chest and hand over some free samples.
The red onion ice cream tastes exactly as promised. So does the spicy salami, which isn't shy on chili.
Delicious?
Well, perhaps it would be best to stick to the sweet varieties.
Tonino isn't on a mission to convince anyone to his line of thinking anyway.
"Oh, I'm crazy," he admits, circling his finger around the side of his head.
Perhaps he is, but savouring one of his creations at the end of Corso Vittorio Emanuele, looking down onto the beach and the perfect blue of the Tyrrhenian Sea, that madness makes perfect sense.
Gelati Tonino is at Corso Vittorio Emanuele 52, Tropea, Calabria (+39-3403449657).
Robert Collins is a London-based freelance writer.


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Paolino Cortese nel 1946 con la maglia della 'Juve Tropea'

Paolino Cortese parla della sua squadra di calcio del 1946,
la 'Juventus Tropea'

(S. Libertino)
Marganella
Staffa Polito Cortese Coccia
La Torre Papaleo I Albano
Guglielmini Alò Papaleo II
Tecnico: Chiappetta di Cosenza.
Presidente: Micuccio Gatto.

Il classico ‘Quattro - tre - tre’: questo era il modulo tipo di 'Juventus Tropea' nell’immediato dopoguerra, quando giocava Paolino Cortese, novant’anni lo scorso 10 ottobre.
Paolino ricorda perfettamente l’incontro con il Feltrinelli Villa S. Giovanni, avvenuto a Tropea l’1 febbraio 1946, e ce ne parla, pieno di tenera nostalgia, quando segnò di testa un goal, un autogol !
“Ero velocissimo, avevo vinto a Catanzaro il campionato regionale dei cento metri. Marganella era uscito a vuoto, la palla si stava insaccando, le sono andato incontro per deviarla con una velocità impressionante, l’ho presa di testa ed è andata a finire nella nostra porta. Alla fine però abbiamo vinto 2 – 1 con rete di Papaleo II e Guglielmini. Allo stadio c’era una folla immensa: 5000 spettatori!“.
L’anno dopo la 'Juventus Tropea' è andata in crisi. I conti non tornavano. Il Presidente Micuccio Gatto – “E’ stato lasciato solo !” - ha cominciato a vendere per ricominciare. Alcuni giocatori sono stati ceduti nei circuiti di serie A e B, come Marganella, Alò, Guglielmini, Staffa…
“Anche io ero in sul punto di lasciare Tropea per giocare in serie B col Cagliari, ma mi si è opposto mio padre.”. “Rimpianti?” “Da una parte no perché ero molto attaccato alla famiglia. Dall’altra mi sarebbe piaciuto dal momento che ho sempre amato e praticato l’attività sportiva, come il calcio e l’atletica leggera.”.
Dopo l’era Chiappetta, venne dal 1947 l’epopea del tecnico Enzo Dolfin di Rovigo, professore di educazione fisica in quel di Reggio, dove era stato allenatore della Reggina (1953-55), ma anche del Catanzaro (dall’anno 59/60) con cui ha collaborato come preparatore atletico dal 1957 sino al 1963, e ancora dell’Avellino… e questa volta della nuova squadra 'Juventus Tropea', dei Crea, Amante, Salmieri, Accorinti, Micci….
Paolino continua a parlare, e non la smetterebbe più, della sua Squadra. Tante partite, tanti ricordi, tanta passione per un calcio ormai lontano, genuino, romantico, seguitissimo e sostenuto dai tropeani anche in trasferta. Fa vedere e commenta le foto allo stadio con Raf Vallone, Felice De Agostino, Micuccio Gatto, Andrea Proto, Andrea La Torre, i suoi compagni di squadra, i suoi fratelli Micuccio e Peppino che non ci sono più. Con negli occhi il rammarico e la tristezza per quegli anni che non possono tornare indietro.
Ricordi assopiti come il bel ritratto di Antonio Marganella, scomparso a Potenza, sua città natale, il 15 febbraio di quest’anno che troviamo in Rete su 11leoni.com e ne “Il Quotidiano” del 18 febbraio 2009, alla pagina 22 dedicata alla cronaca di Potenza. E le due memorie su Enzo Dolfin, scomparso all’età di 93 anni, a Roma il 24 aprile 2008 che abbiamo trovato in Rete su mycatanzaro.it e sul giornale ‘La riviera Locride’, del 27 aprile 2008, a pag. 18.

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Berlusconi colpito al volto dopo il comizio, fermato contestatore

(Corriere.it) Silvio Berlusconi è stato colpito al viso da un manifestante subito dopo il suo comizio in piazza Duomo, a Milano. Il premier è stato centrato al volto da un pugno mentre si attardava nel salutare i fan che lo avevano raggiunto alla base del palco. Tra questi si era però infiltrato anche un uomo che, arrivato fino a ridosso del luogo in cui era parcheggiata l'auto del presidente del consiglio, è riuscito a eludere la sorveglianza e a colpire il premier.
FERMATO L'AGGRESSORE - Berlusconi in un primo tempo si è accasciato con il labbro sangunante ed è stato fatto sedere all'interno dell'automobile dagli uomini della sua scorta, mentre altri agenti di polizia riuscivano a fermare l'autore dell'aggressione e a sottrarlo alla folla che, avrebbe voluto linciarlo. In un primo tempo si era parlato anche del lancio di un oggetto, ipotizzando addirittura che ad essere scagliato sia stata una riproduzione in miniatura del Duomo, di quelle vendute in tutti i botteghini della piazza. Il ministro Ignazio La Russa, che era presente, ha parlato della possibilità che l'uomo che ha sferrato il colpo indossasse un tirapugni, ipotesi questa confermata anche da un testimone interpellato da SkyTg24 secondo cui l'autore dell'agguato «non sembrava normale».

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Vienna 21.10.2009. Antonio Cotroneo e la Ministra austriaca alla Cultura Sig.ra Claudia Schmied

E' made in Tropea il successo di 'Toto' di Peter Schreiner

(S. Libertino) Poco importa che il film ‘Toto’ di Peter Schreiner non abbia vinto alla 66^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (2-12 settembre ’09). Neanche Michael Moore o Giuseppe Tornatore hanno vinto. Peter, la sua portentosa vittoria l’aveva già colta nel momento in cui ha saputo di aver superato la rigida selezione di centinaia di film che gli ha permesso di entrare nella lista delle 24 opere in concorso nella ‘Sezione Orizzonte’, di rendersi visibile al mondo intero e di assaporare l'ebbrezza di gareggiare alla pari con registi di fama mondiale in un festival internazionale come quello di Venezia.
L’opera cinematografica, girata a Tropea, si avvale della performance straordinaria, quale protagonista, di un 'non professionista' tropeano che risiede a Vienna, Antonio Cotroneo, che ne ha curato progetto, scrittura e sceneggiatura, e di un nugolo di attori tropeani, anche loro 'non professionisti', come Angela Simonelli, Gaetano Dimarzo (Zaino), Melo Di Benedetto, Annibale Pirro, Antonio Blasa, Antonio Dicosta, Antonio Piserà, Billy Buttafuoco, Ciccio Il Grande, Franco Fazzari, Giuseppe Pandullo, Mimmo Latorre, Nicola De Lorenzo, Orlando Padula, Padre Mariano, Paolo Calamita, Pasquale Lorenzo and many others.
Il film, sponsorizzato dal Ministero Austriaco della Cultura nella fase finale del progetto, connessa alle esigenze burocratiche di partecipazione al Festival (obbligo di tre stampe dei negativi e realizzazione di 400 dvd, per un costo di 60.000 euro) ha camminato con le proprie gambe fin dalle prime riprese, che si sono protratte per almeno due anni, da marzo 2007 a aprile 2009. Un progetto snobbato da parte dei responsabili delle istituzioni calabresi, compresa la Regione, durante il giro di promozione intrapreso più volte da Antonio.
La performance di ‘Toto’ in quel di Venezia, è stata molto seguita e apprezzata dagli addetti ai lavori: dall'entusiastica accoglienza del Direttore della Rassegna Marco Muller ai lusinghieri giudizi della critica e dei colleghi di Schreiner come lo stesso Tornatore.
Un successo 'made in Tropea' quindi, che si è ripetuto in casa, a Vienna, con il 'tutto esaurito' del film lo scorso 29 ottobre al Künstlerhaus Kino alla Viennale (22 ottobre – 4 novembre ’09), il cui Direttore Hans Hurch ha rilasciato più volte parole di apprezzamento - vedere intervista con un brevissimo trailer (dialogo tra Antonio e Melo Di Benedetto)-. Successo che al momento sta continuando in tutta Europa essendo stato accolto al Duisburg Film Festival e a quello di Lisbona, Copenhagen, Parigi…
Intanto, lo scorso 21 ottobre il Ministro austriaco della cultura, Signora Schmied, ha invitato a Palazzo Antonio Cotroneo e famiglia (il regista Peter Scheiner era ammalato) a un Drink di lavoro per gli alti meriti culturali che lo Stato Austriaco ha potuto ricavare dal successo dall'opera cinematografica. La Ministra si è congratulata con Antonio e Peter, artefici del successo, ribadendo di essere molto propensa ad aiutare e finanziare progetti cinematografici di esperti nel campo, ma anche progetti di giovani cineasti. Antonio, durante il cordiale colloquio, ha illustrato il soggetto del film riconducibile a una storia autobiografica di emigrazione che lo riguardava personalmente e che in particolare si poggiava sul racconto ‘Eri duci’ seguito dall’omonima lirica in vernacolo tropeano, tratti da ‘Storii du Burgu’ di A. Cotroneo, MGE, 2007, di cui l’autore ha voluto fare omaggio alla Signora Schmied. Cotroneo, al Drink, era accompagnato dalla gentile consorte Uta Gröger, dal figlio Giovanni con la ragazza Cecilia.
Antonio è molto soddisfatto dei recenti risultati e sta pensando di continuare a scrivere altre storie tropeane. Anche il regista Peter Schreiner continuerà l’attività di cineasta documentarista magari cercando di realizzare il suo sogno che è quello di girare un film in pieno deserto africano.
Ancora una volta Tropea e le sue almeno cinquanta associazioni, comprese le tre congreghe attualmente operanti, ha perso un appuntamento molto proficuo, dimostrando di essere più distratta che mai nel rifiutarsi di prestare la dovuta attenzione a questi segnali che, qualora ascoltati, potrebbero offrire spunti utilissimi per un futuro migliore della Città e dei cittadini. Al contrario, apparirebbe più che logico scrivere un semplice telegramma di auguri da far pervenire a Peter Schreiner e Antonio Cotroneo invitandoli alla prima tropeana del loro film ‘Toto’, made in Tropea.

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C'era (una volta) il NATALE...

(F. Aquilino) -1 : l'Italia unita...; la paura fa 90; 7: la zappa: gli occhiali del Papa...
-Che cosa avete chiamato?
-Ma è l'88, no?
-Se lo dite voi, don Ciccillo...comunque i numeri bisogna spiccicarli per bene, chiaro e tondo!
-Allora 2 per don Pasquale, insomma la coppia, lui e lei, vi va bene così a don Pasqualino bello. Oh, guarda chi si vede: il 77...
-Ma non sono le gambe delle donne?
-Non dite così, che ci sono i bambini!...
Ecco, erano questi all'incirca i toni ruspanti di una tombolata in una famiglia del Sud (e forse non solo del Sud), intorno agli anni Cinquanta. Costituiva la tombola, il clou delle serate natalizie, trascorse fra l'allegra impazienza e la sorniona partecipazione dei giocatori. Vi presenziava innanzitutto la famiglia al gran completo, dai più piccoli (neonati compresi, con tanto di "ciuccio") ai più grandi (zii e nonni in testa, eventualmente anche bisnonni, se ancora in grado di reggersi). In più era invitata una rumorosa "fazzolettata" di amici e di vicini. Era una gara indiavolata, che stava tra la tombola vera e propria, il lotto (con i numeri rapportati immaginosamente alla smorfia napoletana e opportunamente commentati) e una forma genuina quanto sgangherata di teatro. Così, in sostanza, si assisteva ogni sera ad una estemporanea rappresentazione "per gruppi di famiglia in un interno", in cui ognuno diceva le sue battute, attore o spettatore di volta in volta. Lo scopo era quello, semplice e immediato, di divertire e divertirsi in allegra compagnia e bastava veramente poco. Ma con la tombola (e con i vari giochi di carte, fra cui spiccava il Sette e mezzo) si era ormai nel cuore del Natale, il cui clima, a dire il vero, si respirava in giornate di luminosa solarità già a partire dall'Immacolata (8 dicembre), quando nella chiesa omonima venivano intonati i primo cori natalizi e nelle cucine si eleboravano le prime "zeppole", frittelle di farina e zucchero, ripieni di pezzetti di tonno o di uvetta, fra il tripudio di grandi e piccini.
La sera del 15, poi, una sparuta banda musicale, ridotta a quattro o cinque elementi più o meno scombiccherati e in piedi quasi per scommessa, annunciava l'inizio della novena di Natale per il giorno successivo. Dal 16 al 24 sfilando per le vie e vicoletti, il piccolo complesso eseguiva ogni sera puntualmente, con qualsiasi tempo, la "Pastorale". Nelle sere di maltempo, appena percettibili, si avvertivano ovattate, come in lontananza, quasi bucassero le tenebre, con un che di lamentoso che ti penetrava nelle ossa. Il 25 mattina i solerti suonatori passavano di porta in porta per la strenna. Nello stesso periodo, ma alle prime luci del giorno, zampognari e pifferai venuti dai monti eseguivano nenie natalizie, ma il suono era gioioso e ricco di modulazioni. Torme di ragazzini li seguivano, incantati. Per la novena di Natale, tenuta solitamente nel Duomo in ore impossibili, a quel tempo le donne si recavano in chiesa portandosi dietro uno scaldino di terracotta, chiamato affettuosamente "maritino".
Nelle diverse chiese quindi si preparavano a gara i presepi, in cui i più antichi pastori, opera estrosa di industri "pastorari", tramandavano il ricordo di personaggi, ambienti e costumi d'altri tempi.
Ma in casa il presepe era accuratamente preparato in un angolo dal Paterfamilias con tanto di carta, cartoni, muschio, sabbia, "occhi di canna", fiocchi di cotone per la neve, rametti di mandarino e di mirtillo, sugheri per la grotta della Natività...e naturalmente le statuine, ritirate fuori con cura ogni anno (con qualcuna da rattoppare).
Per la famiglia era veramente un affar serio la costruzione del presepe, altro che storie! La complessa liturgia che caratterizzava tutta l'operazione non può non rimanere impressa nella mente di chi vi ha assistito. L'opera impegnava strenuamente il Genitore (nel caso specifico, un ferroviere socialista) tutte le sere, nonchè in ogni ritaglio di tempo possibile, a partire dal giorno di Santa Lucia, se non anche dall'Immacolata.
Per tutto il periodo era severamente proibito ai piccoli disturbare in casa. Del resto, con l'aria che tirava, quelli preferivano tagliare la corda per andare a giocare con le nocciole, possibilmente presso altri bambini del vicinato, senza un padre architetto tra i piedi, fra risse continue e precarie rappacificazioni. Il Costruttore intanto dimostrava un'ingegnosa abilità manuale, trasformando man mano in un firmamento, un pò incupito a dire il vero, la spessa carta azzurra usata dal pizzicagnolo per avvolgere lo zucchero.
Per le rocce veniva invece utilizzata la carta da pacchi increspata opportunamente, mentre pezzetti di vetro colorato diventavano ridenti laghetti, di sapore vagamente alpino.
Ogni tanto la pestata del martello a un dito faceva sfugire al Grande Progettista qualche colorita imprecazione, di solito all'indirizzo dell'ultimo corifeo della fanfara di cristo, di cui peraltro non è memoria nei testi sacri, nemmeno nei vangeli apocrifi. Anche il diavolo riceveva la sua buona razione di indignate rampogne, accusato, a torto o a ragione, di non farsi mai i fatti suoi e di far scomparire per dispetto gli introvabile chiodi.
Insomma, con Natale in casa Cupiello Eduardo ha dovuto inventare ben poco, visto che a quei tempi ogni anno si ripeteva una commedia tale e quale in gran parte delle famiglie del Sud.
Naturalmente, a capolavoro concluso, una processione di vicini e di curiosi, veniva in casa a vedere il presepe. Di solito si elogiavano soprattutto la grotta della natività in sughero e il castello di Ercole nello stesso materiale, con la torre maestra insuperbita fantasiosamente da un impropabile orologio, ricavato da un quadrante di un vecchio cipollone. L'accigliato Costruttore era nel frattempo ridiventato un essere affettuoso, un padre tenero, in grado perfino di sorridere divertito nel leggere le timide letterine nascoste sotto il piatto dai marmocchi reclamanti la strenna.
La notte di Natale, poi, il più piccolo della famiglia spiccava il bambino dalla grotta santa e lo portava in processione per tutta la casa, seguito dai familiari salmodianti a una voce gli inni natalizi. Intanto mentre fuori scoppiavano i petardi, nella cattedrale si celebrava la Messa di Mezzanotte, con grande concorso di popolo, senza distinzioni di classi. Infine tutti a tavola, a consumare secondo la tradizione numerose pietanze, di solito tredici (ma erano più che altro...assaggi) per compensare sì al digiuno tradizionale del mezzogiorno della vigilia, ma idealmente anche quello accumulatosi magari nell'arco dell'anno, imposto dalle ristrettezze di una società in gran parte alle soglie dell'indigenza.
Ogni manifestazione si concludeva con l'Epifania "che ogni festa porta via", poi ognuno avrebbe ripreso...il lavoro usato.
Era più o meno questo il clima natalizio di quegli anni in una piccola comunità calabrese, come del resto un pò dappertutto, sia pure con le numerose varianti locali.. Poi, come è risaputo, nel giro di pochi anni il Natale perse dovunque il suo spessore umano, uniformandosi agli schemi preconfezionati del consumismo generale all'insegna dello spreco, e diventando quella specie di melassa insapore, frutto di una smaccata operazione commerciale che è sotto gli occhi di tutti.
Del perchè i riti natalizi, a lungo tramandati da una secolare liturgia popolare, si siano di colpo svuotati, e l'atmosfera di gioia genuina si sia trasformata in una insopportabile rappresentazione di ostentata allegria, bisognerebbe pur chiederselo. Occorrerebbe domandarsi anche in che cosa abbiamo sbagliato un pò tutti e se l'errore sia possibile ancora correggerlo. Ma si rischierebbe di esibire un'ennesima confessione in pubblico, imperniata sulla collettiva inettitudine e sui fallimenti individuali, disseminati di rimorsi, che hanno portato alla crisi più ampia dei valori esistenziali e principalmente della famiglia. Ma il tono apocalittico non ci piace affatto, meglio lasciarlo ai profeti di professione, con cospicuo conto in banca e triple ville con parchi "piantumati".
Rassegnamoci dunque a registrare la fine del Natale, come punto di convergenza tra la pagana Festa del Sole e quella cristiana della Rinascita intesa come speranza in una vita rinnovata, e cerchiamo un angolo residuo di silenzio, per appartarci lontano da ogni trasformante volgarità.
Servirebbe a tutti una pausa di riflessione, prima di riprendere l'impegno collettivo verso i più sfortunati, per una società più equa e più solidale di quella di ieri e soprattutto di oggi.
Ci vengono in mente, a mò di conclusione, gli accenti semplici e accorati espressi da Ungheretti in una breve lirica dedicata appunto al Natale. Sono versi troppo noti per citarli nella loro scansione metrica, spezzata come un sospiro a stento represso. Non profaniamo anche quelli!
Facciamoli meglio nostri, perchè anche noi avvertiamo oggi "tanta stanchezza sulle spalle" e siamo rimasti "come una cosa posata in un angolo e dimenticata...con le quattro capriole di fumo del focolare"...

Già, ma il focolare, dov'è?

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WE WANT(U)TO KNOW, ultimo lavoro di Ella Pugliese

(F. Vallone) Ella Pugliese, professione regista, è nata a Roma nel 1974 da madre siciliana e padre calabrese originario di Lampazone di Ricadi, in provincia di Vibo Valentia. Ella si trasferisce giovanissima in Germania, a Berlino, dove effettua studi specialistici nel campo della germanistica e della letteratura tedesca, con laurea in lingue e specializzazione in antropologia della migrazione ma la sua formazione si amplia nel contempo anche nel resto d'Europa e nel Sud-Est del mondo. Dopo qualche corso di sceneggiatura e montaggio inizia a lavorare sul campo e nel campo della regia, ricordiamo alcuni suoi interessanti documentari. Il primo, dal titolo "PLAYING CAMBODIA", girato nella lontana Cambogia, il secondo in Africa, dal titolo "LES JOURS À CÔTÉ", un documentario girato in Burkina Faso e poi una serie di dieci puntate messe in onda su Rai Sat Ragazzi che tratta dei bambini Saharawi, una popolazione originariamente nomade di lingua araba e spagnola. Persone provate duramente che oggi vivono come rifugiati nel deserto algerino.
Nel maggio 2007 Ella e la sua troupe internazionale ritorna in Calabria per recuperare memoria e girare un film documentario nel vibonese. Un documentario che originariamente doveva durare 46 minuti, una ricerca filmica tra arcaici giganti processionali, palazzi antichi, gente, bambini, personaggi che escono fuori prorompenti dalla quotidianità del racconto della vita e si propongono allo sguardo sempre straordinario della regista Ella Pugliese. Durante le riprese, abbiamo incontrato Ella a Santa Domenica di Ricadi, a pochi passi dai luoghi della memoria dei suoi avi, e poi, ancora, nelle campagne assolate di Papaglionti di Zungri. Lo sguardo, dicevamo, il suo sguardo al femminile, raffinato, mai retorico, sensibile al punto giusto. Avevamo anche capito che Ella avesse la cultura giusta e gli strumenti per poter costruire un documentario diverso e lontano da quegli stereotipi calabresi a cui siamo fin troppo abituati.
La visione mitteleuropea di Ella influenza lo sguardo della telecamera, lei osserva le immagini nel piccolo monitor video, suggerisce tagli e inquadrature in penombra, con la luce che lei vede mentalmente prima delle riprese. Visione globale e internazionale in lavorazione e in ambito locale, una chiave di lettura particolare che allontana da quella documentaristica negativa visione folkloristica calabrese che porta a nostalgie, a stereotipi consolidati nel tempo con peperoncini rossi piccanti, tarantellate e vino tosto. La troupe durante la lavorazione parla italiano e tedesco ma interagisce con personaggi che parlano dialetto calabrese ma anche arabo, francese o inglese, dietro la videocamera Luca Bellino e Jens Joester, di Berlino, che cura anche la parte di animazione grafica, assistente alla regia e fonico, Michele Russo. Mascotte della troupe e qualche volta anche "rovinariprese", la piccolissima Anouk che segue, con assiduità, la lavorazione di questo nuovo documentario sulla Calabria. Successivamente Ella e la sua troupe parte per la Cambogia dove gira un documentario dalla fotografia straordinaria. Il film racconta a 30 anni dalla caduta di Pol Pot, nel 2009 attraverso il Tribunale dei Khmer Rossi la Cambogia si confronta per la prima volta pubblicamente con le responsabilità e i crimini del regime. L'avvio dell'atteso processo riporta all'attualità e nei discorsi della gente il tema del ricordo, del lutto, della vendetta, delle speranze per un futuro che dal passato prenda esempio per non ricadere negli stessi errori. Insieme ad una equipe internazionale di cineasti, ricercatori e psicologi, i superstiti del regime prendono, attraverso il documentario di Ella, la parola e la telecamera. Insieme danno vita ad un film che è fatto, pensato, fotografato, disegnato da chi senta il desiderio o il bisogno di partecipare. Gli anziani soprattutto ricostruiscono e rivivono i loro destini personali, li regalano all'occhio della telecamera e ai loro nipoti, che finalmente cominciano a credere a tali "storie dell'orrore". Il cinema mobile, lo schermo fissato tra le palme la notte rende possibile la condivisione in pubblico del processo creativo, della memoria e del dolore. È il cinema nel cinema, parlando dei Khmer Rouge in un paesino qualsiasi da qualche parte in Cambogia. Purtroppo c'è da registrare, nel maggio del 2009, al termine delle riprese, con la proiezione della Prima del film anche la scomparsa del giovane Jens Joester, compagno di vita di Ella, padre di Anouk, che in questo film ha guidato e coordinato il lavoro di fotografia dando la sua inconfondibile impronta poetica.
Tantissime le presenze di Ella Pugliese in Premi e concorsi cinematografici e di Corti, lezioni presso università italiane ed estere, stages, festival del cinema. Tanti i successi conseguiti dalle sue interessanti opere filmiche in tutto il mondo.

Continua... (video dell'Anteprima Nazionale a Ricadi (VV) del docufilm di Ella Pugliese 'Di Genti e Giganti')

Trailer del film 'WE WANT(U)TO KNOW' Poster del film Sinossi del film e bio-filmografia della Regista




S. Angelo di Drapia. (da destra) Don Gerardo Ruffa, Mons. Felice Cribellati e don Giulio Spada
con il primo gruppo di bambini ospitati a 'Villa Felice' nel 1951.


Don Gerardo Ruffa nel ricordo del prof. Saverio Di Bella

(S. L.) Don Gerardo nasce a Drapia il 3 ottobre 1910 da Teofilo e Maria Domenica Ruffa. Inizia i suoi studi presso il Seminario di Tropea e li conclude presso il Seminario di Acireale. Viene ordinato sacerdote da Monsignor Felice Cribellati nella Cattedrale di Tropea il 29 giugno 1937.
Durante gli studi presso il Seminario di Tropea, 1921-1922, don Gerardo incontra Don Francesco Mottola. E' un incontro che ne segna per sempre la vita. Entra da subito nell'opera degli Oblati del Sacro Cuore fondata da don Mottola che lo indirizza al Seminario di Acireale, lo segue negli studi, lo incoraggia e lo stimola in tutte le attività. Don Mottola annunciava così, su <>, all'epoca mensile del Seminario vescovile di Tropea, l'ordinazione di Don Gerardo: 'E' uno dei primi, di quel gruppo, che sotto la lampada del nostro Cenacolo, sentì nell'anima, come un'arsura, i bagliori dell'Ideale, e sognò il Dono Completo'.
Pochi mesi dopo l'ordinazione, Don Gerardo viene nominato parroco della parrocchia di Santa Lucia in Barbalaconi di Ricadi. Il 4 dicembre 1937 prende possesso della parrocchia cui rimane sempre legatissimo. Pur impegnato in altre attività, svolge le funzioni di parroco fino al 1962 quando viene nominato canonico tesoriere del Capitolo Cattedrale di Tropea. Resta tuttavia alla guida della parrocchia con l'incarico di economo.
Nel 1948 il vescovo di Tropea, mons. Cribellati, affida a don Gerardo l'organizzazione della sezione diocesana della Pontificia Commissione di Assistenza e della Onarmo, Opera Nazionale Assistenza Religiosa Morale Operai. Sono gli anni dell'immediato dopoguerra; sotto la spinta e la direzione di don Gerardo queste organizzazioni costruiscono una vasta reta di centri di assistenza morale e materiale per i lavoratori della diocesi, le loro famiglie, i loro figli. Sorgono in quel periodo i "cantieri di lavoro", le colonie estive e permanenti, le "Pie Unioni" dei lavoratori.
Nel 1951 mons. Felice Cribellati mette a disposizione di don Gerardo la residenza estiva del vescovo di Tropea, sita sulla collina di Sant'Angelo di Drapia. Inizia così l'attività di "Villa Felice", istituto che ha accolto e accoglie centinaia di ragazzi calabresi. Tra i primi ad essere ospitati a "Villa Felice", furono i bambini sfollati da Nardodipace e da Badolato a seguito dell'alluvione del 1953.
L'attività di Don Gerardo ha lasciato un segno profondo in tutta la Calabria. Su questa attività hanno voluto testimoniare quanti - amici, conoscenti, amministratori pubblici, uomini politici - hanno avuto modo di conoscere e apprezzare Don Gerardo e la sua opera.
Nella vita di Don Gerardo un posto particolare ha avuto la famiglia. La "rocca famigliare", come la definisce Pasquale Iannello, che di Don Gerardo è amico fin dall'infanzia; un universo di affetti con il quale Don Gerardo ha sempre mantenuto un rapporto intensissimo.

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